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- LA
POESIA NELLE COLONIE ALBANESI D'ITALIA
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- Relazione
del Monsignor Giovanni Bugliari
- Chiesa
di Rito Bizantino di Torino
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- Poesia:
dal latino poesis che è dal greco πoίησιs, der. di
πoιέω "fare, produrre".
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termine si contrappone a prosa e indica, nella più semplice delle
accezioni, l'espressione, artisticamente resa, del proprio pensiero secondo
norme dettate dalle leggi metriche; in altri termini è l'arte di comporre
versi. In realtà, l'espressione metrica non è condizione essenziale della
poesia; anche in tempi antichissimi, requisiti della poesia furono la nobiltà
del concetto, la vivacità dei moti del sentimento, la mobilità della
fantasia, ancor più dello schema metrico.
- Nelle
colonie albanesi d'Italia tuttora può capitare di incontrare dei
rappresentanti di una certa tradizione poetica popolare in lingua albanese,
dove essa viene ancora parlata. Chi avesse l'occasione di parlare con alcuni
di essi, potrebbe rimanere meravigliato per il fatto che essi esprimano
competenti giudizi sia sulla forma che sul contenuto delle composizioni, in
base a ben determinate idee che prendono ispirazione dalla mentalità
talvolta ammirevole diffusa nella vita comune, e in base a norme stilistiche
percepite a lampo dai competenti e apprese e raffinate nella pratica.
- Di
questi poeti a volte si parla con ammirazione, sono considerati come una
specie di eroi locali.Di alcuni dicono che sono stati "poeti
filosofi”, di altri che sono stati "compositori dolcissimi", di
altri ancora che sono stati e
sono bravissimi per forza di concetto e vivacità di fantasia.
- In
tutte le comunità albanesi d'Italia si riscontra una tradizione poetica in
lingua albanese, certo proveniente dalla madrepatria.Essa ha circa 5 secoli
di vita documentata, ma sicuramente esisteva già prima.
- Ampia
raccolta di composizioni popolari in lingua albanese è data dallo Schirò,
da Dara, dal Ferrari, Solano, Selvaggi e soprattutto dal De Rada. Tutto
questo materiale poetico, di cui si può disporre, ha comune lo spirito che
in ogni circostanza finisce per esprimere le tradizioni e gli usi degli
italo-albanesi.
- Si
tratta in gran parte di letteratura popolare in quanto è prodotta dal
popolo o rivolta direttamente al popolo.
- Nelle
colonie albanesi d'Italia, da quando sono venuti i loro fondatori
dall'Albania, è stata sempre viva una corrente culturale patriottica,
poetica, religiosa ecc. ugualmente stimata sia dal popolo che dai suoi
rappresentanti culturalmente più distinti. Troviamo così dei poeti come il
De Rada, lo Schirò, il Santoro, il Camarda, il Serembe, il Dara, il
Brancato, l'Argondizza, e tanti altri ancora, dotti, popolari e nobilissimi
nello stesso tempo. Essi sono interessanti sia dal punto di vista letterario
che storico, perché permettono di individuare le tappe dello sviluppo
culturale di quelle colonie, considerando o le composizioni che echeggiano
ancora il ricordo delle lotte coi Turchi o quelle molto commoventi che
cantano un fiducioso abbandono in Dio, con l'espressione di una vasta gamma
di sentimenti e di concetti religiosi notevolmente evoluti anche dal punto
di vista teologico. Non meno interessanti sono le composizioni che cantano
la serenità di amori e di affetti che fioriscono nella tranquilla vita
paesana. Questa produzione letteraria, però, in massima parte è anonima.
Gli autori sembrano essersi voluti nascondere immergendosi nell'onda del
canto popolare anonimo. Se vengono ricordati dei nomi noti, questi in genere
rispettano specialmente nella forma l'andamento popolare delle composizioni,
al massimo qualche volta, può notarsi un certo sforzo di imitazione proprio
da parte dei più bravi e personali che hanno lasciato opere con loro
impronta caratteristica.
- Riteniamo
che il fenomeno della spersonalizzazione dei canti e quello della loro
anonimizzazione era favorito dal fatto che venivano composti per essere
assunti nel repertorio dei canti imparati a memoria o usati
dall'accompagnamento del canto, sia in chiesa che
nei luoghi d'incontri e nelle serenate o notturne cantate o alle
innamorate o nelle strade solitarie nelle notti illuminate dalla luna.
- Benché
ogni genere letterario presenti un proprio stile, tuttavia un esame accurato
potrebbe far risaltare degli elementi tipici dello stile popolare
specialmente nei canti profani.
- Per
quanto riguarda la struttura del pensiero, mi sembra caratteristica, se così
possiamo dire, una certa alogicità di esso, o meglio un frequente uso di
certi voli pindarici che sono piuttosto degli accostamenti di senso, più
che una concatenazione di idee.
- La
loro struttura, quindi, non è razionale, ma è piuttosto affettiva. Essi
procedono per immagini che suscitino delle risonanze nell'animo o facciano
intuire.
- Quasi
sempre succede che una volta fissato il centro ispirativo, il canto si
sofferma con compiacenza su di esso. Il poeta, tanto è stato rapido nel
concepirlo quanto poi si mostra indugiante nel proporlo in varie guise,
quasi vagheggiandolo. Nell'insieme questo tipo di canti presenta concetti
semplici pur nella varietà degli oggetti e degli atteggiamenti nei quali
quasi si scarica l'emozione affettiva.
- Ne
fa fede di tutto ciò I CANTI DI MILOSAO del De RADA. La prima grande opera
che inaugurò questa miracolosa creazione, “ex nihilo", la prima
luminosa espressione delle letteratura colta albanese, furono i Canti di
Milosao, un seguito di bozzetti lirici tramati in forma di diario e
sceneggiati nei primi decenni del sec. XV, cioè proprio nel momento
cruciale del popolo albanese: sì che la storia liricamente atteggiata
dell'amore di Milosao per la figlia di Cologrea, sullo sfondo di
quella campagna scutarina che è stata sempre il luogo prediletto delle
fantasie poetiche albanesi, finisce per diventare un esile ma trepido
romanzo in cui si rispecchia nei suoi toni più puri e suggestivi la vita
intima del popolo schipetaro sul punto più drammatico della sua essenza,
in tutto il fascino dei suoi costumi e delle sue usanze. Forse nessun
altra delle pur più estese e più impegnative opere del De Rada riuscirà a
raggiungere quel felice equilibrio e quella trasparenza d'espressione che
quasi per miracolo la sua fantasia raggiunse nei Canti di Milosao.
- Tutti
i nostri poeti, inoltre,
considerati sotto il profilo della albanesità,
volevano, scrivendo in albanese,
innanzitutto dare la prova evidente dell’ esistenza di un'Albania
“una”, sebbene “dispersa” e “divisa”.
- L’iniziativa
di “Vatra Arbëresh” di voler esaltare il concetto di poesia
italo-albanese con un concorso di poesia, primo tra gli arbëresh della
diaspora, da espletarsi nel settembre del 2001, sarà di valido aiuto,
soprattutto per gli arbëresh della diaspora, per mantenere alto il valore
culturale della loro lingua e far sì che le tradizioni di un popolo di
minoranza si possano tramandare ai posteri per testimoniare la nobiltà e
l’orgoglio di essere e sentirsi arbëresh.
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- TORINO
02 Novembre
2000
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- Per
informazioni:
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- Mons.
Giovanni Bugliari
- Chiesa
di Rito Bizantino
- Piazza
Cavour 12
, Torino
- Tel.
011 885138 / 8173450
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