INTRODUZIONE
Il completamento delle due dissertazioni dottorali negli anni Settanta
ha segnato l’ inizio di una nuova era nella applicazione antropologica
della chimica delle ossa. I pionieri in questione sono Brown (1973) e
Gilbert (1975), che per primi hanno dimostrato il potenziale dell’
analisi degli elementi in traccia in un osso umano nell’ ambito
della ricostruzione delle diete preistoriche. Sperimentando diversi modi
di approccio a questo scopo, Brown fece affidamento sull’ impiego
delle concentrazioni dello Stronzio nelle ossa e dei rapporti Stronzio-Calcio
in un campione geograficamente diverso, mentre Gilbert determinò
vari livelli di cinque elementi in reperti ossei umani provenienti da
un sito preistorico dell’ Illinois.
Ancora oggi è sempre vivo l’ interesse nell’ analisi
degli elementi in traccia. In un periodo relativamente breve, diversi
aspetti di questo campo dinamico e controverso sono stati discussi attraverso
la pubblicazione di volumi (Price, 1989a; Grupe e Herrmann, 1988), dissertazioni
dottorali (Radosevich, 1989; Edward, 1987; Katzenberg, 1984; Sandford,
1984; Sillen, 1981a; Bisel, 1980; Schoeninger, 1980; Szpunar, 1987), e
numerosi articoli (Aufderheide, 1989; Sillen, 1989; Hancock, 1989; Lambert,
1989; Pate e Hutton, 1988; Grupe, 1988; Hanson e Buikstra, 1987; Byrne
e Parris, 1987).
Più che la mera quantità delle pubblicazioni, molto importante
è il crescente senso, evidente nella letteratura recente, che la
ricerca degli elementi in traccia in antropologia ha raggiunto il climax.
Questo sentimento, nato da una controversia riguardante alcuni tra i principi
basilari dell’ analisi degli elementi, potrebbe benissimo marcare
l’ inizio di una nuova era, caratterizzata da una ricerca essenziale
che “racchiude” un uso estensivo di disegni sperimentali e
di indagini di laboratorio. Sillen e alcuni suoi collaboratori, per esempio,
hanno recentemente reclamato un approccio “più aggressivo
e più sperimentale” per confrontare problemi fondamentali
della chimica archeologica delle ossa, come la diagenesi o le alterazioni
postmortem negli elementi costitutivi dell’ osso. Questa tattica
è stata già applicata da alcuni ricercatori sul campo (Pate
e Hutton, 1988; Lambert, 1985), che hanno condotto in laboratorio esperimenti
per esplorare diversi fenomeni, quali il processo di scambio degli ioni
tra le soluzioni del suolo e le componenti minerali dell’ osso.
Questo capitolo fornisce una cornice storica per valutare l’ attuale
condizione di questo eccitante, dinamico e controverso campo. Cominciando
con una discussione sulla struttura biochimica dell’ osso, vengono
esplorati i processi che governano la deposizione degli elementi in un
contesto sia di ante che di postmortem, definiti continuum biogenetico-diagenetico
. Su questo sfondo vengono proiettate e presentate precedenti applicazioni
antropologiche di analisi di elementi in traccia e informazioni correnti
riguardanti la scelta di procedure analitiche appropriate e usi tecnici
di strumenti scientifici. Sotto questa luce, la sezione finale delinea
direzioni e raccomandazioni per la ricerca futura.
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IL CONTINUUM BIOGENETICO-DIAGENETICO
I biologi dello scheletro spesso enfatizzano la natura dinamica dell’osso,
caratteristica che può non essere subito evidente visto il suo
piuttosto rigido aspetto macroscopico. Questa caratteristica dovrebbe
venire sottolineata nella presente discussione, in quanto si riferisce
all’ abilità dell’ osso di essere in dinamico rapporto
con il suo ambiente immediato. Questo aspetto, insieme alla sua microscopica
struttura, è fondamentale per capire la composizione degli elementi
dell’ osso, sia in individui viventi che in quelli sepolti nel terreno.
Durante tutta la vita il sistema scheletrico gioca un ruolo vitale nel
mantenimento dell’ omeostasi minerale. L’ osso serve essenzialmente
come serbatoio minerale, dove gli ioni vengono depositati e rilasciati
a seconda delle esigenze fisiologiche. Analogamente altri processi dinamici,
quali l’ assorbimento e l’escrezione degli elementi, e condizioni
fisiologiche, come la crescita, la gravidanza e l’ allattamento,
coagiscono con costituenti dietetici per regolare concentrazioni biogenetiche
maggiori e minori di elementi in traccia.
Comunque, l’ osso non è meno dinamico in seguito alla sepoltura
nel terreno. Mentre logicamente l’ interazione fisiologica con l’
organismo non è più presente, virtualmente i processi che
coinvolgono la chimica dello scheletro e le microstrutture assicurano
che lo scambio di elementi tra le ossa e l’ ambiente circostante
continueranno. E’ questa propensione allo scambio ionico che rende
lo scheletro particolarmente vulnerabile alle alterazioni postmortem della
composizione degli elementi attraverso il contatto con diversi terreni.
Tali considerazioni mettono in evidenza che, nonostante i fattori esterni
specifici, che regolano la composizione degli elementi possano variare
a seconda che si tratti di un osso “vivo” o di uno archeologico,
c’è quasi inevitabilmente un continuum biogenetico-diagenetico
nel quale la composizione chimica del tessuto osseo è continuamente
alterata sia in un contesto di ante che di postmortem. Perciò,
se i minerali sono fondamentalmente di origine dietetica, fisiologica
o diagenetica, la loro presenza nell’ osso è un prodotto
dell’ interazione tra le proprietà chimiche del tessuto e
il suo contesto ambientale. Una simile posizione fu presa da Von Endt
e Ortner, i quali notarono che:
“Questo tessuto (osso) è chimicamente attivo durante la vita,
e dopo la morte continua a reagire in risposta a condizioni estrinseche
ed intrinseche, quando entrambe le fasi, quella proteica e quella minerale,
dell’ osso, insieme all’ associazione tra queste due componenti,
cominciano a decomporsi, concludendosi potenzialmente con un completo
dissolvimento del tessuto”.
La struttura e la reattività dell’ osso erano tra quelle
importanti “condizioni intrinseche” identificate da questi
autori, mentre le “condizioni estrinseche” includono l’
immediato ambiente postmortem dell’ osso. Poiché la struttura
chimica dell’ osso è il comune denominatore dei meccanismi
ante e postmortem della deposizione degli elementi, questo argomento è
stato trattato prima di ulteriori discussioni sui processi specifici che
operano nel continuum biogenetico-diagenetico.
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LA CHIMICA DELLE OSSA
Per quanto riguarda la struttura, l’ osso è formato da una
componente organica ed una minerale. La prima arriva a costituire circa
il 20%-25% del peso asciutto dell’ osso e consiste principalmente
in collagene del Tipo I. Questa proteina del tessuto connettivo è
organizzata in fascio di fibre che, grazie alla loro elasticità
e flessibilità, conferiscono all’ osso proprietà di
resistenza alla tensione e alla torsione. Il collagene da solo è
responsabile approssimativamente del 90% del peso asciutto della matrice
organica, mentre altri composti, comprese le proteine non collagene, proteoglucidi
e lipidi costituiscono il peso rimanente. Queste sono, in compenso, costituenti
importanti della sostanza organica di base, disseminata qua e là
tra le fibre collagene. Mentre pochi elementi in traccia essenziali, quali
il ferro e il rame, sembrano venire depositati principalmente nella matrice
organica, la maggior parte degli studi antropologici sugli elementi in
traccia analizzano la parte inorganica o minerale, l’ubicazione
per gli elementi attinenti alla paleodieta.
Il fosfato di calcio, componente prevalente della parte minerale, viene
trovato sia in forma cristallina che amorfa, distinzione basata sul livello
dell’organizzazione strutturale mostrata dai costituenti di un solido
chimico. I solidi cristallini sono costituiti da insiemi di cellule che
si ripetono regolarmente, organizzate in uno schema tridimensionale o
“grata di cristallo”. Gli insiemi strutturali di solidi amorfi,
al contrario, sono configurati in modo più disorganizzato, sebbene
tali solidi possono contenere aree localizzate per un assetto più
ordinato.
Nella sua forma cristallina, il fosfato di calcio dello scheletro è
comunemente conosciuto come idrossiapatite. Comunque sia la forma strutturale
che la natura chimica di questo componente sono soggette a grandi variazioni.
Poiché tali variazioni comportano sia l’apporto che la perdita
di elementi nelle ossa durante la vita e dopo il seppellimento, essi costituiscono
l’importante meccanismo che sta alla base del continuum biogenetico-diagenetico.
Inoltre, poiché i costituenti chimici dell’osso durante la
vita variano così marcatamente, gli studi mirati a delineare le
sue normali proprietà, strutture e concentrazione degli elementi,
sono essenziali per renderci abili di interpretare accuratamente i resti
scheletrici antichi. Probabilmente la proprietà più importante
sotto questo aspetto è l’abilità dell’idrossiapatite
dello scheletro di esistere in una forma non- stechiometrica.
Le variazioni stechiometriche nella formula dell’idrossiapatite
sono principalmente dovute ad un fenomeno di scambio eteroionico, a causa
del quale i vari ioni sono incorporati nell’osso sostituendo i sui
normali costituenti chimici. I processi di scambio ionico sono spesso
concettualizzati attraverso la descrizione della complessa struttura minerale
dell’osso. Molto importanti per la perdita e l’acquisizione
di ioni sono quattro componenti : (1) insieme di cellule interne, (2)
insieme d cellule della superficie, (3) ioni di superficie, (4) una superficie
d’idratazione dello scheletro. Comunque, in generale, gli ioni vengono
scambiati con più facilità in superficie, e specialmente
in quella d’idratazione dello scheletro, che possiede ioni in equilibrio
con le altre superfici. A causa della loro propensione allo scambio ionico,
le regioni superficiali hanno una natura chimica che è stata caratterizzata
come un “sistema altamente dinamico” con una “struttura
labile”. A differenza, i costituenti fondamentali degli insiemi
delle cellule interne, circoscritte nei cristalli, sono più stabili,
essendo derivate primariamente dal contatto con i fluidi durante la loro
formazione. Dopo la formazione, la dissoluzione del cristallo stesso,
o dei suoi confini di superficie, sono i requisiti di questi scambi.
Inoltre, il livello di sostituzione che può apparire durante la
formazione del cristallo è limitata da fattori termodinamici e
metabolici. Mentre molti aspetti delle differenti fasi della formazione
del minerale osseo aspettano una chiarificazione, variazioni nella loro
quantità sembrano essere influenzate dall’età delle
strutture della calcificazione. Un osso non maturo, meno calcificato,
contiene una più alta proporzione di minerale amorfo, mentre la
presenza di questa fase nell’adulto è limitata a specifiche
zone che includono le superfici dell’endostio, periostio, trabecoli
e canali di Havers. E’ stato anche ipotizzato che la fase amorfa
giochi un importante ruolo nell’omeostasi ed anche nella diagenesi.
Perciò, la base teorica e fisiologica per l’uso delle analisi
degli elementi nelle ricerche archeologiche, è anche un fattore
alla base della diagenesi. Comunque, prima di analizzare i processi diagenetici,
bisogna tenere conto di altri fattori che potrebbero confonderli.
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CLASSIFICAZIONE E FUNZIONE DEGLI ELEMENTI
Gli elementi presenti nel corpo sono classificati come elementi in maggioranza
o in traccia. La loro distinzione dipende dalla loro quantità.
Gli elementi in traccia sono ulteriormente classificati come:
1. Essenziali per la dieta
2. Poco essenziali
3. Non-essenziali
4. Tossici
Spesso la ricerca antropologica prende in considerazione anche alcuni
elementi in maggioranza.
Gli elementi in maggioranza includono: idrogeno, calcio, fosforo, ossigeno,
potassio, sodio e magnesio.
Sebbene questi elementi svolgono una quantità di funzioni essenziali,
essi giocano un ruolo fondamentale per l’integrità strutturale
dell’organismo. Questa funzione è svolta principalmente dal
calcio e dal fosforo, mentre altri elementi inclusi carbonio, idrogeno,
ossigeno, sono stati definiti “costruttori dei blocchi molecolari”
perché sono essenziali per la formazione di aminoacidi, purine,
piramidine ecc. Gli altri elementi in maggioranza funzionano sia come
elettroliti in questi processi, sia come mantenimento dell’acido
base e del volume del sangue sia anche come trasmettitori delle contrazioni
muscolari e degli impulsi nervosi. Gli elementi in traccia primari vengono
spesso associati a diversi enzimi
La categoria che racchiude gli elementi in traccia tossici è molto
ambigua, poiché teoricamente tutti gli elementi in traccia sono
tossici se estratti in quantità eccessive dopo periodi di tempo
relativamente lunghi, la categoria si restringe di solito a quegli elementi
che hanno conseguenze tossiche a livelli piuttosto bassi.
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ELEMENTI ASSUNTI
Le concentrazioni dei vari elementi chimici, è differentemente
distribuita fra le varie fonti alimentari. Su questo si basano i vari
studi antropologici che con le analisi degli elementi in traccia, cercano
di determinare le diete preistoriche. In generale, per esempio, cibi di
origine animale, hanno una più alta concentrazione di rame e zinco.
Al contrario, elementi come lo stronzio, il manganese, il calcio, ecc.,
sono contenuti in percentuale maggiore nelle piante. Dalla comparazione
di questi due tipi di analisi, si possono ricavare dati sulla paleonutrizione.
Per fare ciò bisogna tenere conto, comunque, di molte difficoltà.
Primo, l’interpretazione delle concentrazioni nello scheletro è
spesso offuscata dalla scarsità delle informazioni sugli elementi
che costituivano i cibi preistorici.
Problemi simili nascono dalla difficoltà nel valutare gli effetti
delle tecniche di preparazione del cibo e gli effetti delle variazioni
ambientali sulla dieta. Una buona quantità di elementi in traccia
può penetrare nel cibo come contaminante attraverso gli utensili
da cucina. Possiamo prendere come esempio la relazione tra l’intossicazione
da piombo e il largo uso di piombo di base e/o vasellame da cibo e contenitori
per bevande dei greci, romani, coloni americani e altre popolazioni. Molti,
invece, sostengono che tali tecniche e utensili possono fornire o dannose
o benefiche quantità di alcuni elementi come il ferro. Infine,
i livelli ambientali, come manifestato nelle concentrazioni del suolo
e dell’acqua, possono dare un contributo sostanziale alla conservazione
interna degli elementi. Gli inclusi di zinco o di magnesio, per esempio,
possono aumentati di molto dalla fornitura di acqua locale. Le marcate
variazioni esibite dal suolo delle concentrazioni degli elementi, influenzano
sia direttamente che indirettamente gli assunti dietetici. In più,
gli elementi del suolo possono essere introdotti secondariamente nei cibi
attraverso una contaminazione. Ad esempio in Etiopia, il principale cerale
teff è stato contaminato con il ferro durante il processo di coltivazione,
macinazione, immagazzinamento, in una proporzione di più di 470
mg di ferro consumati ogni giorno dagli abitanti del luogo. Gli elementi
assunti, sono indubbiamente influenzati da diversi fattori, nelle popolazioni
passate come in quelle moderne. Tali fattori, che vanno dalle tecniche
per trattare il cibo alle concentrazioni nel suolo all’acqua da
bere, tutti contribuiscono nelle valutazioni degli elementi in traccia.
Gli elementi aggiunti, inoltre, sono formati da altri processi che sottolineano
le concentrazioni degli elementi nel tessuto.
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OMEOSTASI DEGLI ELEMENTI
I processi interni di assorbimento ed escrezione, così come quelli
che governano l’immagazzinamento e la mobilitazione degli elementi,
giocano tutti un ruolo nel mantenimento dell’omeostasi. Processi
come l’assorbimento e l’escrezione, sono importanti per l’interpretazione
dei livelli nel tessuto preistorico. In questo contesto, il vero assorbimento
si riferisce alla proporzione di un elemento estratto dal corpo. Molto
importanti sono fattori come età, sesso, salute, e stato nutrizionale,
così come i componenti dietetici e chimici possono profondamente
alterarne l’assorbimento e l’utilizzazione, processi che sono
importanti componenti della bio-disponibilità degli elementi.
Tra I fattori che influenzano gli elementi estratti ci sono le interazioni
chimiche fra gli elementi stessi e fra gli elementi e altri fattori chimici,
e possono essere antagoniste o sinergiche.
Le antagoniste : la presenza di un degli elementi inibisce la comprensione
di un altro (ad esempio i potenziali antagonisti dello zinco sono calcio,
rame, ferro ecc. ). Le conseguenze possono essere minori se gli effetti
sono visibili.
La conoscenza della chimica delle sinergie, sostanze che aumentano l’assorbimento
di specifici elementi, è ugualmente importante nello studio dei
livelli nei tessuti passati. Purtroppo, le sinergie dei principali elementi
e dei sui principali effetti sullo stato nutrizionale non sono adeguatamente
delineate. Le interazioni fra sinergie e antagonismi non sono limitate
all’assorbimento e possono interessare anche elementi deputati alla
mobilitazione e/o immagazzinamento. Anche i processi di escrezione giocano
un ruolo essenziale nel mantenere l’omeostasi minerale, servendo
sia nel caso di alcuni elementi come il manganese, il magnesio, sia nel
primario meccanismo di mantenere le concentrazioni interne consistenti.
Si potrebbe notare che due diversi processi sono stati indicati sotto
il termine escrezione. Il termine spesso indica la diretta eliminazione
di una frazione non assorbita di un certo elemento dal corpo, molto comunemente
attraverso le feci. La “vera” o “endogena” escrezione
si riferisce, al contrario, all’eliminazione di una quantità
precedentemente assorbita di un elemento. Perdite di questo tipo, avvengono
non solo attraverso il tratto gastrointestinale, ma anche attraverso vie
secondarie come le secrezioni biliari e pancreatiche, urine ecc.
Mentre l’assunzione degli elementi, l’assorbimento, l’escrezione
sono molto importanti nel riconoscimento e l’interpretazione delle
concentrazioni di tessuto, negli studi antropologici si deve anche considerare
il potenziale impatto di particolari stati fisiologici come lo sviluppo,
la gravidanza e l’allattamento, così come certi tipi di stress
fisiologici possono influenzare il modo e il grado di assorbimento e/o
escrezione di un elemento. Un esempio può essere l’impatto
della gravidanza e dell’allattamento sulle concentrazioni di stronzio
e calcio sullo scheletro di una donna. Ugualmente, molti studi antropologici
hanno dimostrato un’eccessiva concentrazione di elementi in giovani
ragazzi, che può parzialmente riflettere l’accumulo di quantità
corporee durante la gestazione.
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PROCESSI DIAGENETICI
Il concetto di diagenesi è stata sviluppata in geologia in riferimento
ai molti processi che modificano i sedimenti o le rocce sedimentarie in
seguito alla deposizione in acqua. Adattato all’antropologia, il
termine è riferito più specificatamente alle alterazioni
post mortem nei costituenti chimici dell’osso in seguito alla deposizione
nel terreno. La diagenesi è perciò inclusa alla tafonomia
( letteralmente “le leggi della tomba” ) un più ampio
campo che evidenzia “tutti gli aspetti del passaggio di un organismo
dalla biosfera alla litosfera”. Come il materiale scheletrico entra
a contatto con il suolo, la relazione omeostatica che esisteva tra questo
tessuto e il vivente, la condizione fisiologica è sostituita da
un’interazione ugualmente dinamica tra l’osso e le varie forze
geochimiche. In questo ambiente post deposizionale, l’osso può
anche acquistare o perdere costituenti chimici. Gli scambi diagenetici
sono attribuibili a diversi meccanismi. Primo, gli possono essere caduti
come “riempi-vuoto” nelle piccole crepe e nei pori dell’osso.
Inoltre, gli ioni solubili presenti nel terreno possono essere scambiati
da questi che normalmente occupano una posizione nella griglia dell’idrossiapatite
presente nello scheletro. Infine, la diagenesi, può, attraverso
molti aspetti, favorire la recristallizzazione e lo sviluppo dei cristalli
di apatite. La diagenesi è favorita durante la precipitazione di
cristalli dalla sostituzione di ioni. Ad esempio, cationi di elementi
come lo stronzio, il bario, e il piombo prendono il posto del calcio,
mentre le sostituzioni di anioni coinvolgono le posizioni del fosfato
e della superficie cristallina. I processi diagenetici possono essere
visti come un momento della fossilizzazione, e in ultimo serve a trasformare
l’apatite biogenica nei molti minerali geologici.
La diagenesi è spesso influenzata da diversi fattori, che includono
forze di natura “intrinseca” ed “estrinseca”.
Tra i fattori estrinseci, possiamo includere “l’ambiente chimico
del sito di seppellimento” che agiscono in accordo con le forze
intrinseche per la determinazione dell’estensione dello scambio
diagenetico.
Il fattore più importante che può influenzare le alterazioni
diagenetiche del tessuto osseo è il pH del terreno di seppellimento.
A parte il PH del suolo, fattori estrinseci che influenzano la diagenesi
dello scheletro sono la temperatura, i microrganismi, le infiltrazioni
d’acqua e le precipitazioni.
Dall’altro lato, i fattori intrinseci includono la densità,
la grandezza, la microstruttura e la biochimica dell’osso.
I microrganismi favoriscono il rilascio di elementi non solo dalla dissoluzione
del collagene ma anche dall’azione distruttiva degli acidi dei metaboliti
sull’idrossiapatite. Sebbene molte questioni sono irrisolte, recenti
studi hanno fornito dei concetti generali sui processi diagenetici, che
però vanno considerati solo come linee guida per ulteriori studi.
Come prima premessa, bisogna dire che non esistono elementi invulnerabili
all’alterazione post-mortem. A volte le concentrazioni di manganese
nell’osso apparentemente sono estremamente malleabili in molti contesti
geochimici. Invece, lo Sr e lo Zn sono stati considerati i meno suscettibili
alla diagenesi. Infatti, quest’ultimo elemento si credeva fosse
completamente resistente alla diagenesi.
Una maggiore porosità, una minore densità dell’osso,
e una più grande quantità di materiale amorfo, può
predisporre l’osso agli scambi diagenetici. Ad esempio, scheletri
di bambini possono mostrare una concentrazione estremamente alta di elementi,
fatto dovuto probabilmente ad una maggiore quantità di materiale
amorfo. Nonostante la loro maggiore suscettibilità, l’interpretazione
degli elementi nei resti dei bambini può essere equivoca a causa
di processi fisiologici come l’accumulo di risorse corporee durante
la gestazione.
Sulla stessa linea, ci sono forti indicazioni che la spugnosa sia più
propensa alla diagenesi della corteccia. Lambert e dei suoi colleghi hanno
studiato questo fenomeno dalla comparazione delle concentrazioni degli
elementi presenti nelle costole e nei femori. Elementi precedentemente
associati ai fenomeni di diagenesi sono stati trovati in maggiore quantità
nelle costole. L’interpretazione delle differenze tra costole e
femori, comunque, non è in grado di risolvere le variazioni degli
elementi di deposizione delle ossa
Molto importante, l’ assenza di diagenesi no può essere stabilita
solo sul fallito tentativo di trovare differenze tra ossa. Infatti attraverso
i processi di bilanciamento, la diagenesi potrebbe teoricamente dissipare
differenze che una volta erano invece molto pronunciate.
Molte ricerche hanno suggerito che i modi e i meccanismi specifici della
diagenesi si possono alterare nel tempo. Infatti, elementi come l’
antimonio, inizialmente penetrati nell’ osso come elementi contaminanti,
sono stati in seguito lisciviati dal materiale scheletrico. Altri elementi,
invece, come il magnesio, sono stati accumulati nell’ osso in seguito
ad una fase iniziale di liscivia. Come i modi e i meccanismi della diagenesi,
l’ uniformità non può essere automaticamente assunta
per altri aspetti di questo complicato processo. Altre ricerche hanno
messo in evidenza che le concentrazioni di elementi possono variare marcatamente
a seconda del tipo di terreno dei vari siti e all’ interno dello
stesso tipo di terreno. In breve, analisi antropologiche degli elementi
in traccia hanno rivelato la complessità, la variabilità
e l’ imprevedibilità della diagenesi. Questa ricognizione
ha portato a diverse strategie per riconoscere e circuire la diagenesi.
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APPLICAZIONI ANTROPOLOGICHE DELLEANALISI DEGLI ELEMENTI
IN TRACCIA
Sin dall’inizio, la maggior parte delle ricerche antropologiche
sugli elementi in traccia, ha cercato di evidenziare le sue potenziali
applicazioni alla paleonutrizione. Sulla base di ciò, i ricercatori
hanno introdotto tre tipi di metodologie di cui ora parleremo ampiamente.
RAPPORTI DI STRONZIO E DI STRONZIO/CALCIO
La determinazione dei rapporti di stronzio e di stronzio/calcio rappresenta
la prima applicazione antropologica delle analisi degli elementi in traccia.
Brown, nel 1973, analizzò una serie di reperti scheletrici dai
siti archeologici nel Michigan, Illinois, Iran, e Messico. Nonostante
le sue ricerche furono in seguito criticate per aver sbagliato ad indirizzare
gli effetti dei fattori diagenetici e fisiologici sulle concentrazioni
di stronzio dello scheletro, le sue ricerche hanno chiaramente delineato
tre potenziali applicazioni delle analisi dello stronzio.
La prima e la più importante si basa sulla comparazione dei livelli
di stronzio contenuti nelle ossa umane con i livelli di stronzio contenuti
nelle ossa degli animali dello stesso sito, che può determinare
le proporzioni delle risorse dietetiche animali e vegetali, i cambi diacronici
della dieta, le condizioni socioeconomiche.
Dall’uso delle concentrazioni di Sr e Ca deriva un importante principio
: l’organismo prende Sr in quantità che variano inversamente
alla loro posizione nella piramide trofica. Mentre le piante assorbono
Sr direttamente dal terreno, i mammiferi ottengono tale elemento da risorse
secondarie come piante o altri animali. Inoltre, l’assorbimento
di Sr nei mammiferi è spesso ridotta da discriminazioni interne
contro questo elemento a favore del calcio. Perciò, gli erbivori
mostreranno una concentrazione di Sr maggiore di quella dei carnivori,
mentre gli onnivori ( fra i quali l’uomo ) presenteranno valori
intermedi. Altri studi, evidenziando più direttamente l’abilità
dello stronzio di controllare i cambi dietetici nel tempo, hanno paragonato
le popolazioni preagricole e agricole del Medio Oriente, così come
anche l’ Homo Sapiens arcaico e moderno. Anche se questi ed altri
studi sottolineano il potenziale delle analisi dello Sr per capire i cambi
dietetici nel passato, essi vanno comunque incontro a varie difficoltà
interpretative.
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STUDI SUI “MULTIELEMENTI”
Si basano su una più ampia gamma di elementi analizzati per la
discriminazione dietetica. Le tecniche sono più o meno le stesse
di quelle usate per i rapporti stronzio/calcio. Gli obiettivi principali
sono delineare le categorie dei cibi, le differenze dietetiche basate
sulla differenza di stato e di genere e i cambiamenti dietetici nel tempo.
Fra tutti gli studi sugli elementi, lo zinco emerge come il più
promettente discriminatore dietetico, mostrando di essere l’elemento
meno soggetto alle alterazioni post-mortem.
Lambert, nelle sue ricerche sui resti umani preistorici nell’Illinois,
studiando gli effetti della diagenesi , ha inizialmente messo in evidenza
le analisi dei reperti associati al suolo per distinguere tra elementi
“del suolo” (contaminanti ) e “non appartenenti al suolo”
( utili per la dieta ). Molto importanti sono le tecniche usate per la
ricognizione e per eludere gli effetti della diagenesi, spiegate nei sui
studi successivi. Queste tecniche sono state usate da molti altri ricercatori.
Iniziando intorno al 1985, lo studio dei “multielementi” ha
iniziato ad interessare molti studiosi. Sebbene lo studio degli elementi
in traccia non è stato mai abbandonato, ricerche recenti di popolazioni
del Perù, Tunisia, Germania, Italia, ecc. ha mostrato la grande
applicabilità della strategia dei multielementi. Questo orientamento
è ancora più evidente quando è associato allo studio
specifico sullo stronzio. Byrne e Parris hanno a lungo analizzato resti
di fauna preistorica insieme a resti umani per valutare le concentrazioni
egli elementi nello scheletro della popolazione del sito di Abbott Farm.
Kyle, nei suoi scavi in Nuova Guinea, ha usato i raggi X per cercare gli
effetti della diagenesi, la correlazione della concentrazione delle matrici
delle ossa, l’analisi del suolo e il paragone delle concentrazioni
degli elementi nelle popolazioni antiche e moderne.
In molte altre ricerche, per mettere in evidenza l’importanza dell’uso
di metodi complementari nella diagnosi della diagenesi, sono stati messi
a confronto gli elementi che costituiscono il suolo e i campioni ossei,
ossa antiche e moderne, colore dell’osso, tibie e femori di bambini
ed adulti.
Infine, recenti studi sui multielementi, hanno mostrato un incremento
dell’interesse concernente l’interazione fra le tracce biogenetiche
e diagenetiche presenti nell’osso.
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STUDI SUI SINGOLI ELEMENTI
L’elemento studiato è un elemento che è stato in altre
circostanze associato ad un disordine o una particolare malattia della
popolazione in questione.
Questi fattori, con la virtuale relazione tra nutrizione e malattia, renderebbero
le analisi degli elementi in traccia, un’appropriata aggiunta alle
investigazioni che interessano la paleonutrizione e la paleopatologia.
Molti tentativi del passato di indirizzare la relazione fra le concentrazioni
degli elementi e le paleopatologie, hanno messo in evidenza le deficienze
primarie degli elementi essenziali alla nutrizione.
L’analisi delle concentrazioni degli elementi nell’osso è
stata usata per determinare lo stato di ferro nelle popolazioni del passato.
Ad esempio, Fornaciari ha condotto analisi di ferro nell’osso su
resti punici di Cartagine per studiare l’eziologie delle “cribra
orbitalia”. Gli individui con tali lesioni hanno mostrato un livello
significativamente più basso di ferro.
Nonostante la maggiore diffusione di anemia per la mancanza di ferro e
l’uso dei livelli di ferro nello scheletro per studiare le “cribra
orbitalia”, l’attenzione di molti studi di singoli elementi
è rivolta al piombo. La deposizione privilegiata del piombo nel
tessuto osseo aumenta la nostra capacità di determinare lo stato
del piombo nelle popolazioni passate. Con lo stronzio, il piombo è
stato l’elemento più esplorato. Molti ricercatori hanno riportato
notevoli successi nello studio del piombo.
In generale, il piombo è utilizzato, come lo stronzio per determinare
le differenze socio-economiche, le categorie occupazionali dei singoli
individui, l’alto livello di assimilazione di questo elemento e
il relativo grado di contaminazione dell’organismo. Sfortunatamente
il piombo, come altri elementi, è soggetto ai cambi diagenetici.
In resti estratti da un monastero nel Worcestershire, ad esempio, la relazione
tra suolo e ossa, hanno mostrato che il piombo è stato estratto
dallo scheletro in un contesto postmortem.
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INTERESSI METODOLOGICI
Le fasi metodologiche dell’analisi degli elementi seguono una procedura
che include:
(1) Campionamento (2) Preparazione dei resti (3) Determinazione e qualificazione
dei contenuti chimici (4) Valutazione ed interpretazione.
CAMPIONAMENTO
Il campionamento comporta la rimozione di un quantitativo relativamente
piccolo di materiale.
A differenza del campionamento, l’ eterogeneità chimica dell’
osso richiede qualche speciale considerazione. Gli interessi più
importanti in questo campo includono (1) Appropriata selezione dell’
osso/a specifiche per la campionatura (2) Ottenimento di una quantità
sufficiente di ossa per le analisi (3) Uso di tecniche appropriate per
l’ estrazione dei reperti.
Per gli studi antropologici si preferisce la corteccia ossea alla trabecola.
La corteccia ossea porta ulteriori vantaggi, in quanto mostra una minor
variazione nelle concentrazioni degli elementi, a differenza della trabecola.
Inoltre un maggiore spessore della corteccia ossea permette di studiare
meglio gli effetti della diagenesi in quanto i contaminanti tendono ad
accumularsi sulla superficie esterna.
La quantità di materiale che serve per le analisi può variare
a seconda della specifica strumentazione di cui si fa uso. Per le analisi
di multielementi, si usa lo spettroscopio ad assorbimento atomico (AAS)
che analizza una soluzione di osso precedentemente incenerito e trattato
con acidi ed altri materiali. Generalmente, per qualsiasi tipo di strumentazione,
una sezione di 3-4 cm, presa dal centro della regione diafisaria del femore
o della tibia, può essere adeguata per molti scopi, e, inoltre,
si può conservare una parte di osso per gli studi istologici o
altri tipi di studio. Le sezioni trasversali di corteccia, vengono generalmente
estratte con vari tipi di seghe, incluso un tipo di seghetto e seghe a
bande elettriche. Vengono usati anche altri tipi di attrezzi come scalpelli
ecc. Qualsiasi tecnica si sceglie, bisogna tenere presente di eventuali
fonti di contaminazione durante l’estrazione. Ad esempio, per evitare
qualsiasi tipo di contaminazione, bisognerebbe lavare con acqua distillata
deionizzata o pulire con ultrasuoni, lame o altri tipi di utensili.
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PREPARAZIONE DEI REPERTI
In seguito all’estrazione, i reperti vengono preparati per le analisi
in modo da renderli trattabili per delineare e quantificare i loro elementi
costituenti. Poiché le procedure di preparazione possono dipendere
o dalla natura degli studi o dalla strumentazione usata, conseguentemente
variano anche le tecniche usate. In generale le analisi vengono precedute
dai processi di pulitura, asciugatura, polverizzazione, incenerimento,
digestione (con vari tipi di attacchi acidi) del campione. Una buona lettura
da parte dello strumento, dipende da un’ottima preparazione del
campione.
La natura porosa dell’osso, insieme alla sua suscettibilità
alle alterazioni post-deposizionali (diagenesi), necessita di una speciale
attenzione al processo di pulitura. Generalmente, l’osso è
lavato con acqua distillata-deionizzata, spesso pulito con ultrasuoni
per rimuovere particelle di suolo, o di altri elementi contaminanti, dai
pori o dalle piccole fessure dell’osso. Le procedure di lavaggio
possono essere piuttosto modificate se la parte organica dell’osso
è estremamente ben conservata, come in materiale naturalmente mummificato.
L’asciugatura è generalmente compiuta nella notte, mettendo
il reperto in un forno a 150°C, mentre la polverizzazione può
avvenire in vari modi, compreso l’uso di un mortaio a pesto. Muffole
(in forno) e forni elettrici, sono di solito usati per l’incenerimento,
per rimuovere le frazioni organiche dell’osso, Questo processo dura
generalmente dalle 6 alle 24 h., alla temperatura rispettivamente di 500-
750°C. La digestione e la completa dissoluzione, sono le ultime fasi
della preparazione quando vengono usate delle forme di analisi distruttive
come lo spettroscopio ad assorbimento atomico (AAS). La dissoluzione completa
è portata a termine dalla combinazione dell’aggiunta di acido,
acqua e calore. La filtrazione può essere usata per rimuovere parti
di silice dall’osso.
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STRUMENTAZIONE ANALITICA
Le tecniche usate più frequentemente sono la spettroscopia ad assorbimento
atomico (AAS), la termo fluorescenza a raggi X (XRF), l’induttività
accoppiata al plasma (ICP) o le analisi dell’attivazione strumentale
dei neutroni (INAA).
Le prime due tecniche, AAS e ICP, sono delle forme di spettrometria luminosa
o ottica, perché vengono usati degli spettri per identificare e
quantificare gli elementi specifici. Tali spettri, composti di lunghezze
d’onda di ogni elemento specifico, sono emessi da sostanze gassose.
Normalmente, gli elettroni di un elemento, ruotano intorno ad un nucleo
senza assorbire o emettere radiazioni. Gli elettroni stimolati vengono
trasportati in orbite lontane dal nucleo, sprigionando energia e generando
spettri caratteristici nel tornare alle loro posizioni originali. Gli
elettroni vengono eccitati dal calore di una fiamma o da strumenti come
una fornace di grafite. Dalla misurazione delle lunghezze d’onda
si identificano e si quantificano ogni specifico elemento. Tutto si basa
sulla legge di Kirchoff, che sostiene che “la materia assorbe luce
alla stessa lunghezza d’onda alla quale la emette”. Con questo
metodo, una lampada a catodo cava, liberando spettri specifici agli elementi
in questione, è spesso usata come fonte luminosa. Il grado a cui
tali spettri vengono assorbiti dagli elettroni stimolati dallo stesso
elemento, perciò, è un riflesso quantitativo della presenza
dell’elemento nel campione.
La tecnica più usata nelle ricerche antropologiche è l’AAS.
La popolarità di questa tecnica è dovuta alla sua alta sensibilità
verso molti elementi, senza contare il fatto che è molto più
accessibile alla maggior parte delle università ed è relativamente
economica. Inoltre le conoscenze di base per poter usare questo strumento,
possono essere acquisite con un minimo di esperienza.
D’altra parte, però, il principale svantaggio di questa tecnica
è che questa tecnica analizza un elemento per volta. Nonostante
questi svantaggi, l’AAS, è ancora largamente usata per le
analisi degli elementi in un osso archeologico. La sua popolarità
è dovuta anche al fatto che lo strumento è particolarmente
sensibile al calcio e allo stronzio. Anche le ricerche di più elementi
usano questa strumentazione ma solo insieme ad altre tecniche come la
spettrometria accoppiata ad emissione di plasma per induzione (ICP).
A causa della sua sensibilità e capacità di analizzare simultaneamente
più elementi, ICP viene sempre di più usata per l’
analisi di elementi in un osso archeologico. Poiché si tratta di
una tecnica basata sull’ emissione, Gli elementi vengono identificati
da degli spettri sprigionati dalla soluzione del campione, ottenuta iniettando
questo in una camera ardente contenente argo. La quantificazione degli
elementi analizzati viene poi svolta misurando le intensità degli
spettri emessi.
La preparazione dei campioni ossei per le analisi con l’ ICP è
relativamente semplice, fattore che, insieme ad altri vantaggi citati
sopra, può alla fine fare dell’ ICP la tecnica scelta per
gli studi di più elementi. Attualmente, comunque, questa strumentazione
è meno largamente disponibile rispetto all’ AAS ed il costo
dell’ attrezzatura è più elevato.
Due metodi non distruttivi, che permettono una rianalisi dello stesso
campione, rappresentano il rimanente quantitativo di tecniche usate dagli
antropologi nelle ricerche sugli elementi. Il primo metodo, INAA, richiede
un reattore nucleare, in quanto trasforma isotopi non radioattivi in forme
radioattive e instabili bombardando i nuclei dei campioni con neutroni.
Essi emettono raggi gamma che, una volta rintracciati e misurati, permettono
la quantificazione di vari elementi.
Il maggior vantaggio dell’ INAA sta nell’analizzare più
elementi contemporaneamente, e la relativa facilità nella preparazione
dei campioni. Sfortunatamente l’analisi dei campioni può
risultare alquanto costosa.
Infine, l’analisi quantitativa degli elementi può essere
conclusa con la spettrometria con fluorescenza a raggi X (XRF). Gli elementi
costituenti del campione, vengono eccitati in seguito al bombardamento
con raggi X primari. Gli atomi dei campioni diventano fluorescenti in
quanto essi perdono questa energia sprigionando raggi X secondari a lunghezze
d’onda caratteristiche di ogni specifico elemento.
Le determinazioni dei quantitativi vengono poi determinate in base all’intensità
delle lunghezze d’onda emesse.
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INTERPRETAZIONI E VALUTAZIONI STATISTICHE
Come tutti gli aspetti delle analisi degli elementi, entrambe le sfere
dei processi interpretativi sono al centro di pareri controversi. La controversia
più importante riguarda le analisi statistiche delle concentrazioni
degli elementi in base alla natura della loro distribuzione statistica.
La questione è se questi dati siano analizzati in maniera migliore
da statistiche parametriche o non parametriche. Mentre le più potenti
statistiche parametriche vengono preferite e usate da molti ricercatori
di elementi in traccia, la loro applicabilità a questo proposito
viene preclusa da fattori quali campioni estremamente piccoli e il fallito
tentativo di stabilire la normalità della distribuzione degli elementi
in traccia.
Il problema è stato recentemente discusso da Buikstra e colleghi,
che hanno usato le analisi dei componenti principali per “scoprire
i tipi e le direzioni delle relazioni tra i vari elementi in traccia e
tra gli elementi in traccia e gli isotopi di carbonio”. Poiché
questa tecnica presuppone la caratteristica della normalità, i
dati degli elementi in traccia furono prima testati per questo criterio
e poi soggetti a trasformazioni quando questo non veniva trovato. Probabilmente
il più grande vantaggio delle analisi dei componenti principali,
comunque, è l’abilità a pesare in concomitanza l’impatto
dei fattori che arrestano le interazioni degli elementi, della dieta,
della diagenesi, della fisiologia.
Metodi per procurarsi i modi di diagnosticare e, possibilmente, eludere
la diagenesi, elencati nella tabella 1, potrebbero essere una parte integrante
di ogni protocollo di ricerca includendo le analisi degli elementi dei
tessuti. Comunque non bisogna dimenticare che la documentazione di un
così complesso fenomeno richiede un approccio più sistematico.
Componente essenziale di questa strategia è il simultaneo uso di
metodi alternativi ma complementari per valutare la diagenesi. Le tecniche
più frequentemente usate per determinare gli effetti della diagenesi
si basano sulle analisi chimiche del suolo. Di solito vengono fatti paragoni
tra le concentrazioni totali di elementi di un osso, e i campioni di terreno
che gli sono associati ; questi concetti vengono riassunti nella teoria
della “Gradiente di concentrazione”. Secondo questa, una significativa
contaminazione dell’osso da parte del terreno è da considerare
meno probabile se le concentrazioni del suolo sono sproporzionatamente
più basse di quelle degli stessi elementi nell’osso. D’altra
parte, però, una rilevante contaminazione postmortem del tessuto
osseo è stimolata dalla maggiore quantità di un elemento
nel terreno rispetto all’osso. Mentre gli studi sulla chimica del
suolo sono indubbiamente di enorme importanza per la diagnosi di scambi
diagenetici, una forte aderenza al concetto di gradiente di concentrazione,
può sfociare in una scorretta ripartizione di tali alterazioni.
Soprattutto l’imprevedibile natura e direzione dello scambio diagenetico,
rende questa teoria alquanto discutibile.
In altre parole, livelli elevati nel suolo, relativi all’osso, possono
indicare una maggiore liscivia dall’osso al suolo. Al contrario,
basse concentrazioni nel suolo, in relazione all’osso, indicano
un maggiore passaggio di elementi dal suolo all’osso. Comunque,
gli antropologi che studiano gli elementi in traccia, dovrebbero considerare
molti fattori.
Primo, dovrebbero essere estratti campioni di terreno dalla fossa e dalle
zone adiacenti per analisi comparative.
Secondo, le analisi del suolo per tutti gli elementi, possono essere meno
utili delle analisi per lo scambio di ioni e di ioni in soluzione, poiché
molte reazioni chimiche inorganiche nel suolo acquisteranno ioni in soluzione.
Infine, il solo studio del terreno, non è sufficiente per l’interpretazione
degli effetti diagenetici o della loro relazione con fattori biogenetici.
Perciò, lo studio della chimica del suolo, dovrebbe essere usata
in combinazione ad altre tecniche, laddove possibile.
La prima consiste nella micro-esplorazione degli elettroni. I contaminanti
si accumulano tipicamente sulla superficie esterna della corteccia, a
volte anche lungo l’endostio. Questa osservazione riporta ai metodi
per rimuovere la maggior parte della superficie interna ed esterna. Perdite
sostanziali di elementi possono avvenire attraverso la liscivia e possono
anche sfuggire al riconoscimento della micro-analisi.
La spettrometria per diffrazione di raggi X (XRD) è ugualmente
utile per documentare la diagenesi. Questa tecnica fornisce un modo per
dimostrare i processi diagenetici in relazione all’incremento della
cristallinità, recristallizzazione, gli scambi ionici con l’inclusione
dello Sr e del Ca, e l’incorporamento di varie fasi minerali nei
materiali scheletrici. Gli altri metodi di riconoscimento, possono essere
catalogati come studi comparativi dello scheletro. Queste tecniche possono
essere suddivise nelle categorie di paragone intraosseo, fra ossa, fra
specie e fra popolazioni. A differenza degli altri, i paragoni intraossei
sono basati sulla correlazione degli stessi elementi.
Il paragone fra ossa, include il paragone fra diversi tipi di ossa come
il femore e le coste. Mentre questa tecnica può essere un’appropriata
aggiunta ad altri metodi più diretti alla valutazione della diagenesi,
non è consigliabile affidarsi solo alle informazioni derivate da
questa tecnica, a causa delle questioni riguardanti il turnover metabolico
e le differenze fisiologiche specifiche del sesso e dell’età.
I paragoni fra specie, in cui gli elementi costituenti le osa umane sono
paragonati con quelli della fauna che rappresenta un differente schema
dietetico, sono di maggiore applicabilità. Questi studi usano molto
frequentemente specie preistoriche ottenute dallo stesso sito o regione
dei materiali umani. Difficoltà inerenti all’applicazione
dei paragoni fra specie, includono il recupero di sufficiente materiale
rappresentativo e la variabilità dietetica tra specie animali.
Infine, la scarsità dei dati dalle popolazioni preistoriche e moderne,
è riconosciuta come problema significativo della ricerca antropologica
degli elementi in traccia. Mentre alcuni dati delle popolazioni contemporanee
sono stati disponibili fin dai primi studi antropologici, la loro applicabilità
è limitata dalla frequente mancanza di documentazione dei fattori
dietetici e fisiologici. Anche i dati archeologici presentano questi limiti.
Inoltre, i ricercatori che lavorano su questi dati devono considerare
che molte variabili, anche sottili differenze della composizione del terreno,
possono portare a sostanziali differenze tra le popolazioni nella deposizione
biologica e in quella diagenetica. Gli attuali rapporti circa la diagenesi
sono ampiamente responsabili di una maggiore enfasi sulle ricerche sperimentali
e in laboratorio degli elementi in traccia.
Di speciale importanza è lo sviluppo di metodi per circuire gli
effetti della diagenesi che, oltre a quelli già citati, includono
il recente sviluppo dei profili di solubilità. Basata sulla diversa
solubilità della apatite geologica e di quella biologica, la tecnica
tenta di rimuovere minerali diagenetici più solubili con successivi
lavaggi in soluzioni acide. Mentre l’ applicabilità generale
della tecnica non è ancora famosa, ciascun gruppo di strategie
per riconoscere e combattere la diagenesi deve essere creata su misura
tenendo bene in mente le condizioni di ogni specifico sito, di ogni specifico
ambiente, e di ogni specifica cultura .
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ORIENTAMENTI DI RICERCA,RACCOMANDAZIONI,E CONCLUSIONI
Lo studio dei processi diagenetici, è chiaramente dominato dalle
odierne ricerche antropologiche sugli elementi in traccia, un campo di
ricerca che continuerà sicuramente a svilupparsi e ad intensificarsi
nel corso della presente decade. La molteplicità, l’imprevedibilità,
la natura dinamica dei processi diagenetici, richiede che siano usate
diverse prospettive e strategie di ricerca per delineare i metodi più
sofisticati per la ricognizione e, dove è possibile, per eludere
gli effetti postmortem. Perciò, per capire al meglio gli effetti
della diagenesi, dobbiamo coordinare perfettamente il lavoro sul campo
e in laboratorio. Bisogna anche considerare che altri processi che operano
sul continuum biogenetico diagenetico, hanno bisogno di ulteriori studi.
In breve, nonostante il nascente interesse per l’analisi degli elementi,
molte importanti direzioni di ricerche, sono state trascurate o le sono
state dedicati trattamenti veloci. Queste aree, alcune delle quali sono
state delineate nella tabella 2, comprendono schemi per formulare ipotesi
e per sperimentare le ipotesi.
Gli studi in laboratorio, potrebbero colmare le molte lacune nella nostra
conoscenze della biochimica degli elementi, della deposizione, e del metabolismo.
In aggiunta, modelli sperimentali potrebbero essere usati per valutare
il grado a cui i livelli degli elementi riflettono il regime dietetico
differenziale e i processi fisiologici. Mente la nostra conoscenza sulle
associazioni tra dieta, fisiologia e concentrazione degli elementi in
traccia è discreta, la nostra conoscenza sulle relazioni tra questi
livelli e le condizioni di salute, sono allo stato iniziale. In ultima
analisi, gli studi degli elementi in traccia nell’arco dell’ultima
decade ci ha insegnato probabilmente più sulla diagenesi che sulle
modificazioni dietetiche.
TAVOLA 1. Metodi per identificare e circoscrivere la diagenesi.
Identificazione della diagenesi
1) Studi della chimica del suolo
2) Micro analisi degli elettroni
3) Diffrazione a raggi X
4) Paragoni osteologici
A. Intraosso
B. Fra ossa
C. Fra specie
D. Fra popolazioni
Circonvenzione della diagenesi
1) Indicatore dei fattori di elementi/correzione
2) Rimozione della superficie contaminata
3) Profili di solubilità
TAVOLA 2. Campi di ricerca in corso e futuri sugli studi degli
elementi in traccia.
1. Stabilire la concentrazione “normale” per ogni tessuto,
compresi capelli, denti e unghie.
2. Sviluppare modelli per testare le premesse di base concernenti le relazioni
tra dieta, fisiologia e
concentrazione degli elementi.
3. Formulare e testare ipotesi concernenti le associazioni tra concentrazione
degli elementi e patologie.
4. Studiare l’interazione tra biogenesi e diagenesi nel determinare
i livelli degli elementi
5. Promuovere gli esperimenti orientati alla ricerca su campo e in laboratorio
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