SOLOFRA:L’ETA’ SANNITICA.

Le necropoli, i siti abitativi (IV-II a. C. ).

 

I primi reperti preromani, rinvenuti dall’Autore, riguardano alcuni rari frammenti di ceramica fine da mensa a vernice nera e qualche moneta del II-I sec. a. C. , attestante una massiccia frequentazione in epoca sannitica. Tuttavia la prima scoperta ufficiale risale al gennaio del 1976 con il  rinvenimento di alcune tombe ad inumazione in cassone tufaceo, nell’area agricola di Starze, interessata da uno sbanco per la costruzione di  edificio scolastico. Le tombe risultarono violate in epoca imperiale e riutilizzate con il rifacimento del fondo con i  frammenti di tegoloni. Uno di questi restituì un bollo laterizio a cartiglio rettangolare con impresse le iniziali del figulo locale: NIC. SE, verosimilmente: Niceratus servus -?-, in età imperiale (II sec. d. C.). La tomba “A”  restituisce anche una piccola fibula bronzea a gancio, finemente cesellata a motivi  geometrici  (III-IV sec. d. C.) come umile corredo della  giovane inumata. La necropoli sannitica del IV sec. a. C. era molto vasta; la maggior parte delle tombe, a cassa tufacea, risultarono riutilizzate in epoca imperiale. Il 10 settembre del medesimo anno l’Autore rinviene, e tutela, un’importantissima sequenza di tombe a semplice cassone tufaceo, tutte di epoca sannitica (fine V inizio IV sec. a. C.).

Solofra (Av): località Starza (A), tomba a cassone tufaceo con resti di guerriero sannitico e corredo bronzeo e ferreo

 

La necropoli  occupava l’intera area agricola denominata “ Starze” (soprana e sottana);tra le tombe inviolate si rinvenne quella denominata del “capo tribù”, di proporzioni e tipologia diversa; tuttavia risultata saccheggiata in epoca romana del suo ricco e prezioso corredo rituale (tracce di  oro, argento e borchie in bronzo), come documentano le rare sequenze di lamine a sbalzo, ivi rinvenute durante lo scavo ad opera della Soprintendenza archeologica competente. Le tombe ad inumazione riguardano guerrieri del ceppo irpino di stanza nell’area valliva sin dal V sec. a. c. e per tutto il II sec. a. C.,   con innesto quasi fisiologico nella cultura romana. attraverso l’integrazione culturale con il mondo latino ed i suoi molteplici aspetti politico/amministrativi. I corredi  restituiti dalle tombe B e C, pressocchè similiari, comprendono il caratteristico cinturone a lamina bronzea inornata con fori per i due ganci a fusione a protome teriomorfa ( testa canina e corpo con ali di cicala, finemente striato e di estrazione ellenizzante, una fibula ferrea ad arco di tipo arcaico, una patèra bronzea monoansata ricolma delle ceneri del pasto rituale, con un rasoio ferreo o cultro ferreo rituale, oltre all’onnipresente punta di lancia in ferro del tipo italica ad innesto profondo ed un coltellaccio ferreo. Una delle tombe, del tipo architettonico a camera con copertura a spioventi tufacei, spoliata in epoca imperiale, per l’imponenza e la preziosità del corredo, denoterebbe la presenza in loco di un medddix”, ovvero del magistrato o capo tribù  del nucleo locale. La presenza locale del ceppo sannitico irpino è documentata per oltre quattro secoli con una continuità stratigrafica davvero singolare, come attestano le necropoli  di epoca successiva con tombe ad inumazione realizzate con tegoloni cotti al sole “alla cappuccina”, ovvero a capanna con tetto spiovente e coppi superiori. L’abbondanza di ceramica a vernice nera con bolli impressi di tipo campano, prodotta tra i secoli IV e I a. C., denoterebbe una persistenza epocale davvero singolare per la valle solofrana.

Tracce di abitati, attestati da impronte di capanne realizzate con fondamenta a ciottoli grossolani a secco, sono state rinvenute dall’Autore nell’area pedemontana, unitamente a tracce di ceramica di tipo protostorico ed a vernice nera, macine basaltiche e mattoni crudi con impronte di mano ed animali. Pregevole e rarissimo un frammento di “ opus doliare”  con graffiti in lingua “osca”  è stato fortuitamente rinvenuto nell’area della vasta villa rustica di Tofolo, a sant’Agata irpina di Solofra; sito archeologico (VR/7) scoperto e segnalato dal medesimo Autore. Il graffito preromano documenta la presenza di un locale meddix deketatis, ovvero del magistrato minore del  pagus Salufranus , addetto al rilevamento delle decime o tributi, pagate dalla tribù locale al nuovo padrone dell’area di stanza agricolo/pastorale o allo Stato romano, presente con le numerose ville rustiche, sin dal I secolo a. C., nella salubre e fertile valle solofrana. Suggestiva apparirebbe anche la probabile radice osca del toponimo “Solofra “ che denoterebbe la salubrità, l’ospitalità e la fertilità del sito naturale, ricco di boschi e sorgenti perenni. La tribù sannitica locale trafficava con i nuclei  stanziati nella retrostante valle del fiume “Sabbato” nel serinese, verso la civita di Abellinum, utilizzando l’agevole passo della “Vadora” tra Solofra e Cesinali, con l’actus a selciato conservatosi fino a qualche decennio fa. Traffici di scambio vi erano anche con l’area del  retroterra pompeiano/nocerino attraverso il tracciato consolare di Rota, verso Salernum e Nuceria Alphaterna.

 

Per approfondimenti si rimanda al testo: F.Guacci, Preistoria e Storia della valle solofrana,Salerno 1979 (vol. II).