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SAN DEMETRIO CORONE NELLE PAGINE DI NORMAN DOUGLAS Lo scrittore inglese dedica due interi capitoli alla comunità italo-albanese di San Demetrio Corone nel libro "OLD CALABRIA" ristampato dalla Medcenter Container Terminal
servizio realizzato da Gennaro De Cicco
La
Medcenter Container Terminal, la società che ha progettato e lanciato il
terminal container di Gioia Tauro, ha avuto il merito di aver ristampato
“Vecchia Calabria” (Old Calabria) di Norman Douglas (1868), ovvero il più
bel libro mai scritto sulla Calabria, capace di offrirci una severa e affettuosa
analisi della Calabria, che lo scrittore inglese ha percorso a piedi o su vecchi
carretti, per lungo e per largo, dal Pollino all'Aspromonte, dalla Sila a
Crotone, dal Tirreno allo Jonio, da Cosenza a Reggio, da Montalto a Catanzaro. Questo
scrittore europeo, capace di fondere nord e sud, di penetrare nelle radici e
nello spirito più profondo del mezzogiorno con il rispetto e il senso della
comunità, nella sua opera descrive tutto ciò che ha trovato interessante. Nel
suo viaggio ha fatto tappa anche a San Demetrio Corone ed il soggiorno nel paese
italo-albanese è stato descritto in due capitoli del suo libro. Ecco
come lo scrittore inizia il capitolo XXII “Gli albanesi e il loro collegio”:
«San Demetrio, famoso per il suo collegio italo-albanese, si stende su un
fertile declivio, disseminato di olivi, gelsi e castagni, a 500 metri di
altitudine. Mi si racconta che nessun inglese, a memoria d'uomo ha messo piede
in città... Albergo e cibo a San Demetrio
lasciano molto a desiderare: le strade sono sentieri irregolari, mal pavimentati
con pezzi di gneis, pareggiati dalla polvere e dai rifiuti. Eppure,
quali nomi nobilissimi sono stati attribuiti a questi vicoli... Ulisse,
Salamina, Maratona, Termopili sono i nomi che narrano la gloria di Grecia; via
Skanderberg e Hypsilandia risvegliano più recenti memorie; il corso Dante
Alighieri rammenta loro di essere dell’ Italia che ha ben compiuto qualcosa di
grande a suo tempo; la piazza Francesco Ferrer gonfia i loro cuori di orgoglio e
indignazione, mentre via Industria ammonisce chiaramente che il genio (ed è una
grande verità) senza la capacità di realizzare, è un'espressione vuota...». Nella
prima parte del capitolo lo scrittore, dopo aver affermato che «la città è
interamente albanese», descrive un matrimonio cui ebbe la fortuna di
assistere, mentre si celebrava nella chiesa “cattolica-romana” del paese. La seconda parte è interamente dedicata al collegio di Sant' Adriano. “L’orgoglio di San
Demetrio,
sostiene N. Douglas, è il suo collegio”. Si può leggere quanto lo
riguarda nella monografia del professore Mazziotti, ma chi voglia attingere alla
fonte maggiore deve rivolgersi alla Historia Erectionis Pontifici Collegi
Corsini Ullanesi del vecchio Zavarroni, un'opera di serietà a tutta prova. Fondato
sotto gli auspici del Papa Clemente XII nel 1733 (o 1735) a San Benedetto Ullano,
venne trasferito nel 1794, attraversando poi molti momenti pericolosi da allora
ad oggi... Lo scrittore inglese
successivamente si sofferma sull' organizzazione interna dell'istituto: ”Nel
collegio si insegnano musica e scherma, ma non vi sono di moda quegli esercizi
atletici che concludessero alle vittorie di Maratona e Salamina; mens sana in
corpore sano non è l'ideale prescelto; le lotte fra gli allievi sono giudicate
riprovevoli e selvagge e sono proibite le punizioni corporali…” Ammirazione
viene manifestata per la meravigliosa posizione del collegio: simile in ciò ai
venerabili edifici , di Oxford... Il
capitolo si conclude con la descrizione della chiesa di Sant' Adriano: "Il
nucleo della costruzione è formato dall’ antica cappella, dov'è conservata
una bella acquasantiera; vi sono anche due colonne tagliate, una di marmo d'
Africa e l' altra di granito grigio; il pavimento è un mosaico, con immagini di
animali, leopardi e serpenti, simili a quelli del Patir....”. Nel
capitolo XXIV intitolato: "Un chiaroveggente albanese”, l'autore narra
della sua visita a Macchia Albanese, frazione di San Demetrio Corone, «posto
su una lingua di terra che termina con una cappelletta dedicata a Sant'Elia, l'
antico re del sole, Helios, amante di picchi e promotori, che seppe esprimere le
tempestose aspirazioni dell' Albania moderna..». Quindi,
fornisce notizie sulla sulla vita e sull' opera poetica di Girolamo De Rada
sottolineandone anche il successo come giornalista: «Fjamuri i Arbërit (la
bandiera dell' Albania) divenne l'insegna dei suoi compatrioti in ogni angolo
della terra....». La sua vasta produzione
attirò l' attenzione di insigni filologi e linguisti e di tutti coloro che
amavano la libertà, il folklore e la poesia. Significativi, anche gli elogi al
De Rada da parte di scrittori italiani e stranieri, come il Cantù e il
Lamartine, il quale nel 1844 gli scrisse: «Je suis bien heureux de ce signe
de fraternité poetique et politique entre vous et moi. La poèsie est venue de vos rivages et doit y
retourner...». Norman Douglas chiude il
capitolo paragonando De Rada a Mazzini: «Fu Mazzini del suo popolo. Quando
la crisi verrà, sorgerà forse da quella folla tumultuosa anche un Garibaldi.
Ma dov'è il Cavour?» Gennaro
De Cicco
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