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Dal mosaico al Sistema dei SSA: venti anni di Reg. 270

Stefano Barbieri (Presidente Associazione Nazionale per la Divulgazione Agricola)





L’incontro vuole essere un’occasione per riflettere sui mutamenti in termini di professionalità (oltre il Reg.270 come la figura del divulgatore si può e si deve evolvere) e di forme organizzative (quali strutture, quale il ruolo del pubblico e del privato) cui i Servizi di Sviluppo Agricolo devono rispondere per affrontare le nuove esigenze poste da Agenda 2000.

Dall’esperienza con luci ed ombre del Reg. 270/79, le migliaia di operatori dei S.S.A. rappresentano una risorsa di grande valore: per quanto sono riusciti comunque a produrre (si pensi al contributo dato per lo sviluppo dell’agricoltura ecocompatibile e di qualità) e per il ruolo che questi possono avere nella nuova prospettiva dello sviluppo rurale.

Ma se oggi non possiamo che riaffermare un giudizio di sostanziale fallimento degli obiettivi prefigurati dal Reg. 270/79, come sostanzierò in seguito, non siamo neppure nostalgici innamorati dell’illusione "270". Siamo innovatori "per professione" e vogliamo cogliere le continue sfide proposte dall’evolversi degli scenari dello sviluppo agricolo.

E’ oggi necessario trovare nuove forme organizzative, norme legislative e rapporti contrattuali che nel passato sono mancati (non è mai stato approvato il Profilo professionale, né un contratto di lavoro) in grado di valorizzare appieno tali professionalità dando al settore agricolo efficienti servizi per l’innovazione e la competitività.

Diverse sono le problematiche in campo.

Agenda 2000 e lo sviluppo rurale impongono un nuovo approccio alle politiche di sviluppo dell’agricoltura e del territorio agricolo, con una doppia sottolineatura:

In questo senso concetti come l’assistenza tecnica, la divulgazione come raccordo ricerca-produzione, e le spesso reclamate specificità agricole nelle azioni di sviluppo, (perché non si parla di servizi di sviluppo industriali o artigianali ?) subiscono un ulteriore colpo, e si rafforzano i principi spesso solo falsamente enunciati in leggi e programmi, del "Sistema dei SSA" e della "progettualità".

Abbiamo avuto modo di riaffermare che quello di questi ultimi venti anni non è stato un Sistema, ma al più solo un mosaico di soggetti e programmi. La mancanza di una politica delle strutture e di un serio approccio metodologico che si radicasse nella realtà quotidiana sono stati tra i principali fattori di carenza per la creazione del "sistema".

Strutture inadeguate hanno accolto divulgatori formati con un bagaglio metodologico e di competenze professionali distante dalla "mission" di tali strutture (sia pubbliche che private). Strutture troppo frammentate e quindi economicamente e funzionalmente limitate per dar spazio allo sviluppo delle professionalità e per creare innovazione, al più adatte a dare risposte assistenziali o di corto respiro. Strutture troppo legate a interessi di rappresentanza di una parte politica o economica del mondo agricolo.

L’approccio progettuale è stato per lo più soffocato, ingessato, quando usato solo come paravento. Nel pubblico, ruoli di controllo amministrativo dei SSA e rigidità funzionali hanno portato molti divulgatori a scordarsi presto degli input acquisiti durante il corso di formazione per far proprie altre modalità e finalità di lavoro. Nel privato il finanziamento assegnato esclusivamente per parametri fisici (n° aziende associate, n° tecnici) o rappresentatività politica, ha portato a privilegiare attività di servizio, troppo spesso mascherate con "progettualità innovative". Attività di servizio che di per se non sono certo demonizzabili, ma quantomeno non omogenee alle finalità dei SSA innovativi e della divulgazione in particolare.

Ora una impostazione legislativa con enunciate finalità più "efficientiste" (riduzioni di spesa) inducono a un discorso più aperto e "laico" sulla politica delle strutture, mentre la progettualità dello sviluppo rurale fa assumere centralità (anche nella modalità di valutazione e di finanziamento) al "progetto".

Non è pensabile fornire un "modello" applicabile in ogni dove. E’ però possibile tracciare un’architettura di riferimento da contestualizzare nelle diverse realtà regionali. E tale architettura non può disegnarsi per sigle e apparati, ma per attività (troppo spesso si è partiti dalle strutture esistenti per assegnar loro programmi e finalità di sviluppo agricolo).

Non rigide gabbie che creano frammentazioni costrittive, generatrici di inefficienze e non comprensibili al destinatario finale. Ma la definizione con chiarezza di specifici ruoli per ciascun soggetto e le interrelazioni tra questi.

Di seguito quindi si vuole, per le due grandi categorie dei soggetti in campo (pubblico e privato), disegnare un sistema di ruoli e funzioni cui possa far riferimento un sistema di soggetti e strutture.
 
 

Pubblico e privato

Essendo i S.S.A. strumento di politica agraria e quindi oggetto della compartecipazione e concertazione delle istituzioni pubbliche e delle forze sociali ed economiche è nel rapporto tra pubblico e privato il nodo attorno cui muove la politica dei S.S.A..

Chiariamo innanzitutto cosa intendere per pubblico e per privato.

Per pubblico ci riferiamo a Ministero e Regioni, ma in particolare alle Agenzie o Enti di sviluppo, ma anche agli Assessorati Provinciali, alle Comunità Montane, ecc.

Per privato, salvo diversa indicazione, intendiamo il "privato associativo" ovvero le Organizzazioni Professionali (OO.PP.) e le Organizzazioni Economiche dei produttori (Associazioni di prodotto, Cooperative, Consorzi) e le strutture di servizio da loro promosse.

Ma si aggiungono oggi soggetti nuovi, come i Gruppi di Azione Locale dell’Iniziativa Leader, in cui interagiscono pubblico e privato e il cui modello di azione potrebbe essere preso a riferimento per i nuovi SSA.

Per le Organizzazioni Professionali sono da privilegiare azioni di tipo orizzontale o di processo (consulenza alla gestione o all’impresa, informazione, ecc.), per le Organizzazioni Economiche azioni sul prodotto (orientamento commerciale ed orientamento tecnico).

Sono da favorire le aggregazioni unitarie: in molti casi una struttura più grande e unitaria è preferibile per una più razionale copertura del territorio e un più completo utilizzo e valorizzazione delle professionalità, specie quelle più specialistiche.

Non è da escludere il coinvolgimento nel Sistema dei S.S.A. di strutture private a tutti gli effetti (studi professionali, cooperative o società di servizi, ecc.). Queste possono offrire, nel quadro di una apertura dei S.S.A. al mercato dei servizi, prestazioni specialistiche che non è interesse delle strutture associative o delle strutture pubbliche interiorizzare. Anzi oggi giorno le stesse strutture promosse dalle organizzazioni agricole assumono i connotati di società di servizi per migliorare le capacità gestionali e l’incisività d’azione e perfezionare gli aspetti fiscali.

E’ importante che i rapporti che si instaurano tra "pubblico" e "privato" siano basati sul rispetto di norme di trasparenza e correttezza sempre verificabili. Quindi utilizzo dello strumento del bando pubblico con parametri che ne valutino affidabilità, efficienza, efficacia e competenza. Bisogna superare il finanziamento a strutture solo in quanto espressione di organizzazioni di categoria, il quale pur essendo un fattore positivo e utile per l’efficacia dell’azione, non può essere l’unico parametro di valutazione.

Veniamo ora a delineare i rispettivi ruoli di pubblico e privato.

Pubblico

- coordinamento ovvero favorire le relazioni tra i diversi soggetti del Sistema dei S.S.A., favorire sinergie progettuali, evitare dispersioni, sovrapposizioni.

Il coordinamento non è la concertazione politica nella formazione delle politiche dei S.S.A.. E' un ruolo tecnico che va svolto da una struttura specifica, che sia il motore del Sistema, dotato di personale con specifiche professionalità e in stretto collegamento (può essere la stessa struttura) con la funzione di monitoraggio e controllo.

- gestione diretta La gestione diretta da parte del pubblico di strutture, progetti e servizi dovrebbe avvenire per attività di rilevante valenza pubblica e/o quando necessita un investimento troppo oneroso in termini economici, progettuali, professionali, pur mantenendo validità di merito; si pensi ad esempio alla realizzazione di sistemi territoriali informativi, alle cartografie tematiche, al sistema agro-meteo, ai servizi fitosanitari, e, almeno in parte, al sistema della formazione dei tecnici; ma pensiamo anche a tutte le azioni svolte per il supporto della presenza agricola in aree marginali, con finalità ambientali e sociali.

Meglio se attraverso "aziende speciali" a carattere privatistico (in molte Regioni si è adottato il modello dell’"Agenzia"), ma che non confliggano per modalità di azione e per merito, con l'attività dei privati.

- partecipazione ad azioni informative e divulgative per quanto attiene alle azioni di supporto (elaborazione, banche dati, servizi informativi e divulgativi)

- finanziamento e gestione in parternariato con soggetti privati di progetti di sviluppo: dalla ricerca al collaudo dell'innovazione

- favorire, se il caso anche finanziariamente, l'accesso delle imprese a servizi che pur essendo gestiti da privati rispondono ad un obiettivo di rilevanza pubblica.

- favorire le condizioni per la valorizzazione della risorsa umana (formazione, aggiornamento, ecc.)
 
 

Privato

- rappresentanza ed esplicitazione delle esigenze dell'impresa, è la funzione propria delle strutture associative, svolta partecipando, in concertazione con il pubblico, alla definizione delle linee di politica dei S.S.A., negli adeguati spazi istituzionali, e nella fase di proposizione di progetti e servizi

Possono riconoscersi due livelli di intervento:

- quello primario della raccolta, elaborazione e produzione di materiale divulgativo

- quello della informazione capillare e diffusa, mirante alla penetrazione diretta nell’impresa.

La prima è a favore di enti, più che di singoli e almeno nelle fasi iniziali di raccolta e prima elaborazione (archivi legislativi, produzioni di manualistica, di prodotti multimediali), può più efficacemente esplicitarsi se svolta con un grado di concentrazione di strumentazioni e professionalità di elevato livello, non riproducibili in strutture diffuse sul territorio, e quindi meglio svolte da una unica struttura di diretta gestione pubblica.

Quando invece l’azione è più mirata, più capillare nel territorio o addirittura verso la singola impresa allora il privato associativo svolge meglio questo ruolo, favorito dall'azione di supporto descritta al punto precedente, che è a più alto investimento finanziario e tecnico.

Si potrebbero raccordare efficacemente le due aree se la struttura pubblica svolgesse questo ruolo di supporto, attraverso progetti definiti in accordo o su committenza delle strutture associative di cui è al servizio.

- proposizione e/o gestione diretta di azioni progettuali innovative in eventuale partnership di elaborazione e proposta, gestione e finanziamento con il pubblico.

E’ l’ area dei "progetti": progetti di ricerca, collaudo dell'innovazione, sviluppo e promozione. Azioni, in genere complesse, che prevedono interventi di sviluppo, promozione, che interessano normative, tecniche, processi produttivi o tecnologie non consolidate, innovative. Interventi di filiera o territoriali. Sono attività che necessitano di una notevole impostazione progettuale, non sono attività di breve periodo, né di "adempimento". Si muovono nell’area della ricerca e della sperimentazione, fino a quella del collaudo, introduzione dell'innovazione e della divulgazione propriamente detta. Ed è questa l’area che dovrebbe incentivarsi con Agenda 2000. Ad esempio un progetto di sviluppo dell’agricoltura biologica in una determinata area, un progetto di commercializzazione associata all’estero di prodotti di qualità, un programma per condurre a certificazione di qualità un gruppo di aziende, la diffusione di una tecnica di difesa particolarmente innovativa. Queste attività in parte rispondono alle condizioni indicate in precedenza, e il pubblico può gestirle direttamente attraverso "agenzie speciali". Ma per queste azioni è determinante il rapporto con il mondo produttivo (e quindi parternariato di indirizzo, progettazione, realizzazione e finanziamento) per una garanzia di finalizzazione della ricerca e diretta efficacia della divulgazione. Ed è quindi determinante il ruolo delle strutture private associative nella proposizione e gestione diretta di tali azioni. Il pubblico deve favorire i processi innovativi e questi non possono essere supportati tecnicamente e finanziariamente dal privato, specie in un settore come il primario a basso margine di profitto e in cui inoltre le ricadute produttive possono avere un notevole impatto sull’ambiente e sulla salute del consumatore e quindi ad alta valenza pubblica. Il privato può e deve partecipare a tutte le diverse fasi (elaborazione progettuale e proposta) e sicuramente nelle fasi di attuazione dell’innovazione a livello territoriale e aziendale.

- gestione diretta di servizi a totale o prevalente valenza commerciale (anche con eventuale agevolazione finanziaria pubblica)

Ci riferiamo a quei servizi che vertono su attività consolidate e ben definite, per le quali si determina un rapporto contrattualistico tra il fornitore del servizio e l’utente. L’utente stesso percepisce chiaramente tale rapporto e la necessità del pagamento della prestazione. Si individuano tra questi i cosiddetti "servizi di adempimento" (elaborazione e presentazione di istanze e progetti di finanziamento), che meglio sarebbe non ricomprendere all’interno del Sistema dei S.S.A., ma anche servizi tecnici sufficientemente consolidati e non più definibili come innovativi, quali piani concimazione, programmi di lotta guidata, ecc..

Questi devono svolgersi secondo regole di mercato. Il pubblico però, per favorire lo sviluppo di imprese efficienti può agevolare l'accesso a tali servizi da parte della singola impresa, abbassando il costo di accesso. Questa impostazione può regolare con maggiore trasparenza il rapporto finanziario pubblico-privato, facilitando sia l'individuazione dell'oggetto del finanziamento (la prestazione di servizio) sia l'individuazione dei parametri di finanziamento (es. abbassare del x% il costo di un servizio, un "x" per pratica, ecc.).

Importante è il rispetto delle norme di concorrenza nei servizi, e quindi l'intervento finanziario pubblico deve avvenire sulla base di regole trasparenti e secondo norme di qualità. Progettualità integrata, qualità e parametri di valutazione trasparenti sono elementi per la "sburocratizzazione" dei servizi tecnici.

Infine i problemi posti dagli Ordini professionali e dalle organizzazioni dei liberi professionisti circa la concorrenza delle Organizzazioni agricole, non si risolvono in senso corporativo, ma facendo si che tutti i centri erogatori di servizi rispettino le norme sulle professioni e sulle forme di erogazione dei servizi; in altri termini il Sistema dei S.S.A. non deve essere un sistema "chiuso", ma di espansione del mercato dei servizi.

Progettualità integrata

All'interno di una tale architettura del Sistema dei S.S.A., c'è sempre il rischio di una frammentazione di funzioni, progetti e soggetti, in scatole non comunicanti. Qui è fondamentale il ruolo di coordinamento, ma è altrettanto importante l’approccio metodologico cioè l’approccio progettuale. Agire per progetti vuol dire assumersi responsabilità rispetto un obiettivo.

A dire il vero tale approccio è oggi indicato in quasi tutte le legislazioni regionali sui S.S.A., ma è una indicazione più nominale che sostanziale, nascondendo spesso modalità di finanziamento avulse dalla valutazione di merito.

Per "progettualità integrata" si intende la capacità di ideare, realizzare e cofinanziare progetti che, rispetto l’obiettivo prefissato, attivino in forma integrata più elementi dei S.S.A.: formazione, informazione, consulenza, ecc.. Troppo spesso invece ciascuno di questi elementi si sviluppa autonomamente ed è soggetto a finanziamenti e normative diverse. Questo accresce l’autoreferenzialità: ad esempio si fa formazione non tanto per soddisfare un bisogno formativo, ma per svolgere un determinato monteore.

L’approccio progettuale deve far prevalere una valutazione "di merito" circa la capacità di rispondere ad esigenze reali, la sua sostenibilità, la coerenza progettuale, la capacità di raggiungere determinati obiettivi, ecc.

A ciò è connesso il superamento dei finanziamenti alle strutture private su base quantitativa (un "x" a tecnico, un "x" ad azienda associata, ecc.).

Ma tale metodologia deve pregnare anche l’attività dei SSA di diretta emanazione pubblica.

Lavorare per progetti inoltre comporta una maggiore capacità professionale sia da parte delle strutture proponenti, sia da parte delle strutture pubbliche che valutano il progetto e assegnano il finanziamento.

Gli operatori più qualificati dei S.S.A. non possono che avvantaggiarsi di un Sistema dei S.S.A. che si sviluppi realmente secondo la metodologia progettuale, perchè può essere esaltato il "merito" e quindi la capacità professionale, che sappiamo invece quanto spesso sia ora mortificata.

La progettualità integrata può e deve coinvolgere anche i servizi di adempimento che sono comunque interconnessi ai servizi tecnici a più complessa progettualità. Troppo spesso si denuncia ad esempio la separazione tra consulenza e formazione, ma anche la distanza tra azioni tecniche e i servizi connessi ai complessi adempimenti burocratici cui è sottoposta l'impresa agricola. Questo non vuol dire confusione e mescolanza di ruoli e di compiti assegnati alle diverse strutture e alle diverse figure professionali, ma creare il quadro all'interno del quale si possono sviluppare più facilmente le diverse operatività.

La risorsa umana

Un elemento di basilare importanza nella costituzione del Sistema dei S.S.A. è la questione delle condizioni per la valorizzazione della risorsa umana. Anche nell'era della telematica, la risorsa più importante è quella umana e quindi la tutela e valorizzazione della sua professionalità deve essere tra gli obiettivi prioritari. Ma così non è. Troppo spesso si sono investite relativamente cospicue risorse per la formazione e molto poco si è fatto per collocare nelle giuste condizioni lavorative le persone formate.

Oggi il discorso sulle professionalità si arricchisce di nuovi approcci: dal consulente tecnico con competenze di gestione integrata dell’ecosistema agricolo, a nuove figure della formazione, fino all’animatore rurale, al tutor d’impresa, ecc. . Tutte caratterizzazioni verso le quali il divulgatore ha una naturale potenzialità di evoluzione, specie se facciamo riferimento a quella figura di "agente promotore di sviluppo" definita nel "profilo" del divulgatore.

Ma su questo si soffermeranno le relazioni successive.

Sul fronte delle risorse umane si possono individuare due gravi carenze:

- la mancanza di un "profilo professionale" condiviso da tutti i soggetti e riconosciuto giuridicamente; è stato l’alibi per utilizzi impropri di personale, sia nel privato che nel pubblico.

Entrambe questi due elementi sono in genere assenti sia nei rapporti di lavoro, sia nelle legislazioni regionali.

Inoltre lo scadere dei primi sei anni di finanziamento comunitario ha ulteriormente aggravato tale situazione, evidenziando tutti i limiti della politica dei SSA nazionale e regionale. Non a caso in questi ultimi anni, l’ANDA ha concentrato la sua azione proprio su questo punto con ricorsi giudiziari e proposte legislative in diverse regioni.

Sulle azioni giudiziarie permettetemi una parentesi per spiegare il senso di tali azioni. Azioni mai fini a se stesse ma che, è bene ricordarlo, nascono da un impegno propositivo per definire un assetto efficiente ed efficace dei Servizi di Sviluppo Agricolo.

In tutte le regioni dove operiamo attivamente sono state sottoposte a tutti i soggetti in causa le nostre analisi, proposte e articolati di legge.

Di fronte all’incombente scadenza dei finanziamenti comunitari e all’assenza di una concreta attivazione di una norma che garantisca continuità occupazionale e professionale dei divulgatori, ci siamo trovati in alcuni casi a dover percorrere anche la strada della giustizia amministrativa o del lavoro.

Tali azioni hanno sempre come fondamentale obiettivo, non tanto il ricorso in se, ma quello di giungere ad una soluzione normativa (generale e non personalistica) che garantisca l’occupazione dei divulgatori, la salvaguardia della professionalità e del ruolo (non una "qualsiasi" occupazione) e l’attuazione a tutti gli effetti del dispositivo per la divulgazione previsto dal regolamento comunitario.

Siamo certi quindi che ancor prima di una valutazione in sede di giustizia amministrativa dei ricorsi presentati, o di alte analoghe iniziative, venga dalle Amministrazioni Regionali in primo luogo e dagli altri soggetti privati, un segnale che vada concretamente nella direzione suesposta.

A complicare il quadro caratterizzato dalle carenze sopra ricordate, si aggiunge oggi la generale preferenza nell’area privata a rapporti di lavoro più "flessibili" e, nello specifico dei SSA, l’impostazione, pur da noi ampiamente condivisa, dell’approccio progettuale. Ciò tende a far prevalere rapporti di collaborazione a termine ("fin che dura il progetto") con il rischio di aumentare, in concomitanza ad una assenza di parallele forme di tutela professionale, la precarietà e la debolezza professionale.

E’ quindi imprescindibile l’approvazione su base giuridica e la condivisione tra tutti i soggetti, di un chiaro e definito profilo professionale. L’ottimo documento redatto dall’INEA deve diventare con le opportune specificazioni, documento di riferimento prioritario.

Ricordiamo che l'approvazione del Profilo sarebbe il primo e significativo riconoscimento dell'esistenza professionale del settore dei Servizi di Sviluppo Agricolo, non solo del Divulgatore inteso ai sensi del Reg. Cee 270/79, ma di molte altre figure professionali (dal consulente d'impresa al tecnico agricolo specializzato).

Questo passaggio aprirebbe la strada ad una fase programmatoria e legislativa dei S.S.A. che tenga nella giusta considerazione la "risorsa umana", dando spazio alla contrattazione nazionale e regionale di settore.

Sappiamo bene che la contrarietà di alcune Regioni e Organizzazioni Agricole, nasce dal desiderio di avere le mani libere su l’impiego di una risorsa umana che è stata formata e impiegata in base a una norma e a un finanziamento pubblico, per fare una ben determinata cosa. Il più delle volte chi ha assunto un "divulgatore" non sapeva chi assumeva (ma tanto almeno per un pò di anni c’era il contributo europeo) e poi nel caso del privato, quando deve pagarlo, non ha soldi per farlo.

Ma se anche non fosse stata spesa una lira di finanziamento pubblico, chi lavora ha diritto di essere chiamato con un ben preciso nome, vedere riconosciute le sue competenze e il suo ruolo professionale.

Non vogliamo creare una nuova "casta", un nuovo "ordine professionale", tanto meno oggi che si parla di eliminarli.

Non siamo ottusamente legati ad una immutabile immagine di "divulgatore".

Non neghiamo neppure, una evoluzione, per motivi professionali o personali, della storia lavorativa dei divulgatori italiani. Non vogliamo obbligare nessuno a "morire" divulgatore.

Ma vogliamo che chi lavora nei servizi di sviluppo agricolo possa svolgere con dignità il suo lavoro, e che possa anche cambiare, nell'arco della sua vita lavorativa, collocazione funzionale, livello o area di intervento all'interno dell'area professionale dei S.S.A.. Vogliamo che chi nel suo lavoro incontra un "divulgatore", chiede di "divulgatore", assume un "divulgatore", sappia che significato dare a questo termine, sappia valorizzare le sue competenze.

Vogliamo chiamare le cose con il loro giusto nome.

Chi dice la parola "avvocato", "medico", "architetto" sa a quale professione fare riferimento. Non così oggi quando si dice "consulente all'impresa agricola", "divulgatore", nè si sa a quali titoli di studio, a quali percorsi formativi, a quali competenze fare riferimento.

Anche a questo serve un "profilo professionale" riconosciuto dai principali soggetti attori dei S.S.A.: Stato, Regioni, Organizzazioni agricole.

Qualcuno dirà che il riconoscimento del proprio ruolo non lo si conquista con i documenti, ma direttamente con le proprie capacità sul posto di lavoro. Se questo è pur sempre vero, ciò non giustifica la negazione di un "Profilo professionale".

La questione più delicata è il rapporto contrattuale e di finanziamento che si crea tra tecnico, amministrazione pubblica e privato.

Per i tecnici dipendenti pubblici il problema è una forma contrattuale e un organigramma funzionale in grado di riconoscere la specificità dell’attività divulgativa. Quindi con elementi di elasticità tali da rendere praticabile una attività tecnica da svolgere anche e specialmente fuori dagli "uffici" e con la necessaria autonomia gestionale.

Per i tecnici che operano nel privato su finanziamento pubblico, si generano spesso confusioni di ruoli e responsabilità, specialmente se c'è un finanziamento diretto all'assunzione. In linea generale è preferibile il finanziamento all'attività-progetto-servizio e non all'assunzione del dipendente, lasciando quindi al datore di lavoro privato l'unicità del rapporto, fatte salve quelle condizioni di garanzia di cui si diceva poc’anzi.

Ciò non toglie che, anche alla luce delle negative esperienze finqui avute in entrambi i casi qui descritti (finanziamento pubblico al progetto privato e assunzione diretta dei tecnici da parte del pubblico) e per specifiche professionalità, sia proponibile l'assunzione del divulgatore da parte della struttura-agenzia pubblica e distacco su progetti presso il privato. Se questo avviene su progetti definiti e concordati, si determina da parte del pubblico verso il privato l'erogazione di un "servizio" altamente qualificato, rientrante nella tipologia che nei progetti comunitari va sotto il nome di "assistenza tecnica". Una soluzione trasparente nei rapporti pubblico-privato, che da maggiori garanzie di continuità contrattuale e professionale.

Ciò è tanto più vero in presenza di norme legislative che prevedono la garanzia di permanenza e continuità dell’azione, come è il caso del Reg. Cee 270/79.

Conclusioni

Con queste note si è tentato di delineare l’architettura di un ampio Sistema dei S.S.A. evidenziando, nella numerosità delle aree di intervento, i rapporti tra le funzioni del pubblico e quelle del privato. Il percorso di analisi si è sviluppato ponendo attenzione da un lato alla efficacia delle azioni di sviluppo, dall’altro alla valorizzazione e tutela delle figure professionali operanti nei S.S.A.. L’elemento che può diversamente caratterizzare una nuova organizzazione dei S.S.A. può essere la "progettualità integrata", elemento solo apparentemente esclusivamente metodologico, ma che implica, per una sua reale attuazione, specifiche forme organizzative ed elevate capacità professionali per tutti gli operatori dei S.S.A..

In una situazione storica (Agenda 2000 e sviluppo rurale) in cui a dispetto di alcuni recenti detrattori dei SSA, né la divulgazione, né i divulgatori sono "passati-di-moda" o "inutili", se "scade" l’impegno finanziario europeo, non "scade" l’impegno assunto da Stato e Regioni con il Reg. 270, né tanto meno "scade" il valore della divulgazione. Ma anzi acquista, come vuole evidenziare questo convegno, nuove aree di intervento, nuovi ambiti lavorativi.

Forse si useranno nuovi termini: ma questo non ci spaventa, pensando che proprio sul termine divulgazione abbiamo vissuto in una immensa babele interpretativa (quando mai è stato usato a proposito il termine divulgazione e divulgatori ?).

L’importante è che gli operatori dei S.S.A. pur in una situazione di evoluzione, non abbandoni il loro impegno, un impegno che non può non passare attraverso l’associazionismo, per riaffermare la loro identità e le loro competenze. Un impegno che da senso e forza al loro lavoro di ogni giorno.
 
 

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