Imru `l-Qays
Imru al Qays
MU´ALLAQĀH

ARABIA - VI Secolo

 


È con Imru `l-Qays, il più grande dei poeti preislamici, che inizia la letteratura araba. I versi di questa sua poesia, soprattutto lo struggente incipit, sono stati un modello col quale si sono confrontati tutti i poeti successivi. Ad Imru al-Qays, tra l'altro, è attribuita l'invenzione della qasidāh, il metro classico della poesia araba. Imru `l-Qays visse al termine della ´Abd al-Ğayliyya, l'epoca d'ignoranza in cui l'Arabia si dibatteva prima che il Profeta portasse la luce della vera Fede. Era così grande nel giovane Imru la passione per la poesia, che suo padre Huğr, re della tribù dei Kindah, ordinò di ucciderlo. Fortuna fu che l'incaricato all'ingrato compito, mosso a compassione per il giovane poeta, uccise una gazzella al suo posto, riportandone il cuore a Huğr. Bandito dalla sua tribù, Imru `l-Qays cominciò una vita errabonda, piena di pericolose avventure e di storie galanti, che infine lo condusse a Bisanzio, presso l'imperatore Giustiniano. Imru morì intorno al 540, sulla via del ritorno in Arabia, a causa di una camicia avvelenata ragalatagli dallo stesso imperatore, che in questo modo lo punì per avergli sedotto la figlia. Ad Ankara si mostra ancora la tomba del poeta.

 


MU´ALLAQĀH

Fermatevi! E qui piangiamo al ricordo di un accampamento e della bella da tanto tempo perduta. Scirocco e tramontana hanno spazzato a lungo queste dune, quegli stessi venti che le avevano a loro volta intessute. Ogni traccia è scomparsa: vi sono solo escrementi di gazzella simili a grani di pepe. I miei compagni arrestano i loro corsieri accanto al mio e mi gridano: - Non abbatterti, Imru `l-Qays! Non cedere allo sconforto!

Ma come posso non abbattermi? Come posso non cedere allo sconforto? Il mio pensiero corre già a quel mattino in cui gli uomini caricavano i cammelli preparandosi al lungo viaggio e io vidi ´Unayzah per l'ultima volta. Queste mie lacrime possono forse lenire il dolore... ma a che serve ora spanderle su una traccia svanita?

Così piangevo, prima che per lei, per altre belle, che se ne andavano lasciando dietro di loro un profumo di muschio e di garofano. Lacrime di passione mi inondavano il volto e la barba. Quanti momento felici! Ripenso a quel giorno a Dāra Ğulğul, quando costrinsi le ragazze a uscire nude dall'acqua per riprendersi le loro vesti. Per ricompensarle dello scherzo uccisi la mia cammella e imbandii un gran banchetto. E che soavi ricordi, quando scendemmo il deserto dividendo la medesima sella. Il palanchino s'inclinava di qua e di là sotto il nostro peso, e ´Unayzah si scuoteva cercando di farmi cadere. - Stai ammazzando il cammello, Imru `l-Qays! Scendi subito, o finiremo entrambi per andare a piedi!

Ed io a lei: - Allenta le briglie, se vuoi, ma non allontanarmi da quel tuo frutto che ho còlto più volte. - E quando in cima a una duna, lei mi lanciò un giuramento irrevocabile, io le risposi beffardo: - Se hai deciso di lasciarmi, sii almeno gentile, ´Unayzah ! E se qualcosa della mia persona ti ha infastidito, allora strappa il mio cuore dal tuo petto e gettalo via. Ti sbagli se credi che mi possa uccidere l'amore per te, ti sbagli se credi che quelle tue lacrime siano frecce che possano fare a brandelli il mio cuore!

I suoi parenti mi avrebbero volentieri ucciso se fossero riusciti a mettermi le mani addosso. Avevano disposto uomini di guardia attorno alla tenda della ragazza per proteggere il suo onore. Ma quando le Pleiadi apparvero in cielo come collane di perle, abilmente superai le sentinelle e penetrai nella tenda, dove la trovai già svestita per la notte.

Mi disse ridendo: - In nome di Dio, Imru `l-Qays, non è possibile trarti in inganno! Non finisci mai di sbagliare!

Uscimmo insieme dalla tenda. Io la precedevo, lei mi seguiva trascinando una veste sulla sabbia per cancellare le impronte. Scivolammo oltre il recinto, in un luogo segreto tra le dune, e quando lei si chinò su di me io l'afferrai. Slanciata e pallida, dalla vita sottile e le gambe tornite, bella di seno e di corpo. Levava il mento con orgoglio, il collo sottile come quello di una gazzella. I riccioli le piovevano neri sulle spalle, folti come un grappolo di datteri. Fattasi donna nelle sue vesti di fanciulla, lei ben sapeva come incantare anche i più saggi tra gli uomini!

O ´Unayzah ! Le follie svaniscono con la gioventù, ma non muta il mio amore per te. Ricordi? Sembrava che le stelle fossero state inchiodate alle montagne e le Pleiadi legate a solide rocce. Come onde del mare, la notte distendeva i suoi mille veli su di noi. Che lunga, lunghissima notte... pareva non volesse dissolversi mai nell'aurora...

E gli uccelli non erano ancora usciti dai nidi, quando, di primo mattino, mi allontanai a cavallo attraverso il deserto...

 

 


NOTA

Feci conoscenza con Imru `l-Qays in uno dei ponderosi volumi della Storia universale della letteratura di Prampolini (Utet 1949). In realtà vi erano riportati soltanto i primissimi versi, ma mi catturarono e li ritrascrissi su un quadernino che in seguito regalai a una ragazza. Solo in seguito, sviluppando un interesse sempre più intenso per la cultura araba, riuscii a mettere le mani sul brano completo. È un tipo di poesia molto vicina al modo di pensare ruvido e appassionato delle tribù nomadi del deserto, lontana anni-luce sia dalla lirica greca che dalla soave mistica musulmana... ma a lasciarsi coinvolgere è splendida e appassionante. Questa mia versione è una libera trasposizione in prosa della prima parte della mu´allaqāh di Imru `l-Qays, condotta sulla falsariga di quella citata da Prampolini.

 


LETTURE CONSIGLIATE
  • Daniela Amaldi [a cura di]: Le Mu´allaqāt: Alle origini della poesia araba. Marsilio, 1991.
 

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