Ernesto Jannuzzi è uno
degli interpreti più rappresentativi della nuova canzone arbëreshe e
questo per tre grosse ed indiscutibili qualità: la voce, il cuore e la
professionalità.
Lo conobbi a San
Demetrio Corone nell’ormai lontano 1984, in occasione della serata
finale del 5° Festival della Canzone Arbëreshe, manifestazione che ha
stravolto in senso altamente positivo la storia canora del nostro popolo,
ravvivando l’anima arbëreshe con centinaia di canti nuovi, suoni, testi
ed amicizie.
Si avvicinò a me
facendomi i complimenti per “Mandullì” (una canzone per certi versi
trasgressiva per quel periodo) e da allora diventammo “miq”, amici,
sempre rispettosi l’un l’altro delle proprie esperienze e della
propria produzione, ma anche critici severi e costruttivi.
L’anno dopo fu
lui, nel sentire in anteprima la bozza di “Jemi një kulturë çë ngë
mënd vdes”, a preannunciarmi la vittoria al Festival; previsione che
gli restituii l’anno successivo, quando mi fece ascoltare la bozza di
“Qeva”, interpretata magistralmente con l’allora piccolo e tenero
Vittorio.
Si consolidava
così una grande amicizia che nel 1987 ci portò alla vittoria unitaria
con il significativo pezzo “Me një mik afer”.
Da allora sono
trascorsi ben 15 anni, 15 anni stupendi, gli anni più intensi della
nostra vita, tra musiche e sogni, canzoni e spettacoli, viaggi ed
avventure. Proprio quei 15 anni che Ernesto vorrebbe oggi avere di
meno…, come dice in una sua recente canzone, forse per riviverli con la
stessa passione ed intensità.
La raccolta che
vi presento è un viaggio meraviglioso, un percorso magico in compagnia di
un grande istrione, forte di quelle doti particolari e straordinarie che
ve lo faranno diventare compagno inseparabile.
La prima qualità
di Ernesto Jannuzzi è la voce.
Calda,
passionale, a volte ferma e decisa, a volte tremula e gorgheggiante, una
voce che trasporta, che comunica forti emozioni,voglia di amare, di
vivere.
Ernesto usa la
voce come uno scultore adopera il gesso, il legno, la creta, realizzando
l’opera quasi per magia. E non finisce mai di stupire. Riesce ad
arrivare là, ai limiti del possibile, come le voci più talentuose del
panorama internazionale, ed incanta l’ascoltatore, trasportandolo nel
sogno, nella dolcezza, come una carezza che sale su dal cuore.
Si. Proprio il
cuore è l’altra grande dote, la chiave d’accesso per entrare nel
mondo di Ernesto Jannuzzi, là dove cuore sta per amore, amicizia,
sentimento puro.
La tematica
cuore/amore è centrale, essenziale, come la salsa che da sapore, la
muscolatura che da valore.
Cuore è amore,
bello, felice, fiabesco, contrastato, tormentato, sfumato, vivo nei
ricordi, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore.
Ed in questo
mondo idilliaco tutto partecipa al sempre puro sentimento dell’autore,
la natura intera sembra danzare al ritmo delle stagioni e del tempo, il
mare, il cielo, il sole, la luna, la neve, il vento, la nebbia…..e le
canzoni di Ernesto diventano così dei quadri d’una bellezza rara.
Straordinarie
sono le immagini della gjitonia nel brano “Moti është si ajri”:
- “Ku vate
gjitonia ku u rritim u e ti:
- rruga, ato
shpi, finestra çë dukshin sy,
- Kroi ku na
vejim kur ngë dukej mosnjeri
- E ai suport me
gur ku të putha të parin herë?”
-
- “Dov’è
andato il vicinato dove io e te siamo cresciuti:
- la viuzza,
quelle case, quelle finestre che sembravano occhi,
- la fontana
dove andavamo quando non c’era più nessuno
- e
quell’arco di pietre dove ti baciai la prima volta?
Non a
caso l’intera raccolta prende il nome da questo motivo: “Moti është si
ajri” “Il tempo è come il vento”.
Ernesto
diventa infatti aquilone, un meraviglioso deltaplano pago d’essere
perennemente trasportato dalle molteplici sensazioni del vento.
La
terza qualità che distingue l’opera di Ernesto Jannuzzi è la ricerca
continua della perfezione tecnica.
Lo so
che non è facile parlare di professionalità in un mondo che si regge sulla
passione, però nel lavoro di Ernesto, meticoloso, puntiglioso, soggetto a
continue minuziose verifiche, io l’ho sempre riscontrata.
Ed è
proprio da qui che nasce un prodotto artisticamente valido come questo, dal
giusto equilibrio tra poesia e tecnica, tra le emozioni libere e sincere e
la ricerca eufonica del perfezionista.
Ora
vorrei, però, che ascoltaste i brani in silenziosa meditazione, perché,
credo, non ci sia introduzione migliore che quella di tuffarsi in prima
persona.
E…
mi raccomando…tenete acceso il cuore….