GIOVANNA D'ARCO
(Messenger: The Story of Joan of Arc)

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REGIA:    
Luc BESSON

PRODUZIONE: Francia   -   1999   -   Dramm.

DURATA:  161'

INTERPRETI:
Milla Jovovich,
Tcheky Karyo, Vincent Cassel, Dustin Hoffman,
Faye Dunaway, John Malkovich

SCENEGGIATURA:
Luc Besson, Andrew Birkin

FOTOGRAFIA:
Thierry Arbogast

SCENOGRAFIA:
Hugues Tissandier

MONTAGGIO: Sylvie Landra

MUSICHE: Eric Serra

COSTUMI: Catherine Leterrier

Trama

Giovanna d'arco giovane contadina francese, viene incaricata da Dio, di salvare la Francia dall'invasore inglese. Diventata scomoda al potere costituito, dopo le sue innumerevoli vittorie, verrà fatta cadere nelle mani degli inglesi. Processata per eresie verrà condannata al rogo nella piazza di Rouen nel maggio del 1431.

Recensioni

 

 

 

Una francese enigmatica: Giovanna D'Arco

Che film poteva venir fuori dalla mente di Luc Besson, sempre alle prese con ambientazioni noir e killer (non consideriamo il quinto elemento, per cortesia), quando si tratta di Giovanna d'Arco, personaggio controverso della storia francese? Da buon francese, vivendo con trasporto la storia, il regista realizza un'opera intensa, anche per l'ottima scelta degli attori che vi partecipano. La storia ha inizio con una Giovanna bambina, abitante di un villaggio di campagna. La sua vita scorre tranquilla finché non assiste alla distruzione della sua casa e allo sterminio della sua famiglia da parte degli inglesi; ed è questa l'avvenimento che deve guidarci nella visione del film, la chiave di lettura della psicologia del personaggio. Giovanna(Milla Jovovich) ormai cresciuta (18 anni) è ossessionata dall'idea di cacciare gli invasori dalla sua terra; convince un re (John Malkovich) senza carisma e succube della suocera (una bravissima Faye Dunaway) ad affidargli un'esercito per liberare la Francia. L'opposizione tra un re senza ideali e una giovane fomentata da Dio non può che avere un vincitore, e il popolo non aspetta altro che seguire Giovanna nelle sue imprese. Le battaglie sono un trionfo, e la"pulzella" ha un fascino irresistibile sulle persone che la circondano, una tenacia sovraumana, ma a tratti inspiegabile. Qui iniziano i primi dubbi sulla caretterizzazione della protagonista, che più che illuminata da Dio sembra un'esaltata. Perché cade nello sconforto nel vedere il campo di battaglia? Non dovrebbe Dio dargli forza sufficiente a renderla impassibile alla vista di tali massacri? Questi interrogativi verrano sciolti nel finale. Una volta che il re verrà incoronato sovrano di una Francia non ancora totalmente libera, Giovanna verrà privata del suo esercito, mentre si accinge a liberare Parigi. Diventa un personaggio scomodo per il potere costituito, e la Francia decide di tradirla, lasciandola nelle mani, degli inglesi, che la sottoporranno ad un processo per stregoneria. Giovanna si rifiuta di rispondere alle domande del tribunale, sostenendo che le sue "voci" non possono essere rivelate, eccezzion fatta per il re di Francia; in realtà Giovanna vuole proteggersi innanzitutto da se stessa. Ma durante la sua prigionia nelle carceri, prima della scontata condanna, c'è la comparsa del personaggio che darà coerenza e spessore al film, e metterà a nudo la vera natura di Giovanna: la sua coscienza (uno strepitoso Dustin Hoffman).Giovanna è costretta a parlare con se stessa e non può più nascondersi; si rende conto che tutte le azioni che ha compiuto non sono state opera di Dio, ma dettate dalla sua volontà."Pensi veramente che Dio abbia bisogno di te per combattere le sue battaglie?", sentenzierà la sua coscienza prima del reale pentimento. I suoi ideali non erano opera di Dio, erano mossi da un impeto irrefrenabile, da un odio verso chi aveva sterminato la sua famiglia,da uno spirito di VENDETTA. L'ultima confessione, prima del rogo, negata ripetutamente da una chiesa invischiata nel potere e schiava delle sue stesse contraddizioni, avverrà, per la prima volta nella vita di Giovanna, con la propria coscienza: e sarà questo il vero pentimento,la vera riconciliazione con se stessa l'assoluzione dei suoi peccati. La pace dello spirito non si ottiene con una fede meccanica serva dei dogmi e delle procedure,ma con una analisi sincera e cosciente delle proprie azioni e dei conseguenti errori. Le azioni di Giovanna, che non avevano nulla di divino, erano guidate dalla suoi fantasmi interiori , dai suoi traumi infantili, dalla visione della vita ossessionata dall'ingombrante presenza di Dio. E' il suo libero arbitrio che l'ha portata a compiere dei massacri; la voce di Dio non era altro che la sua voce, la voce dei suoi incubi. Alla fine, il comportamento di Giovanna, che sembrava inadatto per una prescelta, è credibile, in quanto essa stessa era diventata "vessillo"di una guerra che non poteva combattere, e questa sua battaglia si era trasformata in un'ossessione che nulla aveva a che vedere con il volere di Dio. Giovanna d'Arco è un kolossal con tutti i crismi del caso, e si avvale di ottima caratterizzazione dei personaggi, che dona una notevole solidità al film. La ricostruzione dell'epoca e più che soddisfacente, ed un plauso va sicuramente agli splendidi costumi ed alle spettacolari sequenze delle battaglie,raramente ricostruite in maniera così veritiera. Unica nota dolente è Milla Jovovich, che non convince con la sua recitazione che pecca di manierismo, soprattutto alla luce di mostri sacri come Dustin Hoffman, semplicemente immenso. In definitiva un bel film, concreto, non scontato, che da una visione intelligente e senza finti eroismi di un personaggio enigmatico che trascinò un popolo oppresso alla propria liberazione. Luc Besson si conferma regista acuto e dotato,che sa trattare, da persona raziocinante, temi come il potere e la fede, senza scadere nello scontato. Sicuramente da vedere.

Matteo Catoni


Luc goes to Hollywood

Dopo l'indigeribile "quinto elemento", Besson ritenta la strada della megaproduzione con risultati di nuovo pessimi. Già le premesse non sono le migliori: affrontare un tema così delicato, problematico e complesso con piglio epico-eroico e grandeur effettistico-scenografico. Il risultato è questo magniloquente filmone che in sostanza risulta sbagliato da qualunque punto di vista lo si osservi, a cominciare dalle caratterizzazioni dei personaggi: una scialba galleria di stereotipi (il re fifone e meschino, il guerriero rozzo ma fiero e coraggioso ecc. ecc.) immersi in una vicenda trattata in maniera semplificata e schematica. Dicotomica e fumettistica risulta l'opposizione inglesi-cattivi vs. francesi-buoni che non conosce sfumature di sorta, addirittura inaccettabile l'elemento scatenante della "vocazione battagliera" di Giovanna, quello stupro post mortem messo lì per indignare e rendere partecipi della sete di guerra della pulzella. Come giudicare quest'ombra di "vendetta privata" che da quel momento in poi aleggerà su tutto il film? Giovanna stessa è rappresentata in maniera opinabile, una sorta di invasata nevrotica ossessionata da visioni più ecstasyche che estatiche e lacerata sporadicamente da dubbi religiosi che sembrano farsi vivi solo alla visione di un po' di frattaglie o di teste e arti mozzati. Il film procede così, tra battaglie, grand guignol e disarmanti scivoloni umoristici (la Nostra che, strappatasi una freccia dal petto, dice: "questa non ci darà più fastidio" e s'addormenta…) fino al momento del processo e dell'entrata in scena di Dustin Hoffmann versione Coscienza che tormenta la poveretta con interrogativi senza risposta dietro ai quali è davvero arduo scorgere un fine ultimo o un perché; lasciano solo interdetti, perplessi ma a un livello molto superficiale e non, c'è da scommetterci, nel modo in cui avrebbero voluto Besson e il suo cosceneggiatore. Infine ecco il rogo che giunge, dispiace ammetterlo, come una liberazione ma quasi inatteso, al termine di un ridicolo processo-farsa (in tutti i sensi) per uno di quei finali che sanno terribilmente di "tirato via". Si salvano solo il mestiere (ma Besson non voleva essere un Autore?) con cui sono girate le scene di battaglia e, forse, la prova degli attori, non foss'altro per l'impegno e l'abnegazione con cui si sono prestati all'operazione. Davvero inutile e ingrato, dunque, scomodare gli illustri precedenti di Dreyer, Bresson o Rossellini, qui il termine di paragone più immediato è l'eroismo da Oscar di "braveheart" col quale è impossibile non scorgere preoccupanti affinità ma che, alla fin fine, risultava un polpettone meno pretenzioso, più onesto e, perché no, coinvolgente. E ho detto tutto.

Gianluca Pelleschi


Matteo
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