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Vannevar Bush e Memex
Il concetto di ipertesto può essere fatto risalire all’esperienza pionieristica del “Memex”, una macchina peraltro mai costruita, ma alla base della cui realizzazione vi sono un serie di intuizioni che, da un certo punto di vista, precorrono l’idea attuale di ipertestualità. 
 

L’idea del “Memex”(Memory Extender) è dovuta all’attività ed alle intuizioni di Vannevar Bush (nella foto), ingegnere e ricercatore del prestigioso MIT, il quale si pose, nel periodo fra gli anni ’30 e la seconda guerra mondiale, il problema della gestione e della consultazione rapida di grandi masse di informazioni. Naturalmente, non avendo a disposizione una tecnologia digitale, le sue idee si dovevano adattare alle tecnologie allora disponibili, nello specifico Bush pensava all’uso di documenti ridotti su microfilm.

Bush aveva un approccio fortemente critico nei confronti dei sistemi di  gestione dell’informazione della sua epoca, questo era per lui un problema fondamentale: più volte nei suoi scritti affermerà che la conoscenza per essere acquisita deve essere facilmente reperibile e consultabile, giacché ogni forma di conoscenza che non può essere selezionata è destinata a perdersi. 

Bush lavorerà molto sul problema della reperibilità dell’informazione per tutti gli anni ’30, cercando una soluzione tecnicamente avanzata e intuitiva ed arriverà, nel 1945, a pubblicare un articolo fondamentale, destinato a divenire una vera e propria Bibbia per gli studiosi dell’ipertestualità. L’articolo, pubblicato sulla rivista Atlantic Monthly e intitolato “As we may think”, parte sempre dal citato problema della reperibilità e della consultazione delle informazioni,  muovendo una critica alla cosiddetta indicizzazione della conoscenza, ovvero alla tendenza, propria soprattutto delle biblioteche, di catalogare per indici alfabetici o numerici, per cui “ciascuna informazione si trova in un unico punto dell’archivio… si devono possedere delle regole per decidere quale cammino ci porterà all’informazione che cerchiamo, ma queste regole sono difficili da utilizzare e da gestire” (Bush, 1992). Muovendo da queste considerazioni Bush critica questo sistema di gestione dell’informazione asserendo che “la mente umana non funziona in questo modo. Essa funziona per associazione. Con una sola informazione in suo possesso, essa scatta immediatamente alla prossima che viene suggerita per associazione di idee, conformemente a un’ intricata rete di percorsi sostenuta dalle cellule del cervello. Essa ha un’altra caratteristica, ovviamente; i percorsi che non sono seguiti frequentemente tendono ad affievolirsi, le informazioni non sono del tutto permanenti, la memoria è transitoria”(Bush, 1992). Ed è proprio a immagine dei processi mentali umani che  Bush prefigura la possibilità di realizzare una macchina in grado di operare una selezione per associazione delle informazioni, questa macchina è appunto il “Memex” (di cui vediamo nella figura una esemplificazione).”Un memex è un dispositivo in cui un individuo memorizza tutti i suoi libri, documenti e comunicazioni, e che è meccanizzato in modo da essere consultato con estrema facilità e rapidità. E’ un’estensione individuale della memoria. Esso è costituito da una scrivania ed è soprattutto al tavolo che si lavora. Sopra ci sono gli schermi luminosi inclinati, sul quale il materiale può essere proiettato per una comoda lettura. Ci sono una tastiera e dei gruppi di pulsanti e di leve. Per il resto, assomiglia a una normale scrivania… La maggior parte dei contenuti sono acquisiti su microfilm già pronti per essere inseriti”(Bush, 1992). Come si è già detto, Bush, che lavorò al progetto del memex prima dell’avvento dell’informatica, pensò il suo congegno come una scrivania con schermi, leve, pulsanti per la ricerca rapida di microfilm. Il memex doveva anche poter consentire all'utente di “aggiungere note a margine e commenti sfruttando la fotografia a secco”, implementando così la possibilità per il lettore di interagire col testo. La caratteristica fondamentale del memex comunque, come lo stesso Bush afferma, è la possibilità di interconnettere le informazioni, tramite collegamenti automatici ed immediati, i quali non svaniscono come i pensieri umani, ma rimangono anche a distanza di tempo, pronti per essere di nuovo consultati. 

La prospettiva delle prime ricerche di Bush è dovutamente inscritta in una tecnologia sostanzialmente analogica, che si limita a  sfruttare la fotografia e apparecchi meccanici, d'altronde l’informatica digitale nascerà pochi anni dopo la pubblicazione di “As we may think” e lo stesso Bush riconoscerà solo in seguito, nel pieno degli anni ’60, che il “Memex” va rivisitato sulla base della tecnologia digitale che consente “di immagazzinare grandi masse di dati in poco spazio e l’accesso rapido all’informazione”(Bush, 1967). 

L’eredità del Memex sarà raccolta da personaggi come Engelbart, Nelson, Van Dam, i quali, partendo proprio dalle intuizioni di Bush, porteranno avanti una serie di ricerche pionieristiche, fondamentali per l’ideazione dell’ipertesto digitale così come lo conosciamo oggi ed in generale per lo sviluppo dell'informatica. 
 
 


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