Civico  Museo  d'Arte  Moderna

  

ARTISTI

Giuseppe  CAPOGROSSI

Roma 1900 – 1972

Autore novecentista, incarna perfettamente le esigenze e le contraddizioni di questo secolo, passando da una pittura cosiddetta figurativa a quella segnica del periodo informale con una rapidità sconcertante che sembra quasi spersonalizzarsi nel suo percorso artistico. Il 900 è un secolo di grandi stravolgimenti sociali, economici e politici, tutto marcia in tempi accelerati; le due guerre lasciano un segno indelebile motivando un cambiamento del percorso delle arti e della letteratura. Capogrossi entra a far parte di questo cambiamento. Nel periodo della prima guerra mondiale è un adolescente ma vive i mutamenti avanguardistici. Dopo la laurea in legge nel 1923, frequenta lo studio di Felice Carena che raggiungerà ad Anticoli Corrado nell’estate del 1924. L’influenza del suo maestro si fa presente nella solidità costruttiva, definizione dei volumi e spessore del colore.

L’interesse che si andava sviluppando nell’ambito romano sul tonalismo intorno agli anni 30, coinvolge Capogrossi come molti altri artisti, ad esempio Pirandello, Cagli, Mafai. Nel Giocatore di ping pong del 1931 è al culmine del suo periodo tonale che durerà fino al 1948 in cui il tema dominante è la "funzione del colore come determinante plastica di tutte le forme dello spazio e della luce del dipinto". E’ presente l’immobilità e la fissità pierfrancescana nel profilo delle figure e nello sguardo che incute rispetto. Capogrossi elabora la nuova visione pittorica, mettendola per iscritto nel "Manifesto del Primordialismo plastico" del 1933, firmatario insieme a Cavalli e Melli e condiviso da altri artisti.

I suoi soggiorni a Parigi lo portano a un coinvolgimento Fauves e anche la pittura di Picasso influenzerà una parte della sua pittura. Dopo il 1933 Capogrossi cambia panorama pittorico: dai soggetti di spiaggia  passa a contemplare oggetti casalinghi e carnevaleschi, giocolieri, arlecchini e illusionisti. Dal 1939 si trasferisce ad Anticoli Corrado e vi rimane con la famiglia per tutto il periodo della guerra. A questo periodo appartengono opere quali Maternità’ del 1940 che raffigura la moglie e la figlia Beatrice, Nudo disteso del 1941 e La pergola del 1939.

Torna a Roma nel 1945 e da questo momento in poi si delinea il progressivo abbandono dell’esperienza pittorica strettamente figurativa, favorito dal nuovo clima sociale e culturale del dopoguerra, per approdare all’astrazione che segnerà la fase conclusiva della sua attività appartenente all’area segnica dell’informale.

 

 

 

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