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  Convegno sui S.S.A.: Altre relazioni.

Giovanni Lo Piparo
Ministero Politiche Agricole Direzione Politiche Comunitarie e internazionali - Ufficio Strutture
 


"I S.S.A. e la nuova Politica Comunitaria"

In questa fase di profonda trasformazione della economia agricola il processo competitivo non si limita più a coinvolgere la singola impresa ma si sviluppa in un autentico confronto tra sistemi nazionali.

Per questa ragione la presenza di un sistema di servizi di sviluppo agricolo efficienti si rivela uno strumento di politica agraria che insieme agli altri classici strumenti riveste fondamentale importanza per lo sviluppo del sistema agricolo.

In questa relazione sarà tracciato un sintetico percorso storico per illustrare l’evoluzione dei servizi ed il ruolo rivestito dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, le principali normative comunitarie che ne hanno influenzato l’attuale sviluppo e le linee di sviluppo nel nuovo contesto della Politica Agricola Comunitaria.

In Italia l’interesse nei confronti della assistenza tecnica ha origini antiche che risalgono alla metà del secolo scorso con i comizi agrari che avevano il compito di divulgare le moderne tecniche agronomiche. Ad esse si sostituirono, dalla seconda metà del secolo, le cattedre ambulanti di agricoltura che organizzate su base locale si offrivano come punto di riferimento agli agricoltori del comprensorio permettendo una approfondita conoscenza di tutte le esigenze e le difficoltà degli operatori. La maggiore burocratizzazione delle procedure provocò una perdita dei contatti diretti con gli agricoltori e successivamente, con la costituzione degli Ispettorati agrari l’attività relativa ai servizi venne inglobata da questi organismi decentrati del Ministero con la costituzione di nuclei di assistenza tecnica al nord ed i Centri di Assistenza tecnica della Cassa del Mezzogiorno al sud.

Successivamente all’emanazione dei Piani verdi il processo di regionalizzazione, avvenuto in due fasi nel 1971-77, destinò i servizi alle competenze regionali. Le difficoltà registrate in Italia in relazione allo sviluppo della divulgazione agricola negli anni ’70 hanno indotto lo stato membro a proporre alla Commissione europea l’adozione di un regolamento specifico che si tradusse nel Regolamento CEE 270/79.

Si può affermare, pertanto, che sulla esperienza tutta italiana si è innestata proficuamente la Politica agricola comunitaria.

Questo regolamento ha consentito tramite il "Piano quadro per la divulgazione agricola", elaborato dall’allora MAF, di porre le basi finanziarie, normative e culturali per la nascita in Italia di un dispositivo permanente di formazione e d’impiego dei tecnici divulgatori. Questo regolamento ha portato alla realizzazione di un sistema di formazione basato sui CIFDA ed alla costituzione di un Organismo nazionale di coordinamento e di indirizzo denominato Comitato Interregionale per la Divulgazione Agricola (CIDA).

Con la prima riforma dei fondi strutturali il Reg. CE 270/79 si è evoluto , per le regioni Obiettivo 1, con il Programma operativo "Sviluppo della divulgazione agricola e delle attività connesse", che aveva l’obiettivo ambizioso di considerare la divulgazione agricola integrata in una rete di segmenti costituenti i servizi di sviluppo.

Il programma ha stimolato il completamento normativo in materia di servizi, ha completato il piano di formazione dei divulgatori, ha adeguato le dotazioni dei Centri di formazione e ha promosso modelli organizzativi sul territorio.

Infine nel Quadro comunitario di sostegno 1994-99 attualmente in corso il Ministero, di concerto con le Regioni, ha sviluppato un Programma operativo denominato "Attività di sostegno ai servizi di sviluppo in agricoltura". Tale programma è partito dal presupposto che anche se la materia dei servizi è di competenza regionale, c’è l’obiettivo di soddisfare i bisogni di intervento che non sono attribuibili alle singole regioni in quanto hanno una valenza più generale che supera la specificità territoriale. I principali settori di intervento sono stati, oltre al sostegno finanziario all’impiego dei divulgatori, la ricerca di interesse multiregionale e la formazione intesa come aggiornamento del personale, sia pubblico che delle Organizzazioni di categoria, sui temi riguardanti gli interventi di politica comunitaria.

Tale programma è attualmente in corso e concluderà i propri interventi nel dicembre 2001.

Il sistema dei servizi si è caratterizzato quindi nell’assegnare alla divulgazione ed all’assistenza tecnica un ruolo primario nello sviluppo delle conoscenze dell’imprenditore agricolo, in linea con un’agricoltura moderna, votata all’incremento delle produzioni e della produttività.

Si comprende pertanto come la divulgazione è figlia della stessa epoca storica che ha visto la nascita della PAC con lo scopo principale di porre rimedio alla scarsa capacità produttiva delle agricolture più deboli.

Negli anni ’90 tuttavia, con la riforma della PAC, questo modello di divulgazione agricola ha cominciato a mostrare i suoi limiti. Emerge la necessità di riconvertire il settore verso nuovi obiettivi, orientati piuttosto verso la ricerca della qualità più che della quantità; l’imprenditore agricolo non viene più visto - soltanto - come produttore di merci, quanto soprattutto come un fruitore ed erogatore di servizi.

E’ così che il sistema della conoscenza in agricoltura ha dovuto affrontare la sfida di rimanere uno strumento di politica agraria attuale in grado di fare fronte ai nuovi obiettivi di una PAC in transizione.

Un esempio significativo di questa recente evoluzione è offerto dal ruolo attivo avuto dai servizi di sviluppo agricolo nell’affermazione delle politiche agroambientali e segnatamente del Reg. CEE 2078/92.

In particolare in tutte le Regioni sono state avviate, a partire dal 1°anno di applicazione, iniziative volte a diffondere le informazioni sulle nuove opportunità offerte dai piani agroambientali. E’ dimostrato che l’informazione è risultata essere un fattore essenziale per ottenere una partecipazione responsabile ed attiva degli agricoltori.

Inoltre la divulgazione diventa anche un utile veicolo d’informazione di nuove tecniche ecocompatibili, incentivate dai fondi comunitari. In questo senso l’assistenza tecnica diventa essa stessa strumento per perseguire gli obiettivi ambientali. E’ per questo che le misure di riduzione degli input chimici, preponderanti nell’attuazione del 2078 in Italia nel periodo ‘94-’97, hanno previsto spesso l’affiancamento delle aziende aderenti con tecnici appartenenti al sistema dell’assistenza tecnica. Addirittura vi sono esempi tra i partner comunitari, come l’Olanda, in cui i 2/3 delle risorse del 2078 sono destinate a progetti di formazione, assistenza tecnica e dimostrazione , a testimoniare la grande valenza affidata al sistema della conoscenza agricola per il raggiungimento di obiettivi ambientali in agricoltura.

Da questi pochi esempi, si comprende come anche nel novo ciclo della PAC inaugurato con la riforma Mac Sharry del 1992, il sistema della conoscenza agricola abbia saputo trovare degli spazi idonei dove esprimersi e promuovere le politiche agricole.

Tuttavia, con Agenda 2000 e la riforma della PAC recentemente approvata, l’agricoltura si caratterizza maggiormente per il suo ruolo multifunzionale. Questo si estrinseca nella produzione di alimenti più sani e di qualità, in un’agricoltura che deve contribuire alla salvaguardia ambientale, alla fornitura di servizi ricreativi , e, in generale, allo sviluppo di esternalità positive - ed al contenimento delle esternalità negative - connesse al territorio rurale.

Ma soprattutto viene in primo piano la centralità del binomio agricoltura - territorio , in una nuova luce rispetto al passato, per certi versi antitetica: non più sfruttamento generalizzato dei suoli al fine di aumentarne le produzioni e la produttività (disboscamenti, messa a coltura di terreni abbandonati ecc.) ma mantenimento dell’attività agricola sul territorio (ruolo socio-economico), sviluppo dell’attività agricola e delle produzioni tipiche di quel territorio (ruolo economico), promozione di un’agricoltura a vantaggio e per il territorio in termini di conservazione del paesaggio e valorizzazione dell’agroecosistema (ruolo ambientale). Viene ad affermarsi oggi un nuovo criterio "ecosostenibile" che individua nell’incontro tra agricoltura e territorio il motore dello sviluppo economico, sociale, ambientale.

E’ a partire da questi presupposti e in questo contesto che va calata la funzione dell’assistenza tecnica e dei servizi di sviluppo del 2000.

In tutte le tipologie di azioni i Servizi di Sviluppo Agricolo, nelle loro diverse declinazioni (ricerca, divulgazione/assistenza tecnica e formazione), dovrebbero essere considerati principalmente come strumenti interni di attuazione dei piani, per superare la separazione tra interventi verticali e azioni di sostegno realizzate tramite i Servizi di Sviluppo Agricolo e riconoscere ancora una volta la valenza trasversale dei servizi come strumento di politica agraria all’interno di qualsiasi intervento programmato per l’agricoltura, ma soprattutto, coerentemente calato nelle specifiche realtà territoriali delle regioni. Si tratta di promuovere l’organizzazione di sistemi locali di servizio alle imprese fondati sulla integrazione funzionale fra ricerca, divulgazione e formazione e sulla compartecipazione organizzativa e finanziaria dei sistemi produttivi locali o quelli che sono stati definiti come distretti e filiere di un’agricoltura tra locale e globale (II rapporto CNEL sull’agricoltura).

Proprio prendendo coscienza di questo nuovo approccio che riconosce l’importanza dello sviluppo locale e dell’insostituibile legame fra attività agricola e territorio rurale, nel nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2000 - 2006è sembrato opportuno concludere l’esperienza dei POM, compreso quello sull’attività di sostegno ai servizi di sviluppo per l’agricoltura, che ha fornito in primo luogo un forte impulso al sistema regionale della ricerca agricola e din secondo ha rappresentato un interessante attività di formazione e aggiornamento professionale di un cospicuo numero di operatori dei Servizi, per lasciare più spazio e risorse a specifici sottoassi a livello di POR.

I SSA potrebbero essere sostenuti all’interno dei POR in modo da sviluppare azioni strettamente collegate agli interventi da attuare sul tessuto produttivo e sociale.

Da questo punto di vista occorre superare visioni restrittive dell’art.33 del nuovo regolamento sullo sviluppo rurale e data la rilevanza dell’assistenza tecnica come strumento di politica agraria, prevedere delle misure specifiche nei nuovi POR che consentano di diffondere i risultati della ricerca e delle innovazioni ad esso legate. Da una parte si avverte l’esigenza, non solo nelle Regioni obiettivo 1, di mantenere vivo il complesso sistema dell’assistenza tecnica costruito in questi anni in tutte le Regioni, ma anche di sviluppare e far progredire un consistente patrimonio di tecnici e divulgatori attivi su scala regionale.

Occorre anche puntare sulle risorse umane del territorio in cui si vuole intervenire finanziando determinate politiche strutturali e ciò e particolarmente vero in un momento di forte incidenza della disoccupazione al livello tanto nazionale quanto europeo. Questo substrato umano rappresenta in un certo senso un "valore aggiunto territoriale" che più di ogni altro deve essere valorizzato in un’ottica di programmazione territoriale.

Per tali ragioni appare opportuno che, pur nel rispetto delle competenze regionali, il nuovo Ministero assicuri un coordinamento orizzontale definendo strategie generali in tema di servizi, soprattutto per ciò che concerne metodologie e standard di qualità per la definizione di programmi, così come - d’altronde -prevede lo stesso PSM 2000 - 2006 approvato lo scorso settembre dal Cipe.

Con riferimento particolare al Mezzogiorno i SSA possono dare un contributo significativo per ancorare al territorio, promuovere e potenziare quegli assi prioritari d’intervento che attengono allo sviluppo rurale, nell’ambito del PSM.

In particolare, occorre fare riferimento alle azioni individuate come prioritarie nel PSM:

Nella prima tipologia il ruolo dei servizi è inteso soprattutto come assistenza tecnica, divulgazione e formazione professionale. Grazie alla loro capillare presenza sul territorio, i servizi regionali di divulgazione, potrebbero fornire anche importanti informazioni ed azioni di supporto in grado di rendere più efficaci gli interventi di ristrutturazione e conversione delle imprese agricole in un ottica di filiera.

Nell’ambito della seconda tipologia, i servizi potrebbero svolgere un insostituibile azione per affermare e riconoscere la varietà delle situazioni e dei problemi locali, anche per far fronte ai possibili squilibri socioeconomici e territoriali e all’ineguale distribuzione delle risorse immateriali (informazione e conoscenza) ad essi collegata.

Dalle considerazioni svolte in precedenza si comprende come il sistema della conoscenza agricola sia di estrema attualità anche in questo nuovo ciclo di programmazione della Pac. Se in passato la conoscenza per l’imprenditore agricola ha rappresentato, in un certo senso, un fattore di produzione che consentisse di combinare in maniera ottimale il trinomio tradizionale capitale-terra-lavoro, con la nuova Pac essa si caratterizza non più per solo per essere un fattore di produzione ma anche e soprattutto un fattore di sviluppo rurale allo scopo di promuovere, integrare e valorizzare le risorse umane, agricole, ambientali e forestali del territorio.

Ritengo opportuno concludere con un cenno alle principali questioni che in materia di servizi restano aperte:

Si riscontra infatti a volte un difficile inserimento dei divulgatori nel contesto lavorativo anche perché a volte le strutture che li accolgono hanno delle inadeguatezze strutturali. Inoltre le procedure e i programmi molto spesso non sono ancorati agli interventi regionali di politica agraria.

Tali riflessione dovrebbe condurre ad una rivisitazione dei programmi dei servizi per ancorarli in maniera efficace agli interventi agli interventi per filiera e per area (sviluppo rurale).

Occorre quindi che i servizi vengano condotti fuori dall’isolamento culturale che attualmente li caratterizza all’interno della stessa Amministrazione regionale.

Nell’ambito della nuova fase di intervento strutturale che si sta delineando occorrerebbe che i servizi svolgano attività di informazione sui programmi di intervento regionale, organizzare l’attività di diffusione su aspetti tecnici e di mercato e sui risultati economici prevedibili dagli interventi previsti.

I servizi dovrebbero essere anche organizzati per raccogliere dati ed informazioni a supporto della attività progettuale e istruttoria regionale. Infine dovrebbero avere un ruolo attivo nella fase di valutazione degli interventi.

Tutto quanto detto porta alla conclusione che resta molto da fare per sfruttare a pieno il contingente numeroso di divulgatori e con essi l’intero sistema dei servizi di sviluppo nella nuova fase di politica agricola comunitaria che si sta delineando.

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