Le
vicende storiche della chiesa di S. Maria del Monte Carmelo e del
“Ritiro” in Spezzano Albanese (Cs).
L’alba
dell’8 gennaio 1693 la Calabria Settentrionale fu scossa da un
forte terremoto il cui sciame
sismico si protrasse fino al mese di aprile gettando nel terrore e
nello sconforto tutta la popolazione.
Molti
paesi subirono lutti e danni materiali mentre la comunità
spezzanese uscì indenne dalla terribile prova.
Il
notabile D. Giovan Battista Cucci, come voto per lo scampato
pericolo, fece edificare, nei pressi della sua nuova dimora, una
modesta chiesetta dedicata a “S. Maria del Monte Carmelo”
verso la quale nutriva una profonda venerazione.
Il
piccolo edificio sacro sorgeva su di rialzo naturale che dominava
una carraia, ancora oggi in uso, che portava a Terranova, proprio
dove ora sorgono le abitazioni delle famiglie Capparelli e Chiurco.
Fino
a mezzo secolo fa si potevano ancora notare le mura di quella che
ancora oggi gli anziani ed i meno giovani chiamano “Karmani i
Vjetër” (“ l’antica chiesa del Carmine”) o
“Qisharelja” (“la chiesetta”).
Il
Cucci, appartenente ad una famiglia benestante che godeva di alcuni
diritti nella chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo, oltre a
far scavare le cripte per le sepolture di famiglia, trasferì nel
nuovo edificio sacro i culti di Giuseppe e di S. M. del Rosario.
Il
primo documento ecclesiale, finora reperito, che cita la chiesetta
è un atto di battesimo di una bambina abbandonata davanti alla
chiesa di “S.tae Mariae de Monte Carmelo extra moenia”,
redatto nel 1698 da D. Giuseppe Basti.
Dal
matrimonio di D. G.B. Cucci con D. Teresa Petrone da Lattarico
nacquero numerosi figli, molti dei quali si spensero prematuramente
venendo sepolti nelle cripte della chiesetta di famiglia.
Sopravvissero
solo il sacerdote D. Dragonetto ed il medico D. Alessandro che col
proprio denaro, a poca distanza dalla chiesetta, diede inizio alla
costruzione di una chiesa più grande con pianta ad aula.
Nel
1735, dopo avervi trasferito la sacra effigie della Madonna e i
resti dei famigliari, la nuova chiesa del Carmine fu aperta al culto
e nel giro di pochi anni si arricchì delle numerose donazioni
(case, terreni, denaro,…) fatte da famiglie spezzanesi o di
singole persone devote alla Madonna.
Nell’arco
di nove anni, e precisamente nel 1744, accanto, ma non attaccata
alla chiesa, fu ultimata la costruzione di un altro edificio
chiamato “Ritiro del Carmine” atto ad ospitare un ordine
religioso. Primo priore del Ritiro fu Dragonetto, che dopo aver
tentato invano di insediare nella Casa l’Ordine di S. Basilio
Magno, si rassegnò a dirigere il clero secolare che intendeva
vivere in comunità, studiare e dedicarsi ad opere di bene,
coadiuvato da validi sacerdoti, molti dei quali forestieri.
Una
delle prerogative del Ritiro era il diritto d’asilo: la non
perseguibilità, entro le sue mura, di chi avesse commesso un reato
e lì trovato rifugio. Inoltre i due fratelli D. Dragonetto e D.
Alessandro avevano diritto a vivere in due stanze, di undici di cui
era dotata la Casa, e alla loro morte, a messe perpetue. Infine
diventavano proprietari della Chiesa e del Ritiro
gli eredi maschi, come
in seguito si vedrà.
Ultimo
priore fu D. Gaetano Mansi che vide chiesa e Ritiro
confiscati dalle truppe francesi, mentre l’Arc. D. Vincenzo Maria
Cucci nascondeva nella propria abitazione, per circa una settimana, “Sacramenta
et Sacramentalia”:
Dopo
il decennio napoleonico, l’erede Arciprete D. Vincenzo Maria Cucci
cercò entrare in possesso dei diritti, ma invano, perché il
governo borbonico installò nel Ritiro una guarnigione di 15
gendarmi a cavallo.
Anche
la chiesa del Carmine, come le altre del paese, aveva i propri
eremiti che si dedicavano alla cura della struttura e alla
preghiera.
Nell’ottobre
1852 nella caserma borbonica pernottò il famigerato Re Ferdinando
II di Borbone che rifiutò l’ospitalità dei notabili del luogo
che nel 1848 si erano schierati con la Rivoluzione.
Durante
la festa della Madonna, il 16 luglio 1860, mentre Garibaldi
combatteva ancora in Sicilia, nel piazzale antistante la chiesa un
gruppo di rivoltosi di Lungo e Firmo, appoggiati da spezzanesi, tentò
di assaltare la caserma e disarmare i gendarmi borbonici.
L’intervento del comandante della Guardia Nazionale D.
Giuseppangelo Nociti riappacificò gli animi ed evitò un bagno di
sangue.
Al
passaggio di Garibaldi la chiesa fu confiscata e trasformata in
ospedale militare dove due giovani Camicie Rosse si spensero per
malattia.
Confiscato
dalle nuove autorità del Regno d’Italia, il Ritiro
fu
trasformato in caserma di bersaglieri, per la repressione del
brigantaggio, e sede del Tribunale Militare che giudicava briganti e
manutengoli.
Nel
1871 il canonico D. Raffaele Costantini diede avvio a lavori di
restauro ed ampliamento della navata sinistra, mentre quella destra
fu costruita nel 1904, adempiendo alle volontà testamentarie del
sacerdote citato.
Altri
lavori di abbellimento, nella facciata, furono fatti eseguire, nel
1911, da D. Ferdinando Guaglianone che fece realizzare
dall’artista A. Giordano immagini della Madonna, di S. Antonio di
Padova e S. Francesco d’Assisi su formelle vietresi.
Nel
1951 fu istituita la Parrocchia di S. Maria del Carmine e nella
canonica adiacente qualche anno dopo furono ospitati i Padri
Orionini che vi rimasero fino al novembre 1980.
Nell’ex
Ritiro ora vivono ed operano le Figlie di Maria Ausiliatrice
(salesiane) che, secondo lo spirito di D. Bosco, si dedicano alla
cura ed alla formazione della gioventù del posto.
Grazie
all’opera di D. Luigi Talarico (1995) prima, e di D. Giuseppe
Grilletta attualmente, i festeggiamenti civili e religiosi stanno
riprendendo il vigore e la vitalità di un tempo quando un decreto
di Gioacchino Murat del 1811 stabiliva tre giorni di festa con
fiera.
Francesco
Marchianò