CENNI STORICI

 

Castellammare del Golfo sorge sulla costa settentrionale della Sicilia a sessantatré metri sul livello del mare ed alle pendici del monte Inici, quasi al centro dell’omonimo golfo, un’ampia insenatura tra il Capo Rama o Punta Raisi ed il Capo San Vito.

Il paese è così denominato dal castello a mare (castrum ad mare) costruito dagli Svevi sui resti di un antico forte.

Il territorio di Castellammare del Golfo, ha una storia che, sino alla dominazione Araba dell’ottocentoventisette d.C., è la storia di Egesta, l’antica, Elima Segesta, della quale fu suo emporio cioè porto commerciale e militare, come tale subendone le medesime alterne vicende, sia in pace come in guerra. Del “Sinus Egestanus”, compreso tra Palermo e l’”Aegitarsus promontorium” (l’attuale San

Vito lo Capo) ci dà indicazioni Ptolomeo nelle sue “Tavole”.

Gli Elimi, furono popoli discendenti dai Troiani, che si stabilirono sulle spiagge del fiume Crimiso, (odierno fiume San Bartolomeo) avendo ottenuto dai Sicani parte del loro territorio.

Le doriche colonne del tempio di Segesta che sfidano ancora il tempo, insieme ai ruderi del teatro sono i testimoni muti di quella civiltà millenaria su cui affondano le (originarie) radici storiche di Castellammare.

E’ così che Segesta ed il suo emporio sperimentarono l’ardimentosa bellicosità dei loro eterni nemici, i Selinuntini, quando l’assediarono per mare e per terra, costretti a chiedere aiuto ora agli Ateniesi, ora ai Cartaginesi.

E fu sulle rive del Crimiso che fu combattuta una delle più cruenti battaglie che la storia ricordi, tra Egestani e Selinuntini.

Castellammare decadde in seguito alle vicende delle guerre puniche, così come avvenne per Egesta.

Quindi i Romani vollero impadronirsi della cittadina, sia per la ottimale posizione dell’emporio che era di grande utilità per le operazioni miliari, sia per assicurarsi il dominio di quasi tutta la parte settentrionale della Sicilia.

I Romani inoltre, si prodigarono per rendere l’emporio un animato centro commerciale 1.

Con lo sbarco degli Arabi in Sicilia (Mazara del Vallo) dell’ottocentoventisette,  Segesta fu distrutta ma venne potenziato l’Emporio, che gli Arabi chiamarono “Al Madarig” (letteralmente “Delle Scale”), in riferimento alla scalinata castellammarese di porta marina che immette alla rada o, secondo un’altra ipotesi, per via del luogo a gradinate della “Madonna delle scale”.

Comunque sia è certo che gli Arabi eressero a Castellammare diverse fortificazioni per proteggere la cittadina e gli abitanti contigui (Calat-al-fim, Salem, Alquamaq) dalle incursioni.

Inoltre gli Arabi incrementarono lo sviluppo della agricoltura e del commercio che all’epoca attraversavano una fase di decadenza.

Durante l’epoca Normanna e Sveva (1071 - 1282), Ruggero sbarcato a Mazara sottomise molte fortezze, e tra queste anche Al Madarig, che venne data in feudo alla famiglia Ferro di Salurnio3, e che nel 1093 fu assegnato in godimento alla diocesi di Mazara.

Furono gli Svevi a chiamare per primi “Castello a mare”, il già fortificato centro marinaro.

Castellammare insorse nel 1282 durante i Vespri Siciliani, per scrollarsi dal giogo Angioino e passò sotto la signoria Aragonese (accadde che per il tradimento del castellano Raimondo Bianco, la città passò nuovamente sotto il dominio Angioino, ma nel 1316 Federico II d’Aragona espugnò la roccaforte Angioina, distrusse tutte fortificazioni del castello lasciandovi in piedi solo una torre e facendo mozzare il capo del traditore Bianco).

Inoltre Federico II cedette la cittadina in feudo al consanguineo Federico di Antiochia a cui la tolse, nel 1338, Pietro II d’Aragona per assegnarla a Raimondo Peralta.

L’importanza di Castellammare crebbe in quel periodo perché la cittadina divenne “Caricatore” , cioè centro di esportazione del grano prodotto nell’entro terra. E così Castellammare conobbe anche la “mala signoria” dei Viceré spagnoli, protrattasi per lunghi secoli, in cui la baronia del territorio passò da una nobile famiglia all’altra, a cominciare da Federico d’Antiochia, a Raimondo Peralta Fernandez, ai Luna, Ventimiglia, Naselli ecc...

Nell’anno 1535 l’imperatore spagnolo Carlo V, vittorioso nella guerra contro i Turchi, occupò Tunisi e sulla via del ritorno sbarcò in Sicilia e sostò in Castellammare alcuni giorni, presso il castello di Inici.

Scoppiato il conflitto tra Amedeo di Savoia e Filippo V di Spagna nel 1718, preso il possesso dell’isola, cinque navi inglesi entrarono nel golfo di Castellammare, spingendosi sin nella rada.

Gli inglesi erano allora alleati dei Savoia, ma il signore di Castellammare, il principe filo-spagnolo Naselli, fece esplodere qualche colpo di cannone contro la flotta inglese che effettuò un micidiale bombardamento contro la città, suscitando il panico tra la popolazione che cercò scampo nelle campagne vicine.

Il Naselli non rispose alla reazione degli Inglesi, che cessarono il fuoco allontanandosi.

Si gridò al miracolo, ed i più giurarono, essendosi rivolti alla Vergine del Soccorso, di averla vista con la mazza in mano avvolta da una luce divina, guidare dal monte della scala un grosso esercito che scoraggiò gli Inglesi.

Assunto nel 1812 il titolo di comune, Castellammare  accrebbe la sua estensione con territori tolti ad Alcamo, Calatafimi ed Erice.

Cospicuo il contributo della cittadina durante l’epopea garibaldina e risorgimentale in funzione antiborbonica, con quegli intellettuali liberali che erano in stretto contatto con Pasquale Calvi che abitando in Castellammare, aveva fondato una “vendita” carbonara in Alcamo.

Presente nei fatti del 20, del 48 e del 60 con i suoi “picciotti” (che combatterono unendosi alle schiere dei fratelli S. Anna di Alcamo), non è da sottovalutare la componente borbonica guidata dal notaio Andrea di Blasi.

E’ nel capodanno del 1862 che scoppia in Castellammare la famosa rivolta contro i “Cutrara”, forte di valide motivazioni economico-sociali fomentata dalle classi meno abbienti, sottoproletariato urbano e contadino insofferente alla leva militare, che si ribella ai “Cutrara”, cioè a quei liberali che combattendo i Borboni, tramite la censuazione dei beni ecclesiastici, si erano impadroniti della coltre del potere.

I rivoltosi,  cui   si   associò  il  famoso  Pasquale  Torregiano,  bandito perché renitente di leva, al grido “Abbasso la leva, abbasso i cappeddi!”, in piena monarchia inalberarono una rossa bandiera, bruciarono le “carte” del municipio ed uccisero molti liberali.

 

 

 

CASTELLAMMARE: SGUARDO D’INSIEME

 

Incastonata nel bellissimo golfo di Castellammare, ai piedi di un’alta, aspra montagna ricca di lussureggiante vegetazione, la città degrada dolcemente verso il mare sino alla penisoletta ove sorge il castello, tra due magnifiche spiagge di morbide sabbie.

L’intero abitato lo si scopre in un unico, straordinario colpo d’occhio dal suo “belvedere”, posto in alto, sulla statale, dalla quale con ripide serpentine  si giunge in città.Questa annovera numerosi ed importanti beni monumentali, segni precisi della storia di Castellammare .

Giunti in città per la via Crispi, si imbocca a destra la via Garibaldi, l’asse longitudinale principale dove, sulla destra è la casa di P. Asaro, sulla cui facciata una lapide ricorda che in quella dimora soggiornò Giuseppe Garibaldi.

Più avanti si può ammirare l’elegante chiesa di S. Antonio da Padova.

Ancora sul corso Garibaldi, nella parte terminale, si trova la piccola chiesa del Purgatorio la cui data di costruzione è incerta ma si sa che se esisteva già nel XV secolo.

Nel suo interno, caratterizzato da cinque altari, sono conservate alcune belle tele del XVII  e XVIII secolo.

In fondo alla via Garibaldi, girando a destra per piazza Madrice, troviamo la settecentesca chiesa Madre, rimaneggiata tra il secolo XVI e XVIII.

Dedicato al culto di Maria SS. del Soccorso, l’edificio è caratterizzato, all’esterno, da una bella facciata, opera dell’architetto e pittore milanese Giuseppe Mariani.

L’interno a tre navate, è arricchito da decorazioni e marmi: di grande pregio gli affreschi sulla volta centrale, opere eseguite nel 1768 dal pittore Giuseppe Tresca.

Di grande rilievo, ancora, un Crocefisso con apostoli, realizzato nel 1650 da Orazio Ferraro e, a sinistra dell’altare maggiore, uno splendido simulacro in maiolica della Madonna del Soccorso, ascritta, da alcuni studiosi, alla scuola di Luca della Robbia.

Dalla Madrice si imbocca, quindi, sulla destra la via Ponte Castello, dove, subito dopo il ponte, attigua alle mura del castello stesso si trova la bella chiesetta del Rosario, comunemente chiamata della “Madonna di l’agniuni”.

Si ritiene che essa sia stata fabbricata nel 1093 dai Normanni.Sulla sua facciata, nel timpano, si può ammirare un bassorilievo marmoreo del Gagini, raffigurante la Madonna col bambino; all’interno è conservata una pregevole statua lignea raffigurante la “Madonna del Rosario”.

La via Ponte Castello termina quindi nella spianata ove sorge il maniero, posto su di un piccolo promontorio ed aggregato al primo nucleo del paese costituito da suggestive casette di pescatori.

La costruzione fu edificata dai Saraceni, sulle rovine di precedenti fortificazioni ed in seguito ampliata e rafforzata da Normanni e Svevi, tanto da divenire la più importante fortezza della Sicilia occidentale.

Proseguendo per la via Ponte Castello, sulla destra si giunge ad una scalinata che porta alla Cala Marina, dove si può ammirare il castello dal lato mare, lo splendido baglio Costamante e la chiesa di Maria SS. Annunziata nota già nel 15904.

Tornando sul corso Garibaldi, e percorrendo sulla destra il corso Mattarella, si incontra il complesso della chiesa di Maria SS. degli Agonizzanti, ex chiesa dei padri Crociferi, risalente nel suo primo impianto al 1659.

L’edificio, oggi sconsacrato, è stato trasformato in Centro Culturale Polivalente.

Proseguendo sul corso Mattarella, si raggiunge la graziosa villa comunale  nei pressi della quale, sorge un altro elegante edificio sacro, la chiesa di Maria SS. delle Grazie, risalente al 1700 e da alcuni attribuita a Pietro Novelli.

La via Roma, prospiciente la piazza Madonna delle Grazie, incrocia nella parte alta del paese la via F. Crispi che si dovrà imboccare a destra per raggiungere un ulteriore edificio sacro, la chiesa di S. Giuseppe, una costruzione del 1885, nella quale si conserva un bellissimo quadro di S. Antonio Abate .

Molti altri sono, nel centro storico e nelle immediate adiacenze gli edifici degni di attenzione, tra i quali la chiesetta di S. Maria della Scala (sul lato destro della montagna, prolungamento di via Porta Fraginesi), ed i resti sparsi, delle antiche e possenti mura della città.

L’ambiente naturale del territorio di Castellammare e più in generale, quello dell’intero golfo, è fortemente caratterizzato dalle splendide coste tirreniche, che a levante sono basse, aperte, e poco sinuose mentre a ponente si mostrano alte, frastagliate e ripide, inoltre vi sono delle ondulate colline su cui incombono possenti bastioni calcarei di selvaggia bellezza.

Il litorale del golfo, in particolare, è sovrastato da rilievi montuosi ora nudi, ora fittamente boscati dai quali emerge più alto, il monte Inici (1064 metri slm), che conferiscono all’insieme un aspetto di grande spettacolarità.

Tutti questi ambienti inoltre rivestono particolare importanza dal punto di vista biologico, costituendo spesso, nicchie ecologiche di grandissimo rilievo e ormai, purtroppo, assolutamente uniche nel deprimente orizzonte naturalistico siciliano.

Se, come abbiamo già detto, la costa di levante è piana e bassa, caratterizzata da spiagge come quella eccezionalmente ampia della Plaja, che si trova immediatamente ad est dell’abitato, tutto il tratto di ponente,  fortemente  frastagliato, è connotato da alte rocce, piccole ed incontaminate calette, aspri scogli e strapiombanti faraglioni.

Siamo qui in presenza di uno dei tratti di costa siciliana tra i più belli in assoluto: Pensiamo all’insenatura di Cala Bianca ed all’ampio  seno di Guidaloca.

Vicinissima si trova la Cala Rossa, ricca di scogli e  nella quale si apre una suggestiva grotta sottomarina.

Continuando la strada inizia a salire sino a raggiungere il bellissimo complesso della tonnara di Scopello.

L’antico borgo marinaro di Scopello sorgerebbe sul sito della mitica città di Cetaria, così chiamata per l’eccezionale abbondanza di tonni esistenti nel suo mare.

Oggi il complesso è in disarmo, ma tutto è rimasto perfettamente efficiente, dal complesso dei magazzini al baglio ed alle abitazioni, alle barche ed alle reti: silenti testimoni di una antica civiltà marinara ormai pressoché scomparsa.

Ma Scopello è celebre anche per le sue acque straordinariamente cristalline che permettono di osservare il fondo marino e per i suoi faraglioni.

Subito dopo incontriamo lo scenario splendido dello Zingaro, miracolosamente sopravvissuto integro, nella sua primitiva bellezza.

La riserva naturale orientata dello Zingaro ingloba un tratto di circa 7 Km di incontaminata costa affacciata sul golfo di Castellammare e la catena di montagne che, alle piccole calette ed ai suggestivi strapiombi sul mare, fa da magnifica cornice.

Importantissima per la grande ricchezza di piante rare ed endemiche, lo Zingaro lo è forse ancor di più dal punto di vista faunistico.

Allo Zingaro infatti nidificano e si riproducono almeno 39 specie di uccelli, principalmente rapaci, tra i quali il falco pellegrino, il gheppio e la poiana.

L’area della riserva riveste anche una grande importanza archeologica in quanto nella spettacolare grotta dell’Uzzo ha avuto sede uno dei primi insediamenti preistorici della Sicilia.

Ben organizzata dal punto di vista della fruizione (sentieri con indicazioni, rifugi, punti acqua, aree attrezzate, musei, etc.) la riserva è visitabile solamente a piedi, non esistendo al suo interno strade carrabili.

Testimoni di un passato recente e, forse già dimenticato, i bagli - i bahal degli Arabi -  sono assieme alle torri di avvistamento ed alle tonnare, i segni che maggiormente connotano il territorio di Castellammare dal punto di vista storico-architettonico.

A volte simili a castelli, altre a fortilizi imprendibili o ancora a signorili dimore, queste costruzioni originali erano nuclei abitativi fortificati a servizio delle attività agricole ed industriali dei vasti latifondi.

Nella bella insenatura di Guidaloca si può ammirare una robusta torre cilindrica risalente al XVI secolo, posta a guardia di quel tratto di costa.

La tonnara di Scopello è sovrastata da due torri, una ubicata su di un piccolo promontorio, risalente alla fine del 1500, l’altra duecentesca (di cui rimangono pochi ruderi) abbarbicata ad una aspra roccia.

Il borgo di Scopello è un piccolo agglomerato contadino sorto attorno al settecentesco baglio, costruito sul sito di un precedente casale arabo.

Su una alta rupe si trova la torre Bennistra, risalente al XVI secolo, baluardo contro le scorrerie dei pirati Saraceni.

Ricordiamo il suggestivo castello di Baida di cui residuano alcuni tratti delle vecchie mura ed i ruderi dei torrioni ottagonali.

Più avanti ancora, l’abitato del piccolo borgo di Balata di Baida di origine settecentesca.

Posto in alto, dominante il vastissimo panorama che va dalla baia di Guidaloca fino al monte Erice si trova complesso architettonico del baglio Strafalcello, ma ricordiamo anche il baglio Fontana ed  il baglio Lisciandrini.

Quindi, possiamo ammirare la maestosa mole del castello di Inici, lasciato il quale si può raggiungere la bellissima Segesta, famosa per il suo tempio ed il suo altissimo teatro.

Ma non bisogna dimenticare gli stabilimenti delle Terme Segestane, le cui sorgenti sgorgano sulle due rive del vicino fiume Caldo.

Note già in epoca araba, le acque sulfuree vengono utilizzate da sempre per scopi terapeutici.

Nei pressi esistono i resti del castello dei Bagni che alcuni ritengono sia stato più grande e possente di quello di Castellammare.

Il corso d’acqua alimentato dalle sorgenti forma piccole anse riparate, ove è piacevole fare dei bagni caldi.

 

A cura di Annalisa Ferrante