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  Convegno sui S.S.A.: Altre relazioni.


I Servizi di Sviluppo Agricolo per l'agricoltura meridionale e il caso della Basilicata

Vito De Filippo (Assessore all'Agricoltura della Regione Basilicata)

1. Le nuove politiche per lo sviluppo dell’agricoltura nel Mezzogiorno e il ruolo dei Servizi di sviluppo.

Per affrontare il tema dei Servizi per lo sviluppo dell’agricoltura meridionale non partirò da molto lontano: lo faranno con molta competenza, nelle loro relazioni introduttive, i rappresentanti dell’ANDA e del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

I ricercatori dell’INEA, sulla base dei risultati degli studi che sulla materia tale Istituto svolge ormai da anni, forniranno sicuramente molti spunti interessanti per la riorganizzazione del "sistema" dei servizi in agricoltura, spunti che dovranno essere raccolti in primo luogo da quanti operano nelle istituzioni regionali e nelle agenzie pubbliche e private che erogano servizi.

Riprenderò solo alcuni dei risultati del significativo intervento pubblico a favore dei Servizi e che reputo positivi soprattutto alla luce delle esigenze che avanzano, per effetto delle dinamiche dello sviluppo in atto e delle conseguenti politiche delineate per prossimi sette anni del nuovo millennio.

Nei quadri regionali sono stati immessi oltre 1000 nuovi tecnici agricoli, giovani diplomati e laureati, formati con lo stesso percorso formativo presso i CIFDA e Centri di formazione abilitati. Non credo che un altro settore produttivo nel Mezzogiorno possa vantare una simile performance.

Soprattutto per la Pubblica Amministrazione si tratta di un patrimonio di nuove professionalità da non disperdere e, anzi, da valorizzare anche in relazione al fisiologico ricambio che investe il personale delle strutture operative.

Nel corso degli anni, a partire dal Reg. 270 in poi, grazie all’azione di coordinamento dell’allora Ministero dell’agricoltura e foreste e del CIDA (Comitato interregionale della divulgazione agricola) e al supporto di ricerca dell’Inea, il tradizionale concetto di assistenza tecnica è stato pian piano superato per far spazio ad un più moderno concetto di Servizi di sviluppo.

L’informazione, la ricerca, la formazione interagiscono tra loro con l’attività di divulgazione e di consulenza all’impresa per garantire un più efficace raccordo tra domanda e offerta di innovazioni in agricoltura.

Molte Regioni hanno strutturato nuovi uffici per organizzare e gestire i servizi come un sistema organico.

Scelta che fu operata anche dalla Regione Basilicata, che approntò la prima legge sui Servizi di sviluppo agricolo nel 1993, riorganizzando tutta la materia in base all’impostazione data dal Piano Nazionale sui Servizi di Sviluppo Agricolo.

Intorno alla formazione, all’inserimento dei divulgatori e all’attività dei servizi, grazie anche ai Programmi Operativi Multiregionali attivati dal Ministero, sono nate una serie di attività di supporto, di aggiornamento, di scambio di esperienze che hanno coinvolto tutti i SSA regionali, pubblici e privati, dell’Italia meridionale, i CIFDA, l’INEA, l’ISMEA, gli Istituti sperimentali, l’Università; anche se tra mille difficoltà operative, tali iniziative hanno consentito al sistema meridionale dei SSA di crescere e di assumere e consolidare una specifica identità, visibile innanzitutto da parte degli operatori agricoli.

In Basilicata - ma mi risulta che lo stesso fenomeno è stato registrato anche in altre Regioni meridionali - importanti programmi strutturali (per esempio quelli sull’agroambiente) sono stati realizzati grazie al sistema dei Servizi.

In alcune Regioni sono stati approntati veri e propri supporti specialistici per le imprese, l’informazione tecnica e di mercato ha preso a circolare come non mai e, da quanto ho potuto constatare direttamente a livello locale attraverso le recenti Conferenze zonali per l’agricoltura, le imprese ne hanno tratto effettivo giovamento sul piano degli orientamenti produttivi da adottare e in termini di riduzione dei costi di produzione.

Alle soglie del 2000, le nuove politiche strutturali non prevedono un nuovo Programma Operativo Multiregionale per i Servizi del Mezzogiorno. Anche se molto è stato fatto finora, occorre però ancora lavorare sulla scia delle iniziative intraprese negli ultimi anni.

In ogni Regione esistono precisi punti di riferimento istituzionali ed operativi:

gli Uffici di coordinamento presso gli Assessorati all’agricoltura; le Agenzie regionali (ex Enti di sviluppo) con compiti e personale destinato all’attività di divulgazione; gli organismi privati (prevalentemente delle OOPP) che realizzano programmi di assistenza tecnica cofinanziati. Forse è stato giusto non prevedere altri programmi straordinari ma occorre evitare che la fine del sostegno dell’UE alla copertura totale degli oneri di impiego dei divulgatori ( per i primi sei anni) possa far vanificare gli investimenti materiali e culturali effettuati in vent’anni.

Spetta perciò alle Regioni fare ora la loro parte e confermare una politica per i servizi all’interno di un intervento strutturale 2000-2006, che si presenta con importanti novità in termini d’approccio, e tenendo presente le numerose sfide che soprattutto l’agricoltura meridionale dovrà affrontare sui mercati mondiali.

Alla luce delle vicende nazionali che hanno finora accompagnato la programmazione del nuovo QCS, non è proprio scontata la conferma di una nuova politica di sostegno per i servizi di sviluppo.

Le risorse finanziarie per l’agricoltura nel QCS 2000-2006 in poche regioni, tra cui la Basilicata, sono state confermate agli stessi livelli del precedente intervento strutturale; nella maggior parte delle regioni le risorse sono diminuite.

In tale contesto è presumibile, com’è già successo nel passato, che a farne le spese possano essere proprio quegli interventi che, non avendo come beneficiari diretti le imprese, sono finalizzati alle cosiddette "misure orizzontali", tra cui i servizi, che
procurano dei benefici solo indirettamente e in maniera differita nel tempo.

Occorre però individuare soluzioni idonee per consolidare e rinnovare un sistema ancora molto fragile e precario, che corre il rischio di una profonda involuzione.

Non si tratta di celebrare venti anni di intervento in favore dei servizi; né di ribadire la necessità di non disperdere energie, esperienze, professionalità, aspettative che si sono formate dal 1979 ad oggi; né di evitare l’italico comportamento di fare e disfare con eccessiva disinvoltura.

E’ necessario invece prendere atto che proprio i nuovi scenari che si delineano per l’agricoltura meridionale fanno assumere un ruolo strategico all’intervento sui servizi per l’agricoltura, leva insostituibile per orientare, oordinamento tra i diversi settori d’intervento e i diversi soggetti.

Tale impostazione potrà essere raccolta anche dal settore agricolo, per articolare una domanda finalizzata e una valutazione dei risultati solo se si riuscirà a mantenere integro il requisito di sistema che dovrà caratterizzare anche in futuro i SSA.

Questo convegno coinvolge tecnici ed esperti ben informati e attenti all’evoluzione dell’intervento pubblico, dei mercati e delle dinamiche del settore. Non è quindi questa la sede in cui soffermarsi a lungo sui nuovi scenari di politica agraria.

Alcune considerazioni però vanno fatte non solo per ribadire l’importanza dei servizi per l’agricoltura, ma soprattutto per cogliere l’esigenza di una loro evoluzione.

Il ruolo multifunzionale che le politiche strutturali dell’U.E. assegnano all’agricoltura trova, a mio avviso, impreparato il mondo della divulgazione, strutturato secondo profili professionali che discendano dal Reg. 270, sono stati definiti negli anni ‘80 e sono rivolti prevalentemente a risolvere i problemi della sfera produttiva.

Il ricco patrimonio di biodiversità dell’Appennino meridionale e insulare, la eterogeneità e la bellezza di una smisurata quantità di paesaggi plasmati con l’attività agricola e forestale, i siti storici e la cultura locale (spesso strettamente collegati alla civiltà contadina), i prodotti tipici e la gastronomia, rappresentano tutti insieme un importante giacimento - che il PSM definisce "risorse immobili" – a cui l’imprenditoria agricola deve guardare con attenzione, per conservarlo e tutelarlo, ora e per le future
generazioni, per le importanti potenzialità di sviluppo socioeconomico che esso contiene.

Le politiche che si stanno mettendo in campo intendono promuovere, su ampia parte del territorio meridionale, processi di
sviluppo agricolo e forestale sostenibili, che non possono non essere orientati e accompagnati da servizi di divulgazione che si rivolgano a un territorio inteso come sistema socioeconomico e che mettano in campo nuove professionalità (in materia ambientale, forestale, turismo rurale, ecc.) e nuovi supporti (riqualificazione degli operatori agricoli, innovazioni a basso impatto ambientale, servizi informatizzati, animazione, ecc.).

Il PSM 2000-2006 e i Programmi Operativi Regionali che dovranno attuare le politiche strutturali dell’inizio del terzo millennio, presentano un approccio del tutto nuovo rispetto agli interventi finora attuati per il Mezzogiorno.

Uno sviluppo sostenibile e autopropulsivo potrà essere innescato se si valorizza appieno il ricco patrimonio naturale, culturale e umano presente sul nostro territorio.

Le risorse finanziarie che le politiche UE, per l’ultima volta, riescono a mobilitare in misura ingente per recuperare gli squilibri tra il Mezzogiorno e il resto del Paese e tra le stesse regioni dell’Obiettivo 1, dovranno essere indirizzate prevalentemente su processi di sviluppo locale che valorizzino le risorse endogene.

Adeguamento delle infrastrutture, programmi e progetti integrati per sistemi locali caratterizzano il percorso proposto da tutti i P.O. Regionali 2000-2006:

reti di comunicazione e trasporti, assetto del territorio e risorse idriche, riqualificazione delle risorse umane, ma anche valorizzazione delle risorse naturali e culturali attraverso iniziative che investano il turismo, l’agricoltura, l’artigianato, ecc..

La metodologia di programmazione dal basso ( bottom up ) che finora aveva investito solo i progetti LEADER, si estende ora a tutto il settore agroalimentare: progetti di filiera, distretti agroalimentari, progetti di turismo rurale.

La programmazione negoziata coinvolge anche il settore primario e cominciano a prendere corpo i primi patti territoriali che investono l’imprenditoria agroalimentare e le aree rurali.

In questo scenario la figura del divulgatore non può restare quella tradizionale: occorre avere sul territorio operatori in grado di raccogliere in maniera sistematica e interpretare le informazioni di contesto, identificare le potenzialità e le opportunità, far dialogare tra loro gli operatori agricoli e questi con gli altri operatori locali pubblici e privati, attivare vere e proprie azioni di monitoraggio degli interventi di sviluppo integrato, promuovere l’associazionismo e l’azione interprofessionale, valutare i fabbisogni di formazione.

Si tratta, in definitiva, di formare, affianco ai divulgatori specializzati, veri e propri agenti di sviluppo locale che, nelle aree marginali dove stentano ad operare agenzie private, svolgano attività di informazione e di assistenza per la costituzione di qualificate partnership locali.

Nelle aree più forti, in presenza di servizi e agenzie private, il ruolo della divulgazione pubblica potrebbe meglio estrinsecarsi in quei servizi e supporti che vanno sotto il nome di "acquisizione di competenza", terminologia presa in prestito dal LEADER II, ma che in termini di contenuto vuol dire: attività di sensibilizzazione, banche dati locali, informazione sulle opportunità finanziarie, monitoraggio delle risorse locali e dei progetti in atto, osservatorio sulle dinamiche del settore primario, ecc.;

l’agricoltura tipica meridionale (olio, vino, ortofrutta, grano duro, ma anche la carne e il latte ) è in una fase di crescente difficoltà in termini di competitività; difficoltà che neanche la preferenza dei consumatori (dieta mediterranea) e la qualità delle produzioni riesce ad attenuare.

Una politica di mercato dell’UE sensibilmente orientata al sostegno delle produzioni continentali e la concorrenza dei paesi del bacino mediterraneo (e non solo!) rendono alquanto precario il reddito degli imprenditori agricoli.

Purtroppo, nel Mezzogiorno d’Italia le politiche che favoriscono l’organizzazione dell’offerta attraverso l’associazionismo e le organizzazioni di produttori (OCM) stentano ad attecchire, pur essendo le uniche che potrebbero ridare fiato all’attività agricola orientata verso il mercato.

L’adozione di servizi e innovazioni che rivalutino la qualità e la sanità dei prodotti, le attività di stoccaggio, il trasporto, la promozione, rappresentano fasi della filiera che generano costi competitivi solo su scale produttive che, almeno per la realtà produttiva della Basilicata, travalicano i confini dell’offerta regionale.

Anche in questo contesto la divulgazione agricola e i servizi attivati finora non sembrano adeguati. Troppo orientati sulle tecniche di produzione dell’azienda agricola, con scarsa competenza sugli aspetti della lavorazione e della commercializzazione e sull’evoluzione del mercato e dei consumi.

E’ però difficile che il servizio pubblico possa star dietro con tempestività alle esigenze dell’industria agroalimentare; per tale motivo sono nate le MOC e le OCM che prevedono che siano le stesse Organizzazioni di Produttori a sviluppare in proprio l’attività di assistenza, l’adozione delle innovazioni, la ricerca di mercato.

Si tratta di servizi e supporti autogestiti che richiedono competenze esclusive e altamente professionali e risorse umane che, a tempo pieno, seguano tutto il ciclo produttivo della filiera: dall’organizzazione dell’offerta di materia prima, alle innovazioni per garantire la qualità globale, ai rapporti con i fornitori di mezzi tecnici e con i mercati, ecc.

Se tale tipo di assistenza non può che essere interna all’associazione dei produttori, al Consorzio, alla parnership, esistono servizi e supporti che possono essere sviluppati dalle agenzie pubbliche:
 


Rispetto a tale scenario i SSA regionali devono riorganizzarsi. Il QCS 1994/99 per i Programmi FEOGA prevedeva
una specifica Misura sui servizi e, ad essa, destinava almeno il 10% dell’intero budget finanziario nel sessennio.

Oggi il nuovo FEOGA e il regolamento applicativo non prevedono destinazioni di spesa in favore dei servizi, anzi, fa intravedere limitazioni e divieti per quelle attività che possano sovrapporsi alle iniziative già previste con le OCM.

La ricerca e la formazione in agricoltura dovranno essere finanziate rispettivamente con il FESR e il FSE. In questa
situazione potrebbe essere molto forte la tentazione a non destinare risorse ai SSA e risolvere tutto con il pagamento dello stipendio a quei divulgatori agricoli che, nel frattempo non sono ancora transitati ad altri uffici e ad altri compiti.

Per questo motivo è stato importante che alcune Regioni abbiano assegnato compiti e risorse per i SSA ad un’agenzia regionale come L’Ente di sviluppo riordinato.

Tale scelta consente di far rimane integro il patrimonio di competenze formate con l’intervento comunitario e, sulla base di uno specifico programma, è certa, anche per il futuro, la destinazione di una quota della spesa pubblica in agricoltura in favore dei servizi per le imprese agricole.

Occorre però riorganizzare i servizi per adeguare il sistema (divulgazione, ricerca, formazione, ecc.) agli scenari e alle esigenze descritte. La proposta che segue mi auguro che possa far discutere e innescare un confronto interregionale.

A mio avviso, in base alle considerazioni finora formulate, potrebbe essere utilizzato il seguente approccio:

1. Potenziare e qualificare la struttura dei Servizi centrali presso gli Assessorati a cui è demandato il l’indirizzo e
il coordinamento del Sistema.

Le principali funzioni del coordinamento regionale potrebbero essere le seguenti:


2. E’ necessario stabilire il ruolo dei servizi pubblici e privati all’interno dei Servizi.

Potrebbero essere lasciati  alle agenzie private, in forma di autogestione gli interventi interni alle filiere e ai processi di sviluppo rurale locali.

Occorre prendere atto che su base territoriale si vanno organizzando con una certa intensità organismi e strutture operative private che, anche in base a specifiche procedure di attuazione di interventi cofinanziati dal pubblico, operano in maniera diretta con i beneficiari finali (associazioni interaziendali delle OOPP, Organizzazioni di produttori delle MOC e delle OCM, Consorzi agrituristici, Gruppi LEADER, ecc.).

Appare quindi utile che tali agenzie consolidino e rendano più efficaci i servizi di consulenza e di orientamento diretto alle imprese agricole, l’assistenza alla progettazione e al tutoraggio di iniziative di sviluppo locale e di filiera, in base a progetti d’intervento cofinanziati con riferimento a specifici canali finanziari UE, nazionali e regionali.
 

3.Le Agenzie o le strutture pubbliche ( e quindi gli Enti di sviluppo riordinati in alcune Regioni, tra cui la Basilicata) che operano per i SSA potrebbero orientare le loro attività sui servizi specialistici e sulle iniziative che possano produrre benefici collettivi senza alterare i principi della libera concorrenza.

Dovrebbero in ogni caso garantire, da un lato assistenza alle imprese nelle aree in cui le agenzie private sono deboli; dall’altro
dovrebbero fornire gli indirizzi e i supporti conoscitivi e metodologici per assicurare piena coerenza tra strategie di sviluppo agricolo definite con la programmazione regionale e attività di divulgazione delle agenzie private che ricorrono al sostegno pubblico (orientamenti per lo sviluppo territoriale, buona pratica agricola, risparmio idrico, riduzione impatto ambientale, ecc.).

Tra le principali attività si segnalano:


E’ evidente che la proposta è frutto sia di personali esperienze maturate in due anni di responsabilità della politica agricola della Basilicata, esercitata nelle sede regionale e in numerosi incontri con i colleghi Assessori delle altre regioni, sia di elaborazioni che derivano da confronti attivati con le Conferenze zonali e regionale per l’agricoltura, con l’ALSIA e con i divulgatori, con i membri del C.d.A. e con i formatori del CIFDA, con i ricercatori del locale Osservatorio dell’Inea.

Sono però consapevole dei limiti che tale proposta può contenere quando si debba calare nelle numerose altre realtà meridionali, dove l’assetto delle competenze, i modelli organizzativi esistenti, i servizi finora attivati e le diverse esigenze del mondo operativo fanno propendere per una ricerca regionale del modello organizzativo più efficace.

Sono però altrettanto consapevole che un dibattito sul futuro dei SSA regionali debba essere al più presto ripreso su scala interregionale, al fine di garantire uno scambio di esperienze e per trovare momenti di raccordo istituzionali e operativi su alcuni aspetti che possono beneficiare di un approccio su scala interregionale: la ricerca, la formazione, le metodologie di comunicazione, le reti informatizzate, i supporti specialistici, la diffusione delle innovazioni.

E’ per tale motivo che, tramite il dott. Lovelli, per anni protagonista in campo nazionale e regionale per l’evoluzione dei SSA, la Basilicata si farà carico di chiedere alle altre Regioni di attivare uno specifico programma interregionale Obiettivo1, al quale ciascuna Regione destini almeno 50 milioni di lire all’anno.

Si potrebbe così attivare un Centro permanente di monitoraggio dei SSA meridionali che, riunendo i soggetti istituzionali regionali competenti in materia, i rappresentanti delle OOPP e con il contributo del MIPAF e il supporto tecnico-scientifico
dell’Inea, consenta di mantenere vivo il collegamento tra le diverse esperienze in merito: dall’evoluzione delle politiche e dai modelli organizzativi, alle principali tipologie di intervento, all’offerta di innovazioni, alle esigenze di adeguamento delle metodologie di comunicazione, alle nuove esigenze di profili professionali, ecc.

Una spesa esigua che potrebbe avere un importante ricaduta per rilanciare i SSA come leva strategica per lo sviluppo dell’agricoltura meridionale.
 
 
 

2.  La situazione dei SSA in Basilicata.

Dagli scenari della politica per i SSA a livello interregionale alla situazione della Basilicata, le esigenze di riorganizzazione non cambiano.

Anzi, si fanno più pressanti in relazione alla situazione in cui siamo giunti oggi, a distanza di tre anni dalla costituzione dell’ALSIA e dall’affidamento a tale Agenzia anche dei compiti dei SSA.

Sulle questioni di riorganizzazione di tale organismo e sui motivi del ritardo con cui si sta procedendo al suo riassetto definitivo non entro nel merito: in primo luogo perché siamo in una sede in cui occorre discutere di esigenze e di prospettive della divulgazione in relazione ai nuovi scenari di politica agraria; inoltre perché le cause sono tante, di ordine politico, tecnico, giuridico, amministrativo, e sarebbe necessario un esame approfondito e una riflessione in una specifica sede regionale.

Parlando di SSA, però, gli effetti di questo ritardo sono sotto gli occhi di tutti: non esiste più un effettivo coordinamento dei diversi segmenti del sistema e la recente indagine dell’INEA sullo stato dei servizi in Basilicata (i risultati sono riportati negli atti della Conferenza regionale per l’agricoltura 1999) ha messo in evidenza l’enorme confusione che attualmente imperversa nel settore della ricerca e della sperimentazione, della formazione e della divulgazione.

Il vuoto operativo che si è creato rischia di travolgere e distruggere alcuni segmenti che funzionavano e che, nell’ambito delle valutazioni espresse nel passato sui risultati del POM sui SSA nell’Italia meridionale, venivano giudicati positivamente e indicati come modelli di riferimento.

Non è possibile esprimere giudizi sull’atteggiamento critico assunto dai divulgatori agricoli nei confronti del riordino dell’ALSIA e sulla loro collocazione all’interno dell’Agenzia. Esistono chiare prese di posizione degli stessi protagonisti e, pertanto, appare fuori luogo fornire interpretazioni politiche o tecniche.

Vogliate, però, consentirmi una lettura della vicenda in chiave psicologica. I divulgatori agricoli della Basilicata avevano raggiunto un ottimo livello organizzativo: autonomia amministrativa e finanziaria a livello locale; flessibilità nell’orario di lavoro; ottimo rapporto con le strutture di ricerca e di sperimentazione; insperato rapporto di fiducia con gli agricoltori che si stava
pian piano consolidando, soprattutto in alcune aree.

Tali risultati incoraggiavano ancora di più i protagonisti, tutti giovani, facendo aumentare sempre di più la motivazione e la voglia di fare, di rendersi utile.

E’ nato così un forte spirito di appartenenza al sistema che è probabilmente crollato quando la legge di riordino dell’ALSIA ha dato l’impressione di annullare il loro spazio e la loro professionalità, il lavoro di tanti anni , le conquiste e i rapporti di fiducia creati in maniera diretta con il mondo esterno.

E’ venuta meno quell’identità che aveva portato alla creazione di uno status di divulgatore, nonostante che il riconoscimento giuridico di tale profilo non sia mai avvenuto, nonostante che in regioni limitrofe il livello di inquadramento (e di stipendio!) fosse più elevato.

Ritengo difficile che lo strappo possa essere ricucito: come hanno dimostrato tante altre esperienze di accorpamento tra organismi diversi, il ritardato riordino e le polemiche insorte, fanno instaurare tra il personale dei due organismi contrasti e rancori tali che nessuna azione politica futura o alchimia istituzionale potrà risanare, a scapito del servizio che il nuovo organismo dovrebbe assicurare nell’interesse della collettività.

Allora, quale soluzione per i SSA in Basilicata?

Occorre sicuramente approfondire il dibattito e questo Convegno spero che sia il primo di un serrato confronto regionale tra le forze politiche, le Autorità responsabili, gli operatori del settore, i lavoratori dell’ALSIA.

Anche in questo caso, però, colgo l’occasione per formulare una proposta che, fintanto che rappresenterò la Giunta regionale nel Dipartimento agricoltura, potrà costituire un indirizzo per la Direzione generale e gli Uffici che coordinano la materia.

Nei prossimi giorni valuteremo le azioni da intraprendere per un confronto che porti al più presto ad una soluzione legislativa e/o organizzativa che possa far superare l’attuale fase di impasse e ridia efficacia ai SSA regionali.

L’obiettivo principale che ispira la mia proposta è il seguente: il sistema dei servizi si consolida e si afferma come leva di sviluppo strategica se si riorganizzano e si consolidano contemporaneamente tutti e tre i segmenti del modello: gli Uffici del Dipartimento Agricoltura, che hanno bisogno di avviare un ricambio non solo generazionale ma anche culturale, per adeguarsi ai nuovi ruoli che vengono assegnati al settore primario; L’ALSIA, che non può operare a tutto campo senza una missione chiara ed integrata all’interno del sistema e senza aver adeguato la struttura operativa con competenze e supporti idonei alle importanti funzioni; le Agenzie private (e in primo luogo quelle delle OOPP) che non possono continuare ad esprimere una domanda indifferenziata, lasciando scoperte le aree agricole più sensibili e continuando ad operare con strutture tecniche precarie.

Per dare corpo a tale obiettivo e in coerenza con quanto affermato nella relazione programmatica alla citata Conferenza regionale per l’agricoltura, il modello organizzativo a cui si può fare riferimento per la riorganizzazione dei SSA lucani è quello già enunciato ai punti 1,2 e 3 del paragrafo precedente.

Non ripeterò quindi i compiti che potrebbero essere attribuiti ai tre livelli organizzativi individuati, ma indicherò solo il ruolo di ciascun livello all’interno del modello organizzativo regionale e le implicazioni riguardanti la collocazione dei divulgatori agricoli:

Le funzioni di indirizzo e di coordinamento dei SSA, cui si aggiungono le funzioni di analisi e monitoraggio dell’intervento pubblico in agricoltura, vengono assegnate al Dipartimento dell’agricoltura. Si tratta di organizzare e rafforzare i compiti elencati al precedente punto 1), ampliando gli attuali Uffici con nuove competenze e rafforzando l’organico mediante la riqualificazione e l’impiego degli attuali divulgatori specializzati in organico all’ALSIA. Non potrà esistere un’azione forte ed efficace dell’ALSIA e delle Agenzie private se non ci sarà un Dipartimento in grado di realizzare una azione di indirizzo e coordinamento adeguata, qualificata e tempestiva.

Ai più non potrà sfuggire come l’Ufficio Bonifica, Irrigazione e Assetto fondiario si debba arricchire di competenze che riguardino l’assetto del territorio e l’utilizzazione di sistemi informativi georeferenziati, o che la Statistica agricola prodotta dal Dipartimento debba evolvere verso un Osservatorio sulle dinamiche del comparto agroalimentare lucano, o che l’Ufficio Sviluppo del Sistema Agroalimentare debba dotarsi di nuove professionalità sui sistemi locali e rurali, o che la questione
ambientale debba attraversare l’attività di tutti i comparti produttivi.

C’è bisogno, quindi, di integrare l’organico del Dipartimento riqualificandolo sulle nuove funzioni che vengono assegnate all’agricoltura e creando le condizioni per disporre, all’interno del Dipartimento, delle competenze e dei supporti necessari a
monitorare e valutare gli effetti delle politiche.

Non si tratta di riportare dentro il Dipartimento le attività di divulgazione, ma di poter attivare i supporti necessari a garantire la perfetta coerenza tra strategie di sviluppo e azioni dei SSA.

Le funzioni pubbliche dei SSA descritte al precedente punto 3, orientate prevalentemente verso l’organizzazione, la qualificazione e la promozione dell’offerta agrolimentare lucana, potrebbero essere concentrate e rafforzate presso l’ALSIA.

Tale riorganizzazione potrebbe essere collegata anche ad un altro adempimento cui deve far fronte la Regione e che discende dal riordino del MIPAF: a seguito della soppressione e della riforma dell’ex AIMA si rende necessario costituire un Agenzia regionale (AGEA) che adempia ai compiti di erogazione e di controllo del sostegno comunitario che discende dall’applicazione delle politiche a carico del FEOGA – Garanzia.

Si tratta di un organismo strumentale startegico che dovrà far fronte alla gestione del canale finanziario più importante a favore dell’agricoltura lucana (oltre 200 miliardi all’anno).

Il Dipartimento sta gia realizzando uno studio di fattibilità. Per quanto riguarda l’organico di tale nuova Agenzia, questo potrebbe essere costituito in gran parte da personale dell’ALSIA che abbia maturato esperienza amministrativa e tecnica in materia di applicazione e gestione di interventi FEOGA, salvo le necessarie integrazioni con figure professionali altamente specializzate nella gestione dei servizi finanziari e informatizzati.

Per far fronte alla conseguente carenza di organico e per assolvere alle funzioni prima definite in materia di SSA, l’ALSIA potrebbe assorbire i divulgatori agricoli polivalenti che hanno operato per sei anni presso le OOPP lucane.

Si tratta di personale che ha maturato una notevole esperienza su campo, che è stato selezionato all’epoca con gli stessi criteri concorsuali dei divulgatori regionali e che si è formato con le stesse metodologie e procedure di questi ultimi.

Si tratta, quindi, di risorse umane e professionali con competenze che vanno valorizzate, anche attraverso opportune forme di riqualificazione per far fronte ai nuovi compiti dell’ALSIA.

La consulenza e l’assistenza alle imprese agroalimentari e alle iniziative di sviluppo rurale locale può essere sostenuta finanziariamente dall’intervento pubblico in favore di forme autogestite da organismi e Agenzie private, all’interno di progetti di sviluppo agroalimentare e rurale promossi e realizzati da gruppi di operatori (OOPP, Associazioni, Cooperative, Consorzi, Partnership, ecc) in attuazione delle politiche in atto (FEOGA, Patti territoriali, OCM, ecc.).

Quindi, non più finanziamenti a programmi di assistenza indifferenziati, ma sostegno finanziario a progetti che rispondano ad esigenze di sviluppo concrete, con risultati che si possano monitorare e valutare in termini di riocaduta sul territorio e/o sul comparto produttivo.

Le azioni ammissibili sono quelle descritte al precedente punto 2) e compatibili con le norme FEOGA.

L’approvazione di tali progetti seguirebbe l’iter già previsto dai canali finanziari di riferimento; il coordinamento di tali iniziative e l’assistenza, la valutazione e il monitoraggio potrebbero essere affidate all’ALSIA.

Come si può valutare, si tratta di una proposta articolata e complessa, che dovrà essere approfondita e definita a breve anche per l'urgenza con cui dovrà essere comunque affrontato il problema AGEA regionale e la valorizzazione dei divulgatori delle OOPP.

Sono grato all’ANDA per l’occasione che questo Convegno ha offerto per riprendere un dibattito su un tema che ci riguarda così da vicino.

Le relazioni di base e gli interventi programmati hanno offerto numerosi spunti di riflessione per l’azione che il Dipartimento dovrà attivare per la riorganizzazione dei SSA regionali, nell’interesse dei lavoratori che vi operano all’interno e, soprattutto, per
 garantire efficacia al nuovo P.O. FEOGA per la crescita del sistema produttivo agroalimentare e delle popolazioni che risiedono nelle aree rurali della nostra regione.
 

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