Noi pensiamo che anche le tradizioni popolari e il folklore siano una risorsa importante, culturale ed economica insieme, del nostro territorio.
Presso molti popoli della terra c’è oggi un significativo recupero di questa ricchezza, utile per sentire di avere radici in un posto determinato, indispensabile per sapere chi siamo e per farci conoscere, necessaria per confrontarci con gli altri in uno scambio produttivo e paritario.
Per quanto riguarda la musica vedi le pagine dedicate a Gavino Gabriel.
Parleremo adesso brevemente delle antiche feste, della cucina e del folklore.
Le antiche feste legate al lavoro I nostri nonni ricordano con nostalgia i tempi in cui i lavori più importanti della comunità diventavano occasione di festa e di incontri. E ci raccontano di quando si cardava la lana (graminatogghju) prima della filatura e della tessitura, preceduta dalla preparazione dell’ ordito da sistemare nel telaio (ulditogghju).
La trebbiatura del grano (agliola) era una festa soprattutto per i bambini, che potevano trascorrere all’aperto più d’una giornata, giocando liberamente nei campi, mentre le donne preparavano il pranzo per tutti.
In alcuni paesi e scuole della Gallura si stanno riproponendo queste antiche usanze, tramontate con la trasformazione del lavoro.
Alcune famiglie ancora praticano un maniera comunitaria l’uccisione del maiale (l’ammazzatogghju di lu polciu) la cui carne serve, come nel passato, per la produzione di salami, salsicce, prosciutti, strutto e lardo, provviste ancora fondamentali nell’economia famigliare.
Tra le antiche feste legate alla campagna quella ancora più diffusa e popolare è la vendemmia (binnenna).