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PROGETTO P.A.D. PER COMUNITA’ MILITARI

Nei paesi “occidentali” la mortalità da cause cardiovascolari rappresenta il 40% delle cause di morte in tutta la popolazione. In particolare, la Morte Improvvisa a patogenesi cardiaca è una delle principali cause di mortalità: ogni anno 1/1000 abitanti viene colpito da arresto cardiaco. L’età media dei pazienti in cui si presenta questo evento, a rapida evolutività verso l’exitus, è di 65 anni, ma non è raro il caso di giovani di 30-40 anni colpiti da Morte Improvvisa durante attività fisica di qualsiasi natura. Spesso l’arresto cardiaco è il primo sintomo di una coronaropatia prima silente; ancora oggi tutto il mondo scientifico si interroga su quali tests di screenings siano predittivi di rischio aumentato di morte improvvisa in persone non cardiopatiche.
Per affrontare il problema della Morte Improvvisa sono state impiegate, in U.S.A., in Europa e, quindi, in Italia, ingenti risorse umane ed economiche. Il tasso di sopravvivenza, però, mantenendo, come è stato in genere fatto finora, il tradizionale schema di soccorso d’emergenza [1) chiamata 2) invio dell’ambulanza 3) trasporto in Ospedale 4) trattamento appropriato], non è aumentato affatto, rimanendo intorno all’1-5 % in media.
La causa più frequente di arresto cardiaco è la Fibrillazione Ventricolare (F.V.). E’ una situazione in cui la normale azione meccanica di “pompa” del cuore diviene assolutamente inefficace per un disturbo di natura primariamente elettrico. L’impulso elettrico che nasce nel cuore e che permette una azione coordinata del muscolo cardiaco, nella F.V. viene generato e condotto in modo anomalo producendo una contrazione anarchica delle fibre muscolari miocardiche.
IL CUORE SI FERMA.
La vittima cade improvvisamente a terra priva di coscienza. Se entro meno di 5 minuti non si interviene in modo appropriato per ripristinare il ritmo regolare del cuore quella persona muore.
La Fibrillazione Ventricolare è una aritmia mortale, ma reversibile. L’unico mezzo che abbiamo per interrompere la F.V. è di erogare una scarica elettrica quanto prima possibile. Esistono per questo apparecchi defibrillatori che possono interrompere l’aritmia e far riprendere al cuore un’attività meccanica coordinata ed efficace.
IL CUORE RIPARTE.
Il successo di questo trattamento elettrico è tuttavia strettamente legato alla precocità con cui viene applicato. Entro 1-2 minuti dall’inizio dell’arresto lo shock elettrico è efficace nell’85-90 % dei casi. Ogni minuto che passa dall’esordio di questo drammatico evento alla defibrillazione fa scendere la probabilità di salvare il paziente del 7-10 %. Dopo 6-7 minuti intervengono danni irreversibili al cuore ed al cervello che possono compromettere per sempre la sopravvivenza del paziente, anche se rianimato. La Rianimazione Cardio-Polmonare (R.C.P.) con il massaggio cardiaco esterno e la ventilazione polmonare, anche se eseguita correttamente e subito, non può far altro che prolungare il tempo utile per la defibrillazione (che rimane l’unico trattamento causale capace di cardiovertire la F.V.). Come detto, la R.C.P. non è risolutiva e dopo pochi minuti la F.V. si trasforma in asistolia ventricolare (silenzio elettrico).
Vogliamo qui ricordare, solo per inciso, il caso del Sen. Antonino Andreatta.
Siamo convinti che la lotta contro la Morte Improvvisa è una strenua lotta contro il tempo. Quali sono oggi i sistemi di emergenza, nelle caserme, che hanno tempi di intervento medi minori di 5 minuti?…
Fino a pochi anni fa solo il medico poteva eseguire la defibrillazione. La tecnologia moderna mette oggi a disposizione i nuovi “Defibrillatori Semiautomatici” (D.A.E.) che possono essere agevolmente impiegati anche da personale non sanitario. Questo perché il D.A.E. esegue automaticamente la diagnosi di F.V. e si predispone ad erogare lo shock solo in presenza di questa aritmia.

In una comunità “chiusa”, come quella che può configurarsi in un presidio militare, è fortemente auspicabile l’adozione e l’addestramento all’utilizzo di questi apparecchi defibrillatori. L’intervento terapeutico (Defibrillazione Precoce) deve essere praticato non più solo dal medico, eventualmente in infermeria. Il primo soccorso deve essere eseguito da testimoni dell’evento, che trovandosi sul posto, hanno maggiore probabilità di intervenire entro quei fatidici 5 minuti. Ci auguriamo che venga presto varato, nel numero più numeroso possibile di caserme italiane, che possono essere considerate un “microcosmo” in cui sono rappresentate tutte le realtà della società civile, un programma per l’attuazione della cosiddetta “Defibrillazione di Pubblico Accesso” (P.A.D.). Il D.A.E. deve essere presente come sono presenti gli estintori o le uscite d’emergenza nei luoghi di pubblico accesso. Corsi di istruzione per la R.C.P. e la Defibrillazione Precoce (B.L.S.-D.) potrebbero essere parte integrante della formazione e addestramento dei militari in servizio permanente, come cultura dell’emergenza sanitaria e consolidamento della solidarietà umana. Riconoscere un problema clinico al suo esordio è già il primo passo verso il suo corretto trattamento e la risoluzione del problema. E’ questo il caso dell’arresto cardiaco. Può capitare a tutti di esserne testimoni. Sempre più persone devono sapere che cosa fare in questi casi. La sopravvivenza di questa patologia può essere aumentata in questo modo.

 
 
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