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Gli Arbëreshë della Calabria - FIRMO

SPAZIO A CURA DI MARIELLA CAPPARELLI

 

FIRMO E LA SUA STORIA

 

Firmo/Ferma. Mentre le minoranze linguistiche d’Italia si apprestano a recepire attivamente la tanto auspicata legge di tutela, 482/99, è d’obbligo, per noi Arbëresh, riappropriarci del filo della memoria storica, per costruire un più adeguato presente. Chi siamo? Chi eravamo? Rispondere a queste domande ci dà la chiave per comprendere il valore reale di un riconoscimento legislativo che, seppure tardivamente, può consentirci di non perdere i legami con il nostro passato e, al contempo, ci permette di porre le fondamenta per il nostro futuro.

Sebbene Firmo appartenesse al Principe di Bisignano, Don Berardino Sanseverino ed ai Padri Domenicani di Altomonte, prima della venuta degli Albanesi non era che un casale disabitato. Ed, anzi, fu proprio per l’inaccessibilità dei suoi boschi che, nel 1502, Firmo fu ceduto ad Alessio Comite ed ai sui seguaci albanesi. E’ proprio a quest’ultimo che si attribuisce l’appartenenza della prima casa dell’abitato, a forma di torre un po’ orientaleggiante, sita in Firmo sottano. Il feudo, infatti, era diviso in due contrade: Firmo soprano e Firmo sottano. Il punto di divisione delle due contrade era rappresentato da un arco: Ka Markasati.

La parte soprana apparteneva al Principe Don Berardino, e quella sottana ai Padri Domenicani, che la diedero in enfiteusi al Comite, che ne fece una colonia preminentemente agricola. Se Firmo sottano si mantenne costantemente sotto la giurisdizione dei Domenicani di Altomonte, diverso fu il destino, invece, di Firmo soprano che dai principi Sanseverino giunse, passando di mano in mano, per ultimo, alla famiglia Gramazio, che vantò diritti baronali fino al momento dell’eversione della feudalità, nel 1806.

L’elemento rilevante, però, è che il paese vero e proprio fu caratterizzato, fin dai suoi primordi, dalla presenza dei profughi albanesi. Essi, discendenti dal popolo Illirico libero, erano giunti in Italia per sottrarsi alla dominazione turca. Ed è proprio da loro che discendono gli Arbëresh d’Italia. Nelle loro diverse trasmigrazioni, gli Albanesi fondarono all’incirca 100 paesi. Oggi solo una cinquantina di essi, nel Meridione d’Italia, continuano a mantenere l’idioma Arbëresh, mentre appena ventidue conservano anche le tradizioni ed il rito greco-bizantino. Firmo è tra questi ultimi. Vi si mantengono, infatti, la lingua, alcune particolari tradizioni culinarie, ed il rito. Ed è proprio grazie alla presenza di una distinta Eparchia (Diocesi) che, a mio parere, molte delle nostre tradizioni non sono andate perdute. Lo dimostra il fatto che la gran parte degli usi e costumi che oggi continuiamo a mantenere sono legati, in qualche modo, alla presenza di una Chiesa, che pur facendo capo al Papa, tuttavia, è riuscita a mantenere le sue peculiarità. Ciò, com’è ovvio, ha consentito di legittimare la nostra presenza culturale, avvalorando la “diversità” di cui ci siamo sempre fatti carico, piuttosto che soccombere alle pressioni “xenofobe” esterne.

Mariella Capparelli

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