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Shtėpia e Arbėreshėve tė Italisė La Casa degli Albanesi d' Italia  

 

LETTERATURA
 
Tradizione linguistico-letteraria arbėreshe
 
La storia della minoranza linguistica albanese d'Italia presenta caratteristiche singolari e, per molti aspetti uniche, rispetto alle tradizioni linguistiche-letterarie delle altra minoranza esistenti in Italia. Il rapporto dell'arbėresh con le altre tradizioni linguistiche albanesi, presenti nella stessa Albania e in varie parti d'Europa, é, come vedremo, di diretta e rilevante partecipazione nella nascita della lingua scritta e letteraria albanese, cosģ come noi oggi la conosciamo. In ogni caso, le comunitą albanesi in d'Italia hanno mantenuto uno stretto legame interiore con la propria lingua e i propri costumi. Il sentimento di appartenenza a una comunitą pił ampia, anche a differenza della religione e costumi, é stata cementata prima di ogni altra cosa dalla comunanza della lingua. La tradizione linguistica-letteraria arbėreshė si intreccia cosģ con la storia della lingua albanese senza altre caratteristiche. Non esiste insomma un rapporto, per cosģ dire di dipendenza gerarchica tra lingua parlata delle popolazioni arbėresh dell'Italia e la lingua albanese parlata in Albania. Pił che un rapporto di diretta filiazione, e/o dipendenza, si deve correttamente parlare di tradizione parallela e paritaria, che condivide per un lungo periodo con le altre tradizioni culturali albanofone molti aspetti dello sviluppo della lingua, della letteratura e, d'altre parte (ovviamente), se ne differenzia per gli aspetti legali alla particolaritą di luogo, organizzazione sociale, economica e giuridica specifiche di ogni stanziamento.

 

La letteratura arbėreshe nasce nell' ultimo quarto del secolo XVI, con la pubblicazione, ad opera del papas Luca Matranga (1567-1619), di Piana degli Albanesi, della traduzione dall' italiano in albanese della Dottrina Cristiana del gesuita Ladesma: Embsuame e chraesterae [E mbsuame e krėshterė] (1592).

Nei secoli XVII-XVIII si osserva un generale risveglio della vita culturale nelle comunitą arbėreshe, soprattutta della Sicilia; gli intellettuali, per lo pił di formazione ecclesiastica, cominciano ad interessarsi del passato storico della madrepatria, raccolgono le testimonianze del loro folklore, dati e fatti concernenti le loro tradizioni, gli usi e i costumi. Altro fenomeno rilevante in questo periodo storico č il fiorire, in campo letterario, di una poesia popolare nella forma e religiosa nell' ispirazione, che pur non avendo nessuna pretesa artistica, divenne un genere molto diffuso e popolare ed entrņ a far parte del folklore tradizionale. Si ricordano: Nilo Catalano (1637-1694) di Mezzojuso, Giuseppe Niccolņ Brancato (1675-1741) di Piana degli Albanesi, P. Giorgio Guzzetta (1682-1756) di Piana degli Albanesi, Paolo Maria Parrino (1711-1765), Nicola Figlia (1693-1769) di Mezzojuso, Nicola Chetta (1740-1803) di Contessa Entellina. Tra i calabro-albanesi la prima personalitą di rilievo che si inserisce in questo movimento culturale fu Francesco Avati (1717-1800) di Macchia Albanese.

Con Giulio Variboba (1724-1788), di San Giorgio Albanese, la letteratura arbėreshe compie un vero salto di qualitą. Il suo poema religioso Gjella e Shėn Mėrisė Virgjėr (La vita della Vergine Maria), edito a Roma nel 1762, č l' unica opera scritta in arbėresh che sia stata pubblicata nel corso del XVIII secolo e rappresenta indubbiamente l' opera pił originale della letteratura albanese antica.

Verso la fine del secolo XVIII e per tutto il secolo XIX, grazie anche alla incisiva azione esercitata dai due Collegi greco-albanesi di Calabria e di Sicilia, si sviluppa e cresce intensamente la schiera di intellettuali di origine albanese. Ci limitiamo a segnalare l' apporto dato dall' intellighentia arbėreshe (e in particolare dai vescovi Francesco Bugliari e Domenico Bellusci, da Pasquale Baffi e Angelo Masci) all' azione di rinnovamento culturale e istituzionale intrapreso dagli ambienti illuministici napoletani e, soprattutto, la massiva partecipazione degli arbėreshė, da posizioni radicali e liberali, al movimento politico risorgimentale italiano (Pasquale Scura e Luigi Giura, ministri nel governo dittatoriale di Garibaldi, Domenico Mauro, Agesilao Milano, Attanasio Dramis, Francesco Crispi, che diventņ poi Presidente del Consiglio dei Ministri).

Promotore della "svolta", che fece uscire la giovane letteratura italo-albanese dai ristretti ambiti della provincia per inserirla nel pił vasto circuito europeo, fu Girolamo De Rada (1814-1903), di Macchia Albanese, massimo rappresentante della letteratura romantica arbėreshe. Con la sua poliedrica attivitą De Rada divenne l' ispiratore e la guida del movimento culturale di rinascita albanese. Fondņ e diresse nel 1848 L'Albanese d' Italia, il primo giornale albanese, e il Fjamuri Arberit (1883-1887). Scrisse e pubblicņ diverse opere letterarie: Il Milosao (1836), la Serafina Thopia (1839), lo Scanderbeccu i pafaan (1872-1884), le Rapsodie d' un poema albanese (1866).

Accanto al De Rada troviamo un nutrito gruppo di intellettuali, quasi tutti formatisi nella Scuola di Sant' Adriano: Francesco Antonio Santori (1819-1894), di Santa Caterina Albanese, scrisse: Il Canzoniere Albanese (1846), Il Prigioniero Politico (1848) ed il primo dramma della letteratura albanese Emira; Vincenzo Dorsa (1822-1885), di Frascineto, scrisse l' opera Su gli Albanesi. Ricerche e Pensieri (1847); Angelo Basile (1813- 1848), parroco di Plataci, pubblicņ la tragedia Ines de Castro; Giuseppe Serembe (1844-1901), di San Cosmo Albanese, scrisse Vjershe (1926); Luigi Petrassi (1817-1842), traduttore dei Sepolcri di Ugo Foscolo; Vincenzo Stratigņ (1822-1886), di Lungro, prima voce socialista della letteratura albanese, scrisse Vajtim mbi vdekjen e atij qė nuk ka (Il Proletario), Katundarėt e Rusisė (I contadini della Russia); Giuseppe Angelo Nociti (1832-1899), Antonio Argondizza (1839-1918), Bernardo Bilotta (1843-1918), Demetrio Chidichimo (1846-1922), Pietro Camodeca de Coronei (1847-1918), Giuseppe De Rada (1852-1883), Agostino Ribecco (1867-1928), Salvatore Braile (1872-1961), Cosmo Serembe (1879-1938), Orazio Capparelli (1852-1940), Domenico Antonio Marchese (1879-1927), Michele Marchianņ (1860-1921).

Anche in Sicilia fiorisce in questo secolo una letteratura di grande impegno politico e civile: Emmanuele Bidera (1784-1858), Mons. Giuseppe Crispi (1781-1859), Mons. Pietro Matranga (1807-1855), Gabriele Dara junior (1826-1885), di Palazzo Adriano, autore del poema epico L' Ultimo Canto di Bala (1900), Francesco Crispi Glaviano (1852-1933), autore del poema epico Mbi Malin e Truntafilevet (Sul Monte delle Rose) (1963), Giuseppe Schirņ (1865-1927), autore di Rapsodie Nazionali (1887), Mili e Hajdhia (1891), Kėnkat e luftės (I canti della battaglia) (1897), Te dheu i huaj (In terra straniera) (1900), Kėthimi (Il ritorno) (1964), Demetrio Camarda (1821-1882), autore di Saggio di Grammatologia Comparata sulla lingua albanese (1864), Giuseppe Camarda (1831-1878), Cristina Gentile Mandalą (1856-1919), Trifonio Guidera (1873-1936), Mons. Paolo Schirņ (1866-19419, papas Gaetano Petrotta (1882-1952), P. Nilo Borgia (1870-1942), papas Marco La Piana (1883-1958).

Con la proclamazione dell' indipendenza dell' Albania (1912), si esaurisce un importante capitolo nella storia culturale della minoranza italo-albanese; viene cosģ a cadere un motivo su cui si erano accentrati la tensione ideale e l' impegno culturale dell' intellighentia arbėreshe, che si trova ora ad essere imbrigliata nella politica imperialistica della Stato italiano.

In questa situazione di grigio e piatto conformismo, imposto dal regime fascista, emerge una grande personalitą di origine albanese che pagņ con la vita la coerenza ai suoi ideali e l' intransigente opposizione alla dittatura, e la cui azione e il cui pensiero influenzeranno considerevolmente la politica e la cultura italiana del secondo dopoguerra: Antonio Gramsci (1891-1937).

Trova: Francesco Altimari, AA.VV., L'esilio della parola, 1986,ETS Editrice, Pisa.

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