Xanadu

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Ted Nelson e Xanadu
Il termine "hypertext", come ho già detto, si deve all'immaginazione di Theodor Holm Nelson, un personaggio "poliedrico", filosofo, informatico, designer, che alla metà degli anni Sessanta, quando i computer erano ancora degli armadi ingombranti, ebbe il merito di parlare per primo, anche sulla base delle intuizioni di Vannevar Bush, della possibilità di realizzare un software in grado di interconnettere elettronicamente documenti e testi  seguendo un criterio di organizzazione ipertestuale, non sequenziale,  reticolare. 

In un articolo del 1967 Nelson così definisce l'ipertesto, "l'ipertesto è la combinazione di un testo in linguaggio naturale con la capacità del computer di seguire interattivamente, visualizzandole in modo dinamico, le diverse ramificazioni di un testo non lineare, che non può essere stampato convenientemente con un impaginazione tradizionale". 

Nelson  immaginò, poi, di poter creare, sulla base di questo sistema innovativo di organizzazione dei documenti, una  rete globale per l'interscambio e la condivisione di testi ed informazioni, una sorta di "World Wide Web" ante litteram. 

Nasceva in questo modo il progetto di Xanadu, ovvero  un programma in grado di gestire una rete di calcolatori estesa a tutto il pianeta e destinata all'archiviazione di testi e documenti; come afferma lo stesso Nelson "sotto la guida di idee che non sono tecniche ma letterarie stiamo implementando un sistema per la memorizzazione e il reperimento di testi collegati tra loro e visibili in finestre" (Nelson, 1992) , ed ancora “siamo alla ricerca di metodi che ci consentano di manipolare, sempre che riusciamo a scoprire come definirla, la vera struttura di un testo. Ciò che noi forniremo è un servizio per immagazzinare e reperire porzioni arbitrarie di questa vera struttura. La struttura di cui stiamo parlando è la letteratura"(Nelson, 1992). Emerge pertanto una sorta di disegno dal sapore utopico, quello di realizzare, servendosi della tecnologia, l'antico ideale della biblioteca universale, tant'è vero che il termine Xanadu viene mutuato da Nelson da un poema di Coleridge, "Kubla Khan", in cui per Xanadu si intendeva "the magic place of literary memory", ovvero il luogo magico della memoria letteraria. Lo stesso termine Xanadu sarà ripreso  da Orson Welles nel film "Citizen Kane" (in Italia noto come "Quarto potere"), in cui indicava il palazzo, a metà fra il museo ed il mausoleo, dove il protagonista aveva raccolto una serie infinita di vestigia ed oggetti provenienti  da culture di tutto il mondo. 

Attorno al progetto Xanadu Nelson ha lavorato con il fedele collaboratore Roger Gregory  per quasi un trentennio, svolgendo attività di ricerca presso alcune università americane, raccogliendo intorno a sè giovani programmatori in grado di realizzare i suoi progetti e le sue intuizioni, intuizioni destinate certamente ad avere un impatto sul mondo dell'informatica, ma più per l'apporto teorico che non per quello pratico. Xanadu rimarrà un progetto in buona parte irrealizzato, da un lato a causa di una chiara carenza di tecnologie e conoscenze adeguate, dall'altro a causa dei limiti dello stesso Nelson, più un teorico e un visionario che un programmatore. 

Pertanto,così come Memex, anche il progetto di Xanadu, visti soprattutto gli  insormontabili problemi di programmazione, non giungerà a concretizzarsi mai e nel 1994 decadrà per decisione dell'Autodesk, la società di software che ne ha finanziato le ricerche dalla seconda metà degli anni Ottanta. 

Malgrado tutto le idee di Nelson,  pur non portando direttamente a nulla di concreto, hanno  certamente avuto il merito di precorrere i tempi, di anticipare gli sviluppi dell'informatica, di stimolare ed ispirare la generazione di programmatori che ha reso possibile quella che oggi chiamiamo "rivoluzione digitale". 
 
 



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