IL CRISTO CROCIFISSO: IL SOLE E LA LUNA

Un'analisi transreligiosa dei simboli della Crocifissione
 


Pochi anni fa i giornali pubblicarono la notizia che Cristo non aveva 33 anni quando morì, ma forse addirittura 37 o 38. Molti lettori protestarono: quando qualcuno va a toccare le tradizioni religiose la gente si offende. Ma probabilmente lo studioso che aveva avanzato quest'ipotesi tanto "rivoluzionaria" aveva proprio l'intenzione di provocare un piccolo vespaio: il revisionismo è la tattica privilegiata di quanti cercano una facile notorietà.

L'età tradizionale della morte di Cristo, trentatré anni, non è citata direttamente dai Vangeli. Questi si limitano a dire che Gesù condusse una vita privata fino a circa trent'anni e che poi predicò per qualche tempo tra la Galilea e la Giudea. Quanto tempo, i Vangeli non lo dicono. I tre Sinottici (Matteo, Marco e Luca) ci informano che a un certo punto che Gesù andò a Gerusalemme per la Pasqua (e quindi si può pensare a un solo anno di vita pubblica). Giovanni parla invece di tre Pasque... le quali sommate ai "circa" trent'anni di vita privata dànno appunto i tradizionali trentatré anni di vita di Gesù.

Com'è evidente, si tratta di una cifra approssimativa. I trentatré anni di Cristo sono un numero caro alla tradizione popolare, ben noto ai giocatori di tombola, ma che non ha alcuna attinenza né con la realtà storica, qualunque essa sia stata.

La scena della Crocifissione è ricchissima di simboli, sui quali purtroppo anche gli stessi fedeli sono oggi assai poco sensibili. Ho scelto la "Grande Crocifissione" di Albrecht Dürer (1498). [Cliccate sull'immagine per ingrandirla].

Notiamo innanzitutto il sole e la luna piena sospesi ai due lati della Croce.

Secondo la tradizione, Gesù venne crocifisso il venerdì che precedeva il giorno di Pasqua, in un anno non precisato sotto il regno dell'imperatore Tiberio. La Pasqua, nel calendario lunare ebraico, cadeva il sabato successivo alla prima luna piena dopo l'equinozio di primavera (anche oggi la data della Pasqua cristiana viene scelta con lo stesso criterio). E dunque, quando Cristo venne crocifisso, la luna doveva essere piena o quasi.

Ora si può pensare che questo particolare sia casuale. Si potrebbe obiettare che se Gesù fosse stato arrestato in un altro periodo del mese, forse sarebbe stato crocifisso sotto una luna diversa, e noi non staremmo qui a far notare che era proprio piena e non, diciamo, al primo quarto. È vero. Ma quando si ha a che fare con eventi mitici, niente accade davvero per caso.

Per millenni l'uomo ha visto la falce lunare, dapprima sottile, crescere lentamente in cielo, fino a raggiungere la pienezza del suo circolo perfetto e luminoso. Poi ha visto quel circolo tornare a declinare in senso inverso, trasformandosi in una falce sottile, speculare, che infine sparisce, lasciando brillare tutte le stelle. Quanti miti, quanti simboli, quanti sogni, quante divinità sono sorte nel cuore dell'uomo sotto la forma incostante della Luna?

Gli uomini, appassionati di simboli, dovettero subito paragonare il ciclo della luna a quello della vita umana. Lo sviluppo e il declino dell'uomo vennero messi in corrispondenza con le fasi lunari: nascita (luna nuova), giovinezza (primo quarto), maturità (luna piena), declino (ultimo quarto), morte (luna nuova).

Questo per quando riguarda la luna. Non così il sole, che non muta mai il suo accecante fulgore. Il suo cerchio è costante, perfetto, non è soggetto alla corruttibilità e alla temporalità lunare. Se la luna era simbolo di temporalità, il sole divenne il simbolo dell'eternità.

Se dunque la luna rappresentava l'impermanenza della vita umana, il sole divenne il segno dell'immutabile eternità di Dio. "Di Te, Altissimo, porta significatione" dirà San Francesco a Dio, di Frate Sole, e più precisamente aggiungerà Dante: "Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l sole" (Convivio III, XII, 7).

Ora, da un punto di vista astronomico, la luna piena si trova in opposizione al sole. Questo significa che sul far dell'alba c'è un magico istante in cui il sole e la luna si trovano sospesi l'uno di fronte all'altra: il sole sta sorgendo ad oriente, la luna tramonta ad occidente. Entrambi i dischi appaiono pieni e perfetti: il sole è rosso-dorato, la luna rosata. Luna e sole hanno quasi la stessa dimensione e sembrano fissarsi l'un con l'altra dai due opposti orizzonti. È il momento in cui cui la luna pare forgiata a immagine e somiglianza del sole.

Se la vita umana, secondo la Bibbia, è di settant'anni, il punto centrale di questo cammino, l'apice della maturità dell'uomo, scocca sul compiersi dei trentacinque anni. E questo è il momento  in cui il divino e l'umano si sfiorano, si toccano, si compenetrano - così come la luna a metà del suo corso si specchia nel sole. Gesù, nell'attimo supremo del suo viaggio terreno, sospeso all'albero della Croce, tra il sole e la luna che si guardano l'uno nell'altra, rappresenta l'istante in cui l'umanità si fonde con la divinità, in cui l'uomo si libera dal peccato - e dalla mortalità che è connessa col peccato - per trascendere la sua materialità e innalzarsi in una sfera metafisica.

Non ci si stupirà di notare che trentacinque anni è appunto l'età simbolica d'incontro tra l'umano e il divino. Zarathuštra aveva quest'età quando ricevette la chiamata da Ahura Mazdāh, e il Buddha aveva esattamente trentacinque anni quando sedette sotto l'Albero della Bodhi e ricevette l'Illuminazione. Il medesimo simbolismo si riaffaccia dovunque ritornino i medesimi motivi mitici.

Ora qualcuno obietterà che Gesù non fu crocifisso all'alba. Giovanni dice che Gesù fu inchiodato alla croce all'ora sesta (all'incirca a mezzogiorno), in un momento in cui il sole doveva trovarsi sullo zenith della croce, non certo nella posizione in cui Dürer l'ha dipinto. I Sinottici tuttavia parlano dell'ora terza (all'incirca le nove del mattino), forse un'ora ancora buona per vedere il sole appena sorto e la luna in procinto di tramontare. La morte di Gesù, in entrambi i casi, va spostata avanti di tre ore: a mezzogiorno secondo i Sinottici, nel pomeriggio inoltrato secondo Giovanni.

Son certo che Dürer non fosse così sciocco da ignorare le effettive posizioni del sole e della luna nel momento della morte di Gesù. In realtà, la scelta pittorica di Dürer, è un'indicazione in più, se mai ce ne sia bisogno, di come certi elementi debbano essere presi nel loro significato simbolico.

La Crocifissione, prima di essere un avvenimento storico, è un immenso e terribile evento mitico. Non si può negare quest'assunto, se definiamo mito qualcosa che, al di là della sua realtà storica, indica una verità trascendente, poetica, metaforica.

La presenza di tale simbolismo è resa ancor più evidente dal teschio che si trova ai piedi della croce. Il Golgota si chiamava "monte del teschio" perché vi era stato seppellito il teschio di Adamo. Adamo, inutile ricordarlo, era colui che, attraverso il frutto proibito dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male, aveva causato la caduta dell'umanità dal suo stato originale di perfezione e di grazia, operando la rottura primordiale dell'uomo da Dio. Grazie al peccato di Adamo, l'uomo dovette vivere in questo mondo temporale di oscurità e di peccato, che non è vera Vita, ma morte nella vita.

Ma dal teschio di Adamo si leva ora un altro albero, l'Albero della Croce - che secondo una tradizione venne tratto proprio dal legno dell'Albero della Conoscenza - e su cui, grazie al sacrificio di Cristo, secondo Adamo, l'umanità può ritrovare la perduta unità con Dio.

Tra l'albero della caduta e l'albero della redenzione, tra Adamo e Cristo, vi è una specularità straordinaria.

Non è un caso infatti che sia la vigilia di Pasqua. La parola ebraica Pesach significa "passaggio". Si intende qui l'episodio della schiavitù degli Ebrei in Egitto, allorché l'Angelo della Morte evitò le case degli Ebrei per colpire invece tutti i figli primogeniti degli Egiziani. Quella notte, gli Ebrei avevano cosparso le porte delle loro case con il sangue di un agnello, e proprio in virtù di questo marchio di sangue avevano potuto tenere lontano l'Angelo della Morte dai loro focolari, dai loro figli. Da allora, ogni anno, alla vigilia di Pasqua, gli Ebrei usavano sacrificare degli agnelli in ricordo di quella notte spaventosa che aveva preceduto la loro fuga dall'Egitto. E dunque Cristo, con il suo sacrificio alla vigilia di Pasqua, si configura come l'agnello universale, il cui sangue allontana la morte dall'intera umanità. Pesach, "passaggio", assaggio dalla vita umana, condizionata dal peccato e dalla morte, alla vita che è vera Vita, nell'incontro, di nuovo possibile, dell'umanità con il Principio da cui proviene.

Traccio queste corrispondenze mitico-religiose da buon laico appassionato di mitologia. Non intendo negare che Gesù sia storicamente esistito e che sia stato davvero crocifisso, ma non pretendo la storicità minuziosa dei fatti narrati nei Vangeli. Questo universo di simboli trova il suo più autentico significato solo nel mondo del mito, e il mito, come sappiamo, è la geografia dell'anima. Beatitudine e dannazione non sono termini applicabili soltanto alla vita dopo la morte, ma a questa stessa vita, nella condizione di vicinanza o di lontananza con Dio.

Sono simboli che ritroveremo incessantemente in chiunque sia in grado di decifrarli. Dante, il mistico pellegrino, intraprenderà il suo viaggio ultraterreno proprio il giorno di Pasqua dell'anno 1300, quand'egli, "nel mezzo del cammin di nostra vita", aveva (caso strano!) trentacinque anni. Il suo passaggio attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso, avviene nel profondo della sua anima, che, purificata e illuminata dal suo viaggio, potrà infine balzare nel cielo fino a fondersi con quell'Amor "che move il Sole e l'altre stelle".

Naturalmente ci sono molti elementi ancora da definire. Le tre donne ai piedi della croce sono forse forse una tarda figurazione delle tre Parche? E che cosa indicano i due ladroni, l'uno destinato alla beatitudine, e l'altro alla dannazione, che Joseph Campbell ha messo in relazione con la fisiologia psichica? Ci troviamo immersi in un labirinto di simboli e valenze. E l'angelo che raccoglie nel calice il sangue di Cristo? (Secondo una tradizione apocrifa il soldato Longino, che colpì di lancia il costato di Gesù, recuperò la vista quando si toccò gli occhi ciechi col sangue che era colato dal costato giù lungo la lancia.) E perché è proprio San Giovanni, il discepolo prediletto, il figlio adottivo di Maria, ad attendere ai piedi della croce?

E il velo del Tempio che si straccia in due parti? Non è una magnifica figurazione del fatto che la Legge Mosaica (oltre quel velo si trovava la Presenza Divina) non è più valida, e che una nuova Legge viene proposta dal Cristo all'Umanità?

In questo modesto saggio mi sono solo limitato a sfiorare l'intrico di simboli che sta alla base del mondo interiore del mito, e naturalmente dell'arte, che del mito è stata per secoli la migliore e più fedele espressione.

 

Affresco della Crocifissione a Spello (PG). Si notino il sole e la luna sospesi ai due lati della croce.

 

RITAGLI & SPIRAGLI

© 2002 DARIO GIANSANTI

Il Cristo Crocifisso: il Sole e la Luna

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