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Dott Domenico Lo Vecchio
Dirigente Medico-Legale ASL RM-G
Studio: Via Casilina 20 C
Ferentino 0775- 395307
Sarò breve
.davvero.
I sapienti interventi che mi hanno preceduto,nell'illustrare
compiutamente il progetto di P.A.D. (public acces defibrillation) per
contrastare la morte improvvisa da fibrillazione ventricolare,hanno fatto
anche emergere ,dunque , l'importanza estrema che ricopre la tempestività
dell'intervento nell'attivazione della defibrillazione semiautomatica.
Tale imprescindibile urgenza di attivazione ( come si sa , dunque , entro
i primi cinque minuti dall'arresto cardiaco) rende ragione della necessità
di istruire personale anche non dell'arte (infermieri, vigili urbani,
addetti alla sicurezza, organizzazioni di soccorso, forze dell'ordine,
volontari della protezione civile, etc.) per renderlo capace di procedere
alla defibrillazione semiautomatica.
A me resta il compito , e di questo sono lusingato e grato agli organizzatori,
di esporre qualche considerazione di carattere medico- legale sulla liceità
dell'esecuzione delle manovre di defibrillazione da parte di personale
non medico.
Preliminarmente devo dire che non concordo su quanto asserito da alcuni,
e che , cioè, la defibrillazione semiautomatica non vada interpretata
come atto medico in senso stretto alla luce della capacità della
macchina stessa di fornire vocalmente e/o visivamente i dati guida diagnostici
e terapeutici. Non bisogna dimenticare, a tale riguardo, che l'intervento
viene attuato solo a condizione che sia stata preliminarmente rilevata
da parte del soccorritore, umano - medico o non - ,
l'assenza di parametri vitali. E che solo successivamente a tale rilievo,
non meramente meccanico dunque, vengono applicati gli elettrodi e viene
attivata la procedura per l'elettroschok cardiaco.
Il progetto che è qui stato proposto, e che in verosimile ipotesi
di attuazione renderebbe vero lustro alla città di Colleferro,
vuole che tali soccorritori siano adeguatamente addestrati, ma può
anche accadere che il soccorso di specie, alla luce della già richiamata
urgenza, venga attivato da altra persona non istruita ma , in compenso,
munita di presenza di spirito, di senso civico e
di coraggio.
Sia nell'un caso che nell'altro, il mio parere è che vada ammessa
l'assoluta liceità della condotta di chi, pure " non medico"
, attui la procedura di defibrillazione semiautomatica.
Tale liceità trova inequivoco fondamento nell'articolo 593 del
C.P. laddove si recita che "chi trova un corpo che sia o sembri inanimato
o comunque un persona in pericolo, ed ometta di prestare assistenza, risponde
del reato di omissione di soccorso".
Non può revocarsi in dubbio, a tale riguardo, che una persona in
arresto cardiaco sia in pericolo( e che genere di pericolo!) e che l'attivazione
di un defibrillatore semiautomatico rappresenti in quei frangenti la forma
elettiva di assistenza.
E, ancor più, tale liceità trova suffragio nell'articolo
54 del C.P. ove si recita che un comportamento antigiuridico - quale si
configurerebbe con il compimento di un atto medico da parte di chi medico
non è, concretizzando così l'esercizio abusivo della professione
previsto e punito dall'art. 348 C.P.- non è punibile se commesso
per salvare sé o altri da un pericolo attuale di danno grave alla
persona.
E non mi pare che sia revocabile in dubbio che un arresto cardiaco rappresenti
" limen mortis" che più di ogni altro concretizza il
pericolo detto.
D'altronde, e non da ultimo per la tranquillità di tutti ipotetici
operatori ed ipotetici fruitori dell'assistenza di urgenza, è da
sottolinearsi che i defibrillatori in questione sono macchine "intelligenti"
, che non si attivano se non viene riconosciuta meccanicamente l'indicazione
all'erogazione di scarica elettrica.
Né ancora è paventabile, quand'anche ipotizzabile, un'azione
di responsabilità civile avverso l'operatore non dell'arte - o
anche medico -, stante l'improponibilità di una modificazione peggiorativa
dello stato anteriore (requisito imprescindibile dell'emergenza del danno
biologico) posto che già la condizione iniziale era rappresentata
da una morte clinica, per assenza di parametri vitali.
Del pari non è paventabile la carenza di acquisizione di consenso
informato stante l'incontrovertibile stato di incapacità naturale(
ovviamente inidonea ad esprimere consenso alcuno) di chi soggiace ad un
arresto cardiaco.
Dr. Domenico Lovecchio
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