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Shtëpia e Arbëreshëve të Italisë La Casa degli Albanesi d' Italia  

 

Il rito religioso degli Arbëreshë

Per ciò che riguarda il rito religioso, gli albanesi emigrati in Italia seguivano il rito bizantino nella lingua greca - da ciò derivò una certa confusione che si è fatto in passato tra greci e albanesi a proposito degli abitanti di queste comunità. In parte essi erano già in comunione con la chiesa cattolica; gli altri, una volta in Italia, vi si assoggettarono, continuando a rimanere tenacemente attaccati alla propria identità religiosa bizantina.

Fino alla metà del sec. XVI, queste comunità erano riuscite a mantenere anche costanti rapporti con il Patriarcato di Ochrida (Macedonia) da cui dipendevano, e che considerò costantemente gli italo-albanesi sotto la sua giurisdizione canonica.

Sotto il pontificato di papa Clemente XI (1700-1721), di origine albanese, e di Clemente XII (1730-1740), si registra un rinnovato interesse da parte della S. Sede verso la tradizione ecclesiale bizantina, che si manifesta con la fondazione del Collegio "Corsini" di San Benedetto Ullano (1732), poi trasferito nel 1794 a San Demetrio Corone, nel Collegio "S. Adriano", per le comunità bizantino-albanesi della Calabria e del Seminario greco-albanese di Palermo (1734) per le comunità della Sicilia.

La presenza di questi due centri culturali garantì alle comunità albanesi della provincia di Cosenza e di Palermo una cospicua eredità storica e culturale, su cui si formò un filone di impegno civile ed intellettuale attento alle istanze libertarie e democratiche della società italiana. Ma oltre a formare intellettuali e clerici progressisti, che svolsero un ruolo di protagonisti nel movimento risorgimentale italiano, queste due istituzioni favorirono con la propagazione delle nuove idee romantiche, il sorgere tra gli arbëreshë di una più matura e diffusa coscienza nazionale.

Trova: Altimari, Bolognari, Carrozza, L' esilio della parola, 1986, ETS, Pisa.

 

Una delle peculiarità degli albanesi d'Italia è il rito greco-bizantino, cui il papa Paolo II, nel 1536, attribuì pieno riconoscimento nell'ambito del cattolicesimo. Molte comunità, ancora oggi albanofane, hanno perso lungo i secoli il rito greco-bizantino che professavano in principio. Ciò è avvenuto dietro le pressioni delle autorità religiose e civili a livello locale. Si può affermare che la metà delle comunità di origine albanese, nei primi due secoli, siano passate dal rito bizantino a quello latino. Il rito bizantino si mantiene soprattutto nelle comunità albanesi della provincia di Cosenza, in Calabria, e in quelle vicino a Piana degli Albanesi, in Sicilia. Ecco un elenco delle comunità albanofone passate al rito latino:
Andali, Barile, Campomarino, Caraffa, Carfizi, Casalvecchio, Cerzeto, Chieuti, Ginestra, Greci, Marcedusa, Maschito, Montecilfone, Pallagorio, Portocannone, Santa Caterina Albanese, Santa Cristina Gela, San Martino di Finita, San Marzano di San Giuseppe, San Nicola dell'Alto, Spezzano Albanese, Ururi, Vena di Maida, Zangarona.
La tradizione religiosa si sviluppa su due piani:
da un lato quella ufficiale della Chiesa dal tipico rito bizantino che segue i canoni, anche se non in maniera del tutto uniforme, della chiesa Orientale;
dall'altro lato si ha la religiosità popolare che si esprime in forme e circostanze proprie.
A tal proposito si ricorda come le "Kalimere", una sorta di canto religioso eseguito da gruppi di giovani, che la vigilia di una festa girano casa per casa a dare l'annuncio della festività. Vale la pena di ricordare che la vita culturale degli albanesi, nei primi tre secoli di permanenza in Italia, si sviluppò nell'ambiente ecclesiastico. I segni più evidenti di tale importanza si hanno già dal 1592, anno comunemente assunto come inizio della storia della letteratura albanese in Italia, con l'opera di Luca Matranga.

Nei centri di formazione religiosa, dal Collegio greco in Roma ai due Collegi specificatamente destinati alla formazione dei preti albanesi (uno in Calabria e l'altro in Sicilia) si formarono tutti gli intellettuali albanesi fino a tutto il XVIII secolo. Tra i più importanti ricordiamo:

Luca Matranga, Nicola Figlia, Nicolò Brancato, Giovanni Tommaso Barbaci, Giulio Varibobba, Nicolò Chetta, Pietro Pompilio Rodotà; tutti scrittori ecclesiastici.

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