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SPECIALE KOSSOVO
Il caso Kossovo: autonomia o prove tecniche d’indipendenza?di
Antonio
Frate
Il
quotidiano “BOTA SOT” (Mondo d’oggi), giornale in lingua albanese stampato
a Zurigo a cura della Comunità dei kossovari residenti in Svizzera, ha
pubblicato, in data 22 dicembre 1999, un interessante articolo in cui pone
all’attenzione della Comunità internazionale un quesito sul futuro del
Kossovo. Premesso
che lo status giuridico- amministrativo del territorio è altro da “regione
autonoma”, altro da provincia della Repubblica Federale di Yugoslavia (di
seguito F.R.Y.), ma è uno status che gode di un particolare regime, quale può
e/o deve essere lo sbocco, decorso un certo
periodo, cui approderà l’ordinamento attualmente vigente in Kossovo? Se
si vuol dare una risposta alla domanda, è necessario avere una visione globale
dell’argomento, almeno per un periodo che abbracci gli ultimi vent’anni. Logico
punto di partenza è la carta fondamentale della Repubblica di Serbia(che, oltre
ad essere lo Stato su cui insiste il Kossovo, è la locomotiva della Federazione
Jugoslava), se si vuole capire come detta problematica è stata concepita, e
misurarla con il metro dei costituenti serbi prima, e dei legislatori federali
poi. Da
una lettura attenta dell’articolo 1[1]
si evince un caposaldo che offre con una luce, soffusa prima, in seguito nitida,
la chiave di lettura voluta dai redattori della presente Carta. E cioè che ogni
persona che vive nel territorio della repubblica di Serbia è cittadino
serbo; che il territorio della repubblica di Serbia è un elemento distintivo
della stessa anche (o soprattutto)dallo stato federale; e che solo nei termini
di cui ai punti precedenti si può impostare un discorso di democrazia intesa
nel senso etimologico di partecipazione del popolo al potere. Il primo capoverso dell’art.1 dà l’impressione di disegnare i confini “ideologici” della repubblica: lo stato serbo è uno Stato sovrano. Lo Stato federale entra in campo in un momento successivo ed il suo ruolo non deve ostacolare l’esistenza e l’operatività della repubblica federata. E’ d’uopo a questo punto ricordare il contesto storico in cui fu promulgata la Costituzione. Era
l’anno 1990 e nel focolaio Yugoslavia cominciavano ad essere accesi i primi
fuochi. Già nel 1989 venne revocato lo status di regione autonoma al Kossovo,
concesso a quest’ultima da Tito nel 1974. Successivamente nell’agosto 1990
ai Campionati europei di atletica leggera a Spalato, gli spettatori
fischiano l’inno nazionale della Repubblica Federale Socialista di Yugoslavia
(di seguito R.F.S.Y.) ogniqualvolta viene diffuso dall’altoparlante, a meno
che non sia per la premiazione di atleti croati. La
costituzione fu promulgata a difesa del territorio serbo contro le tendenze che
miravano a disgregare la R.F.S.Y.[2]
Infatti nonostante il prof. Markovich[3],
presentando, in una nota introduttiva, la costituzione, sottolineasse che essa
riconosceva il primato della costituzione federale, altresì egli precisava che
in essa vi erano delle clausole difensive “ per il compimento di atti tesi a
proteggere gli interessi della Repubblica“. In
Serbia ci sono cittadini serbi: a nostro avviso questa è la bussola per
orientarsi nella comprensione del significato degli altri articoli. Il
successivo art.4[4]
specifica un principio che era stato enucleato già in precedenza e cioè quello
dei confini ideologici della Costituzione: la Serbia è uno stato sovrano nei
confronti di tutti e quindi anche dello Stato Federale (altrimenti “nei
confronti di tutti” sarebbe un pleonasmo); nel territorio di Serbia non
esistono altri Stati(da cui la precisazione di unico, ma potrebbe essere riferito anche alle altre realtà
istituzionali più piccole dello Stato)[comma I]; il
mutamento dei confini lo possono decidere solo i cittadini(che ,come si è visto
sopra, sono Serbi)[comma II].Per coerenza interpretativa se è vero che il
territorio è inalienabile, resta da intendere che il mutamento dei confini
dovrebbe essere inteso in senso acquisitivo; ma, come tutte le norme di
principio lo sviluppo di essa assorbe un panorama esegetico molto ampio e la
coerenza evolutiva, dal principio all’applicazione, deve essere valutata in
concreto. Tuttavia
è indiscutibile che a dare manforte a questa interpretazione fu un evento che
si verificò nel 1991, e cioè il referendum(non riconosciuto dalla Comunità
internazionale) con cui gli abitanti del Kossovo manifestarono l’intenzione di
staccarsi dalla R.F.Y. Infatti il referendum è lo strumento indicato dalla
Costituzione per decidere il mutamento di confini, ma le autorità serbe lo
hanno avversato poiché si pose contro lo scopo previsto e tutelato con
l’art.4 comma I che difende
l’unicità del territorio. Nel
quadro sopra delineato si coglie il senso dell’art.6 per cui “Nella
Repubblica di Serbia esistono la regione autonoma della Vojvodina e la
regione autonoma del Kossovo Metohija come forme di autonomia territoriale “ Completato,
nei limiti del presente lavoro, il panorama storico recente dello status
giuridico del Kossovo, concentriamo l’attenzione su come si presenta, oggi,
detto territorio al cospetto di chi lo guarda con gli occhi del diritto
amministrativo ed internazionale. La
risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU[5]
crea un’amministrazione, temporanea, civile internazionale di
sicurezza. Lo scopo di
quest’organismo è quello di traghettare l’ordinamento del territorio dalla
situazione attuale a quella in cui ci siano basi consolidate per una convivenza
civile e democratica. E ciò creando quelle strutture che nei paesi di
tradizione democratica occidentale sono chiamate Istituzioni. La caratteristica
del sistema che si vuol creare è quella di una sostanziale autonomia che si
richiama agli accordi di Rambouillet.[6] Caratteristica
dell’amministrazione civile internazionale transitoria per il Kossovo è
quella di essere un organo che, avendo determinate funzioni che possiamo
definire di amministrazione attiva, deve necessariamente produrre atti. La
disquisizione concernente la natura degli atti, se cioè essi siano
amministrativi o abbiano natura giuridica di rango superiore, è un problema che
anziché essere aperto ad una soluzione che si esaurisca nel medesimo ambito,
pone le basi per una questione di portata più ampia. Rientrano
in queste funzioni il rilascio di documenti d’identità, di residenza,
funzioni attinenti a status dai quali dipende la titolarità di una serie di
situazioni giuridiche. Una
funzione, non prevista espressamente, ma di somma importanza, è quella
attinente al rilascio dei passaporti. Ebbene,
individuare chi sia l’organo competente al rilascio di detto documento, non è
semplicemente una risposta, ma è una nuova domanda. Si chiede infatti Esat
Stavileci [7],
perché mai debbano essere gli organi dell’autorità della Yugoslavia (o della
Serbia) competenti al rilascio di detti documenti dal momento che non c’è più
nessun legame(anche territoriale vista la presenza interposta della K-FOR) con
questo Stato, cui formalmente però il Kossovo ancora appartiene. La soluzione
al quesito, sempre secondo l’autore dell’articolo, sarebbe semplice:
l’organo competente al rilascio dei sopraindicati documenti è
l’amministrazione internazionale. Ma
se ancora non fosse emersa la delicatezza della questione, è giunto il momento
di chiarire dove si va a concludere il discorso che qui si affronta: se il
passaporto è il documento che qualifica più d’ogni altro lo status civitatis
di una persona, ne deriva che il
rilascio o meno dello stesso può essere il preludio all’acquisizione non già
di competenze ma di poteri nuovi la cui titolarità prima non c’era . A
chi spetti la titolarità di attribuzioni quali
il rilascio del passaporto e degli altri documenti è il pretesto per
porsi un quesito ben più importante: in Kossovo c’è ancora spazio per le
leggi della R.F.Y.? In
altri termini: quello che sta accadendo in Kossovo può essere considerato una
prova tecnica d’indipendenza? Da
un lato, infatti, abbiamo la R.F.Y che di diritto è lo Stato cui appartiene la
regione del Kossovo; dall’altro abbiamo, di fatto, un organismo creato ad
hoc per amministrare la regione per un periodo transitorio. Ogni
risposta possibile, vista da
diverse angolature, sembra inidonea ai tentativi di soluzione concreta per il
vespaio di norme e di situazioni contraddittorie che si creano. Se
da un lato è vero che è il Kossovo è una regione della RFY, è anche vero,
d’altro lato che bisogna considerare la residua effettività
dell’ordinamento statale. Nella
regione, almeno in quella cui è totale la presenza albanese, non si trova
nessun elemento che faccia pensare alla presenza dello Stato yugoslavo: non ci
sono polizia, esercito, tribunali o la presenza di altre istituzioni, anche per
le espresse previsioni della Risoluzione 1244 dell’ONU che prevede
l’allontanamento momentaneo di forze di polizia e dell’esercito federale[8].
Ma formalmente le leggi precedenti continuano ad essere in vigore. Una di queste
leggi è quella sulla cittadinanza. Bisogna
considerare[9]
che la legge conferisce alle autorità di polizia e comunque del Ministero degli
Interni un assai incisivo potere di verificare la sussistenza di casi di
indegnità, di irregolarità procedurali, che comportino la perdita della
cittadinanza. Prima
della guerra vi era il rischio che vi sarebbero stati numerosi provvedimenti di
revoca della cittadinanza e relativo provvedimento di espulsione, cosa che
avrebbe creato numerosi casi di apolidia. Ora gli elementi distintivi di questo
rischio non sembrano più esservi. Infatti
innanzitutto la polizia R.F.Y. non esiste più sul territorio del Kossovo; in
secondo luogo non esercita più alcun controllo secondo i poteri ex legge sulla
cittadinanza; in terzo luogo quand’anche per assurdo vi fosse un provvedimento
di revoca della cittadinanza a cui faccia seguito un provvedimento di
espulsione, sul piano concreto resterebbe un provvedimento senza attuazione. Questo
perché l’eventuale perdita della cittadinanza deve fare i conti con il
radicamento sul territorio: ormai la comunità albanese – kossovara si trova
in questa regione e non v’è più alcun pericolo che le autorità della R.F.Y.
possano condurle altrove. E
questo è un elemento che impedisce la creazione dell’apolide. Infatti
è in atto un mutamento di sovranità sul territorio; dove prima era sovrano lo
Stato R.F.Y., ora questo non lo è più, nel senso sopra indicato;
l’allontanamento dell’individuo kossovaro ormai può essere solo spontaneo.
Preso atto di quanto sopra, sembra non aver più alcun significato anche
l’art.4 che sanciva l’unicità ed inalienabilità del territorio Yugoslavo. Non
solo, ma se si legge con attenzione la risoluzione 1244 [10],
si nota subito che ben poche competenze(rectius
poteri) residuano alla Stato yugoslavo: in particolare le autorità federali
avranno compiti di monitoraggio, di pattugliamento del confine e di generica
collaborazione con le forze internazionali. Inoltre per quanto la durata
dell’organismo de quo, la risoluzione non prevede alcun termine certo. Tuttavia,
se è vero che la sovranità di un vecchio ordinamento(quello yugoslavo) non
c’è più, non può dirsi certo che un altro ordinamento, indipendente, sia
effettivo già ora come vorrebbero le frange più radicali delle varie fazioni
kossovare. Stando
così le cose, la catena del discorso ha trovato l’ultimo anello che unisce il
principio con la fine: a che cosa condurrà l’organismo che ha il compito di
amministrare il Kossovo? Si
contenterà di traghettare la martoriata regione verso la costruzione di solide
istituzioni democratiche? Quale
sarà la portata di ciò che avrà prodotto? Saranno delle infrastrutture
all’interno della R.F.Y. oppure saranno delle sovrastrutture sì che si potrà
parlare di una realtà giuridica nuova ed indipendente?
E’ pacifico tuttavia che la risoluzione non può avere valore di Costituzione. Oppure
ancora, le esigenze della realpolitik metteranno in moto le
macchine dell’ingegneria costituzionale per tradurre in una forma giuridica
nuova le intenzioni che la Comunità internazionale vuol concretizzare in
Kossovo? Si
sarebbe potuto aspettare il decorso del periodo assegnato all’amministrazione
ma, ripetiamo, la risoluzione non ha previsto alcun termine di durata. In
ultimo, a titolo di cronaca, ricordiamo che il responsabile
dell’amministrazione per il Kossovo ha mediato tra i diversi partiti
dell’etnia albanese per l’assegnazione delle cariche al vertice dei vari
dipartimenti dell’amministrazione stessa, ed è stato raggiunto un accordo. Da
notare due cose: la mancanza dei Dipartimenti della Difesa e degli Affari Esteri
l’assenza di qualsiasi rappresentante serbo[11].
A questo proposito il leader della Lega Democratica del Kossovo, Ibrahim Rugova
ha ribadito[12] che è giunto il momento
dell’indipendenza del territorio, ma questo deve essere necessariamente
multietnico. [1] ART.1- “La repubblica di Serbia è lo stato democratico di tutti i cittadini che in esso vivono” [2] Ratko Markovich “Prefazione alla Repubblica di Serbia- Ed. Segretariato per l’informazione R.S.” anno 1990 [3] Ratko Markovich “idem” [4]
“Il
territorio della Repubblica di Serbia è unico ed inalienabile. Sul
mutamento dei confini Repubblica di Serbia decidono i cittadini mediante
referendum” [5]
RESOLUTION
1244 (1999) Adopted by the
Security Council at its 4011th meeting,on 10 June 1999 [6] RESOLUTION 1244 (1999) artt.10- 11lett. a) b) c) d): prevedono la costruzione di strutture giuridico - amministrative ed attribuisce il potere preordinato all’esercizio di quelle funzioni. Le ricostruende istituzioni nel testo sono considerate infrastrutture(lett. g). [7] Autore dell’articolo comparso su BOT SOT- 22 dicembre 1999. [8] Art. 9 lett. a) [9]Cfr. Walter Citti “ La cittadinanza nella R.F.I. su “I diritti dell’Uomo- cronache e battaglie ; n° 2 maggio 1997 [10] Annex-2 punto 6 [11] Bota Shqipetare 17 dicembre 1999 [12] cfr. articolo su “Le Monde”.
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