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L'ASSISTENZA DOMICILIARE
E' RIMASTA
UNA PROMESSA

di Maria Cristina Rinaldi

Ho letto su la Repubblica Bari dell’11 novembre l’articolo “Dall’ospedale al territorio”.

Territorio?

A Bari si traduce “dall’ospedale alla propria abitazione”, un’abitazione in cui, spesso senza alcun conforto, bisogna risolvere ogni giorno mille problemi:
d’igiene quotidiana delle persone ammalate o disabili,
di assistenza medica ed infermieristica e – se se ne ha la forza – di riuscire a parlare affettuosamente con loro per regalare qualche briciola di speranza.
Mi piacerebbe leggere un’inchiesta impossibile:
un viaggio nelle abitazioni di chi ha uno o più familiari supersenior, magari non più autonomi, di chi assiste ogni giorno – ripeto:ogni giorno - un figlio disabile o qualcuno che ha bisogno di cura e di assistenza.
Vivo quotidianamente la vita dei miei genitori, di 82 e 87 anni, due persone che hanno esigenze diversissime tra loro, proprio come accade ai nostri anziani oggi:
c’è chi - come mia madre - non è più in grado di provvedere alle sue necessità. E c’è chi – come mio padre - si sente  più vivo che mai. 
Lei ha bisogno di assistenza continua. Lui esce volentieri, va in libreria e vorrebbe frequentare cinema o teatri.
Nel piccolo soggiorno della loro casa convivono la sedia a rotelle ed il computer portatile.
Una telecamera nascosta potrebbe riprendere momenti drammatici, l’ansia per i problemi che si presentano all’improvviso, le telefonate che si accavallano alla ricerca di un medico, richieste di aiuto familiare per un’assistente che dà forfait. E tanti momenti di silenzio seduti davanti al piccolo schermo.
La telecamera potrebbe far risaltare lo stupore e il sorriso dei miei cari vecchi quando le nipoti, a sorpresa, vanno a trovarli.
Tutto si consuma tra le quattro pareti della loro casa, come se al di fuori di essa ci fosse il deserto.

Senza la rete familiare, chi si curerebbe di loro?

Quando anche la nostra città, tutta la città e non solo qualche piccola isola, saprà realizzare la rete dell’assistenza domiciliare integrata?
Ho superato i cinquant’anni e l’assistenza ai miei genitori mi sta proiettando paradossalmente nel mio futuro.
Scorre davanti ai miei occhi e mi fa un po’ paura.
Vorrei tanto che chi ha risanato i bilanci regionali della Sanità vedesse ciò che accade nelle corsie degli ospedali dopo il taglio dei posti letto.
Vorrei che guardasse nelle case dove tante famiglie vivono momenti di paura, rabbia e impotenza.
E dove genitori e figli non sanno più dove attingere i fondi necessari per pagare – di tasca propria – i servizi sanitari.

Si parla già delle prossime elezioni.

Io vorrei che si parlasse meno, che si facesse molto di più per accorciare le code o per non ricoverare su una barella un’ottantenne.
E per mettere in grado gli operatori della sanità pubblica di fare bene il loro delicatissimo mestiere.

pubblicato su la Repubblica Bari il 16 novembre 2003