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Ordinanza TAR Toscana del 28 Aprile 98



Corte Costituzionale - Ordinanze (Boll. n 12 del 23/04/1999, parte Prima , SEZIONE III )
 

Ordinanza emessa il 28 aprile 1998 (pervenuta alla Corte costituzionale il 17 marzo 1999) dal TAR per la Toscana
sul ricorso proposto da Crescenzi Angela ed altri c/ Regione Toscana.
 
 

  IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA TOSCANA 3 SEZIONE

                   ha pronunciato la seguente

                            ORDINANZA
sul ricorso  n. 356/93  proposto da  Crescenzi  dott.ssa  Angela,
Fabrini  dott.  Luigi,  Nocentini  dott.  Gianfranco,  Bartalucci
dott.ssa Laura, Farruggio dott. Fabrizio, Quattrucci dott. Marco,
Nuvoli  dott.ssa   Stefania  e   Musetti   dott.   Nicola   tutti
rappresentati e  difesi dagli Avv.ti Domenico Iaria, Giulio Padoa
e Vittorio  Chierroni ed  elettivamente  domiciliati  presso  gli
stessi in Firenze, via de’ Rondinelli, 2

                             CONTRO
la Regione  Toscana, in  persona del Presidente pro tempore della
Giunta  Regionale,  costituitasi  in  giudizio,  rappresentata  e
difesa dall’Avv.   Calogero  Narese ed  elettivamente domiciliata
presso lo stesso in Firenze, via dell’Oriuolo, 20

                       PER L’ANNULLAMENTO
in parte  quo della  delibera della  Giunta Regionale  Toscana n.
9186 del  9.11.1992, recante  la nomina in ruolo dei ricorrenti -
quali "divulgatori  agricoli polivalenti"  - nella  VII  anziche’
nell’VIII qualifica  funzionale, nonche’  di ogni  atto connesso,
presupposto o conseguenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione intimata;

Viste le  memorie prodotte  dalle parti  a sostegno delle proprie
difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla  pubblica udienza  del 13  febbraio 1998  il  relatore
Cons. D.ssa Gabriella De Michele;

Uditi, altresi’  gli avv.  V. Chierroni  e D.  Benussi,  delegato
dall’avv. C. Narese;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

                              FATTO
Attraverso il  ricorso in  esame, notificato il 20.1.1993, alcuni
divulgatori agricoli  - reclutati  a seguito di bando di concorso
n. 63  del 21.11.1990 - contestano il proprio inquadramento nella
VII  anziche’   nell’VIII  qualifica  funzionale,  a  seguito  di
delibera di  GR n. 9186 del 9.11.92, vistata in sede di controllo
il 25.11.1992.

Detto inquadramento,  in effetti,  risulta conforme  al  disposto
degli articoli 1 e 2 della legge regionale Toscana 2.9.92, n. 44,
di modo  che  l’unica  prospettazione  difensiva,  contenuta  nel
ricorso, concerne la conformita’ della citata legge agli articoli
3, 36  e 97  della Costituzione  (ovvero  l’applicabilita’  della
stessa, in rapporto alla normativa comunitaria).

Osservano  i   ricorrenti,  infatti,   che  la   "formazione  dei
Divulgatori Agricoli   in  Italia ha  luogo in  attuazione di  un
piano-quadro nazionale  di divulgazione  agricola, approvato  dal
Ministero dell’Agricoltura  e Foreste  e dalla stessa CEE, presso
cinque  centri  interregionali  di  formazione  (C.I.F.D.A.):  la
Toscana,  unitamente  all’Umbria,  alle  Marche  e  al  Lazio  fa
riferimento al CIFDA con sede in Foligno".

Presso i  centri in  questione si  svolgono corsi  formativi, cui
vengono ammessi  - previo  concorso pubblico nazionale - laureati
in scienze  agrarie, scienze  forestali, scienze della produzione
animale veterinaria,  ovvero periti  agrari  o  agro/tecnici  con
documentata esperienza biennale specifica.

Al termine  dei corsi, previo esame, vengono rilasciati attestati
di  idoneita’   all’esercizio  della   professione,  utilizzabili
nell’intero  territorio  nazionale  -  a  vantaggio  del  sistema
agricolo - con percezione da parte della Regione di un contributo
sia comunitario che dello stato per ciascun addetto.

Normalmente, le  Regioni attingono  alle graduatorie dei predetti
centri per  l’assunzione di  divulgatori agricoli,  come avvenuto
nel caso  di specie;  in mancanza,  tuttavia,  di  una  normativa
nazionale concernente  l’assunzione del  personale in  questione,
ogni Regione  ha legiferato autonomamente, per l’inquadramento in
ruolo del medesimo.

Numerose  Regioni   (come  Abruzzo,  Lazio,  Lombardia,  Liguria,
Campania, e  Calabria) hanno previsto al riguardo l’inquadramento
nell’VIII qualifica  funzionale, in  considerazione del titolo di
studio e dell’ulteriore titolo di specializzazione conseguito; la
legge della  Regione Toscana  gia’ sopra  citata, invece, dispone
l’inquadramento  nel   VII  livello,   secondo  i  ricorrenti  in
violazione dei  principi costituzionali,  dettati in  materia  di
uguaglianza, retribuzione  commisurata alla  quantita’ e qualita’
del lavoro svolto, nonche’ di buona amministrazione.

La  Regione   Toscana,  costituitasi   in  giudizio,  chiede  che
impugnativa sia dichiarata inammissibile o infondata.

                             DIRITTO
Il  Collegio   e’  chiamato   a  valutare,  in  via  preliminare,
l’eccezione di  inammissibilita’ del  ricorso, i  cui propositori
avrebbero  prestato   acquiescenza  all’inquadramento  nella  VII
qualifica funzionale,  come risulta  dalle rispettive  domande di
assunzione  (che   a  detta  qualifica  -  prevista  dalla  legge
regionale 2.9.92, n. 44 - fanno appunto riferimento).

L’eccezione non  puo’ essere  condivisa,  essendo  l’acquiescenza
istituto riferibile  solo a  fatti concludenti,  spontanei e  non
equivoci  di  accettazione  di  un  provvedimento  amministrativo
(cons. St., sez. VI 14.3.75, n. 105; Cons.Giust.Amm.Sic. 12.12.73
n. 292 e successiva giurisprudenza pacifica).

Quando, come nel caso di specie, la volonta’ sia orientata ad una
finalita’ diversa  (nella situazione  in esame: l’acquisizione di
un posto  di  lavoro),  l’obbligato  riferimento  a  contenuti  o
modalita’  vincolanti,   pur  ritenuti   illegittimi,  non   puo’
implicare rinuncia  dell’interessato ad  avvalersi -  nei tempi e
nei modi  previsti -  dei rimedi  giurisdizionali esperibili, nei
confronti dei  particolari aspetti  del successivo provvedimento,
che il medesimo ritenga lesivi.

Ancora in  via preliminare,  il Collegio  stesso non condivide la
prospettazione dei  ricorrenti, secondo  cui la legge regionale -
che prescrive  l’inquadramento dei divulgatori agricoli nella VII
qualifica funzionale  - potrebbe  essere disapplicata, essendo le
mansioni,  proprie   della  qualifica   anzidetta,   oggetto   di
dettagliata specificazione a livello comunitario (regolamento CEE
n. 270/79).

E’ vero,  in effetti, che la categoria professionale in questione
si    inquadra    nei    programmi    di    "armonico    sviluppo
dell’agricoltura", di  cui ai  titoli I,  II  e  III  del  citato
regolamento, e  che la  relativa introduzione  nei ruoli organici
regionali viene  incentivata, tramite  l’erogazione  di  appositi
finanziamenti; il  Consiglio delle  Comunita’ Europee,  tuttavia,
non si  occupa del  trattamento giuridico  ed economico  di  tale
personale non  essendo lo  status  dei  pubblici  dipendenti,  in
generale, oggetto di disciplina comunitaria.

Non puo’  ritenersi pertanto  che -  nel  caso  di  specie  -  il
contestato inquadramento  nella VII qualifica funzionale si ponga
in diretto  contrasto con detta disciplina comunitaria, e che sia
di conseguenza possibile disapplicare, sul punto, le prescrizioni
della ricordata legge regionale.

Posto, dunque,  che sul  piano amministrativo  l’Ente  datore  di
lavoro ha  agito correttamente,  resta da valutare la rispondenza
della normativa applicata ai parametri costituzionali.

A quest’ultimo  riguardo, i  ricorrenti ritengono  che il  citato
art. 2   l.  reg. n.  44/92 contrasti con gli articoli 3, 36 e 97
della Costituzione,  in quanto  - a differenza di quanto previsto
nella maggioranza  delle altre  Regioni -  i divulgatori agricoli
toscani  non  possono  essere  inquadrati  nella  VIII  qualifica
funzionale,  che   si  assume   corrispondente   alla   specifica
professionalita’ dei medesimi.

Su tale  argomentazione poggia  in via  pressoche’  esclusiva  il
ricorso,  di   modo  che   la  rilevanza   della   questione   di
costituzionalita’ appare indubbia.

Il Collegio  ritiene, peraltro,  che la  questione stessa non sia
manifestamente infondata, per le ragioni di seguito esposte.

La figura  professionale di  cui trattasi  si inquadra  nel piano
nazionale sui  servizi di  sviluppo agricolo,  avviato all’inizio
del ’90  dal  Ministero  dell’Agricoltura,  di  concerto  con  le
Regioni,  con   la   specifica   finalita’   di   promuovere   la
partecipazione  degli   imprenditori  agricoli,  in  ordine  alla
identificazione ed  alla soluzione  di problemi, inerenti l’avvio
di piani  di sviluppo previsti e promossi dall’Unione Europea (il
cui regolamento al riguardo risale al 1979).

La formazione  dei divulgatori - per il profilo che qui interessa
- richiede  diploma di  laurea  e  superamento  di  un  corso  di
specializzazione (cui  si accede  per  concorso  pubblico)  della
durata di  nove mesi,  presso uno  degli esistenti  cinque centri
interregionali di formazione (C.I.F.D.A.).

L’istituzione di  tali centri,  l’impiego dei  divulgatori per la
realizzazione  di   programmi  di   sviluppo  agricolo,   in  una
situazione di grave carenza, nonche’ il riferimento ad un "piano-
quadro ..",  al riguardo  "elaborato dalla  Repubblica  Italiana"
sono dati  previsionali contenuti nel gia’ citato regolamento CEE
n. 270/79,  che si  propone  una  "equilibrata  attuazione  della
politica agricola  comune ...",  in quanto  "... l’istituzione in
Italia  di  un  efficace  dispositivo  di  divulgazione  agricola
riveste interesse  comunitario, e contribuisce alla realizzazione
degli obiettivi definiti all’art. 39, paragrafo 1, lettera a) del
trattato" - (con conseguenti incentivazioni finanziarie).

Sulla base di quanto sopra, la figura del divulgatore agricolo e’
stata assimilata a quella di un agente promotore dello sviluppo",
nell’ambito di un sistema complesso, le cui componenti - tecniche
ed economiche  - debbono  interagire, al  fin di  fornire servizi
alle imprese  agricole e  di  promuovere  l’idoneita’  di  queste
ultime al  soddisfacimento degli obiettivi comunitari; funzioni e
contesti operativi  coinvolgono -  in vista  di  quanto  sopra  -
compiti  di   analisi,  programmazione,  gestione,  controllo  ed
elaborazione di  linee previsionali  (cfr.  proposto  di  profilo
professionale del divulgatore agricolo, allegata agli atti).

Per tale figura di esperto e’ previsto l’inquadramento nella VIII
qualifica  nelle  Regioni  Abruzzo,  Calabria,  Campania,  Lazio,
Liguria  e   Lombardia;  oltre  alla  Toscana,  prevedono  invece
inquadramento nella VII qualifica le Regioni Marche e Umbria.

Circa l’opportunita’  di un quadro normativo che - in accordo con
le Regioni  - rendesse  omogenee le  condizioni contrattuali  del
personale di  cui trattasi, in tutto il territorio nazionale, era
stata adottata  una risoluzione  (che in  tal senso  impegnava il
Governo) dalla  tredicesima Commissione  Permanente della  Camera
dei Deputati, nella
seduta del 20.1.1988.

Nessun, coordinamento,  tuttavia, e’  stato poi  effettuato, e  -
secondo l’attuale  parte  resistente  -,  le  Regioni  potrebbero
disciplinare "in  modo autonomo  e differenziato  l’inquadramento
dei divulgatori  ... in  relazione ai  propri ordinamenti  e alle
proprie esigenze organizzative".

Ad avviso  del Collegio, un superamento dei limiti dell’autonomia
regionale appare  viceversa ipotizzabile  -  in  termini  di  non
manifesta infondatezza,  tali  da  giustificare  la  proposizione
della questione  di costituzionalita’ davanti alla Suprema Corte)
in rapporto  ai parametri  comunitari, che identificano i profili
essenziali  della   professionalita’  del  divulgatore  agricolo:
quest’ultimo infatti  e’ figura  presente su  tutto il territorio
nazionale,   con   compiti   necessariamente   omogenei,   stante
l’identita’ degli obiettivi, peraltro di portata sovra-nazionale.

D’altra parte, se e’ vero che la Regione possiede piena autonomia
legislativa in  materia di  ordinamento dei  propri uffici  (cfr.
Corte Cost.  nn. 217/98,  10/90; 369/90)  e’ anche  vero  che  la
disciplina dell’inquadramento  del personale  e’  riservata  alla
legislazione statale  (Corte Cost.,  n. 1061/88),  in rapporto ai
principi generali che la predetta legislazione detta per comparti
di personale, che richiedono disciplina unitaria (Corte Cost., n.
1061/88 e n. 296/94; TRGA Trentino Alto Adige, n. 1/88; Corte dei
Conti, Sez. Controllo Stato n. 1756/87.

La Regione,  dunque,  puo’  certamente  dettare  disposizioni  in
materia di  inquadramento, ma  - ex art. 117 della Costituzione -
nel  rispetto   dei  principi   fondamentali  della  legislazione
statale, desumibili  dalla legge-quadro  sul pubblico  impiego n.
93/83 e dal DPR n.  68/86 (nonche’, successivamente, dal D.lgs n.
29/93)

Nel rispetto  dell’articolo 97  della Costituzione, peraltro, per
il   trattamento   dei   pubblici   dipendenti   debbono   essere
salvaguardati i  principi della  omogeneizzazione delle posizioni
giuridiche, della  perequazione e  della trasparenza retributiva,
quali fattori  influenti anche  sull’efficienza dei  servizi resi
(cf. art. 4  l. quadro).

Nella Regione  Toscana i  principi fondamentali  di cui  trattasi
sono recepiti ed esplicitati - per la materia che qui interessa -
nella legge  regionale 21.8.89, n. 51, che negli articoli 11 e 12
si  occupa  della  declaratoria  professionale  della  settima  e
dell’ottava qualifica funzionale.

Tenuto conto  dei  compiti  -  gia’  in  precedenza  descritti  -
affidati ai  divulgatori dal regolamento comunitario, in effetti,
la prospettazione  difensiva dei  ricorrenti non appare illogica,
essendo ascritta  all’ottava qualifica  mansioni -  cui i compiti
anzidetti    sembrano     assimilabili    -     che    implichino
"specializzazione  professionale,  controllo  dei  risultati  ...
autonomia  operativa   ed  iniziativa   ....  nell’ambito   degli
obiettivi e  degli indirizzi  generali ...  piena responsabilita’
dell’attivita’ direttamente  svolta, delle  istruzioni impartite,
nonche’ del  conseguimento degli obiettivi previsti dai programmi
di lavoro".

In tale  ottica, l’art.  2 della  legge regionale  n. 44/92,  che
impone l’inquadramento  nella settima  qualifica dei  divulgatori
stessi  appare  di  dubbia  conformita’  ai  richiamati  principi
generali  di   livello  statale,   recepiti  in   via   di   mera
specificazione attuativa nella legge regionale n. 51/89.

Non  puo’   non  essere   spunto  di  riflessione,  al  riguardo,
l’ascrizione della  categoria lavorativa in questione alla ottava
qualifica in  base a leggi (in gran parte antecedenti) emanate da
numerose  Regioni,   con  ulteriore   profilo  di  disparita’  di
trattamento. Non  puo’  condividersi,  infatti,  l’assunto  della
parte resistente, secondo cui ogni Regione potrebbe rapportare la
posizione  dei   divulgatori  alle  proprie  specifiche  esigenze
organizzative, in quanto - come gia’ in precedenza ricordato - la
figura  professionale   in  questione   e’   concepita   per   il
perseguimento  di   identiche  finalita’,   ritenute  d’interesse
comunitario, e  si inserisce in un unico contesto programmatorio,
elaborato a livello nazionale.

Consegue a  quanto sopra l’erogazione di finanziamenti comunitari
alle Regioni,  finanziamenti che  non risultano  differenziati in
rapporto alle  pretese diversita’  delle  esigenze  organizzative
delle medesime, e che postulano risultati omogenei.

Se, dunque,  in alcune  Regioni si  attribuissero ai  divulgatori
mansioni di  minor peso  che in altre, non potrebbe non derivarne
uno scoordinamento  nel settore,  in violazione  del  regolamento
dell’Unione Europea,  nonche’ con  lesione del  principio di buon
andamento, di cui all’art. 97 della Costituzione.
Ove le  mansioni fossero identiche, emergerebbero invece con piu’
evidenza la  violazione dell’art. 3 e dell’art. 36 della medesima
carta costituzionale,  in quanto il piu’ volte citato regolamento
CEE n.  270/79 inserisce  la figura professionale in questione in
un medesimo  comparto, di livello interregionale, con conseguente
irrazionalita’   di   divergenze   organizzative   interne,   non
giustificate  da   disparita’  di  competenze  ne’  di  obiettivi
perseguiti; a  pari quantita’  e qualita’  di lavoro prestato nel
comparto, inoltre,  non puo’ non corrispondere pari retribuzione,
inscindibile dalla identita’ di inquadramento.

                             P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, Sezione 3a,

Visti gli  articoli 134  della Costituzione, 1 l. cost. 9.2.1948,
n. 1, 23 e seguenti l. 11.3.1953, n. 87,

Ritenuta rilevante  e non manifestamente infondata - in relazione
agli articoli  3, 36,  97 e 117 della Costituzione - la questione
di  costituzionalita’  dell’art.  2  della  legge  della  Regione
Toscana 2.9.92, n. 44, nella parte in cui prevede l’inquadramento
dei divulgatori  agricoli nella  settima - anziche’ nell’ottava -
qualifica funzionale:

                             DISPONE
la   trasmissione    della   presente    ordinanza   alla   Corte
Costituzionale e

                            SOSPENDE
in attesa della decisione, il presente giudizio;

                             ORDINA
alla Segreteria della Sezione di notificare la presente ordinanza
alle parti  nonche’ al  Presidente della  Regione  Toscana  e  al
Presidente del Consiglio Regionale della medesima Regione.
Cosi’ deciso  in Firenze,  il 13  febbraio  1998,  dal  Tribunale
Amministrativo Regionale  della Toscana,  in Camera di Consiglio,
con l’intervento dei Signori:

Dott. Vincenzo Antonio Borea -     Presidente
D.ssa Gabriella De Michele -  Consigliere, est.
Dott. Raffaele Potenza - Consigliere

Direttore della Segreteria
Depositata in segreteria il 28 aprile 1998
Firenze, li 28 aprile 1998
Il Direttore della Segreteria
 
 

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