S T O R I A

l' e t a  g i o l i t t i a n a

“Con Giolitti l’Italia compie il salto dalla rurale per tanta parte patriarcale ereditata dal compromesso monarchico dell’unità, al tipo di società composita e pluralista in cui vivono tutte le tensioni e le
contraddizioni dell’Europa moderna. Giolitti fu, in questo senso,
un uomo europeo”.
(Giovanni Spadolini)


 

 

 

 

 

Giovanni Giolitti: profilo biografico

Giovanni Giolitti nacque nel 1842 a Mondovì (Cuneo), da una famiglia di funzionari con solide radici nell'ambiente rurale piemontese. Giovanni intraprese in giovane età una carriera burocratica che lo portò presto a ricoprire cariche nell'amministrazione finanziaria dello Stato. Fu stretto collaboratore di Quintino Sella e, durante i governi Depretis, fu incaricato di valutare le possibilità di copertura finanziaria delle proposte di legge avanzate in Parlamento. Giolitti fece le sue prime esperienze politiche dopo l'elezione alla camera, nel 1882. Valendosi della sua esperienza in materia finanziaria ricoprì la carica di ministro del Tesoro sotto il governo Crispi dal 1889 al 1990. Nel maggio del 1892 forma il suo primo governo e in qualità di presidente del consiglio riconobbe agli operai il diritto di sciopero. Ma l'affiorare dello scandalo della Banca Romana ed il ritorno di Crispi nello scenario sociale sempre più inquieto e teso, segnarono la fine del suo primo governo, nel novembre del 1892. Nel 1901 gli venne affidato il ministero degli interni, mentre la presidenza del Consiglio era affidata a Zanardelli e successe a quest'ultimo nel 1903, dirigendo tre compagini ministeriali tra il novembre del 1903 e il marzo del 1914, salvo brevi interruzioni questo periodo fu caratterizzato dalla statalizzazione delle ferrovie e delle assicurazioni sulla vita e dall'introduzione del suffragio universale maschile.

Nel 1911-12 coinvolse l'Italia in una guerra contro la Turchia, che portò all'annessione della Libia, di Rodi e del Dodecaneso. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Giolitti cercò di mantenere l'Italia in una posizione di neutralità, ma fu sconfitto dal prevalere della posizione interventista.

Nuovamente presidente del consiglio negli anni tumultuosi del dopoguerra (giugno 1920 - giugno 1921), tenne un atteggiamento cauto nei confronti del fascismo che di fatto segnò il suo ritiro dalla politica. Morì a Cavour (Torino) nel 1928. 

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Il "doppio volto"

Scioperi contro le limitazioni ai diritti sindacali proposte da Giolitti

Un caposaldo del nuovo corso democratico propugnato da Giolitti consisteva nel non intervento dello Stato nei conflitti di lavoro.

Nel 1901 un'ondata di scioperi senza precedenti nella storia del Paese si diffuse nelle industrie e soprattutto nelle campagne della Pianura Padana.

In tale contesto, Giolitti, in qualità di ministro degli interni, diede disposizioni precise ai prefetti di non intervenire in funzione 

repressiva nei confronti delle proteste dei lavoratori, e di agire anzi come mediatori tra le parti.

Bisogna però tener conto del diverso atteggiamento tenuto dai prefetti e dalle forze dell'ordine nel meridione: qui gli scioperi agrari vennero spesso regressi nel sangue senza troppe concessioni al "nuovo corso" di imparzialità tra proprietari e lavoratori che veniva applicato nelle campagne del centro-Nord.

Siamo dunque di fronte alla questione del doppio volto della politica giolittiana. Giolitti continuò infatti ad utilizzare nel Sud tecniche di intervento prefettizio (dall'intimidazione all'impedimento dei comizi degli oppositori, all'arresto, fino al ricorso ai brogli elettorali), e di accentuato clientelismo per assicurarsi, senza concessioni politiche significative, una massa di parlamentari fidati, gli ascari, da manovrare nelle sedute parlamentari.

Giolitti adottò due diversi criteri di comportamento politico nelle aree in via di modernizzazione e in quelle di cronica arretratezza; ma soprattutto utilizzò i voti ottenuti al Sud per dare più consistenza ad una politica che si caratterizzava contemporaneamente al Nord per l'apertura democratica e sociale verso il proletario organizzato politicamente e sindacabilmente.

Telegramma ai prefetti          TORNA SU

 

 

 

 

 

La politica interna

 

In un clima di grosse tensioni socio-politiche, le trasformazioni economiche che investirono il Paese portarono lo statista a cercare nuove e più solide basi per il consenso parlamentare. Egli cercò dapprima un accordo con il partito socialista e con quello cattolico poi, le due vere forze politiche del Paese.

Nel 1903 Giolitti propose a Filippo Turati di entrare a far parte del suo primo governo. Egli cercava una duratura collaborazione tra la Sinistra popolare e governo; ma in realtà Giolitti cercava di allontanare la Sinistra dalle tentazioni rivoluzionarie.

Il motivo di avvicinamento dei due partiti fu il primo sciopero generale del 1904: infatti questo causò 

l'indebolimento dell'Estrema Sinistra e portò a un appressamento, che non si trasformò mai in una completa collaborazione, tra Socialisti e Giolitti.

A questo punto il "pericolo comunista" si faceva sempre più pressante, così Giolitti ritenne opportuno un riavvicinamento alla Chiesa cattolica. Grazie al pontefice Pio X, il quale ammorbidì il "non expedit" di Pio IX e attenuò l'intransigenza vaticana nei confronti del Paese, fu possibile la partecipazione dei cattolici, ormai divenuti politicamente maturi, alle elezioni politiche che susseguirono allo sciopero del 1904.

Giolitti era soddisfatto del sostegno dei cattolici, ma solo quando il movimento socialista divenne più incisivo, egli ritenne necessario un accordo con il partito cattolico.

L'interesse comune tra Giolitti e i cattolici era la messa in disparte del "non expedit" e, quindi, il rientro del partito cattolico nella vita politica italiana dopo la frattura del 1870.

Il patto segreto Gentiloni stipulato nel 1913 da Giolitti e Vincenzo Ottorino Gentiloni, appunto, imponeva ai cattolici di impegnarsi a sostenere i liberali in cambio della promessa di una politica meno anticlericale.   TORNA SU

 

 

 

La politica estera

 

La politica estera italiana durante il governo Giolitti fu caratterizzata da una strategia detta di "compenetrazione delle alleanze e delle amicizie". Egli cercò di collocare l'Italia in una posizione più equilibrata e meno schierata esclusivamente con gli imperi centrali. furono intensificate le relazioni bilaterali con la Francia, La Gran Bretagna e la Russia, paesi diplomaticamente vicini e uniti dalla Triplice Intesa del 1907, mentre contemporaneamente si cercò di non inquietare i tradizionali alleati della Triplice alleanza, Austria-Ungheria e Germania.       TORNA SU