VISITA

DI

POGGIO IMPERIALE

Giuseppe Maria Foschi per la grazia di Dio e della

Santa Sede Apostolica Vescovo di Lucera

e Visitatore

Avendo noi l'onore, e la sorte di fare la prima S. visita in questo nascente paese di Poggio Imperiale, et in questa nuova Chiesa di S. Placido Martire, abbiamo stimato per futura memoria brevemente accennare l'origine, e la costruzione del paese, e della Chiesa, e la venuta qui delle famiglie Italiane et Albanesi; accadendo sovente, che le notizie in alcuni tempi trascurate, siano poi in altri tempi avidamente ricercate.

ORIGINE DI POGGIO IMPERIALE

E VENUTA DELL'ITALIANI, ED ALBANESI

Volendo l'Ecc.mo Sig. D. Placido Imperiale Principe della città di S. Angiolo Lombardi, et utile Sig. della città di Lesina edificare un novello paese, e denominarlo col nome della di lui famiglia, elesse una boscosa collina dalla parte di mezzo giorno, volgarmente chiamata Coppa di Montorio circa miglia due distante da Lesina e quattro da Apricena; ed avendola prima ridotta a coltura, ed indi edificate piccole case, ma con buona situazione, e semetria, nel mese di Maggio poi dell'anno 1759 ad esempio de' fondatori dell'antiche città v'invitò chiunque volesse venirci ad abitare, promettendogli abitazione franca per tre anni, ed allora cominciò a chiamarsi Poggio Imperiale; ed infatti vi concorsero prima da circa quindici famiglie di diversi paesi, cioè di S. Marco in Lamis, di Bonifaro, di Portocannone, di Foggia, di Bari, e di Francavilla; e perchè sul principio non vi era chiesa, andavano a sentirsi la Messa chi in Lesina, e chi in Apricena, la quale poi fù benanche edificata, e colla licenza dell'Arcivescovil Curia di Benevento fù benedetta nel mese di Marzo dell'Anno 1760.

Nel mese di Gennaro poi dell'anno 1761 venne ad abitarci una colonia di circa novanta Albanesi tra Uomini, Donne, e Ragazzi, partita da Scutari nell'Albania turca, la quale insieme colle città di Antibari, Dulcigno, Durazzo, Tristi, Alessio, ed altre ritrovansi dal 1571 sotto il miserabile giogo della potenza Ottomana, come espone il Senatore Giacomo Diedo nella sua Storia della Repubblica di Venezia al Tom. 2 lib. 7. riferito da Benedetto XIV. Boll. Tom. 3. fol. 452; e si partì questa colonia, perchè temeva che finalmente, o loro, o la sua posterità non rinnegassero la S. Fede Cattolica, giacchè vedevano che gli altri loro parenti, amici, e paesani, non potendo più tollerare li soliti insopportabili tributi, e calunnie dell'ingordi, e buggiardi Ottomani, andavano giornalmente abbracciando la Setta Musulmana, in modochè, siccome prima erano colà tutti Cristiani, al presente son quasi tutti divenuti Turchi.

In una notte dunque del mese di Gennaro 1757 imbarcatisi detta Colonia dentro di una Marsigliana in Aravia piccolo villaggio due miglia da Antibari lontano, e navigando l'Adriatico a vento contrario, tra il fatigoso spazio di trentatrè giorni giunsero al Porto di Ancona, nel di cui Lazzaretto fecero la quarantena, avendo il Sommo Pontefice Benedetto XIV somministrato a tutti gli alimenti, e le vesti; ed usciti dal Lazzaretto, si trattennero circa altri venticinque giorni in Ancona, e finalmente col Pontificio permesso passarono ad abitare nel castello di Pianiano Diocesi di Acquapendente, in cui dalla Pontificia munificenza furono impiegati a coltivare quel terreno, dando loro Bovi, Vacche, strumenti rusticani, Masserizie di Casa, ed un Paolo al giorno per ciascuno fusse grande, o piccolo, fusse Maschio, o Femmina, col semplice peso però di corrispondere mezzo tomolo di grano per ogni rubio di terreno che seminavano.

Ma perchè l'aere di Pianiano non fu loro molto salubre, per essere troppo vicino al mare, et in notabile bassezza tutto scoverto dalla banda di mezzo giorno al mare stesso, e perchè dovevano bere acqua poco buona, si ammalarono quasi tutti, che tra breve tempo ne morirono sessantasei; ond'è, che nel mese di novembre dell'anno 1760 col permesso del Regnante Sommo Pontefice Clemente XIII ne partirono imbarcandosi nel Porto di Civitavecchia in una Tartana Napoletana; e giunti nella città di Napoli, vi si trattennero circa cinquanta giorni, ove furono dall'anzidetto Sig. Principe Imperiale invitati a dimorare nel cominciato Paese di Poggio Imperiale, e per allettarveli, primise loro ...

Questa Nazione è di natura robusta ed industriosa, atta e dedita alla fatiga per procacciarsi il vitto; è di buon costume, fuggendo li giuoghi, e le bettole; è inclinata alla pietà, spesso frequentando i Sagramenti della Penitenza ed Eucarestia, assistendo con somma venerazione, et edificazione alla Chiesa, alla Messa, alla Predica, ed alle altre Ecclesiastiche funzioni: le Donne sono molto modeste, niente conversando colli Uomini, mai alzando gli occhi dalla terra, e portando Vesti, che le copriscono tutte; non regna nella medesima Nazione il vizio del furto, della Bestemmia, e soprattutto dell'Incontinenza, che sarebbe irremisibilmente dalli Parenti della Donna vendicato col sangue, per essere Gente, quantunque docile, et obbediente, sommamente però vendicativa contro chiunque facesse loro menoma offesa o danno, per il di cui effetto son tutti ben armati alla Turca di stili, di spade, di spadoni, e di schioppi assai lunghi, seco sempre portando una Padroncina a fianco con ottanta, e novanta cartocci.

Sono però estremamente poveri, poichè a riserba delle menzionate armi, e di pochi stromenti rusticani, molti neppure aveano le Corone, recitandosi il SS.mo Rosario chi sulle dita, e chi su li bottoni, giacchè nel fuggirsene da Scutari furono costretti abbandonare quanto avevan Case, Vigne, Bovi, Vacche, Pecore, Giumenti, ed altro.

Vivono col Rito Latino, servendosi del Messale, Breviario, a Rituale Romano; solamente il sacerdote celebrando la Messa dopo letto il vangelo Latino l'espone in lingua Albanese al Popolo, cosa peraltro, che Lodovico Muratori con encomio riferisce di avere anche osservato in alcuni Paesi della Germania, e quando nella Messa dispensa la S. Eucarestia, l'Ecce Agnus Dei e 'l Domine non sum dignus lo profferisce nella medesima loro favella: amministrando poi li Sagramenti del Battesimo, e del Matrimonio le sole Orazioni le dice in Latino, il Pater noster, l'Ave Maria, il Credo e tutte l'interrogazioni le dice in Albanese. Nel matrimonio vi è dippiù il Rito, che quando il Prete proferisce le parole: Ego coniugo vos in matrimonium; liga colla stola le mani di entrambi li sposi. E finalmente nell'Esequie de' Morti dopo cantato ciascuno de' tre Kyrie aleison, e detto sempre il Pater noster in Lingua Albanese, rivolto il Prete al Popolo, l'esorta che preghino Dio per l'anima di quel Defonto, dicendo un Pater, ed un Ave, acciò l'abbia in Paradiso, la quale godendo con tutti li Santi la bellezza di Dio, possa anche pregare per Essi.

Vogliono anche vivere alla foggia delle vere antiche Colonie, cioè colle proprie Leggi Albanesi, pretendendo di non riconoscere, nè Governatori, nè Mastro d'atti, nè Sbirri; ond'è, che le loro Cause Civili, come Criminali senza formar processo, dar difese, ed udire giudiziarie giustificazioni, vengono a similitudine delli vecchioni, che in loro lingua diconsi "Pleck" eligendi da ciascuno Casato: e quando uno de' Litiganti giura in mano del Prete sopra l'Evangelo, è terminata la Causa.

Delli due Sacerdoti con questa Gente venuti, uno il meno culto, chiamato D. Marco Micheli della villa di Bria Diocesi di Scutari, perchè l'aere di Lesina gli era alla salute nociva, insieme con una partita di Albanesi se ne andarono nel mese di Febbraio di questo anno 1761 ed è rimasto l'altro alquanto più culto, chiamato D. Simone Uladagni nato nella città di Scutari d'anni circa 37, il quale in età d'anni 14 fu condotto nel Collegio Illirico di Loreto, ove fu istruito nelle Scienze, siccome rilevasi da un Rescritto della Sac. Cong.ne di Propaganda sotto li 20 Settembre 1760, indi ritornò in sua Patria a fare le S. Missioni, e fu nell'anno 1750 promosso al Presbiterato: porta questo Prete li Testimoniali de' Vita et Moribus di Monsig. Uladagni, Arci.vo di Antibari sotto li 5 Luglio 1755, di Monsig. Alessio Vescovo di Alessio sotto li 4 Giugno 1757, di Monsig. Padovani Ar.vo di Durazzo sotto li 10 Giugno 1757, e finalmente dell'E.mo Sig. Cardinale Spinelli Pres.te della Sac. Cong.ne di Propaganda sotto li 10 Settembre 1760.

CHIESA

DI

S. PLACIDO MARTIRE

Questa Chiesa è posta colla porta a Settentrione, la di cui lunghezza è di palmi 50 1/2, la larghezza è di palmi 25, e l'altezza di palmi 20, è coverta a tetto, non avendo nè volta nè soffitto; le toniche de' pareti sono rozze, ed ondeggianti; tiene una finestra sopra della porta, un'altra dal lato dell'Epistola, e una dal lato del Vangelo; il pavimento è di mattoni rustici; e mal composti; evvi in mezzo della Chiesa una Sepoltura con lapide rozzamente lavorata, la Porta è di pietra, qui chiamata gradinata, larga palmi 6 ed alta palmi 11.

Fu edificata nell'anno 1759 a spese dell'Eccellentissimo Sig. Principe Don Placido Imperiale utile Signore di Lesina; e nel Mese di Marzo dell'anno 1760 per commissione della R.ma Curia Beneventana fu benedetta da Don Felice Arciprete Lullo, e perchè non ancora l'è stata assignata la propria dote, è tenuto perciò il suddetto Sig. Principe a contribuire in tutte le spese per la riparazione o fabbrica, e per le Sagre suppellettili.

L'Altare è situato di contro alla porta, formato di rozzissima fabrica, stanno un gradino, la pradella di legno; la pietra Sagra, in cambio di risaltare dal piano della Mensa tanto che possa conoscersi dal tatto, è al piano suddetto sottoposta più di due dita.

Nel quadro dell'Altare è dipinta l'immagine di M. S.V. col Bambino in braccia, e di San Placido Martire, la di cui festività celebrasi a 5 Ottobre, il qual quadro per essere perfettamente quadro, cioè largo palmi 6, ed alto palmi 6 è perciò senza proporzione.

Nel Corno del vangelo sta costituito un piccolo Campanile con una Campanella di circa rotoli cinquanta che da dentro la Chiesa vien sonata.

Nel Corno dell'Epistola vi è situato un mezzo Confessionale, senza che dalla parte del Penitente vi sia l'immagine del SS.mo Crocefisso, e dalla parte del Confessore le Tabelle de' Casi riserbati alla S. Sede, ed all'Ordinario.

Non ha questa Chiesa nè Sagrestia, nè Armario, possiede bensì la seguente Sagra Suppellettile Altaristica, e Missale da Noi approvata.

CATALOGO DELLA SUPPELLETTILE ALTARISTICA, E MESSALE

ALTARISTICA

Altare portatile n. 1

Croce indorata a mistura n. 1

Tabella delle Segrete, In principio e Lavabi n. 3

Candelieri grandi indorati come sopra n. 6

Candelieri piccoli n. 6

Vasi grandi de' fiori n. 6

Vasi piccoli de' fiori n. 6

Sopra tovaglie intiere n. 2

Sotto tovaglie intiere n. 1

Pulvinare n. 1

MESSALE

Messale n. 1

Calice con cuppa d'argento indorata n. 1

Patena d'argento indorata n. 1

Pianeta, stola, e Manipolo di porta nova color bianco, e rosso con trena di seta camorgio n. 1

Pianeta, stola, e Manipolo di Damaschetto color violaceo, e verde con trena di seta camorgio n. 1

Borsa a due faccia a color delle suddette due Pianete n. 1

Velo di Damaschetto color violaceo n. 1

Corporale n. 1

Palla n. 1

Purificatoi n. 1

Camice di cingolo n. 1

Amitto n. 1

Manutergio n. 1

Bacino n. 1

Ambolluzze n. 2

Campanello n. 1

DECRETI

Ordiniamo fra 'l termine di sei mesi, che la Pietra Sagra dell'Altare si alzi un'oncia sopra al piano della Mensa, giacchè al presente ritrovasi quattro oncie sottoposta.

Sopra l'Altare si facci un Baldacchino, o sopracielo almeno di tavole dipinte per difenderlo dalla polvere, e da altre immondezze, giacchè questa Chiesa non è a Volta, ma a Tetto.

Nella Muraglia dalla parte dell'Epistola si costruischi una finestrina, o si metta una mensuola di pietra per lo Bacinetto colle Carafine; ed un chiodo per collocarvi la Berretta del Sacerdote celebrante.

Al Confessionile si affighino l'Immagine del Crocefisso dalla parte del Penitente, e le Tabelle de' Casi Riserbati dalla parte del Confessore.

Si facci un Armario per conservare il Calice e li Sagri Paramenti.

Ordiniamo ancora, che fra detto termine di mesi sei si provegga della seguente Altaristica Suppellettile e Messale.

Sopratovaglia una, e sottotovaglie due per un'altra muta dell'Altare

Pianeta, Stola, Manipolo, Borsa, e Velo color negro

Velo color bianco, e rosso

Corporali due

Palle quattro

Purificatoi sei

Manutergi due

Camice uno col suo Amitto, e Cingolo

Berretta una.

VISITA PERSONALE

Essendo con somma ammirazione pervenuto a nostra notizia, che l'anzidetto Prete Simone Uladagni di Scutari nell'Albania Turca Cappellano della suddetta Chiesa di S. Placido Martire in Poggio Imperiale francamente eserciti tutti li Jussi, e le Funzioni Parrocchiali tanto in Chiesa, e nel Paese, quanto nelle Persone di Nazione Italiana, et Albanese, amministrando il Sagramento della Penitenza, assistendo a Matrimoni, portanto il SS. Viatico, e l'Estrema Unzione all'Infermi, dando Sepoltura a Morti, facendo pubbliche Processioni, ed altre impertinenti Funzioni: quindi per opportunamente ovviare a sì gravi disordini, abbiamo stimato di ordinare che non possa per l'avvenire detto Prete Simone Uladagni ascoltare le Confessioni in Poggio Imperiale, nè altrove, senza l'espressa Licenza dell'Ordinario, essendo così stato determinato dal Concilio Tridentino nella Sess. 123 al Capo 15; mossi però da dura necessità, gli accordiamo per mesi sei la facoltà di confessare li soli Albanesi, come quelli, che o poco, o niente intendono l'Italiana favella, e che tra mentre debba con ogni studio apparecchiarsi all'esame, avendolo ritrovato molto scarso nella Morale.

Che nè tampoco ardisca detto Prete Uladagni congiungere alcuno in matrimonio, poichè tutti li matrimoni senza l'intervento del proprio Parroco, e di due o tre testomoni sono stati dichiarati affatto irriti e nulli dal Sag. Concil. Trid. nella Sess. 24 al Capo 1. de Refor. Matrim., e dal Rituale Romano de Sacram. Matrim. Praesertim vero: ed abbenchè il Matrimonio, in cui egli intervenne a 2 Febraro di questo anno 1761 fusse tra due Albanesi,   cioè tra Simone Joni, e Veneranda Coleja, pure in tal caso per proprio Parroco deve intendersi quello, nella cui Parrocchia il Matrimonio si celebra, che in Poggio Imperiale è l'Arciprete di Lesina.

Ordinandosi nel Cap.to Nullus de Parochis, che debbano tutti li Parrocchiani ricevere li Sagramenti dal proprio Curato, il che oggi, secondo l'universale consuetudine della Chiesa, riducesi all'Eucarestia nella Pasca, al Viatico in morte, ed all'Estrema Unzione, ed avendo detto Prete Uladagni nella passata Pasca fatto, non solamente agli Albanesi, ma benanche all'Italiani dimoranti in Poggio Imperiale, adempiere il Precetto dell'annua Comunione in detta Chiesa di S. Placido, ed avendo altresì amministrato il Sagramento dell'Estrema Unzione a diversi Moribondi, ordiniamo perciò, che per l'avvenire si astenghi da tali attentati sotto quelle pene, che meglio sembreranno all'Ill.mo, e R.mo Monsig. Arci.vo di Benevento, e sua R.ma Curia.

Consegni immediatamente detto Sacerdote Uladagni il Vaso dell'Olio dell'Infermi alla chiesa Arcipretale di Lesina, ove decentemente deve conservarsi, siccome vien disposto da S. Carlo Borromeo nel Concilio III Provinciale di Milano; ed il Vescovo Resta nel cap. 13 de Directione Visitatoris è di parere, che li Sagri Olei debbano conservarsi presso l'Altare del SS.mo Sagramento, acciocchè quella stessa lampana, che rende culto al SS.mo, lo renda anche a sagri Olei; e Noi abbiamo colli propri occhi veduti, ch'el suddetto Prete Uladagni tenga dett'Olio in una stanza terrena, in cui egli dorme, e cucina, e lo pone fra li stigli di cucina, e frà altre vili masserizie di casa.

Avendo il Sommo Pontefice Leone X nel Concilio Lateran. Const. 22 Dum intra 13 ordinato, che a soli Parrochi, e non ad altri spettasse dare sepoltura a propri Parrocchiani, al che corrispondono l'universale consuetudine della Chiesa, e li replicati Decreti delle Sagre Congregaz.ni de' Vescovi, e Regolari, e de' sagri Riti; ed avendo detto Prete Uladagni a 21 Febraro 1761 data sepoltura a Maria Pietri Albanese, a 23 detto a Marco Villani Albanese, a 24 detto ad Alessandra Vocale Italiana, a 29 detto ad Antonio Capassi Albanese, a 4 Aprile a Domenico Vocale Italiano, a 11 detto a Domenico Iacu Albanese, a 16 detto a Veneranda Lali Albanese, vogliamo perciò, che per l'avvenire si astenghi di levare qualsivoglia Defonto senza l'intervento dell'Arciprete di Lesina, nel ristretto della di cui Parrocchia è sito il novello Paese di Poggio Imperiale.

Si astenghi per l'avvenire detto Sacerdote Uladagni di far pubbliche Processioni, senza averne prima impetrata la necessaria licenza dell'Ill.mo, e R.mo Monsig. Arci.vo di Benevento, e della sua R.ma Curia; la quale, quando averà ottenuta, le facci colla dovuta decenza, e non già siccome ha pratticato per il passato, essendo Egli andato nelle Processioni senza li necessari segni di Religione, senza Croce astata, senza Cotta, senza veruno altro Ecclesiastico, e senza nemmeno il chierico Parrocchiale.

(In Archivio Diocesano di Lucera, per gentile concessione del Dott. Beniamino Gabriele)