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MATERIALI  COMPOSITI

 

 

A cura di:

Andrea Cantella

Francesco Colombo

 

 

 

 Generalità

Per materiali compositi avanzati si intendono i composti costituiti da fibre di varia origine (vetro, carbonio, boro, fibra aramidica) inglobate in una matrice di resina (poliestere, vinilica, epossidica, fenolica) la quale non ha compiti di resistenza meccanica, ma garantisce la coesione tra le fibre di uno stesso strato e tra strati adiacenti (1).  La loro scoperta si deve al grosso impegno sia economico che umano profuso dall’industria aerospaziale nella ricerca tecnologica. In questo campo, infatti, innumerevole sono gli sforzi per ottenere il miglior compromesso tra resistenza, peso, e costo delle strutture degli aeromobili, in quanto il raggiungimento di tale scopo permette di realizzare prestazioni altrimenti inavvicinabili sia in termini assoluti sia in termini di risparmio energetico a parità di condizioni d’impiego. I materiali metallici sviluppati in un recente passato, quali le leghe di alluminio e titanio, non hanno soddisfatto pienamente le condizioni precedentemente esposte, specie per l’alto costo e la complessità di assemblaggio delle strutture, per cui i ricercatori, all’inizio degli anni sessanta, si sono volti allo studio di nuove soluzioni. Le maggiori attenzioni sono state ovviamente rivolte verso quegli elementi che presentavano bassi valori di peso molecolare ossia litio, berillio boro e carbonio; scartati il litio e il berillio perché costosissimi e poco reperibili (anche se il berillio viene ancora usato in alcune parti dei satelliti), le ricerche si sono concentrate su boro e carbonio.

Il processo produttivo messo a punto per la produzione delle fibre di boro consiste nel far passare un sottile filo di tungsteno attraverso una camera di reazione piena di una miscela di boro, cloro e idrogeno; il filo viene portato a oltre mille C° tramite il passaggio di corrente elettrica e questa temperatura provoca la deposizione sul filo di un sottile strato di boro. Nonostante le elevate caratteristiche meccaniche ottenute, il processo è lungo, e quindi incide molto sia sul costo di produzione sia sui quantitativi ottenibili ed inoltre il peso del filo di tungsteno, che rimane all’interno della fibra, ne eleva sensibilmente la densità, rendendo quindi il suo impiego meno interessante.

Con le fibre a base di carbonio sono stati risolti anche questi ultimi inconvenienti grazie ad una diversa tecnologia di produzione e alla grandissima disponibilità dell’elemento in natura.

Come prodotti di partenza sono stati scelti fra i tanti possibili il poliacrilonitrile e il rayon, due polimeri che presentano forti percentuali di carbonio (oltre il 65%) e che contemporaneamente possiedono adatte caratteristiche termochimiche per potere affrontare i processi di trasformazione.

Per arrivare alla produzione delle fibre, infatti, i polimeri devono subire prima una pirolisi (variazione della composizione chimica per effetto del calore) a circa 200 C° in presenza di ossigeno e poi una grafitizzazione (eliminazione degli elementi estranei al carbonio) a temperature variabili tra 1600 e 2500 C°. Le elevatissime caratteristiche meccaniche sono dovute ad una trazione esercitata sulle fibre durante il primo oppure il secondo processo e possono essere parzialmente modificate agendo appunto sulle predette temperature. Alle fibre di carbonio, nel 1971 si è aggiunto un altro prodotto con resistenza meccanica ulteriormente superiore e caratteristiche peculiari estremamente particolari: la fibra aramidica, scoperta dall’industria DU PONT de NEMOURS e CO. partendo non più da polimeri sintetici, ma da un composto organico della serie dei poliamminidi aromatici che viene sottoposto ad una serie di processi tuttora protetti da brevetto mondiale e quindi non conosciuti.

Questa fibra è tutt’oggi alla terza evoluzione e trova vastissimo impiego nei campi più diversi.

Non meritano viceversa particolari attenzioni i processi tecnologici per la produzione delle fibre di vetro, in quanto le metodologie non sono molto dissimili da quelle già utilizzate per la trafilatura dei materiali metallici.
Dovendo essere impiegati per costruzioni strutturali la principale caratteristica di questi materiali è il possedere un elevato valore di tensione di rottura a trazione e di modulo di elasticità longitudinale sia in valore assoluto sia soprattutto in rapporto alla loro densità.

------- In questa tabella si possono vedere i valori di resistenza indicativi dei materiali compositi avanzati, confrontati con quelli dei materiali metallici che sono chiamati a sostituire.

Si può notare che, se anche gli acciai e il titanio sono competitivi a livello di resistenza massima, vengono notevolmente penalizzati rispetto ai compositi dalla loro densità, che ne abbassa molto la resistenza specifica.  Il valore di resistenza specifica è quello che maggiormente interessa i costruttori di elementi che devono unire leggerezza e resistenza; utilizzare un materiale con elevata resistenza specifica significa costruire un particolare che a parità di peso resiste molto di più oppure che a parità di resistenza presenta un peso inferiore. ------ Nella seconda tabella, simile alla precedente, sono riportati i valori di modulo di elasticità assoluti e specifici: questa grandezza è indice della rigidità di un materiale, cioè della sua capacità di deformarsi poco sotto carico. Come si può notare boro e carbonio presentano valori ben superiori a tutti gli altri materiali. In particolare, le fibre di carbonio mostrano una notevole differenza fra i valori minimi e massimi, ciò è dovuto, come esposto in precedenza, al fatto che durante la loro produzione è possibile intervenire sulle temperature dei processi variando così il rapporto tra resistenza e modulo di elasticità, per cui esistono fibre di carbonio ad alta resistenza, le quali possiedono però un modulo di elasticità non molto elevato, fibre ad alto modulo in cui la rigidità è preferita alla resistenza e fibre intermedie in cui le due caratteristiche sono abbastanza bilanciate. Bisogna notare che, essendo i materiali compositi costituiti da fibre, le caratteristiche appena illustrate sono riscontrabili in direzione longitudinale alla fibra stessa e diminuiscono fino quasi a zero se si orienta il carico in direzione perpendicolare.

Nella progettazione di elementi in materiale composito è quindi fondamentale studiare l’ottimale orientamento delle fibre, strato per strato, in rapporto ai carichi esterni onde ottenere la massima resistenza con il minor impiego di materiale e conseguentemente con il massimo risparmio in peso.

(1) Un materiale composito è costituito essenzialmente da una matrice e da fibre di rinforzo. Nella zona di transizione fibra-matrice, si identifica però un terzo componente, molto importante per il comportamento del composito, la interfaccia . Inoltre, la fibra, per motivi di compatibilità con la matrice, può essere dotata talvolta di un rivestimento o interfase. Fibra, interfase, interfaccia e matrice sono pertanto i costituenti dal cui comportamento collettivo derivano le prestazioni del composito. Ognuno di essi assolve a specifiche funzioni delle quali si indicano le più importanti.

Funzioni della fibra

-sopporta principalmente il carico
-agisce come barriera ai movimenti delle dislocazioni ed alla propagazione delle fratture all’interno della matrice
-impartisce rigidezza al composito

funzione dell’interfase

-promuove la bagnabilità della fibra ed il legame fibra-matrice
- protegge la fibra dai danneggiamenti durante la fabbricazione
-serve come barriera ad una eventuale indesiderata diffusione dei componenti della fibra nella matrice e viceversa
-previene il contatto diretto fibra-fibra

Funzione dell’interfaccia

-accoppia la fibra alla matrice
- trasferisce gli sforzi della matrice alle fibre

Funzioni della matrice (resine: poliestere, fenoliche, epossidiche, poliamiadiche)

-distribuisce i carichi e li trasferisce alla fibra
-tiene insieme le fibre
-distanzia le fibre
-protegge le fibre dall’ambiente esterno
-opera come arresto alla propagazione delle fessurazioni da una fibra all’altra.

 

 


Prodotti commerciali e procedimenti di trasformazione

Le fibre (di diametro compreso tra 6 e 10 micron ciascuna) vengono commercializzate in una vasta gamma di prodotti: Fili composti da un massimo di 4000 fibre attorcigliate fra loro per garantirne la coesione. Cavi composti da un numero di fibre compreso fra 10000 e 15000, attorcigliate fra loro in maniera molto leggera. Roving, insieme di fasci compatti di fibre, generalmente non attorcigliate. Molto comune il roving di fibre di vetro. Unidirezionale composto da più fili allineati fra loro in modo da formare un piano. I fili vengono tenuti accostati da elementi trasversali (fili di altra natura, sottili striscie adesive, ecc. ) collocati ad una certa distanza l’uno dall’altro . Tessuti in cui più fili sono disposti perpendicolarmente fra loro in modo da formare una trama ed un ordito, allo stesso modo di tutte le altre fibre tessili. I tessuti si differenziano per il tipo di fibre utilizzate, per il numero di fili per centimetro ( a cui è direttamente collegato il peso per metro quadrato del tessuto ) e per il tipo di tessitura. Visto il numero delle variabili si può affermare che esistono infiniti tipi diversi di tessuti e che ogni applicazione può disporre del tipo di tessuto specifico per le caratteristiche finali richieste. I tessuti sono il prodotto di più vasta diffusione perché consentono una maggiore facilità di lavorazione e una migliore e più uniforme distribuzione delle sollecitazioni e vengono impiegati soprattutto quando il prodotto deve avere una buona resistenza in ogni direzione.  Le tessiture predominanti sono:

PIANA: assicura la massima stabilità e la migliore distribuzione delle sollecitazioni, ma è poco deformabile. A STUOIA: maggiore deformabilità rispetto alla piana, buona stabilità . DIAGONALE: buona deformabilità, stabilità inferiore. SATINATA: ottima deformabilità, stabilità scarsa, buona  finitura superficiale (più liscia con minore pressione). Tutte le materie prime illustrate sono disponibili sia con fibre secche, che con fibre già impregnate di resina. I materiali di quest’ultimo tipo sono chiamati preimpregnati. I preimpregnati vengono prodotti immergendo le fibre in una soluzione di resina già catalizzata, diluita con solvente, in un processo distinto da quello di realizzazione del particolare, calibrate a spessore, protette con una pellicola, disposte su superfici perfettamente piane e sottoposte ad un riscaldamento che produce una prima parziale polimerizzazione. Con questa operazione si fornisce al prodotto una prima e necessaria compattezza senza alterarne la lavorabilità; per impedire il protrarsi del processo di polimerizzazione è però necessario mantenere le fibre in un congelatore con temperatura approssimativa di –18° fino al momento dell’utilizzazione. Questa distinzione netta fra prodotti secchi e preimpregnati determina anche due metodologie di lavoro, per giungere al composito finito, molto diverse tra loro. Nell’utilizzazione delle fibre secche, l’impregnazione viene eseguita tramite un pennello, al momento dell’esecuzione del particolare, contemporaneamente all’adattamento degli strati alla superficie dello stampo.
Le inevitabili bolle d'aria tra gli strati vengono eliminate eseguendo una rullatura ed eventualmente, qualora siano richiesti migliori risultati, ricorrendo ad un sacco a vuoto (vedi in seguito).
Questa serie di operazioni presenta però degli inconvenienti: in primo luogo, impregnando le fibre a mano si utilizza un quantitativo di resina superiore a quello strettamente necessario, ed è assai difficoltoso, anche ricorrendo alla formatura sottovuoto, eliminare la parte superflua, per cui il composito sarà di qualità più scadente perché la resina è solo un collante senza proprietà meccaniche; in secondo luogo, la presenza di resina liquida rende gli strati di fibra molto mobili, accrescendo le difficoltà di esecuzione di un buon sacco a vuoto.
Questi problemi vengono risolti ricorrendo alle fibre preimpregnate. Queste infatti, grazie alla calibratura e alla parziale essicazione, presentano un rapporto fibra- resina ottimale (normalmente 60-65% fibra e 35-40% resina) e una compattezza tale da facilitare molto l'esecuzione del sacco a vuoto, che qui risulta indispensabile per garantire una buona coesione tra i vari strati.
Il processo di lavorazione di parti realizzate con materiali compositi avanzati è schematizzato in questo prospetto.
Come si può vedere al momento dell’impiego il preimpregnato va tolto dal congelatore e lasciato stemperare per almeno un’ora per ripristinare la flessibilità senza che possa assumere umidità dall’ambiente, quindi si tagliano le singole lamine nella forma e nelle dimensioni volute.
Le lamine vanno quindi posizionate e fatte aderire sullo stampo una per una e liberate dalla pellicola che ne protegge la superficie. Terminata la stesura di tutti gli strati si inizia la preparazione del sacco a vuoto.
Sulle lamine di materiale viene disteso un sottile foglio di teflon o altro antiaderente, che serve a separare il pezzo in esecuzione dagli strati di lana sintetica sovrastanti, i quali hanno invece il compito di consentire il passaggio dell’aria nel sacco quando questo verrà sottoposto a depressione.

Lo stampo è quindi inserito all’interno del sacco a vuoto, il quale viene perfettamente chiuso grazie ad una striscia di sigillante sul perimetro. Tramite una valvola si inizia ad aspirare aria all’interno fino a raggiungere una depressione anche di 700-720 mm.Hg. In questo modo la pressione esterna, non più equilibrata, comprime gli strati uno contro l’altro e contro la superficie dello stampo, assicurando una perfetta coesione e formatura. Il sacco va poi inviato in autoclave per ricevere l’opportuno ciclo di polimerizzazione, che viene realizzato attraverso temperature e pressioni strettamente controllate.

Il ciclo di riscaldamento produce dapprima un rammollimento della resina che riempie così gli interstizi fra le fibre eliminando i vuoti, quindi aumentando ancora la temperatura si provoca l’indurimento della matrice e il definitivo consolidamento del pezzo. Il ciclo di pressione serve invece per aumentare ulteriormente la spinta sugli strati di fibra e la conseguente intima unione fra fibra e matrice. Alla fine del ciclo (che comprende anche il raffreddamento graduale per evitare tensioni interne) il pezzo viene estratto dall’autoclave, liberato dal sacco a vuoto, tolto dallo stampo e inviato alle lavorazioni meccaniche di rifilatura (trimmatura) del contorno e foratura per gli organi di collegamento impiegati negli assemblaggi dei vari particolari. Lo stampo deve essere pulito con cura e trattato con speciali sostanze definite distaccanti, ossia agenti chimici che evitano l’attaccamento del pezzo allo stampo, il quale è così nuovamente pronto per un’altra produzione. Qualora il particolare da realizzare richieda spessori notevoli, comunque superiori a quelli ottenibili con la normale sovrapposizione di più strati di tessuto (lo spessore di un singolo strato di preimpregnato è di 0,2mm), si fa ricorso all’inserimento fra due opposti fogli di carbonio (oppure di fibra di vetro, di fibra aramidica o di alluminio) di un "nido d’ape" ovvero di una struttura reticolare dello spessore e del materiale voluto, che assicura grande resistenza e rigidità con pesi irrisori rispetto a quelli che si avrebbero a spessore pieno.
Il nido d’ape (o "honeycomb") può essere costituito da un reticolo di cartone (nomex) imbevuto con resine fenoliche, oppure di vetroresina o di alluminio. Il reticolo possiede intrinseca flessibilità, in modo da copiare forme moderatamente arrotondate; esiste anche, per particolari applicazioni, un nido d’ape chiamato "flex-core", che dalla forma perfettamente piana può deformarsi sino a diventare semi-sferico.
Il nido d’ape va orientato prima del montaggio fra i due strati di fibra in quanto, potendosi chiudere "a fisarmonica", un errato montaggio pregiudicherebbe enormemente la sua capacità di asssorbimento d’urto.
L’incollaggio del nido d’ape si effettua con film di adesivo interposto fra le opposte superfici di fibra e quelle del nido d’ape stesso; un primo riscaldamento del materiale garantirà la reciproca adesione, che sarà perfezionata dalla depressione a seguito dell’introduzione del pezzo nel sacco sottoposto a vuoto pneumatico e consolidata, infine, dal trattamento in autoclave.
La procedura realizzativa sopra descritta può considerarsi standard, ma ogni pezzo richiede particolari accorgimenti che possono portare a leggere modifiche esecutive.

Applicazioni

L’industria aeronautica, essendo stata la promotrice delle ricerche che hanno portato alla nascita dei materiali compositi avanzati, è stata conseguentemente la prima ad impiegarli. Fino alla fine degli anni sessanta essi furono utilizzati solamente per particolari marginali, tanto che la loro percentuale in peso non superava l’1%del totale. All’inizio degli anni settanta la percentuale era salita al 3-4 % circa dell’intera struttura dell’aeromobile, ma i componenti prodotti con questa tecnologia erano ancora limitati, si trattava solo di flap, timoni, stabilizzatori e derive. La prudenza riguardo l’impiego dei materiali compositi era però giustificata dall’attesa dei risultati sperimentali di volo dei nuovi prodotti sia sotto il profilo della resistenza a fatica, sia in relazione agli agenti atmosferici esterni (umidità, pioggia, fulmini). Alcune eccezioni si potevano trovare nel settore dei velivoli da combattimento: ad esempio gli F4, gli aerei da caccia schierati dagli Stati Uniti durante la guerra in Vietnam erano costruiti per il 50% in alluminio, per il 25% in compositi, per il 10 % in titanio e per la restante parte in acciai e altri materiali. L’impulso per la massiccia diffusione delle fibre ad alta resistenza anche nel campo dell’aviazione commerciale venne dall’irreversibile rialzo del costo del petrolio che impose la necessità di pervenire ad una sensibile riduzione dei consumi di combustibile. Gli inizi degli anni ’80 segnarono quindi l’entrata in servizio di aerei civili che incorporavano quantità non trascurabili di materiali compositi avanzati anche in parti strutturali significative. I compositi trovano oggi un impiego sempre più diffuso. A livello costruttivo va detto che, per le applicazioni non strutturali, vengono impiegati fibra aramidica e vetro, mentre per i componenti strutturalmente critici come le superfici mobili di controllo e gli impennaggi verticali, è preferito il carbonio. Il risparmio in peso raggiunto si aggira attorno al 25% circa, valore notevole se si considera che su un velivolo commerciale di linea, ogni chilogrammo risparmiato consente, durante 15 anni di vita dell’aereo stesso, un minore consumo di carburante di 3200 litri. Viene spontaneo chiedersi quindi perché la tecnologia dei materiali compositi avanzati non sia ancora stata estesa anche alle strutture primarie quali fusoliere e corpi alari. Tale reticenza è motivata dal fatto che, essendo i compositi abbastanza recenti, manca ancora una esauriente banca dati sulle loro caratteristiche secondarie e sulla variazione della loro resistenza nel corso degli anni. Studi accurati vengono portati avanti riguardo l’incollaggio tra fibre e matrice, base indispensabile per una corretta distribuzione delle sollecitazioni, mentre desta ancora perplessità il progressivo aumento di fragilità della matrice dovuta all’assorbimento di umidità e al prolungato contatto con vapori di idrocarburi. A livello di sicurezza passiva si sta valutando poi la velocità di propagazione dei danneggiamenti che dovrebbero eventualmente prodursi sulla struttura del particolare (danni da urti, crepe, delamina zioni).  Gli sperimentatori ritengono che questi problemi possano essere risolti entro pochi anni e che quindi si possa estendere l’uso dei materiali compositi anche alle strutture primarie. A riguardo sarà però notevole il divario fra settore militare e commerciale: nel 2000 un aereo militare potrà essere formato dal 50 % di compositi avanzati, dal 30-40% di leghe di alluminio per la restante parte di titanio e acciaio, mentre la quota di fibre nella struttura di un aereo commerciale non supererà il 25-30%. Prototipi di questo tipo sono già in fase di realizzazione, come il futuro caccia europeo EFA (European Fighter Aircraft) di progetto italo britannico ------, mentre un bellissimo esemplare di velivolo costruito quasi interamente in materiali compositi è il Voyager ------ il leggerissimo aereo sperimentale che nel dicembre ’86 compì il primo giro del mondo senza scalo nella storia dell’aviazione (43.000 Km, senza rifornimento in nove giorni di volo). Questo aereo è in grado di trasportare fino a 5 volte il proprio peso, che è di 900 Kg. a vuoto ed è dotato di 17 serbatoi che alimentano due motori da 110 cv l’uno, in grado di assicurare una velocità di crociera di 200 Km. /h. 2. I materiali compositi avanzati vengono largamente utilizzati anche in campo spaziale, con qualche limitazione dovuta all’ambiente in cui devono operare.

In questo settore, la necessità di ottimizzare le prestazioni operative delle strutture è comunque ancora più imperativa, anche per i costi della messa in orbita, e si fonda sulla attenta scelta dei materiali e sulla sofisticata progettazione per evitare zone sovradimensionate e garantire l’assenza di punti deboli. Nel caso dei satelliti e delle sonde spaziali non abitate il peso della struttura rappresenta solo il 7-8% del loro peso complessivo al momento del lancio per cui, per ottenere grandi resistenze unite a leggerezze estreme, sono largamente impiegate parti realizzate da uno spessore di pochi decimi di millimetro, che frequentemente varia da punto a punto del pannello.

I compositi vengono adottati anche nei lanciatori, gli elementi che consentono la messa in orbita: i serbatoi per il combustibile solido sono, infatti, costruiti in fibra di vetro con matrici sia in resina che metalliche. Le fibre di carbonio vengono inoltre utilizzate in alcune occasioni come isolanti termici per proteggere le strutture e gli altri componenti a bordo da sbalzi eccessivi di temperatura, come nel caso del riscaldamento aerodinamico prodotto dall’atmosfera nella fase di ascesa del vettore dai getti dei motori di propulsione. Si tratta in questo caso di materiali ablativi che consumandosi per sublimazione riescono a contenere la temperatura interna. 3. Vista la crescente diffusione del loro impiego nell’industria aeronautica, i materiali compositi avanzati sono stati rapidamente introdotti, almeno in via sperimentale, anche nei trasporti terrestri e marini, per soddisfare le medesime esigenze di maggiori prestazioni con minori consumi, già riscontrati per i velivoli. Il settore delle competizioni è stato ovviamente quello che più celermente ha recepito l’importanza della novità e già nel 1981 ha visto la luce il primo telaio per monoposto di una nota casa automobilistica . Il vantaggio di una scocca in fibra di carbonio non consisteva solo nella leggerezza dell’insieme, ma anche nella superiore rigidità torsionale rispetto ai corrispondenti telai in alluminio, quindi si poteva ottenere un migliore assetto e una migliore efficacia della vettura. Da allora, i materiali compositi hanno interessato in percentuale sempre maggiore le monoposto di Formula 1, a cominciare dalle appendici aerodinamiche (alettoni, bandelle, fondo piatto -----) in cui si ha la necessità di una perfetta stabilità dimensionale (carbonio), fino ad arrivare al giorno d’oggi in cui le vetture sono quasi interamente realizzate (salvo le parti espressamente meccaniche) in materiali compositi. Tale tecnologia non è rimasta ovviamente predominio assoluto della Formula 1, ma si è diffusa anche alle altre categorie, per poi passare gradualmente alla produzione di serie. I costi elevati e i lunghi tempi produttivi ne limitano per ora l’impiego su mezzi di altissimo prestigio e a produzione limitata realizzate in larga parte con fibra di carbonio, fibra aramidica e vetro, oppure confinando i materiali compositi a particolari di non primaria importanza. Alcuni esempi sono le parti smontabili (insieme tettuccio parte posteriore) di alcuni fuoristrada oppure le cabine di camion, le furgonature per i trasporti frigoriferi, il rivestimento superiore degli autobus, il tetto del furgone Fiat Daily. Un esperimento estremamente interessante è stato eseguito quasi in contemporanea da Fiat e Renault che hanno commercializzato pochi anni fa i loro furgoni da trasporto leggero Ducato e Trafic con balestre in fibra di vetro. Le fibre aramidiche vengono infine utilizzate con successo per rinforzare la carcassa dei pneumatici. In campo ferroviario i materiali compositi sono ancora poco utilizzati, principalmente per le sole divisorie interne delle vetture, ma esistono potenzialmente molti elementi realizzabili con tale tecnologia (porte esterne ed interne, pannelli di rivestimento esterni, tetto, soffitto, pavimento, struttura dei sedili, ecc.)

In campo nautico, come in quello automobilistico, sono state le competizioni a introdurre i materiali compositi nella costruzione delle barche. Già nel 1979 la barca statunitense Eclipse, vincitrice dell’Admiral’s Cup presentava scafo e coperta realizzati in composito misto di vetro e fibra aramidica; oggi le imbarcazioni da regata (il cui regolamento di classe consente l’impiego di materiali compositi) hanno scafo, coperta, alberi, scotte, cime e altri piccoli particolari di allestimento prodotti con fibra ad alta resistenza. Nel settore commerciale delle imbarcazioni da diporto l’uso dei compositi si è già rapidamente esteso. Vediamo qui indicativamente ----- le parti realizzate in fibra di un cabinato modello (ponte, coperta, portelli, plancia porta strumenti, porte e scale interne, divisorie, strutture degli arredamenti, armadietti, ecc.). Tale evoluzione è ovviamente in atto anche nella marina mercantile, pur con rapidità ovviamente minore. In campo nautico, oltre alle caratteristiche meccaniche, è fondamentale la grande resistenza alla corrosione che i compositi hanno rispetto alle leghe metalliche, inoltre la loro assoluta amagneticità li rende adatti per le strutture di rivestimento superiori delle imbarcazioni militari. 4. Anche in campo sportivo la diffusione dei materiali compositi è stata assai repentina ed ha abbracciato una grande quantità di discipline in cui la leggerezza degli attrezzi impiegati poteva consentire minore sforzo all’atleta e migliori risultati. Abbiamo così racchette da tennis con rinforzi in fibra di carbonio ------, sci con solette in fibra aramidica e inoltre armi per canottaggio, canoe da discesa fluviale, canne da pesca, mazze da golf e da hockey, archi e frecce, giavellotti e aste per salto, telai e ruote per biciclette, bob ecc. realizzati con materiali compositi avanzati. 5. In campo industriale fibre secche e materiali compositi vengono già utilizzati per scopi anche molto dissimili fra loro. Si va dal rivestimento di serbatoi per gas o liquidi in pressione ------, conduttori per aria condizionata, condotti criogenici, all’avvolgimento di rinforzo di tubi di gomma flessibili, tubi idropneumatici, tubi ad alta pressione ------ nonché di cavi elettrici telefonici e a fibre ottiche. Le fibre aramidiche sono poi utilizzate come elemento resistente di cinghie di trasmissione e dentate, di nastri trasportatori resistenti alla corrosione e stanno prendendo sempre più piede nella costruzione di funi di ormeggio, cavi e corde ----, in cui riescono a condensare resistenza pari alle funi di acciaio, basso allungamento, leggerezza simili alle funi sintetiche e lunga durata. Ancora, le fibre aramidiche, in virtù della grossa difficoltà ad essere recise, vengono utilizzate per la realizzazione di guanti, coperte e grembiuli per la protezione contro tagli e scalfitture nell’industria del vetro e dei metalli, per i boscaioli, saldatori, macellai ecc.. A questo proposito anche la chirurgia ha mostrato interessamento a guanti operatori in fibra aramidica per aumentare i margini di sicurezza degli addetti ad interventi su malati di AIDS. I materiali compositi trovano poi un buon campo di applicazione nelle parti di macchinari dotati di moto rotatorio o alternativo, in cui la bassa inerzia del componente può consentire movimenti più rapidi e risparmio di energia (rulli, spolette e altre parti di telai per tessitura).

Le fibre di carbonio, infine, per il loro buon coefficiente di attrito, che aumenta con la temperatura, sono ottimali per la realizzazione di dischi freni e frizione, permettendo l’eliminazione dei materiali a base di amianto, dannosi per la  salute. 6. Caratteristica peculiare propria unicamente delle fibre aramidiche è la grossa resistenza all’impatto, ossia la capacità di assorbire senza danno grandi sollecitazioni dinamiche. Era quindi immaginabile che le industrie specializzate in protezione balistica ne approfittassero subito per avviare la produzione di giubbotti antiproiettile -----, schermi e blindature vere e proprie. Per i giubbotti antiproiettile, le fibre di aramidiche vengono impiegate senza impregnazione di resina in spessori tanto maggiori in rapporto all’energia di penetrazione del proiettile da arrestare . Si hanno così delle protezioni personali estremamente efficaci senza l’obbligo di gravare l’individuo di un peso eccessivo. I risultati sono impressionanti, tanto che in un prodotto di media grammatura, un proiettile calibro 38 non riesce a lesionare nemmeno il primo strato. Pannelli in fibra aramidica semirigidi vengono impiegati per la protezione di auto diplomatiche e per il trasporto di personalità, furgoni portavalori, sportelli bancari, divisorie di separazione settori negli aerei, valigette e veicoli militari. Pannelli rigidi di forte spessore costituiscono poi la blindatura di navi da guerra, motovedette, elicotteri militari e carri armati. In fibra aramidica, già da parecchi anni, vengono costruiti gli elmetti (soprattutto dei piloti dell’aeronautica), tecnologia che è stata riprodotta in campo civile per la realizzazione dei caschi motociclistici, caratterizzati ora da un maggior assorbimento d’urto unito a superiore leggerezza. 7. Le fibre di carbonio hanno un’altra particolare proprietà, quella di essere trasparenti alle radiazioni. Per questo vengono impiegate nel settore nucleare (sia ingegneristico che medico) ogni qual volta sia necessario operare misurazioni tramite radiazioni, e si abbia necessità di dispersioni o interferenze minime. Il caso più comune in campo medico è rappresentato dai lettini o dai piani per radiografie o schermografie. 8. Recentemente anche la medicina ortopedica ha iniziato a utilizzare i materiali compositi avanzati nella realizzazione di componenti sostitutivi di parti del corpo umano. In particolare le fibre di carbonio, fibra aramidica e fibra di vetro sono impiegate nella costruzione delle strutture portanti delle protesi, soprattutto quelle degli arti inferiori. La diversità di caratteristiche fra le varie fibre (rigidità per il carbonio, elasticità per la fibra aramidica), e le possibilità di realizzare prodotti a stratificazione differenziata consentono di mettere a punto strutture a deformabilità variabile che riproducono molto fedelmente le caratteristiche dell’ossatura della parte mancante. Grande resistenza e leggerezza, unite ad un’ottima tollerabilità da parte dell’organismo, fanno preferire i materiali compositi all’acciaio inossidabile, ai composti titanio-vanadio e alle leghe di alluminio, che vengono mantenuti solo per gli snodi dove i compositi sarebbero penalizzati dalla maggiore usura. 9. Le fibre di carbonio hanno trovato un loro spazio anche nel settore dell’Hi –Fi stereo. 10. Esistono infine fibre ad alta resistenza meccanica e termica che possono essere associate ai compositi anche se rigorosamente non appartengono a questo gruppo. Esse sono costituite da un prodotto intermedio del processo di produzione delle fibre di carbonio, sono a base poliacrilonitrilica e vengono sottoposte ad un processo di stabilizzazione termica che ossidandole impedisce ogni altra combustione. I tessuti ottenuti con queste fibre sono così in grado di sopportare altissime temperature senza fondere né dare origine a combustione. 

Considerazioni e sviluppi futuri

Nonostante tutta questa serie di ottime caratteristiche meccaniche e fisiche, le applicazioni dei materiali compositi avanzati sono ben al di sotto delle previsioni di pochi anni fa.Bisogna ammettere che c’è stato un grande aumento dei settori che hanno introdotto i compositi nella realizzazione dei loro componenti, ma viceversa non si è concretizzata una vera produzione di serie relativa alle fibre ad alta resistenza. Primo elemento che ha frenato l’espansione di questi nuovi prodotti è, come detto per il settore aeronautico, la mancanza di una banca dati sufficientemente attendibile sul comportamento dei compositi, per cui i progettisti preferiscono ancora contare su materiali con proprietà decisamente note e costanti, piuttosto che su materiali con proprietà più elevate ma dal comportamento incerto nell’arco di vita del componente. In secondo luogo i compositi sono ancora molto penalizzati dalle tecnologie di trasformazione. La necessità di lunghi interventi a mano (effettuati tra l’altro da personale altamente specializzato) riduce la produttività ed innalza molto il costo finale del componente, inoltre compromette ulteriormente la ripetibilità delle caratteristiche meccaniche del manufatto. Sino ad oggi, i ricercatori si sono dedicati incessantemente allo sviluppo delle proprietà dei compositi, arrivando a produrre fibre di natura ceramica al carburo di silicio SiC, o composta al carburo di silicio e titanio SiTic, con matrici anch’esse ceramiche o metalliche, materiali che rappresentano tutt’oggi il limite evolutivo, ma non hanno dedicato nessuna attenzione alle tecniche di trasformazione che sono ormai non tecnologicamente in linea con le materie prime impiegate.