Odissea
di un’insegnante
Arminda è un’ex insegnante di
Durazzo che ora vive a Udine. E’ emigrata in Italia all’inizio degli
anni ’90, è sposata separata, ha una figlia con la quale vive. Ha
affidato a “Noi Albanesi in
Italia” le sue riflessioni.
“Credo che nessuno di
noi stranieri che oggi viviamo all’estero abbia mai pensato che da
grande avrebbe lasciato il suo Paese natale. Quando cominci a crescere
pensi che da grande farai qualsiasi cosa immagini per te un magnifico
futuro, ti vedi pieno di sogni e speranze e ti senti capace di cambiare
il mondo. Quando vedi che ne tuo Paese, l’Albania, cominciano i
cambiamenti come un uragano, ti sconvolgi e cominci a capire che sei
piccolo e con pochissime forze. La prima impressione, sballottato dagli
eventi, è allora questa: speriamo che i uragano finisca il più presto
possibile per poter ricominciare a vivere il mio tram – tram”.
“Pero, dopo un po’ di tempo, ti accorgi che non puoi più rivivere
la tua veccia vita, perché la tua nuova esistenza non è più uguale a
quella antica. E allora avverti una sensazione di disadattamento. Senti
che il mondo ti spinge a cambiare e ad adattarti. O lo fai o resti
irrimediabilmente tagliato fuori. Ecco, questo è l’atteggiamento che
ho oggi nei confronti del mio Paese. Vedi gente che si arricchisce in
fretta e gente che può mangiare solo un mezzo di pane, perché vive con
la pensione. Lo stipendio che prendi non ti basta più e comincia una
paura, una grande paura dentro di te. Come vivrò’? Che cosa sarà
della mia vita? A che cosa serviranno le scuole che ho frequentato? E
cosi via, ti poni queste altre domande, si cristallizza in te l’idea
di andare all’estero per lavorare, all’inizio per guadagnare un
po’ di soldi per poter tornare in Albania. Hai tanto bisogno di
cambiare perché la situazione ti sta stretta, sei assillato da tanti
dubbi e più ancora da paure. Ma ormai sei nel punto che non puoi
tornare indietro”. “ Prepari tutto e parti, arrivi in Italia.
All’inizio vedi tutti che lavorano e hai la voglia di cominciare anche
tu il più presto possibile. Ti si offre un’opportunità, ma appena
sano che sei albanese ti dicono che hanno già combinato, e tu ti senti
male, ogni giorno di più. Ti sembra una salvezza quando trovi il primo
posto di lavoro. Perché dici a te stesso che dovrai lavorare 24 ore su
24 ma almeno avrai un posto e un stipendio. Tuttavia, dopo un po’
comincia a mancarti l’aria perché là signora che devi assistere non
può stare da sola nemmeno un minuto. Ti alzi la mattina, lavori, mangi,
dormi (anche la notte nemmeno tanto, perché la signora si sveglia e
deve essere accompagnata in bagno). Domani sarà sempre cosi: alzarsi,
lavorare, mangiare, dormire. Con i primi soldi guadagnanti vai al
mercato e vedi che puoi comprare poche cose, per di più devi mandare
qualcosa ai tuoi genitori in Albania, perché con la pensione non ce la
fanno. L tua vita è sempre la stesa”. “A certo punto smetti di
piangerti addosso e cambi. Sono in tanti quelli che si sono messi in
propria. E il nuovo volto dell’immigrazione. Si soffre tanto, ci si
stanca tanto, ma almeno si è autonomi e si ha la sensazioni di poter
preparare un futuro migliore per il proprio figli. Importante è
lavorare onestamente. E questo il tesoro da lasciare ai figli”.