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Questo sito nasce da un'idea di alcuni giovani apicoltori della provincia di Roma. L'obiettivo del sito è quello di riunire e far confrontare  gli appassionati del mondo delle api (dall'esperto al novizio) della regione Lazio.  Se vuoi collaborare con noi, inviaci un'e-mail a: apicolturalazio@yahoo.it

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Tecniche e suggerimenti

>Cos'è l'apicoltura

>Le grandi scoperte sulla tecnica

>....una anno da ricordare

>L'apicoltura moderna

>L'apicoltura  razionale

>Attrezzature

>Come inserire i fogli cerei

>Dove installare un'apiario

>Visitare un' arnia

>L'alveare orfano della regina

>Smielatura e confezionamento

COS’E’ L’APICOLTURA

L’apicoltura è stata praticata dall’uomo adottando metodi diversi in funzione delle conoscenze tecnologiche, per procurarsi il miele che fino a tempi recenti era l’unico dolcificante noto e largamente impiegato.

Attualmente le api vivono in ogni parte del mondo ad eccezioni che nelle estreme regioni polari. Ancor prima del 1500 erano confinate nel terzo mondo dove erano apparse, evolvendosi e diffondendosi largamente prima della comparsa dell’uomo sulla terra.

L’uomo primitivo apprese a procurarsi il miele saccheggiando i nidi costruiti dalle api nei tronchi degli alberi cavi, negli anfratti e nelle fessure delle rocce.

Un dipinto ritrovato in Spagna Orientale eseguito durante il Mesolitico probabilmente circa 7000 anni avanti cristo, mostra come quegli uomini primitivi praticassero la raccolta del miele.

Attualmente la caccia alle api viene praticata in diverse parti del mondo e il miele può tuttora costituire un cibo di emergenza per popolazioni primitive in tempo di carestia.

La vera apicoltura ebbe inizio, da quando l’uomo riconoscendo l’importanza delle api, ha iniziato a salvaguardare le famiglie d’api che scopriva nei tronchi cavi degli alberi o in altre anfrattuosità curandoli e proteggendoli.

Progressivamente arnie costruite in maniera rudimentale usando materiali diversi (i cosiddetti bugni villici) sostituirono i ricoveri naturali adottati dalle api e vennero riunite per ragioni pratiche e di sicurezza in apiari.

La costruzione delle arnie era condizionata da materiali reperibili in loco e dalla capacità inventiva delle comunità locali.

E’ ormai certo che l’arnia non ebbe un unica origine ma costituì in ogni regione popolata dalle api una evoluzione inevitabile man mano che l’uomo da cacciatore di miele e nomade si trasformava in agricoltore dando inizio a un sistema di vita sedentario.

Dove esisteva disponibilità di legno come per esempio nelle foreste europee la prima arnia fu probabilmente ricavata da un tronco d’albero abbattuto dai fulmini e nel quale le api selvatiche avevano preso possesso.

Un materiale che viene ancora oggi utilizzato è la corteccia di sughero, in Sicilia si usa la ferula e in altre zone tavole assiemate ricavate dai tronchi degli alberi.

In Medio Oriente si utilizzavano vasi in terracotta per alloggiare gli sciami naturali. E poiché l’uomo si dedicò alla produzione di vasellame in terracotta fin dal 5000 A.C. ancora oggi in alcuni paesi del mediterraneo si utilizzano le olle per l’acqua in terracotta come arnie.

Nell’antico Egitto si utilizzavano i tubi di argilla cotta o di materiale diverso, accatastati orizzontalmente.

Le comunità pastorali utilizzavano come arnie panieri di fibra vegetale impastate con argilla per chiudere le fessure. Panieri realizzati con altri materiali come ramoscelli di nocciolo sono stati trovati in Egitto.

Tutti i ricoveri apprestati dall’uomo avevano scopi diversi ed essenzialmente erano rivolti alla protezione delle api dai rigori del freddo, dal caldo torrido, dal vento, dalla pioggia ecc.

Tutte erano dotate di porticine molto piccole in modo che le api potessero difendersi dai naturali nemici.

Le arnie primitive o "Bugni Villici" non consentivano di ricuperare il miele per cui l’uomo primitivo ricorreva all’apicidio. La ragione di queste arnie piccole consisteva nel fatto che le api trovandosi in spazi angusti nel periodo favorevole tendevano a sciamare. Era allora l’unico metodo per ottenere nuove famiglie per rimpiazzare quelle sacrificate con l’apicidio.

Col trascorrere dei secoli l’uomo ha cominciato a proteggersi dalle punture delle api ed usare il fumo per placare l’ira delle api saccheggiate dall’uomo.

Dall’epoca preistorica fino al 1500 il calendario dell’apicoltore è rimasto invariato. In primavera si dedicava alla raccolta degli sciami, al termine del flusso nettarifero mandava a morte le migliori famiglie per ricuperare il miele e la cera. In ottobre alimentava le famiglie più bisognose per farle svernare.

Non potendo fare osservazioni all’interno dell’alveare ben poco si sapeva della loro organizzazione. Si ignorava che il grande Re descritto da diversi autori era in realtà la Regina, né era noto il sesso dei fuchi e delle operaie. Si ignorava l’accoppiamento della Regina con i fuchi e il fatto che le api secernessero la cera utilizzando il miele. Ignoravano inoltre che le api provvedevano attraverso il processo d’impollinazione entomofica incrociata alla formazione dei semi e al miglioramento dei frutti.

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LE GRANDI SCOPERTE DI TECNICA APISTICA.

Sempre nel periodo che intercorre tra il 1500 e il 1851 si scoprì che aggiungendo alla sommità del Bugno, una specie di cappuccio, che fungesse come l’attuale melario, le api deponevano il miele che l’apicoltore poteva utilizzare senza mandare a monte la famiglia.

In questo periodo si costruirono arnie di osservazione in campane di vetro per studiare la biologia.

Nel 1687 secondo quanto racconta l’astronomo italiano Moraldi nell’Osservatorio Reale di Francia a Parigi, si trovava un’arnia di osservazione a vetri a favo singolo.

Circa un secolo dopo apparve l’arnia a libro scomponibile di Huber. Consisteva in un certo numero di telaini tenuti insieme da una cerniera e scomponibili come le pagine di un libro.

Nel periodo tra il 1650 e il 1850 si adottarono varie soluzioni nella costruzione delle arnie senza risolvere però il problema fondamentale , cioè quello del favo mobile.

Qualunque fosse il tipo di portafavo adottato, la api saldavano il favo alle pareti per cui era necessario tagliarlo per poterlo recuperare ed estrarre il miele.

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1851 UN ANNO DA RICORDARE PER L’APICOLTURA MONDIALE.

E’ con la scoperta del "Passo d’Ape" che l’apicoltura mondiale compie dei passi da gigante. Questa importante scoperta ha consentito di razionalizzare tutte le operazioni inerenti l’allevamento e le tecniche di produzione dei vari prodotti dell’alveare. Oggi che l’arnia razionale è a portata di tutti gli apicoltori la scoperta del passo d’ape sembra una cosa banale. Ma la sua importanza si intuisce allorquando si pensa che tutti gli sforzi compiuti dall’uomo sono stati ostacolati dal fatto che non disponevano di arnie razionalmente concepite.

Come già accennato in precedenza il passo che ha permesso di cambiare il modo di concepire l’apicoltura fu compiuto nel 1851 ad opera di un giovane pastore di Andover nel Massachussetts certo Lorenzo Lorraine Langstroth con la scoperta del passo d’ape o spazio d’ape. Longstroth era nato in America e precisamente a Filadelfia dove dimorava in quel tempo. Affascinato dal mondo delle api, apicoltore lui stesso aveva letto molti libri tra i quali Lettere di Huber procurandosi l’arnia a libro da lui inventata.

La scoperta dello spazio d’ape consiste nel lasciare tra coprifavo e portafavo e tra i montanti dei telaini uno spazio di 9,5 mm. Questo spazio permise a Langstoth di rimuovere i telaini senza che questi venissero fissati, cioè propolizzati alla parete e al tetto.

Era così nata l’arnia a telaino mobile. La sensazionale scoperta è stata descritta in maniera mirabile nel suo libro che rimane ancora oggi la pietra miliare di questa branca dell’apicoltura.

L’arnia da lui concepita e la sua intuizione si dimostrano giustificate. Nello spazio da lui lasciato libero le api non costruirono né favi né ponti e il telaio diventò veramente mobili.

L’arnia a telaino mobile entrata nell’uso comune nel 1861 in America si diffuse in Inghilterra l’anno successivo e da qui in tutte le parti del mondo

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CONSIDERAZIONI SULLA MODERNA APICOLTURA.

Con la scoperta dello "spazio d’Ape" le arnie si diffusero in tutte le parti del mondo e la razionalizzazione delle operazioni ha comportato produzioni unitarie fino ad allora impensate.

Gli schemi adottati in apicoltura sono diversi nel nuovo e nel vecchio mondo. Nel nuovo mondo si hanno raccolti più copiosi, mentre nel vecchio mondo si hanno un maggior numero di alveari, proporzionati alle popolazioni. Per quanto attiene il materiale apistico esistono notevoli differenze e diversità di strutture. Nel nuovo mondo i materiali apistici tendono alla standardizzazione e alla meccanizzazione di tutte le operazioni per contenere i prezzi della manodopera.

Le arnie adottate sono le Longstroth e le Dadant. In Europa così come in italia l’arnia adottata Dadant Standard a 10 telaini molto utilizzata dagli apicoltori che adottano la pratica del nomadismo per produrre mieli differenti.

Con gli attuali sistemi di standardizzazione i singoli apicoltori possono accudire qualche centinaio di alveari, mentre in California gli apicoltori, ricorrendo alla meccanizzazione delle operazioni possono accudire un migliaio di alveari ciascuno.

Le produzioni di miele variano da regione a regione e dipende in modo particolare dalla potenzialità nettarifera che le api sono portate a sfruttare.

In Europa esistono ad oggi oltre 12 milioni e mezzo di alveari.

Nonostante l’elevato numero di alveari in produzione il miele consumato in Europa supera di gran lunga la produzione e gran parte del miele consumato è d’importazione.

In Italia si consumano circa 120.000 quintali di miele di cui il 50% risulta importato.

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L’APICOLTURA RAZIONALE

A differenza dell’apicoltura villica quella razionale permette di seguire lo sviluppo degli alveari indirizzandoli verso produzioni quantitativamente e qualitativamente migliori, inoltre permette una raccolta di miele nel pieno rispetto delle api senza uccidere le famiglie ed i favi.

Esistono molti tipi di arnia razionale compresi in due principali categorie: arnie tedesche e arnie americane; entrambi i tipi presentano come caratteristica la mobilità dei favi che permette di controllare e far fronte ai problemi dell’alveare.

L’apicoltura razionale comprende inoltre tre elementi fondamentali:

-         i fogli cerei: tavolette di cera che hanno impressi sulle due facce i fondi delle celle femminili dei favi. Una volta posti nei telaini questi fogli vengono trasformati dalle api in veri e propri favi formati solo da celle femminili, in questo modo si evita che le api formino, nella parte terminale del favo, troppe celle maschili; limitando il numero dei maschi si ha un notevole risparmio di miele.

-         Lo smielatore: una macchina che utilizza la forza centrifuga per estrarre il miele dai favi senza danneggiarli;

-         L’arnia razionale, formata da: fondo, nido, melario, coprifavo, tettoia, telaini da nido e da melario, diaframma; questa arnia può essere popolata in diversi modi: introducendovi gli sciami in determinati periodi dell’anno, spostandovi alveari di tipo villico.

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Le attrezzaure dell'apicoltore

La maschera da apicoltore è l'accessorio più essenziale, deve svolgere una funzione protettiva per il volto. Le api quando vengono disturbate reagiscono usando il pungiglione, il veleno è comunque sempre fastidioso anche per gli apicoltori.
I requisiti essenziali di una maschera devono essere la leggerezza, la praticità e buona visibilità.In commercio ne esistono di vari tipi, ma tutte hanno una reticella nella parte frontale. Vi sono mascherequadrate, le preferite perché non battono contro il viso, e rotonde con il cappello o senza, ma anche maschere a camiciotto e a tuta. Il colore della maschera è in genere chiaro, bianco o giallo perché riflette i raggi solari.
I guanti sono una protezione per chi non è abituato alle punture delle api, ne esistono di vario tipo corti o lunghi fino al gomito. La caratteristica principale deve essere la sensibilità e praticità nell'estrarre i telaini durante le visite, vi è chi usa i guanti di gomma ma per lo più si usano guanti di pelle. La controindicazione all'uso dei guanti è dovuta alla propoli che durante le operazioni si appiccica e può essere veicolo di malattie.
L'affumicatore già dall'antichità si usava per affumicare i nidi e procurarsi il miele, da una pittura rupestre in Rhodesia si ha un esempio di raccolta risalente a migliaia di anni fa. L'affumicatore è costituito da una caldaietta cilindrica della capacità di uno o due litri nella quale viene introdotto il combustibile, da un beccuccio e da un mantice in legno e vinilpelle. Il mantice serve per insufflare aria alla base del cilindro tramite un foro.
I combustibili che si usano per produrre il fumo sono quelli che favoriscono la persistenza del fumo, in genere si usano sacchi di juta, tutoli di mais, cortecce d'alberi. Il fumo prodotto deve essere denso e freddo azionando il mantice si dirige il getto sui telaini per calmare l'aggressività delle api che si precipitano verso il basso e si ingozzano di miele.L'uso del fumo deve essere moderato, l'obiettivo è calmare le api e non farle reagire in modo violento. I migliori affumicatori sono quelli con protezione esterna metallica, di diversa conducibilità termica, per evitare accidenta
li scottature.
La leva è necessaria per sollevare i coprifavi e ispezionare le famiglie. I coprifavi, parte mobile dell'arnia, sono fissati al corpo dell'arnia dalle api con la propoli e la cera. La leva deve avere un estremità piatta e affilata per incunearsi tra coprifavo e nido o melario, l'altra estremità è incurvata ad angolo retto per estrarre i telaini. Altra leva usata è quella cosidetta a raschietto, utile per staccare la propoli e la cera tra i telaini e raschiare la cera sotto il coprifavo.
La spazzola è costituita da un pezzo di legno, a un'estremità sono inserite delle setole lunghe circa 5 cm. In genere è usata dagli hobbisti quando prelevano i favi dai melari, comunque è sempre utile averla con sé.

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Come inserire i fogli cerei

Inserire i fogli cerei nei telaini da nido o da melario è una delle pratiche piu' importanti per un'apicoltore. Questo lavoro di solito viene svolto nei periodi invernali, preparando le nuove arnie ad ospitare nuovi sciami.

Questi sono gli 8 punti principali segui le istruzioni:

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Fig.1 -  Telaino da Nido o melario Fig.2 - Utilizzare un filo di stagno
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Fig.3 - Inserire il filo nei fori Fig.4 - Raggiungere questo risultato
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Fig.5 - Tirare i fili con lo zigrinatore Fig.6 - E adesso inserire il foglio cereo
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Fig.7 - Fissare il foglio con l'elettricità Fig.8 - Il telaino è pronto per l'arnia

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DOVE INSTALLARE UN APIARIO

L’arnia deve essere posta:

1)    ad un’altezza di 30-35 cm da terra;

2)    con orientamento a levante o a mezzogiorno;

3)     in uno spazio abbastanza ombreggiato (ma non troppo);

4)     riparata da venti , lontano da vie di comunicazione e fonti di cattivi odori;

5)    non troppo distanti da una sorgente o un corso d’acqua, in caso contrario si può rimediare con degli abbeveratoi.

Inoltre , tenendo conto che le api coprono un raggio di circa 3km dall’alveare, per una produzione varia ed abbondante si devono considerare le fioriture arboree, arbustive ed erbacee comprese nel raggio d’influenza dell’alveare stesso. 

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VISITARE L’ARNIA

L’alveare deve essere visitato periodicamente, soprattutto in primavera e autunno. Per avventurarsi in questa visita è necessario, soprattutto per gli inesperti, munirsi di una speciale tuta provvista di guanti e maschera per essere protetti da eventuali punture, è inoltre necessario avere un affumicatore per tenere lontane le api ed una leva, indispensabile per aprire l’arnia sigillata dalle api con la propoli.

Bisogna sempre stare dietro l’arnia durante la visita, e soprattutto mai davanti; una volta aperta una piccola fessura tra il coprifavo e il nido (o il melario) è consigliabile spruzzarvi dentro un po’ di fumo prima di sollevarlo del tutto. A questo punto, cercando di tenere calme le api con il fumo (e soprattutto restando noi calmi) si può controllare l’alveare e fare le necessarie operazioni. 

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L’ALVEARE ORFANO DELLA REGINA

Ad un certo punto della vita dell’alveare la regina può morire, a quel punto tra le api si crea una situazione di anormalità che può portare alla morte dell’intero alveare.

Le api tuttavia hanno la possibilità di farsi una nuova regina ricorrendo al processo delle celle suppletive. Questo processo però può avvenire solo se nell’alveare c’è covata (quindi né a inizio primavera, né a fine autunno) e comunque in un momento in cui ci siano anche i fuchi necessari a fecondare la nuova regina che altrimenti sarebbe inutile.

L’apicoltore può in questi casi rimediare a questo stato anomalo introducendo nell’alveare una nuova regina già fecondata (allevata o acquistata), in questo caso però la nuova regina deve essere protetta da una speciale gabbietta fino a quando le api non si abituino a lei, ed inoltre si dovranno distruggere le eventuali celle reali costruite dalle api sui favi.

Un'altra soluzione può essere quella di introdurre nei favi celle reali mature prese da un altro alveare, oppure introdurvi un favo che contenga delle uova.

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