chiudi

REVISIONE DELLA ANALISI DI ELEMENTI IN TRACCIA IN OSSA PREISTORICHE

Indice:

INTRODUZIONE


Il completamento delle due dissertazioni dottorali negli anni Settanta ha segnato l’ inizio di una nuova era nella applicazione antropologica della chimica delle ossa. I pionieri in questione sono Brown (1973) e Gilbert (1975), che per primi hanno dimostrato il potenziale dell’ analisi degli elementi in traccia in un osso umano nell’ ambito della ricostruzione delle diete preistoriche. Sperimentando diversi modi di approccio a questo scopo, Brown fece affidamento sull’ impiego delle concentrazioni dello Stronzio nelle ossa e dei rapporti Stronzio-Calcio in un campione geograficamente diverso, mentre Gilbert determinò vari livelli di cinque elementi in reperti ossei umani provenienti da un sito preistorico dell’ Illinois.
Ancora oggi è sempre vivo l’ interesse nell’ analisi degli elementi in traccia. In un periodo relativamente breve, diversi aspetti di questo campo dinamico e controverso sono stati discussi attraverso la pubblicazione di volumi (Price, 1989a; Grupe e Herrmann, 1988), dissertazioni dottorali (Radosevich, 1989; Edward, 1987; Katzenberg, 1984; Sandford, 1984; Sillen, 1981a; Bisel, 1980; Schoeninger, 1980; Szpunar, 1987), e numerosi articoli (Aufderheide, 1989; Sillen, 1989; Hancock, 1989; Lambert, 1989; Pate e Hutton, 1988; Grupe, 1988; Hanson e Buikstra, 1987; Byrne e Parris, 1987).
Più che la mera quantità delle pubblicazioni, molto importante è il crescente senso, evidente nella letteratura recente, che la ricerca degli elementi in traccia in antropologia ha raggiunto il climax. Questo sentimento, nato da una controversia riguardante alcuni tra i principi basilari dell’ analisi degli elementi, potrebbe benissimo marcare l’ inizio di una nuova era, caratterizzata da una ricerca essenziale che “racchiude” un uso estensivo di disegni sperimentali e di indagini di laboratorio. Sillen e alcuni suoi collaboratori, per esempio, hanno recentemente reclamato un approccio “più aggressivo e più sperimentale” per confrontare problemi fondamentali della chimica archeologica delle ossa, come la diagenesi o le alterazioni postmortem negli elementi costitutivi dell’ osso. Questa tattica è stata già applicata da alcuni ricercatori sul campo (Pate e Hutton, 1988; Lambert, 1985), che hanno condotto in laboratorio esperimenti per esplorare diversi fenomeni, quali il processo di scambio degli ioni tra le soluzioni del suolo e le componenti minerali dell’ osso. Questo capitolo fornisce una cornice storica per valutare l’ attuale condizione di questo eccitante, dinamico e controverso campo. Cominciando con una discussione sulla struttura biochimica dell’ osso, vengono esplorati i processi che governano la deposizione degli elementi in un contesto sia di ante che di postmortem, definiti continuum biogenetico-diagenetico . Su questo sfondo vengono proiettate e presentate precedenti applicazioni antropologiche di analisi di elementi in traccia e informazioni correnti riguardanti la scelta di procedure analitiche appropriate e usi tecnici di strumenti scientifici. Sotto questa luce, la sezione finale delinea direzioni e raccomandazioni per la ricerca futura.

torna all'indice



IL CONTINUUM BIOGENETICO-DIAGENETICO


I biologi dello scheletro spesso enfatizzano la natura dinamica dell’osso, caratteristica che può non essere subito evidente visto il suo piuttosto rigido aspetto macroscopico. Questa caratteristica dovrebbe venire sottolineata nella presente discussione, in quanto si riferisce all’ abilità dell’ osso di essere in dinamico rapporto con il suo ambiente immediato. Questo aspetto, insieme alla sua microscopica struttura, è fondamentale per capire la composizione degli elementi dell’ osso, sia in individui viventi che in quelli sepolti nel terreno.
Durante tutta la vita il sistema scheletrico gioca un ruolo vitale nel mantenimento dell’ omeostasi minerale. L’ osso serve essenzialmente come serbatoio minerale, dove gli ioni vengono depositati e rilasciati a seconda delle esigenze fisiologiche. Analogamente altri processi dinamici, quali l’ assorbimento e l’escrezione degli elementi, e condizioni fisiologiche, come la crescita, la gravidanza e l’ allattamento, coagiscono con costituenti dietetici per regolare concentrazioni biogenetiche maggiori e minori di elementi in traccia.
Comunque, l’ osso non è meno dinamico in seguito alla sepoltura nel terreno. Mentre logicamente l’ interazione fisiologica con l’ organismo non è più presente, virtualmente i processi che coinvolgono la chimica dello scheletro e le microstrutture assicurano che lo scambio di elementi tra le ossa e l’ ambiente circostante continueranno. E’ questa propensione allo scambio ionico che rende lo scheletro particolarmente vulnerabile alle alterazioni postmortem della composizione degli elementi attraverso il contatto con diversi terreni. Tali considerazioni mettono in evidenza che, nonostante i fattori esterni specifici, che regolano la composizione degli elementi possano variare a seconda che si tratti di un osso “vivo” o di uno archeologico, c’è quasi inevitabilmente un continuum biogenetico-diagenetico nel quale la composizione chimica del tessuto osseo è continuamente alterata sia in un contesto di ante che di postmortem. Perciò, se i minerali sono fondamentalmente di origine dietetica, fisiologica o diagenetica, la loro presenza nell’ osso è un prodotto dell’ interazione tra le proprietà chimiche del tessuto e il suo contesto ambientale. Una simile posizione fu presa da Von Endt e Ortner, i quali notarono che:
“Questo tessuto (osso) è chimicamente attivo durante la vita, e dopo la morte continua a reagire in risposta a condizioni estrinseche ed intrinseche, quando entrambe le fasi, quella proteica e quella minerale, dell’ osso, insieme all’ associazione tra queste due componenti, cominciano a decomporsi, concludendosi potenzialmente con un completo dissolvimento del tessuto”.
La struttura e la reattività dell’ osso erano tra quelle importanti “condizioni intrinseche” identificate da questi autori, mentre le “condizioni estrinseche” includono l’ immediato ambiente postmortem dell’ osso. Poiché la struttura chimica dell’ osso è il comune denominatore dei meccanismi ante e postmortem della deposizione degli elementi, questo argomento è stato trattato prima di ulteriori discussioni sui processi specifici che operano nel continuum biogenetico-diagenetico.

torna all'indice



LA CHIMICA DELLE OSSA


Per quanto riguarda la struttura, l’ osso è formato da una componente organica ed una minerale. La prima arriva a costituire circa il 20%-25% del peso asciutto dell’ osso e consiste principalmente in collagene del Tipo I. Questa proteina del tessuto connettivo è organizzata in fascio di fibre che, grazie alla loro elasticità e flessibilità, conferiscono all’ osso proprietà di resistenza alla tensione e alla torsione. Il collagene da solo è responsabile approssimativamente del 90% del peso asciutto della matrice organica, mentre altri composti, comprese le proteine non collagene, proteoglucidi e lipidi costituiscono il peso rimanente. Queste sono, in compenso, costituenti importanti della sostanza organica di base, disseminata qua e là tra le fibre collagene. Mentre pochi elementi in traccia essenziali, quali il ferro e il rame, sembrano venire depositati principalmente nella matrice organica, la maggior parte degli studi antropologici sugli elementi in traccia analizzano la parte inorganica o minerale, l’ubicazione per gli elementi attinenti alla paleodieta.
Il fosfato di calcio, componente prevalente della parte minerale, viene trovato sia in forma cristallina che amorfa, distinzione basata sul livello dell’organizzazione strutturale mostrata dai costituenti di un solido chimico. I solidi cristallini sono costituiti da insiemi di cellule che si ripetono regolarmente, organizzate in uno schema tridimensionale o “grata di cristallo”. Gli insiemi strutturali di solidi amorfi, al contrario, sono configurati in modo più disorganizzato, sebbene tali solidi possono contenere aree localizzate per un assetto più ordinato.
Nella sua forma cristallina, il fosfato di calcio dello scheletro è comunemente conosciuto come idrossiapatite. Comunque sia la forma strutturale che la natura chimica di questo componente sono soggette a grandi variazioni. Poiché tali variazioni comportano sia l’apporto che la perdita di elementi nelle ossa durante la vita e dopo il seppellimento, essi costituiscono l’importante meccanismo che sta alla base del continuum biogenetico-diagenetico. Inoltre, poiché i costituenti chimici dell’osso durante la vita variano così marcatamente, gli studi mirati a delineare le sue normali proprietà, strutture e concentrazione degli elementi, sono essenziali per renderci abili di interpretare accuratamente i resti scheletrici antichi. Probabilmente la proprietà più importante sotto questo aspetto è l’abilità dell’idrossiapatite dello scheletro di esistere in una forma non- stechiometrica.
Le variazioni stechiometriche nella formula dell’idrossiapatite sono principalmente dovute ad un fenomeno di scambio eteroionico, a causa del quale i vari ioni sono incorporati nell’osso sostituendo i sui normali costituenti chimici. I processi di scambio ionico sono spesso concettualizzati attraverso la descrizione della complessa struttura minerale dell’osso. Molto importanti per la perdita e l’acquisizione di ioni sono quattro componenti : (1) insieme di cellule interne, (2) insieme d cellule della superficie, (3) ioni di superficie, (4) una superficie d’idratazione dello scheletro. Comunque, in generale, gli ioni vengono scambiati con più facilità in superficie, e specialmente in quella d’idratazione dello scheletro, che possiede ioni in equilibrio con le altre superfici. A causa della loro propensione allo scambio ionico, le regioni superficiali hanno una natura chimica che è stata caratterizzata come un “sistema altamente dinamico” con una “struttura labile”. A differenza, i costituenti fondamentali degli insiemi delle cellule interne, circoscritte nei cristalli, sono più stabili, essendo derivate primariamente dal contatto con i fluidi durante la loro formazione. Dopo la formazione, la dissoluzione del cristallo stesso, o dei suoi confini di superficie, sono i requisiti di questi scambi.
Inoltre, il livello di sostituzione che può apparire durante la formazione del cristallo è limitata da fattori termodinamici e metabolici. Mentre molti aspetti delle differenti fasi della formazione del minerale osseo aspettano una chiarificazione, variazioni nella loro quantità sembrano essere influenzate dall’età delle strutture della calcificazione. Un osso non maturo, meno calcificato, contiene una più alta proporzione di minerale amorfo, mentre la presenza di questa fase nell’adulto è limitata a specifiche zone che includono le superfici dell’endostio, periostio, trabecoli e canali di Havers. E’ stato anche ipotizzato che la fase amorfa giochi un importante ruolo nell’omeostasi ed anche nella diagenesi. Perciò, la base teorica e fisiologica per l’uso delle analisi degli elementi nelle ricerche archeologiche, è anche un fattore alla base della diagenesi. Comunque, prima di analizzare i processi diagenetici, bisogna tenere conto di altri fattori che potrebbero confonderli.

torna all'indice



CLASSIFICAZIONE E FUNZIONE DEGLI ELEMENTI


Gli elementi presenti nel corpo sono classificati come elementi in maggioranza o in traccia. La loro distinzione dipende dalla loro quantità.
Gli elementi in traccia sono ulteriormente classificati come:
1. Essenziali per la dieta
2. Poco essenziali
3. Non-essenziali
4. Tossici
Spesso la ricerca antropologica prende in considerazione anche alcuni elementi in maggioranza.
Gli elementi in maggioranza includono: idrogeno, calcio, fosforo, ossigeno, potassio, sodio e magnesio.
Sebbene questi elementi svolgono una quantità di funzioni essenziali, essi giocano un ruolo fondamentale per l’integrità strutturale dell’organismo. Questa funzione è svolta principalmente dal calcio e dal fosforo, mentre altri elementi inclusi carbonio, idrogeno, ossigeno, sono stati definiti “costruttori dei blocchi molecolari” perché sono essenziali per la formazione di aminoacidi, purine, piramidine ecc. Gli altri elementi in maggioranza funzionano sia come elettroliti in questi processi, sia come mantenimento dell’acido base e del volume del sangue sia anche come trasmettitori delle contrazioni muscolari e degli impulsi nervosi. Gli elementi in traccia primari vengono spesso associati a diversi enzimi
La categoria che racchiude gli elementi in traccia tossici è molto ambigua, poiché teoricamente tutti gli elementi in traccia sono tossici se estratti in quantità eccessive dopo periodi di tempo relativamente lunghi, la categoria si restringe di solito a quegli elementi che hanno conseguenze tossiche a livelli piuttosto bassi.

torna all'indice



ELEMENTI ASSUNTI


Le concentrazioni dei vari elementi chimici, è differentemente distribuita fra le varie fonti alimentari. Su questo si basano i vari studi antropologici che con le analisi degli elementi in traccia, cercano di determinare le diete preistoriche. In generale, per esempio, cibi di origine animale, hanno una più alta concentrazione di rame e zinco. Al contrario, elementi come lo stronzio, il manganese, il calcio, ecc., sono contenuti in percentuale maggiore nelle piante. Dalla comparazione di questi due tipi di analisi, si possono ricavare dati sulla paleonutrizione. Per fare ciò bisogna tenere conto, comunque, di molte difficoltà. Primo, l’interpretazione delle concentrazioni nello scheletro è spesso offuscata dalla scarsità delle informazioni sugli elementi che costituivano i cibi preistorici.
Problemi simili nascono dalla difficoltà nel valutare gli effetti delle tecniche di preparazione del cibo e gli effetti delle variazioni ambientali sulla dieta. Una buona quantità di elementi in traccia può penetrare nel cibo come contaminante attraverso gli utensili da cucina. Possiamo prendere come esempio la relazione tra l’intossicazione da piombo e il largo uso di piombo di base e/o vasellame da cibo e contenitori per bevande dei greci, romani, coloni americani e altre popolazioni. Molti, invece, sostengono che tali tecniche e utensili possono fornire o dannose o benefiche quantità di alcuni elementi come il ferro. Infine, i livelli ambientali, come manifestato nelle concentrazioni del suolo e dell’acqua, possono dare un contributo sostanziale alla conservazione interna degli elementi. Gli inclusi di zinco o di magnesio, per esempio, possono aumentati di molto dalla fornitura di acqua locale. Le marcate variazioni esibite dal suolo delle concentrazioni degli elementi, influenzano sia direttamente che indirettamente gli assunti dietetici. In più, gli elementi del suolo possono essere introdotti secondariamente nei cibi attraverso una contaminazione. Ad esempio in Etiopia, il principale cerale teff è stato contaminato con il ferro durante il processo di coltivazione, macinazione, immagazzinamento, in una proporzione di più di 470 mg di ferro consumati ogni giorno dagli abitanti del luogo. Gli elementi assunti, sono indubbiamente influenzati da diversi fattori, nelle popolazioni passate come in quelle moderne. Tali fattori, che vanno dalle tecniche per trattare il cibo alle concentrazioni nel suolo all’acqua da bere, tutti contribuiscono nelle valutazioni degli elementi in traccia. Gli elementi aggiunti, inoltre, sono formati da altri processi che sottolineano le concentrazioni degli elementi nel tessuto.

torna all'indice



OMEOSTASI DEGLI ELEMENTI


I processi interni di assorbimento ed escrezione, così come quelli che governano l’immagazzinamento e la mobilitazione degli elementi, giocano tutti un ruolo nel mantenimento dell’omeostasi. Processi come l’assorbimento e l’escrezione, sono importanti per l’interpretazione dei livelli nel tessuto preistorico. In questo contesto, il vero assorbimento si riferisce alla proporzione di un elemento estratto dal corpo. Molto importanti sono fattori come età, sesso, salute, e stato nutrizionale, così come i componenti dietetici e chimici possono profondamente alterarne l’assorbimento e l’utilizzazione, processi che sono importanti componenti della bio-disponibilità degli elementi.
Tra I fattori che influenzano gli elementi estratti ci sono le interazioni chimiche fra gli elementi stessi e fra gli elementi e altri fattori chimici, e possono essere antagoniste o sinergiche.
Le antagoniste : la presenza di un degli elementi inibisce la comprensione di un altro (ad esempio i potenziali antagonisti dello zinco sono calcio, rame, ferro ecc. ). Le conseguenze possono essere minori se gli effetti sono visibili.
La conoscenza della chimica delle sinergie, sostanze che aumentano l’assorbimento di specifici elementi, è ugualmente importante nello studio dei livelli nei tessuti passati. Purtroppo, le sinergie dei principali elementi e dei sui principali effetti sullo stato nutrizionale non sono adeguatamente delineate. Le interazioni fra sinergie e antagonismi non sono limitate all’assorbimento e possono interessare anche elementi deputati alla mobilitazione e/o immagazzinamento. Anche i processi di escrezione giocano un ruolo essenziale nel mantenere l’omeostasi minerale, servendo sia nel caso di alcuni elementi come il manganese, il magnesio, sia nel primario meccanismo di mantenere le concentrazioni interne consistenti. Si potrebbe notare che due diversi processi sono stati indicati sotto il termine escrezione. Il termine spesso indica la diretta eliminazione di una frazione non assorbita di un certo elemento dal corpo, molto comunemente attraverso le feci. La “vera” o “endogena” escrezione si riferisce, al contrario, all’eliminazione di una quantità precedentemente assorbita di un elemento. Perdite di questo tipo, avvengono non solo attraverso il tratto gastrointestinale, ma anche attraverso vie secondarie come le secrezioni biliari e pancreatiche, urine ecc.
Mentre l’assunzione degli elementi, l’assorbimento, l’escrezione sono molto importanti nel riconoscimento e l’interpretazione delle concentrazioni di tessuto, negli studi antropologici si deve anche considerare il potenziale impatto di particolari stati fisiologici come lo sviluppo, la gravidanza e l’allattamento, così come certi tipi di stress fisiologici possono influenzare il modo e il grado di assorbimento e/o escrezione di un elemento. Un esempio può essere l’impatto della gravidanza e dell’allattamento sulle concentrazioni di stronzio e calcio sullo scheletro di una donna. Ugualmente, molti studi antropologici hanno dimostrato un’eccessiva concentrazione di elementi in giovani ragazzi, che può parzialmente riflettere l’accumulo di quantità corporee durante la gestazione.

torna all'indice



PROCESSI DIAGENETICI


Il concetto di diagenesi è stata sviluppata in geologia in riferimento ai molti processi che modificano i sedimenti o le rocce sedimentarie in seguito alla deposizione in acqua. Adattato all’antropologia, il termine è riferito più specificatamente alle alterazioni post mortem nei costituenti chimici dell’osso in seguito alla deposizione nel terreno. La diagenesi è perciò inclusa alla tafonomia ( letteralmente “le leggi della tomba” ) un più ampio campo che evidenzia “tutti gli aspetti del passaggio di un organismo dalla biosfera alla litosfera”. Come il materiale scheletrico entra a contatto con il suolo, la relazione omeostatica che esisteva tra questo tessuto e il vivente, la condizione fisiologica è sostituita da un’interazione ugualmente dinamica tra l’osso e le varie forze geochimiche. In questo ambiente post deposizionale, l’osso può anche acquistare o perdere costituenti chimici. Gli scambi diagenetici sono attribuibili a diversi meccanismi. Primo, gli possono essere caduti come “riempi-vuoto” nelle piccole crepe e nei pori dell’osso. Inoltre, gli ioni solubili presenti nel terreno possono essere scambiati da questi che normalmente occupano una posizione nella griglia dell’idrossiapatite presente nello scheletro. Infine, la diagenesi, può, attraverso molti aspetti, favorire la recristallizzazione e lo sviluppo dei cristalli di apatite. La diagenesi è favorita durante la precipitazione di cristalli dalla sostituzione di ioni. Ad esempio, cationi di elementi come lo stronzio, il bario, e il piombo prendono il posto del calcio, mentre le sostituzioni di anioni coinvolgono le posizioni del fosfato e della superficie cristallina. I processi diagenetici possono essere visti come un momento della fossilizzazione, e in ultimo serve a trasformare l’apatite biogenica nei molti minerali geologici.
La diagenesi è spesso influenzata da diversi fattori, che includono forze di natura “intrinseca” ed “estrinseca”. Tra i fattori estrinseci, possiamo includere “l’ambiente chimico del sito di seppellimento” che agiscono in accordo con le forze intrinseche per la determinazione dell’estensione dello scambio diagenetico.
Il fattore più importante che può influenzare le alterazioni diagenetiche del tessuto osseo è il pH del terreno di seppellimento. A parte il PH del suolo, fattori estrinseci che influenzano la diagenesi dello scheletro sono la temperatura, i microrganismi, le infiltrazioni d’acqua e le precipitazioni.
Dall’altro lato, i fattori intrinseci includono la densità, la grandezza, la microstruttura e la biochimica dell’osso.
I microrganismi favoriscono il rilascio di elementi non solo dalla dissoluzione del collagene ma anche dall’azione distruttiva degli acidi dei metaboliti sull’idrossiapatite. Sebbene molte questioni sono irrisolte, recenti studi hanno fornito dei concetti generali sui processi diagenetici, che però vanno considerati solo come linee guida per ulteriori studi.
Come prima premessa, bisogna dire che non esistono elementi invulnerabili all’alterazione post-mortem. A volte le concentrazioni di manganese nell’osso apparentemente sono estremamente malleabili in molti contesti geochimici. Invece, lo Sr e lo Zn sono stati considerati i meno suscettibili alla diagenesi. Infatti, quest’ultimo elemento si credeva fosse completamente resistente alla diagenesi.
Una maggiore porosità, una minore densità dell’osso, e una più grande quantità di materiale amorfo, può predisporre l’osso agli scambi diagenetici. Ad esempio, scheletri di bambini possono mostrare una concentrazione estremamente alta di elementi, fatto dovuto probabilmente ad una maggiore quantità di materiale amorfo. Nonostante la loro maggiore suscettibilità, l’interpretazione degli elementi nei resti dei bambini può essere equivoca a causa di processi fisiologici come l’accumulo di risorse corporee durante la gestazione.
Sulla stessa linea, ci sono forti indicazioni che la spugnosa sia più propensa alla diagenesi della corteccia. Lambert e dei suoi colleghi hanno studiato questo fenomeno dalla comparazione delle concentrazioni degli elementi presenti nelle costole e nei femori. Elementi precedentemente associati ai fenomeni di diagenesi sono stati trovati in maggiore quantità nelle costole. L’interpretazione delle differenze tra costole e femori, comunque, non è in grado di risolvere le variazioni degli elementi di deposizione delle ossa
Molto importante, l’ assenza di diagenesi no può essere stabilita solo sul fallito tentativo di trovare differenze tra ossa. Infatti attraverso i processi di bilanciamento, la diagenesi potrebbe teoricamente dissipare differenze che una volta erano invece molto pronunciate.
Molte ricerche hanno suggerito che i modi e i meccanismi specifici della diagenesi si possono alterare nel tempo. Infatti, elementi come l’ antimonio, inizialmente penetrati nell’ osso come elementi contaminanti, sono stati in seguito lisciviati dal materiale scheletrico. Altri elementi, invece, come il magnesio, sono stati accumulati nell’ osso in seguito ad una fase iniziale di liscivia. Come i modi e i meccanismi della diagenesi, l’ uniformità non può essere automaticamente assunta per altri aspetti di questo complicato processo. Altre ricerche hanno messo in evidenza che le concentrazioni di elementi possono variare marcatamente a seconda del tipo di terreno dei vari siti e all’ interno dello stesso tipo di terreno. In breve, analisi antropologiche degli elementi in traccia hanno rivelato la complessità, la variabilità e l’ imprevedibilità della diagenesi. Questa ricognizione ha portato a diverse strategie per riconoscere e circuire la diagenesi.

torna all'indice


APPLICAZIONI ANTROPOLOGICHE DELLEANALISI DEGLI ELEMENTI IN TRACCIA


Sin dall’inizio, la maggior parte delle ricerche antropologiche sugli elementi in traccia, ha cercato di evidenziare le sue potenziali applicazioni alla paleonutrizione. Sulla base di ciò, i ricercatori hanno introdotto tre tipi di metodologie di cui ora parleremo ampiamente.


RAPPORTI DI STRONZIO E DI STRONZIO/CALCIO


La determinazione dei rapporti di stronzio e di stronzio/calcio rappresenta la prima applicazione antropologica delle analisi degli elementi in traccia.
Brown, nel 1973, analizzò una serie di reperti scheletrici dai siti archeologici nel Michigan, Illinois, Iran, e Messico. Nonostante le sue ricerche furono in seguito criticate per aver sbagliato ad indirizzare gli effetti dei fattori diagenetici e fisiologici sulle concentrazioni di stronzio dello scheletro, le sue ricerche hanno chiaramente delineato tre potenziali applicazioni delle analisi dello stronzio.
La prima e la più importante si basa sulla comparazione dei livelli di stronzio contenuti nelle ossa umane con i livelli di stronzio contenuti nelle ossa degli animali dello stesso sito, che può determinare le proporzioni delle risorse dietetiche animali e vegetali, i cambi diacronici della dieta, le condizioni socioeconomiche.
Dall’uso delle concentrazioni di Sr e Ca deriva un importante principio : l’organismo prende Sr in quantità che variano inversamente alla loro posizione nella piramide trofica. Mentre le piante assorbono Sr direttamente dal terreno, i mammiferi ottengono tale elemento da risorse secondarie come piante o altri animali. Inoltre, l’assorbimento di Sr nei mammiferi è spesso ridotta da discriminazioni interne contro questo elemento a favore del calcio. Perciò, gli erbivori mostreranno una concentrazione di Sr maggiore di quella dei carnivori, mentre gli onnivori ( fra i quali l’uomo ) presenteranno valori intermedi. Altri studi, evidenziando più direttamente l’abilità dello stronzio di controllare i cambi dietetici nel tempo, hanno paragonato le popolazioni preagricole e agricole del Medio Oriente, così come anche l’ Homo Sapiens arcaico e moderno. Anche se questi ed altri studi sottolineano il potenziale delle analisi dello Sr per capire i cambi dietetici nel passato, essi vanno comunque incontro a varie difficoltà interpretative.

torna all'indice



STUDI SUI “MULTIELEMENTI”


Si basano su una più ampia gamma di elementi analizzati per la discriminazione dietetica. Le tecniche sono più o meno le stesse di quelle usate per i rapporti stronzio/calcio. Gli obiettivi principali sono delineare le categorie dei cibi, le differenze dietetiche basate sulla differenza di stato e di genere e i cambiamenti dietetici nel tempo.
Fra tutti gli studi sugli elementi, lo zinco emerge come il più promettente discriminatore dietetico, mostrando di essere l’elemento meno soggetto alle alterazioni post-mortem.
Lambert, nelle sue ricerche sui resti umani preistorici nell’Illinois, studiando gli effetti della diagenesi , ha inizialmente messo in evidenza le analisi dei reperti associati al suolo per distinguere tra elementi “del suolo” (contaminanti ) e “non appartenenti al suolo” ( utili per la dieta ). Molto importanti sono le tecniche usate per la ricognizione e per eludere gli effetti della diagenesi, spiegate nei sui studi successivi. Queste tecniche sono state usate da molti altri ricercatori.
Iniziando intorno al 1985, lo studio dei “multielementi” ha iniziato ad interessare molti studiosi. Sebbene lo studio degli elementi in traccia non è stato mai abbandonato, ricerche recenti di popolazioni del Perù, Tunisia, Germania, Italia, ecc. ha mostrato la grande applicabilità della strategia dei multielementi. Questo orientamento è ancora più evidente quando è associato allo studio specifico sullo stronzio. Byrne e Parris hanno a lungo analizzato resti di fauna preistorica insieme a resti umani per valutare le concentrazioni egli elementi nello scheletro della popolazione del sito di Abbott Farm. Kyle, nei suoi scavi in Nuova Guinea, ha usato i raggi X per cercare gli effetti della diagenesi, la correlazione della concentrazione delle matrici delle ossa, l’analisi del suolo e il paragone delle concentrazioni degli elementi nelle popolazioni antiche e moderne.
In molte altre ricerche, per mettere in evidenza l’importanza dell’uso di metodi complementari nella diagnosi della diagenesi, sono stati messi a confronto gli elementi che costituiscono il suolo e i campioni ossei, ossa antiche e moderne, colore dell’osso, tibie e femori di bambini ed adulti.
Infine, recenti studi sui multielementi, hanno mostrato un incremento dell’interesse concernente l’interazione fra le tracce biogenetiche e diagenetiche presenti nell’osso.

torna all'indice



STUDI SUI SINGOLI ELEMENTI


L’elemento studiato è un elemento che è stato in altre circostanze associato ad un disordine o una particolare malattia della popolazione in questione.
Questi fattori, con la virtuale relazione tra nutrizione e malattia, renderebbero le analisi degli elementi in traccia, un’appropriata aggiunta alle investigazioni che interessano la paleonutrizione e la paleopatologia. Molti tentativi del passato di indirizzare la relazione fra le concentrazioni degli elementi e le paleopatologie, hanno messo in evidenza le deficienze primarie degli elementi essenziali alla nutrizione.
L’analisi delle concentrazioni degli elementi nell’osso è stata usata per determinare lo stato di ferro nelle popolazioni del passato. Ad esempio, Fornaciari ha condotto analisi di ferro nell’osso su resti punici di Cartagine per studiare l’eziologie delle “cribra orbitalia”. Gli individui con tali lesioni hanno mostrato un livello significativamente più basso di ferro.
Nonostante la maggiore diffusione di anemia per la mancanza di ferro e l’uso dei livelli di ferro nello scheletro per studiare le “cribra orbitalia”, l’attenzione di molti studi di singoli elementi è rivolta al piombo. La deposizione privilegiata del piombo nel tessuto osseo aumenta la nostra capacità di determinare lo stato del piombo nelle popolazioni passate. Con lo stronzio, il piombo è stato l’elemento più esplorato. Molti ricercatori hanno riportato notevoli successi nello studio del piombo.
In generale, il piombo è utilizzato, come lo stronzio per determinare le differenze socio-economiche, le categorie occupazionali dei singoli individui, l’alto livello di assimilazione di questo elemento e il relativo grado di contaminazione dell’organismo. Sfortunatamente il piombo, come altri elementi, è soggetto ai cambi diagenetici. In resti estratti da un monastero nel Worcestershire, ad esempio, la relazione tra suolo e ossa, hanno mostrato che il piombo è stato estratto dallo scheletro in un contesto postmortem.

torna all'indice


INTERESSI METODOLOGICI


Le fasi metodologiche dell’analisi degli elementi seguono una procedura che include:
(1) Campionamento (2) Preparazione dei resti (3) Determinazione e qualificazione dei contenuti chimici (4) Valutazione ed interpretazione.

CAMPIONAMENTO


Il campionamento comporta la rimozione di un quantitativo relativamente piccolo di materiale.
A differenza del campionamento, l’ eterogeneità chimica dell’ osso richiede qualche speciale considerazione. Gli interessi più importanti in questo campo includono (1) Appropriata selezione dell’ osso/a specifiche per la campionatura (2) Ottenimento di una quantità sufficiente di ossa per le analisi (3) Uso di tecniche appropriate per l’ estrazione dei reperti.
Per gli studi antropologici si preferisce la corteccia ossea alla trabecola. La corteccia ossea porta ulteriori vantaggi, in quanto mostra una minor variazione nelle concentrazioni degli elementi, a differenza della trabecola.
Inoltre un maggiore spessore della corteccia ossea permette di studiare meglio gli effetti della diagenesi in quanto i contaminanti tendono ad accumularsi sulla superficie esterna.
La quantità di materiale che serve per le analisi può variare a seconda della specifica strumentazione di cui si fa uso. Per le analisi di multielementi, si usa lo spettroscopio ad assorbimento atomico (AAS) che analizza una soluzione di osso precedentemente incenerito e trattato con acidi ed altri materiali. Generalmente, per qualsiasi tipo di strumentazione, una sezione di 3-4 cm, presa dal centro della regione diafisaria del femore o della tibia, può essere adeguata per molti scopi, e, inoltre, si può conservare una parte di osso per gli studi istologici o altri tipi di studio. Le sezioni trasversali di corteccia, vengono generalmente estratte con vari tipi di seghe, incluso un tipo di seghetto e seghe a bande elettriche. Vengono usati anche altri tipi di attrezzi come scalpelli ecc. Qualsiasi tecnica si sceglie, bisogna tenere presente di eventuali fonti di contaminazione durante l’estrazione. Ad esempio, per evitare qualsiasi tipo di contaminazione, bisognerebbe lavare con acqua distillata deionizzata o pulire con ultrasuoni, lame o altri tipi di utensili.

torna all'indice



PREPARAZIONE DEI REPERTI


In seguito all’estrazione, i reperti vengono preparati per le analisi in modo da renderli trattabili per delineare e quantificare i loro elementi costituenti. Poiché le procedure di preparazione possono dipendere o dalla natura degli studi o dalla strumentazione usata, conseguentemente variano anche le tecniche usate. In generale le analisi vengono precedute dai processi di pulitura, asciugatura, polverizzazione, incenerimento, digestione (con vari tipi di attacchi acidi) del campione. Una buona lettura da parte dello strumento, dipende da un’ottima preparazione del campione.
La natura porosa dell’osso, insieme alla sua suscettibilità alle alterazioni post-deposizionali (diagenesi), necessita di una speciale attenzione al processo di pulitura. Generalmente, l’osso è lavato con acqua distillata-deionizzata, spesso pulito con ultrasuoni per rimuovere particelle di suolo, o di altri elementi contaminanti, dai pori o dalle piccole fessure dell’osso. Le procedure di lavaggio possono essere piuttosto modificate se la parte organica dell’osso è estremamente ben conservata, come in materiale naturalmente mummificato. L’asciugatura è generalmente compiuta nella notte, mettendo il reperto in un forno a 150°C, mentre la polverizzazione può avvenire in vari modi, compreso l’uso di un mortaio a pesto. Muffole (in forno) e forni elettrici, sono di solito usati per l’incenerimento, per rimuovere le frazioni organiche dell’osso, Questo processo dura generalmente dalle 6 alle 24 h., alla temperatura rispettivamente di 500- 750°C. La digestione e la completa dissoluzione, sono le ultime fasi della preparazione quando vengono usate delle forme di analisi distruttive come lo spettroscopio ad assorbimento atomico (AAS). La dissoluzione completa è portata a termine dalla combinazione dell’aggiunta di acido, acqua e calore. La filtrazione può essere usata per rimuovere parti di silice dall’osso.

torna all'indice



STRUMENTAZIONE ANALITICA


Le tecniche usate più frequentemente sono la spettroscopia ad assorbimento atomico (AAS), la termo fluorescenza a raggi X (XRF), l’induttività accoppiata al plasma (ICP) o le analisi dell’attivazione strumentale dei neutroni (INAA).
Le prime due tecniche, AAS e ICP, sono delle forme di spettrometria luminosa o ottica, perché vengono usati degli spettri per identificare e quantificare gli elementi specifici. Tali spettri, composti di lunghezze d’onda di ogni elemento specifico, sono emessi da sostanze gassose. Normalmente, gli elettroni di un elemento, ruotano intorno ad un nucleo senza assorbire o emettere radiazioni. Gli elettroni stimolati vengono trasportati in orbite lontane dal nucleo, sprigionando energia e generando spettri caratteristici nel tornare alle loro posizioni originali. Gli elettroni vengono eccitati dal calore di una fiamma o da strumenti come una fornace di grafite. Dalla misurazione delle lunghezze d’onda si identificano e si quantificano ogni specifico elemento. Tutto si basa sulla legge di Kirchoff, che sostiene che “la materia assorbe luce alla stessa lunghezza d’onda alla quale la emette”. Con questo metodo, una lampada a catodo cava, liberando spettri specifici agli elementi in questione, è spesso usata come fonte luminosa. Il grado a cui tali spettri vengono assorbiti dagli elettroni stimolati dallo stesso elemento, perciò, è un riflesso quantitativo della presenza dell’elemento nel campione.
La tecnica più usata nelle ricerche antropologiche è l’AAS. La popolarità di questa tecnica è dovuta alla sua alta sensibilità verso molti elementi, senza contare il fatto che è molto più accessibile alla maggior parte delle università ed è relativamente economica. Inoltre le conoscenze di base per poter usare questo strumento, possono essere acquisite con un minimo di esperienza.
D’altra parte, però, il principale svantaggio di questa tecnica è che questa tecnica analizza un elemento per volta. Nonostante questi svantaggi, l’AAS, è ancora largamente usata per le analisi degli elementi in un osso archeologico. La sua popolarità è dovuta anche al fatto che lo strumento è particolarmente sensibile al calcio e allo stronzio. Anche le ricerche di più elementi usano questa strumentazione ma solo insieme ad altre tecniche come la spettrometria accoppiata ad emissione di plasma per induzione (ICP).
A causa della sua sensibilità e capacità di analizzare simultaneamente più elementi, ICP viene sempre di più usata per l’ analisi di elementi in un osso archeologico. Poiché si tratta di una tecnica basata sull’ emissione, Gli elementi vengono identificati da degli spettri sprigionati dalla soluzione del campione, ottenuta iniettando questo in una camera ardente contenente argo. La quantificazione degli elementi analizzati viene poi svolta misurando le intensità degli spettri emessi.
La preparazione dei campioni ossei per le analisi con l’ ICP è relativamente semplice, fattore che, insieme ad altri vantaggi citati sopra, può alla fine fare dell’ ICP la tecnica scelta per gli studi di più elementi. Attualmente, comunque, questa strumentazione è meno largamente disponibile rispetto all’ AAS ed il costo dell’ attrezzatura è più elevato.
Due metodi non distruttivi, che permettono una rianalisi dello stesso campione, rappresentano il rimanente quantitativo di tecniche usate dagli antropologi nelle ricerche sugli elementi. Il primo metodo, INAA, richiede un reattore nucleare, in quanto trasforma isotopi non radioattivi in forme radioattive e instabili bombardando i nuclei dei campioni con neutroni. Essi emettono raggi gamma che, una volta rintracciati e misurati, permettono la quantificazione di vari elementi.
Il maggior vantaggio dell’ INAA sta nell’analizzare più elementi contemporaneamente, e la relativa facilità nella preparazione dei campioni. Sfortunatamente l’analisi dei campioni può risultare alquanto costosa.
Infine, l’analisi quantitativa degli elementi può essere conclusa con la spettrometria con fluorescenza a raggi X (XRF). Gli elementi costituenti del campione, vengono eccitati in seguito al bombardamento con raggi X primari. Gli atomi dei campioni diventano fluorescenti in quanto essi perdono questa energia sprigionando raggi X secondari a lunghezze d’onda caratteristiche di ogni specifico elemento.
Le determinazioni dei quantitativi vengono poi determinate in base all’intensità delle lunghezze d’onda emesse.

torna all'indice



INTERPRETAZIONI E VALUTAZIONI STATISTICHE


Come tutti gli aspetti delle analisi degli elementi, entrambe le sfere dei processi interpretativi sono al centro di pareri controversi. La controversia più importante riguarda le analisi statistiche delle concentrazioni degli elementi in base alla natura della loro distribuzione statistica.
La questione è se questi dati siano analizzati in maniera migliore da statistiche parametriche o non parametriche. Mentre le più potenti statistiche parametriche vengono preferite e usate da molti ricercatori di elementi in traccia, la loro applicabilità a questo proposito viene preclusa da fattori quali campioni estremamente piccoli e il fallito tentativo di stabilire la normalità della distribuzione degli elementi in traccia.
Il problema è stato recentemente discusso da Buikstra e colleghi, che hanno usato le analisi dei componenti principali per “scoprire i tipi e le direzioni delle relazioni tra i vari elementi in traccia e tra gli elementi in traccia e gli isotopi di carbonio”. Poiché questa tecnica presuppone la caratteristica della normalità, i dati degli elementi in traccia furono prima testati per questo criterio e poi soggetti a trasformazioni quando questo non veniva trovato. Probabilmente il più grande vantaggio delle analisi dei componenti principali, comunque, è l’abilità a pesare in concomitanza l’impatto dei fattori che arrestano le interazioni degli elementi, della dieta, della diagenesi, della fisiologia.
Metodi per procurarsi i modi di diagnosticare e, possibilmente, eludere la diagenesi, elencati nella tabella 1, potrebbero essere una parte integrante di ogni protocollo di ricerca includendo le analisi degli elementi dei tessuti. Comunque non bisogna dimenticare che la documentazione di un così complesso fenomeno richiede un approccio più sistematico.
Componente essenziale di questa strategia è il simultaneo uso di metodi alternativi ma complementari per valutare la diagenesi. Le tecniche più frequentemente usate per determinare gli effetti della diagenesi si basano sulle analisi chimiche del suolo. Di solito vengono fatti paragoni tra le concentrazioni totali di elementi di un osso, e i campioni di terreno che gli sono associati ; questi concetti vengono riassunti nella teoria della “Gradiente di concentrazione”. Secondo questa, una significativa contaminazione dell’osso da parte del terreno è da considerare meno probabile se le concentrazioni del suolo sono sproporzionatamente più basse di quelle degli stessi elementi nell’osso. D’altra parte, però, una rilevante contaminazione postmortem del tessuto osseo è stimolata dalla maggiore quantità di un elemento nel terreno rispetto all’osso. Mentre gli studi sulla chimica del suolo sono indubbiamente di enorme importanza per la diagnosi di scambi diagenetici, una forte aderenza al concetto di gradiente di concentrazione, può sfociare in una scorretta ripartizione di tali alterazioni. Soprattutto l’imprevedibile natura e direzione dello scambio diagenetico, rende questa teoria alquanto discutibile.
In altre parole, livelli elevati nel suolo, relativi all’osso, possono indicare una maggiore liscivia dall’osso al suolo. Al contrario, basse concentrazioni nel suolo, in relazione all’osso, indicano un maggiore passaggio di elementi dal suolo all’osso. Comunque, gli antropologi che studiano gli elementi in traccia, dovrebbero considerare molti fattori.
Primo, dovrebbero essere estratti campioni di terreno dalla fossa e dalle zone adiacenti per analisi comparative.
Secondo, le analisi del suolo per tutti gli elementi, possono essere meno utili delle analisi per lo scambio di ioni e di ioni in soluzione, poiché molte reazioni chimiche inorganiche nel suolo acquisteranno ioni in soluzione.
Infine, il solo studio del terreno, non è sufficiente per l’interpretazione degli effetti diagenetici o della loro relazione con fattori biogenetici. Perciò, lo studio della chimica del suolo, dovrebbe essere usata in combinazione ad altre tecniche, laddove possibile.
La prima consiste nella micro-esplorazione degli elettroni. I contaminanti si accumulano tipicamente sulla superficie esterna della corteccia, a volte anche lungo l’endostio. Questa osservazione riporta ai metodi per rimuovere la maggior parte della superficie interna ed esterna. Perdite sostanziali di elementi possono avvenire attraverso la liscivia e possono anche sfuggire al riconoscimento della micro-analisi.
La spettrometria per diffrazione di raggi X (XRD) è ugualmente utile per documentare la diagenesi. Questa tecnica fornisce un modo per dimostrare i processi diagenetici in relazione all’incremento della cristallinità, recristallizzazione, gli scambi ionici con l’inclusione dello Sr e del Ca, e l’incorporamento di varie fasi minerali nei materiali scheletrici. Gli altri metodi di riconoscimento, possono essere catalogati come studi comparativi dello scheletro. Queste tecniche possono essere suddivise nelle categorie di paragone intraosseo, fra ossa, fra specie e fra popolazioni. A differenza degli altri, i paragoni intraossei sono basati sulla correlazione degli stessi elementi.
Il paragone fra ossa, include il paragone fra diversi tipi di ossa come il femore e le coste. Mentre questa tecnica può essere un’appropriata aggiunta ad altri metodi più diretti alla valutazione della diagenesi, non è consigliabile affidarsi solo alle informazioni derivate da questa tecnica, a causa delle questioni riguardanti il turnover metabolico e le differenze fisiologiche specifiche del sesso e dell’età.
I paragoni fra specie, in cui gli elementi costituenti le osa umane sono paragonati con quelli della fauna che rappresenta un differente schema dietetico, sono di maggiore applicabilità. Questi studi usano molto frequentemente specie preistoriche ottenute dallo stesso sito o regione dei materiali umani. Difficoltà inerenti all’applicazione dei paragoni fra specie, includono il recupero di sufficiente materiale rappresentativo e la variabilità dietetica tra specie animali. Infine, la scarsità dei dati dalle popolazioni preistoriche e moderne, è riconosciuta come problema significativo della ricerca antropologica degli elementi in traccia. Mentre alcuni dati delle popolazioni contemporanee sono stati disponibili fin dai primi studi antropologici, la loro applicabilità è limitata dalla frequente mancanza di documentazione dei fattori dietetici e fisiologici. Anche i dati archeologici presentano questi limiti. Inoltre, i ricercatori che lavorano su questi dati devono considerare che molte variabili, anche sottili differenze della composizione del terreno, possono portare a sostanziali differenze tra le popolazioni nella deposizione biologica e in quella diagenetica. Gli attuali rapporti circa la diagenesi sono ampiamente responsabili di una maggiore enfasi sulle ricerche sperimentali e in laboratorio degli elementi in traccia.
Di speciale importanza è lo sviluppo di metodi per circuire gli effetti della diagenesi che, oltre a quelli già citati, includono il recente sviluppo dei profili di solubilità. Basata sulla diversa solubilità della apatite geologica e di quella biologica, la tecnica tenta di rimuovere minerali diagenetici più solubili con successivi lavaggi in soluzioni acide. Mentre l’ applicabilità generale della tecnica non è ancora famosa, ciascun gruppo di strategie per riconoscere e combattere la diagenesi deve essere creata su misura tenendo bene in mente le condizioni di ogni specifico sito, di ogni specifico ambiente, e di ogni specifica cultura .

torna all'indice



ORIENTAMENTI DI RICERCA,RACCOMANDAZIONI,E CONCLUSIONI


Lo studio dei processi diagenetici, è chiaramente dominato dalle odierne ricerche antropologiche sugli elementi in traccia, un campo di ricerca che continuerà sicuramente a svilupparsi e ad intensificarsi nel corso della presente decade. La molteplicità, l’imprevedibilità, la natura dinamica dei processi diagenetici, richiede che siano usate diverse prospettive e strategie di ricerca per delineare i metodi più sofisticati per la ricognizione e, dove è possibile, per eludere gli effetti postmortem. Perciò, per capire al meglio gli effetti della diagenesi, dobbiamo coordinare perfettamente il lavoro sul campo e in laboratorio. Bisogna anche considerare che altri processi che operano sul continuum biogenetico diagenetico, hanno bisogno di ulteriori studi. In breve, nonostante il nascente interesse per l’analisi degli elementi, molte importanti direzioni di ricerche, sono state trascurate o le sono state dedicati trattamenti veloci. Queste aree, alcune delle quali sono state delineate nella tabella 2, comprendono schemi per formulare ipotesi e per sperimentare le ipotesi.
Gli studi in laboratorio, potrebbero colmare le molte lacune nella nostra conoscenze della biochimica degli elementi, della deposizione, e del metabolismo. In aggiunta, modelli sperimentali potrebbero essere usati per valutare il grado a cui i livelli degli elementi riflettono il regime dietetico differenziale e i processi fisiologici. Mente la nostra conoscenza sulle associazioni tra dieta, fisiologia e concentrazione degli elementi in traccia è discreta, la nostra conoscenza sulle relazioni tra questi livelli e le condizioni di salute, sono allo stato iniziale. In ultima analisi, gli studi degli elementi in traccia nell’arco dell’ultima decade ci ha insegnato probabilmente più sulla diagenesi che sulle modificazioni dietetiche.


TAVOLA 1. Metodi per identificare e circoscrivere la diagenesi.


Identificazione della diagenesi


1) Studi della chimica del suolo
2) Micro analisi degli elettroni
3) Diffrazione a raggi X
4) Paragoni osteologici
A. Intraosso
B. Fra ossa
C. Fra specie
D. Fra popolazioni

Circonvenzione della diagenesi


1) Indicatore dei fattori di elementi/correzione
2) Rimozione della superficie contaminata
3) Profili di solubilità


TAVOLA 2. Campi di ricerca in corso e futuri sugli studi degli elementi in traccia.

1. Stabilire la concentrazione “normale” per ogni tessuto, compresi capelli, denti e unghie.
2. Sviluppare modelli per testare le premesse di base concernenti le relazioni tra dieta, fisiologia e
concentrazione degli elementi.
3. Formulare e testare ipotesi concernenti le associazioni tra concentrazione degli elementi e patologie.
4. Studiare l’interazione tra biogenesi e diagenesi nel determinare i livelli degli elementi
5. Promuovere gli esperimenti orientati alla ricerca su campo e in laboratorio

torna all'indice


Modifica

chiudi