Silvestri: i nostri soldati non partiranno

Il presidente dell'Istituto affari internazionali esclude l'uso di forze italiane di

terra: "Sarà una guerra combattuta più dai servizi che dalle truppe

convenzionali. Gli Usa chiederanno piuttosto logistica". 

di Gianluca Roselli 

ROMA - "Italia in prima linea", "Faremo la nostra parte", "Se chiamati,

saremo pronti all'azione". Frasi che si sono sentite spesso negli ultimi giorni

da parte degli esponenti di governo, Berlusconi, Ruggiero e Martino in

primis, riguardo a una possibile partecipazione italiana in un'eventuale azione

di guerra da parte degli Stati Uniti contro i paesi che nascondono i terroristi in

Medio oriente. Il problema è: l'Italia è in grado di fornire davvero un supporto

di uomini e mezzi in caso di guerra? Lo abbiamo chiesto a Stefano Silvestri,

presidente dell'Istituto Affari Internazionali. 

 Allora, Silvestri, l'Italia che uomini è in grado di impiegare?

Innanzitutto escluderei l'impiego di truppe di terra: sarà una guerra sui

generis che prevede un grande lavoro di intelligence. Gli americani non hanno

bisogno delle nostre truppe: ci chiederanno invece un supporto logistico, con

l'uso di basi e mezzi, e di sostituzione a livello europeo delle loro truppe

impegnate in Medio oriente. E poi ci chiederanno un grosso aiuto politico e

diplomatico per aiutarli nella risoluzione del conflitto.

 Perché esclude l'impiego di nostri uomini?

Beninteso, l'Italia sarebbe in grado di fornire alcuni corpi ben addestrati, come

la Folgore, il battaglione San Marco, gli incursori di Marina e quelli di Col

Moschin. Il problema è che tipo di intervento sarà: se saranno dei raid aerei o

delle incursioni di commando, gli americani vorranno agire da soli per avere

maggiore coesione durante le azioni. Ben diverso, invece, se ci sarà una vera

guerra contro un paese specifico oppure se verranno decisi blocchi aerei o

navali contro uno stato. Comunque, le dichiarazioni dei nostri uomini di

governo fanno più parte di un gioco politico e diplomatico di supporto che di

reali possibilità di intervento. 

Lei dunque prevede un'azione solo americana, escludendo un'operazione della

Nato?

Da una parte, agli americani non conviene che l'intervento sia targato Nato

altrimenti dovrebbero dividere il comando delle operazioni con altri paesi.

Dall'altra, bollando l'attacco alle torri gemelle e al Pentagono come atto di

guerra e appellandosi all'articolo 5 dell'alleanza, hanno in pratica chiamato in

causa anche gli altri paesi. Ma in realtà usare la parola guerra è servito a Bush

per avere pieni poteri dal Congresso.

 Quindi secondo lei non è stato un atto di guerra?

E' stato uno spettacolare, atroce e crudele atto di terrorismo.

 E a livello di intelligence quale contributo possiamo dare?

Guardi, anche qui non siamo messi bene: paghiamo un grosso deficit

informativo, specie nelle regioni del Medio Oriente. Le nostre antenne

funzionavano meglio alcuni anni fa. Ci vorrebbe uno sforzo maggiore, specie a

livello economico.

Quindi l'intervento finanziario fra i mille e i duemila miliardi che è stata

annunciato non servirà?

Si, però va ricordato che poco tempo ci sono stati tagli alla Difesa per mille

miliardi, quindi si tratta di una restituzione parziale. E comunque sarà

importante vedere dove andranno questi soldi: gli investimenti vanno

incentivati nell'intelligence e per aumentare la disponibilità di uomini

addestrati alle missioni all'estero che oggi, a parte quelli già impegnati, sono

davvero pochi.

 Altri provvedimenti?

Aumentare la nostra capacità di difesa civile sul territorio nazionale. Non

abbiamo nessuna struttura nazionale organizzata capace di far fronte a grosse

emergenze terroristiche, specie chimiche e batteriologiche. La difesa civile da

noi significa solo interventi in casi di calamità naturali. Non può essere più

così.

 Ci sono stati allarmi di attentati sul suolo italiano? 

Da tempo a livello mondiale, e quindi anche italiano, si parlava di un possibile

attacco terroristico con armi chimiche e anche con aerei kamikaze, lo

dimostrano le segnalazioni al G8 di Genova. Gli americani stessi hanno avuto

indicazioni in tal senso che non hanno saputo interpretare.

 Secondo lei ci sarà un attacco Usa a breve termine?

E' probabile che ci siano raid contro obiettivi mirati, anche come azione

dimostrativa. Ma questo nuovo tipo di conflitto sarà molto lungo, difficile e

combattuto più dai servizi che dai soldati, e qui entra in ballo la collaborazione

informativa tra le forze alleate che deve essere più efficace di prima.

(20 SETTEMBRE 2001; ORE 09:55)