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MASCHERA TRADIZIONALE ANTILLESE

  
  

          Insieme al Carnevale di Saponara (Sfilata dell'Orso con la corte principesca), di Novara ('U Campanaru), di Rodì Milici (I mesi dell'anno), di S. Stefano Briga ('A Vecchia i Cannaluvari) e di S. Fratello ('U Pueta) quello di Antillo può essere annoverato tra le manifestazioni carnascialesche più caratteristiche dell'intera provincia di Messina. Dal 2° dopoguerra in poi, per parecchi decenni e almeno fino agli anni '70, la ricorrenza del Carnevale ha rappresentato per la comunità antillese non solo un atteso momento di evasione dalla "routine" giornaliera e dai molteplici problemi in un'epoca di grandi privazioni materiali, ma anche un'irripetibile occasione di socializzazione in tempi in cui le relazioni interpersonali erano tutt'altro che agevoli. La fama e la fortuna del Carnevale Antillese è da attribuire in larga misura alle peculiarità estetiche e alla valenza socio-culturale della sua maschera tradizionale: "'U Picuraru" che grazie al tipico travestimento simboleggiava in modo esemplare il desiderio dell'Uomo di esorcizzare l'angoscia e la paura di regredire allo stato primordiale con la conseguente perdita di tutti quei privilegi connessi al progresso morale e materiale conseguito in tutti questi secoli dall'Umanità. Elementi tipici dell'abbigliamento du picuraru erano: a meusa, a cammicia i tila janca, u rubbuni i trappu, 'na tuvagghia i facci rraccamata e 'ntrizzata, i causeddi i peddi, i scarpi i pilu cchi stradderi. La maschera era 'u facciali, un telo bianco con due buchi per gli occhi. Immancabili accessori erano i campani, una dozzina di pesanti campanacci che pendevano dalla cintura e a bbertula che conteneva un pezzu i frummaggiu e 'na petra fucala. 'U jornu i Carnaluvari i Picurari si riunivano in gruppi di 10-12 elementi e sfilavano per le vie del paese. Ad ogni minimo movimento dei mascherati i campani producevano un rumore assordante incutendo timore alla gente, soprattutto tra i bambini che fuggivano terrorizzati. Talvolta capitava che qualcuno rivolto ai picurari facesse la seguente richiesta rituale: picuraru mu duni un pezzu i frummaggiu; dammi u cuteddu chi tt'u tagghiu rispondeva il mascherato. Se il malcapitato gli dava il coltello u picuraru facia a 'ffinta i mmularlu 'ca petra fucala, ma in realtà 'u sgangava. Lo scherzo veniva comunque ricompensato con un pezzo di formaggio. La sfilata si concludeva finalmente in piazza cu 'na contradanza che i picurari  ballavano cchi ddami, maschere femminili, espressione del Bene, immersi nel frastuono di campani mossi dai passi di danza e delle grida della folla festante che sovrastavano il suono degli strumenti.

 

Le Maschere Tradizionali Antillesi sfilano per le vie del paese

  

     
     

   
    
   
   

  Le Maschere Tradizionali Antillesi sfilano per le vie di Taormina