Era nato a Morges il 4
giugno del 1871 da Louis-Henry-Adolphe
Soutter, farmacista, e da Marie-Cécile
Jeanneret-Piquet, eccellente musicista e
insegnante di canto alla scuola superiore
femminile di Morges, costantemente
sdegnata dall'ansia per il futuro di
Louis. Il fratello Albert, che dopo la
morte del padre si era fatto carico della
farmacia, viene messo sotto tutela per
alcolismo e nel 1927 internato, prima nel
Ricovero di Pontareuse a Boudry, presso
Neuchâtel, su richiesta della moglie
Elizabeth, poi all'Ospedale Psichiatrico
di La Rosière a Gimel, dove muore il 21
maggio del 1930. La sorella Jeanne era
morta in casa nel 1916 a soli
quarant'anni, in circostanze che fanno
pensare al suicidio (Se tuer ma soeur
Jeanne je te reverrai j'entends ta voix,
scrive, con mano tremante, l'artista sul
retro di un suo disegno): intratteneva
una relazione con un uomo sposato,
colpevolizzata dall'entourage
protestante. La madre stessa, senza
precisarne le cause, firmava il
certificato di decesso. Ecco l'uomo, ecco
la famiglia, in una nota di Louis: Sainte
Famille, 1932, condamnée. Une mère, un
fils infirme, un fils aîné vigoureux,
une fille impudique.
Nel 1894 Louis Soutter, colmo d'amore e
di speranza, incontrava a Bruxelles la
violinista americana Madge Fursman, come
lui allieva del maestro Ysaye, e la
sposava il 24 luglio di tre anni dopo a
Colorado Springs, Stati Uniti. Già nel
1895 il pittore Charles Koëlla gli
consigliava di prendere distanza dalla
musica, che tendeva a logorargli un
sistema nervoso già fragile, per
dedicarsi alla pittura e al disegno. Il
ritmo di vita americano, però,
l'iperefficientismo della moglie, la
destituzione dall'incarico di direttore
del Dipartimento di Belle Arti di
Colorado Springs, ne incrinavano
irrimediabilmente la stabilità psichica.
Veniva rispedito in Svizzera e chi lo
incontrava stentava a riconoscerlo, per
la magrezza e la prostrazione psichica.
I fatti. Il 26 gennaio 1903 la moglie
consegna al Tribunale del distretto
l'istanza di divorzio: Louis Jeanneret
Soutter è responsabile, dal momento del
matrimonio, di atti estremamente crudeli
ripetuti nei confronti della querelante,
provocandole sofferenze mentali, mettendo
a rischio la sua salute, investendola di
un carico continuo [...] Nessuna prole,
non si richiedono gli alimenti. Si
richiede il permesso di riassumere il
nome da signorina Madge Fursman. Tutto
avveniva in assenza di Louis Soutter,
neppure rappresentato da un avvocato alle
udienze in tribunale. Nel 1904 il
registro municipale riporta a proposito
della moglie la seguente iscrizione: Mrs.
Louis Soutter, widow of Louis Soutter. La
giovane americana era riuscita anche ad
improvvisarsi burocraticamente vedova. La
rapidità con cui ci si era sbarazzati di
lui lasciava l'artista allibito e
confuso. Il suo destino era già iscritto
nel suo stesso nome: Soutter,
foneticamente sotto terra. Uno zio
paterno, il dott. Henri Soutter, che si
prendeva cura di lui, con profondo
rammarico confidava alla figlia, senza
riferirsi tuttavia all'opportunità di
trattamenti psichiatrici: Io non ci sarò
più, ma vedrete che Louis morirà pazzo.
Altra confidenza, questa volta da parte
dell'artista a una sua cugina di Ginevra:
Ma femme était autoritaire, elle se
servait de moi comme d'une machine à
gagner de l'argent et elle me rendait
dépressif. Le confidenze continuano. A
un amico: Je n'ai jamais eu la force
d'avoir des enfants. Al pittore
Auberjonois: Elle était trop bien pur
moi; j'avais de vilaines dents et ma
femme en avait de très belles. Elle
souriait insolemment. C'était pour moi
une offense. Nel 1906 il dott. André
Jeanneret, zio materno, affida il nipote
alle cure del dott. Mutzenberg, direttore
della Clinica Psichiatrica Sonnenfelds, a
Spiez, nei pressi di Berna. Dopo il
soggiorno di un anno, si registra un
miglioramento, al punto che il paziente
viene assunto come primo violino
nell'Orchestra del Teatro di Ginevra.
Insorgono tuttavia problemi di
insofferenza alla disciplina e Soutter
viene declassato al ruolo di secondo
violino. Gli episodi di labilità
psichica non si allentano l'anno
successivo nell'Orchestra Sinfonica di
Losanna. La sua presenza diventa
insostenibile in un insieme di elementi
fondato sulla sintonia: lievi crisi
dissociative sempre più frequenti lo
immobilizzano improvvisamente mentre
esegue un pezzo, che tuttavia crede di
suonare e invece ascolta con occhi
attoniti, incavati in un volto segnato
dalle allucinazioni. Lo stipendio appena
guadagnato viene subito speso in
soggiorni in alberghi di lusso, in sarti
alla moda. Addebita l'acquisto di cento
cravatte alla famiglia e di regali
dispendiosi ai destinatari degli stessi.
Il 1915 segna la fine della sua attività
musicale in un'orchestra. Il primo
novembre dello stesso anno risulta che
Louis Soutter chieda l'interdizione
volontaria dai beni di famiglia: Cette
demande est faite vu l'inexpérience du
requérant et sa faiblesse morale. Le
juge a fait une enquête sur place a
Genève, qui lui a montré la nécessité
de cette mesure pour sauvegarder le peu
qui reste au susnommé Soutter. Per
volontà dei suoi familiari sperimenta,
nella Casa di Cura di Eclagnens nel
Gros-de-Vaud, la vita in comunità,
dividendo incarichi da fattoria con
alcolizzati e squilibrati non violenti.
Durata del soggiorno: dal 7 febbraio 1922
al 14 maggio dello stesso anno. I tutori
subentrano l'uno all'altro: da Louis
Monay, amico di famiglia, a Jules
Béraneck, di Morges, e, fino al 15 marzo
1923, ad Ami Rattaz, notaio in Morges.
Non appena l'accredito di franchi
svizzeri 5.400.000, assegnato dal Giudice
di Pace di Morges nel 1917, si estingue,
Louis Soutter viene internato nel
Ricovero per Anziani di Ballaigues. Anno
1923, età anni 52.
La sua attitudine dandy gli procurava, in
quel contesto, non poco disagio.
Affollava il vuoto quotidiano di una
moltitudine di manie, non mangiava: Le
jeûne me met en état de grâce, soleva
ripetere. Quella che nella villa di
famiglia, a Morges, era un'andatura
altera, che evidenziava la sua alta
statura, diventa per le strade di
Ballaigues e nelle frequenti
peregrinazioni diurne e notturne, un
incedere da clochard raffinato, testa
incassata tra le spalle, ginocchia
piegate come se pedalasse su una
bicicletta invisibile. Si sentiva
estraneo alla civiltà, agli uomini,
leniva la sua sofferenza a contatto con
la natura. Mademoiselle, je suis un homme
perdu... Dieu? Je me le représente
semblable à un homme... seul...: vestiva
un Principe di Galles color avana,
Borsalino caffelatte, stivaletti di cuoio
giallo a bottoni, guanti bianchi. Si
racconta che un giorno Louis, avendo
preso appuntamento con un grosso
proprietario di Morges per l'acquisto di
un terreno, gli dicesse: Due metri
quadrati mi sarebbero sufficienti... non
sono poi così alto. Allo sguardo
attonito dell'altro, Soutter avrebbe
risposto: Che diamine, è per prendere i
bagni di sole. Un po' dandy e un po'
cleptomane, rifiutava, nei suoi frequenti
soggiorni da amici o cugini, lenzuola
usate, benché di bucato, cucchiai che
non fossero d'argento; o, dopo essersene
inopinatamente appropriato, restituiva
con disprezzo una pietra trasparente che
aveva creduto un diamante. Un amico gli
elargisce venti franchi e lui apre
appositamente un conto corrente per
ritirarne un franco al giorno, di fronte
all'ira repressa del direttore di banca.
Seta, argento, oro, diamante, sembrano
doversi sostituire al valore di cui Louis
Soutter ha deprivato se stesso. La sua
interiorità dolente e nuda si
vuole accuratamente e preziosamente
vestita per l'esterno. Interminabile è
l'archivio delle testimoninanze ufficiali
della vita e dell'opera di Louis Soutter.
Michel Thévoz, in Louis Soutter ou
l'écriture du désir, (Edizioni L'Age
d'homme, Losanna, e Schweizerisches
Institut für Kunstwissenschaft, Zurigo),
ne ha fatto una raccolta rispettosa e
consapevole. È da questa che, una volta
di più, attingiamo una testimonianza, la
prima, di carattere medico. Estratto di
un articolo del dott. Alfred Bader,
apparso nel 1966 sulla rivista «Vie
médicale»: ...Autoaccuse, modestia
patologica, sensi di colpa, regimi
alimentari, frenesia d'abbigliamento,
autismo, fasi depressive alternate a
prodigalità esuberante, sono tutti
frammenti di un puzzle che si completa
agevolmente nel quadro clinico di una
schizofrenia simplex... Quale sarebbe
stato il suo destino se non fosse stato
affetto da psicosi? Un eccellente
professore di disegno, un buon pittore
come ne esistono a migliaia? O ancora un
grande artista fra i tanti? Ne dubitiamo,
da parte nostra; riteniamo piuttosto che
Soutter sia divenuto uno dei maestri
della pittura moderna grazie alla sua
psicosi. Checché ne sia, sul piano
strettamente patologico, è certo il caso
più sorprendente di un pittore che, a
causa di una psicosi schizofrenica, non
ha perduto la sua ispirazione, ma ha
creato un'opera che ha lasciato a
distanza il lavoro precedente la
malattia. Soutter è uno di quei rari
casi in cui si constata che la psicosi
può scatenare una vera creatività, la
nascita di un'opera d'arte senza pari. È
malato in quanto è malato il mondo, non
la sua mente: la sua è la follia degli
altri. La medicina però redige il suo
quadro clinico.
Ernest Manganel, già conservatore del
Museo Cantonale di Losanna, suddivide
l'opera di Louis Soutter in quattro
periodi: opere di gioventù, dal 1892 al
1915; disegni sui quaderni dalla
copertina azzurra, dal 1923 al 1930;
periodo manierista, dal 1930 al 1937;
opere dipinte con le dita, dal 1937 al
1942. È possibile una lettura in chiave
evolutiva di un linguaggio popolato,
nella fase finale, di figure ossessive,
prese nel vortice di una danza rituale o
mortale, che potrebbe rinviare alla
coazione a ripetere di un soggetto
schizofrenico? Come Giacometti, Soutter
è nella perdita di corpo che trova il
corpo, è nel contatto con il segno che
dà vita all'immagine: i suoi esercizi di
nero non sono solo quelli di un artista
delirante che intinge le dita
nell'inchiostro di China, nel lucido da
scarpe, in oli, gouaches, smalti trovati,
ma quelli di un cieco che ha sentito la
luce con le dita, modulandone l'ombra o
l'incendio. Nella vampata nera di
quest'opera vediamo svolgersi tutta la
storia mitica del corpo, che si compie
nel disvelamento dello sfacelo della
carne. Nel momento della miseria più
assoluta l'arte non manca di presentarsi
per far danzare ancora, sul bordo del
nulla, la libertà folle della creatura:
parole di Jean Starobinski. Chi è Louis
Soutter per René Berger? Un artista non
esiste - è evidente - che a partire da
un'opera; e l'opera non esiste - è
evidente - che a partire da un pubblico
che la giudichi tale. Louis Soutter ebbe
in vita il tragico privilegio di essere
considerato dai più un anormale, e i
suoi disegni la produzione di un folle.
Anche Hermann Hesse ha parlato per lui e,
nella traduzione di Lucia Giavotto
Künkler, così suonano i suoi versi:
Dimentico talora / metto talora
l'angoscia / al bando, e dalle rive
lontane / di anni oscuri, anni numerosi,
odo allora la musica, / la sonata a
Kreutzer... Ma so / che alla finestra,
alle mie spalle, lei / sta ritta in piedi
e ride. / Lei mi conosce. Sa. Ma
Soutter sentiva altre voci, non queste:
era ormai sotto terra quando la storia
aveva trovato un posto a uno spostato.
Oggi il mitico oboista, direttore e
compositore svizzero Heinz Holliger, gli
ha dedicato un concerto per violino e
orchestra (1993-1995), in occasione del
settantacinquesimo anniversario di quella
stessa Orchestre de la Suisse Romande di
cui l'artista, in modo un po' trasognato,
aveva per qualche anno fatto parte.
Questo Omaggio a Louis Soutter si compone
di tre movimenti - lutto, ossessione,
ombre - e ne prevede un quarto che avrà
come referente l'opera Prima del
massacro, dipinta il giorno stesso della
dichiarazione della Seconda Guerra
Mondiale. Compositore radicale, Heinz
Holliger è altresì un regista della
memoria: la sua musica, attraversata da
numerosi riferimenti, richiama volentieri
figure amiche di artisti reietti,
emarginati dalla società e spesso sul
bordo della follia, come Schumann, Trakl,
Hölderlin, Walser...(da una nota del
critico musicale Philippe Albéra).
Louis Soutter non è più solo, adesso è
in compagnia. Dalla finestra, dietro le
inferriate, da dove, con mascelle senza
denti, lo guardava la morte, ora è lui
che fissa il mondo. Lo fissa e ride. Lui
lo conosce. Sa.
- Bibliografia di riferimento e
documenti principali
- A. Bader, Louis Soutter, eine
pathographische Studie,
Stoccarda, Paul Erchardt Verlag,
1968.
A. Bader, Le cas du peintre
suisse Louis Soutter, «Vie
médicale», 47, Losanna, 1966.
P. Bellasi, V. Conti, F. Menna,
J. Starobinski, Louis Soutter -
Carico di destino, Milano, Nuova
Prearo Editore, 1986.
R. Berger, E. Manganel, Louis
Soutter, Losanna, Mermod, 1961.
E. Billeter, Les doigts peignent:
Arnulf Rainer, Louis Soutter,
Losanna, Musée cantonal des
Beaux-Arts, 1986.
G. Bruno, Louis Soutter,
«Quaderni del Museo, Accademia
Ligustica di belle arti»,
Genova, Stringa, 1986.
M. De Micheli, V. Conti, Louis
Soutter (1871-1942), a cura di M.
Züblin, Tenero, Edizione
Galleria Matasci, 1987.
H. Hesse, Louis Soutter, «Neue
Zürcher Zeitung», Zurigo, 12
novembre 1961, poesia tradotta
nel 1962 in francese da Philippe
Jaccottet e nel 1986 in italiano
da Anna Lucia Giavotto Künkler.
Municipio di Morges,
Amministrazione e Archivi
comunali, lettere e cartoline
postali.
J. Starobinski, Les actes d'une
passion, prefazione al catalogo
della mostra alla Galerie
Benador, Ginevra, 1962.
B. Tosatti (a cura di), Figure
dell'anima, Milano, Mazzotta,
1998.
M. Thévoz, Louis Soutter,
Losanna, Éditions Rencontre,
1970.
M. Thévoz, Louis Soutter ou
l'écriture du désir, Losanna,
Éditions L'Age d'homme, 1974, e
Schweizerisches Institut für
Kunstwissenschaft, 1974.
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