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Gli Arbëreshë della Calabria - SAN DEMETRIO CORONE

PAGINA A CURA DI ADRIANO MAZZIOTTI

I RITI  PASQUALI  A  SAN  DEMETRIO  CORONE

In questa comunità della diaspora italo-albanese, come del resto nelle altre ancora legate al rito greco-bizantino, in occasione della “Java e madhe”, la Grande e Santa settimana di Pasqua, vengono puntualmente e intensamente rievocate usanze e tradizioni dalle radici molto profonde, ricche di fascino arcaico e di suggestivi significati,  testimoni del forte sentimento religioso vissuto dalla popolazione locale  che da cinque secoli preserva la lingua materna, l’arbrisht, e la liturgia orientale.

E’ opportuno soffermarci su un aspetto peculiare delle funzioni pasquali del rito bizantino.

Esse, proprio perché non sono legate agli orari stabiliti dalle norme ecclesiastiche latine, li anticipano di dodici ore. E così, la Resurrezione inizia la notte di sabato, notte in cui in questo centro, come anche in altri adagiati nelle colline presilane, quali S. Cosmo Albanese, Vaccarizzo Albanese e S. Giorgio Albanese,  vige la consuetudine, ancora molto radicata , secondo la quale i fedeli di ogni età si recano a piedi presso una fontana posta fuori del centro abitato, in assoluto silenzio. Qui giunti, una volta sorseggiata l’acqua (in questo centro l’usanza si rinnova nella ‘fontana dei monaci’ posta in prossimità dell’antico ex monastero di Sant’Adriano), ritornano in paese tra gli echi del “Kristos anesti” (Cristo è risorto) e dei canti popolari albanesi. Per non essere indotte a  trasgredire la regola che impone il silenzio  ed  essere così spinte a parlare, spesso le donne  si muniscono delle “dokaniqje”, lunghi bastoni dalla estremità biforcuta, che non esitano a tirare addosso a chi le induce a infrangere la regola !

Sul significato di tale rito la risposta più attendibile si potrebbe trovare  nel passo del Vangelo in cui le pie donne, recatesi sul luogo di sepoltura di Gesù, osservarono il più cauto silenzio nel timore di essere scorte dai soldati di guardia. Una volta giunte sul posto,  solo quando un angelo appare loro annunciando la Resurrezione, esse riprendono a parlare. Ricollegandosi ad una arcaica credenza popolare, il rito legato all’andare a bere (oppure ‘rubare’) l’acqua il Sabato Santo potrebbe anche  trovare spiegazione nella   diffusa e antica convinzione   secondo la quale al momento del Gloria il prezioso elemento che sgorga dalle fontane è  benedetto. 

Giunti davanti il sagrato della chiesa parrocchiale, a mezzanotte dello stesso giorno i presenti danno fuoco al tradizionale falò pasquale (qerradonula), attorno al quale  elevano canti e pregano insieme, per poi ritrovarsi nelle prime ore del giorno seguente, Domenica di Pasqua, chiamati a raccolta dalle campane, dinanzi la porta principale della chiesa dove si svolge una tra le più peculiari e significative cerimonie delle festività pasquali; una di quelle che rimangono maggiormente nei cuori di chi le ha vissute, specialmente dall’infanzia. Il rito è quello della ‘Fjala e mire’ , (la buona parola), e simboleggia l’ingresso di Gesù negli inferi, la Risurrezione dalla morte e la riconquista del Paradiso. Protagonista   il sacerdote,  che munito di una grossa croce bussa sulla porta della chiesa chiusa all’interno dal sacrestano (che ‘interpreta’ la parte del demonio il quale ‘provoca’ sinistri suoni agitando una lunga catena e biascicando parole incomprensibili), fino a quando, vinta la resistenza di chi si oppone all’ingresso dei fedeli,  vi entra seguito dalla gente al canto del ‘Kristos anesti’.

Anche sul significato del grande falò della notte del Sabato Santo, cerimonia dall’indubbio sapore pagano, le supposizioni si accavallano. L’usanza potrebbe ricollegarsi alla tradizione dei “fuochi di primavera”, oppure, tesi ancora più suggestiva, il fuoco visto come elemento purificatore che spazza via il male per fare posto al bene. E per gli amanti della storia vi è anche la tesi che vede nel falò un retaggio dei fuochi che i soldati di Skanderbeg appiccavano per comunicare tra loro.

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                                                                                                                                 Adriano Mazziotti

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