Recensioni
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Una francese
enigmatica: Giovanna D'Arco
Che film poteva venir fuori dalla mente di Luc Besson, sempre alle prese con ambientazioni noir e
killer (non consideriamo il quinto elemento, per cortesia), quando si tratta di Giovanna
d'Arco, personaggio controverso della storia francese? Da buon francese,
vivendo con trasporto la storia, il regista realizza un'opera intensa,
anche per l'ottima scelta degli attori che vi partecipano. La storia ha inizio con una Giovanna
bambina, abitante di un villaggio di campagna. La sua vita scorre tranquilla
finché non assiste alla distruzione della sua casa e allo sterminio della sua famiglia da parte degli
inglesi; ed è questa l'avvenimento che deve guidarci nella visione del
film, la chiave di lettura della psicologia del personaggio.
Giovanna(Milla Jovovich) ormai cresciuta (18 anni) è ossessionata dall'idea di cacciare gli invasori dalla sua terra; convince un
re (John Malkovich) senza carisma e succube della suocera (una bravissima Faye Dunaway) ad affidargli un'esercito per liberare la
Francia. L'opposizione tra un re senza ideali e una giovane fomentata da Dio non può che avere un
vincitore, e il popolo non aspetta altro che seguire Giovanna nelle sue
imprese. Le battaglie sono un trionfo, e la"pulzella" ha un fascino irresistibile sulle persone che la
circondano, una tenacia sovraumana, ma a tratti inspiegabile. Qui iniziano i primi dubbi sulla caretterizzazione della protagonista, che più che illuminata da Dio sembra
un'esaltata. Perché cade nello sconforto nel vedere il campo di
battaglia? Non dovrebbe Dio dargli forza sufficiente a renderla impassibile alla vista di tali
massacri? Questi interrogativi verrano sciolti nel finale. Una volta che il re verrà incoronato sovrano di una Francia non ancora totalmente
libera, Giovanna verrà privata del suo esercito, mentre si accinge a liberare
Parigi. Diventa un personaggio scomodo per il potere costituito, e la Francia decide di
tradirla, lasciandola nelle mani, degli inglesi, che la sottoporranno ad un processo per
stregoneria. Giovanna si rifiuta di rispondere alle domande del tribunale,
sostenendo che le sue "voci" non possono essere rivelate,
eccezzion fatta per il re di Francia; in realtà Giovanna vuole proteggersi innanzitutto da se
stessa. Ma durante la sua prigionia nelle carceri, prima della scontata condanna, c'è la comparsa del personaggio che darà coerenza e spessore al
film, e metterà a nudo la vera natura di Giovanna: la sua coscienza (uno strepitoso Dustin Hoffman).Giovanna è costretta a parlare con se stessa e non può più
nascondersi; si rende conto che tutte le azioni che ha compiuto non sono state opera di
Dio, ma dettate dalla sua volontà."Pensi veramente che Dio abbia bisogno di te per combattere le sue
battaglie?", sentenzierà la sua coscienza prima del reale
pentimento. I suoi ideali non erano opera di Dio, erano mossi da un impeto
irrefrenabile, da un odio verso chi aveva sterminato la sua famiglia,da uno spirito di
VENDETTA. L'ultima confessione, prima del rogo, negata ripetutamente da una chiesa invischiata nel potere e schiava delle sue stesse
contraddizioni, avverrà, per la prima volta nella vita di Giovanna, con la propria
coscienza: e sarà questo il vero pentimento,la vera riconciliazione con se stessa
l'assoluzione dei suoi peccati. La pace dello spirito non si ottiene con una fede meccanica serva dei dogmi e delle procedure,ma con una analisi sincera e cosciente delle proprie azioni e dei conseguenti
errori. Le azioni di Giovanna, che non avevano nulla di divino, erano guidate dalla suoi fantasmi interiori , dai suoi traumi
infantili, dalla visione della vita ossessionata dall'ingombrante presenza di
Dio. E' il suo libero arbitrio che l'ha portata a compiere dei massacri;
la voce di Dio non era altro che la sua voce, la voce dei suoi incubi. Alla fine, il comportamento di
Giovanna, che sembrava inadatto per una prescelta, è credibile, in quanto essa stessa era
diventata "vessillo"di una guerra che non poteva combattere, e questa sua battaglia si era trasformata in un'ossessione che nulla aveva a che vedere con il volere di
Dio. Giovanna d'Arco è un kolossal con tutti i crismi del caso, e si avvale di ottima caratterizzazione dei personaggi, che dona una notevole solidità al
film. La ricostruzione dell'epoca e più che soddisfacente, ed un plauso va sicuramente agli splendidi costumi ed alle spettacolari sequenze delle battaglie,raramente ricostruite in maniera così
veritiera. Unica nota dolente è Milla Jovovich, che non convince con la sua recitazione che pecca di
manierismo, soprattutto alla luce di mostri sacri come Dustin Hoffman,
semplicemente immenso. In definitiva un bel film, concreto, non scontato,
che da una visione intelligente e senza finti eroismi di un personaggio enigmatico che trascinò un popolo oppresso alla propria
liberazione. Luc Besson si conferma regista acuto e dotato,che sa trattare, da persona raziocinante,
temi come il potere e la fede, senza scadere nello scontato. Sicuramente da vedere.
Matteo
Catoni
Luc goes to Hollywood
Dopo l'indigeribile "quinto elemento", Besson ritenta la strada della megaproduzione con risultati di nuovo pessimi. Già le premesse non sono le migliori: affrontare un tema così delicato, problematico e complesso con piglio epico-eroico e grandeur
effettistico-scenografico. Il risultato è questo magniloquente filmone che in sostanza risulta sbagliato da qualunque punto di vista lo si osservi, a cominciare dalle caratterizzazioni dei personaggi: una scialba galleria di stereotipi (il re fifone e meschino, il guerriero rozzo ma fiero e coraggioso ecc. ecc.) immersi in una vicenda trattata in maniera semplificata e schematica. Dicotomica e fumettistica risulta l'opposizione inglesi-cattivi vs. francesi-buoni che non conosce sfumature di sorta, addirittura inaccettabile l'elemento scatenante della "vocazione battagliera" di Giovanna, quello stupro post mortem messo lì per indignare e rendere partecipi della sete di guerra della pulzella. Come giudicare quest'ombra di "vendetta privata" che da quel momento in poi aleggerà su tutto il film? Giovanna stessa è rappresentata in maniera opinabile, una sorta di invasata nevrotica ossessionata da visioni più ecstasyche che estatiche e lacerata sporadicamente da dubbi religiosi che sembrano farsi vivi solo alla visione di un po'
di frattaglie o di teste e arti mozzati. Il film procede così, tra battaglie, grand guignol e disarmanti scivoloni umoristici (la Nostra che, strappatasi una freccia dal petto, dice: "questa non ci darà più fastidio" e s'addormenta…) fino al momento del processo e dell'entrata in scena di Dustin Hoffmann versione Coscienza che tormenta la poveretta con interrogativi senza risposta dietro ai quali è davvero arduo scorgere un fine ultimo o un perché; lasciano solo interdetti, perplessi ma a un livello molto superficiale e non, c'è da scommetterci, nel modo in cui avrebbero voluto Besson e il suo cosceneggiatore. Infine ecco il rogo che giunge, dispiace ammetterlo, come una liberazione ma quasi inatteso, al termine di un ridicolo processo-farsa (in tutti i sensi) per uno di quei finali che sanno terribilmente di "tirato via". Si salvano solo il mestiere (ma Besson non voleva essere un Autore?) con cui sono girate le scene di battaglia e, forse, la prova degli attori, non foss'altro per l'impegno e l'abnegazione con cui si sono prestati all'operazione. Davvero inutile e ingrato, dunque, scomodare gli illustri precedenti di Dreyer, Bresson o Rossellini, qui il termine di paragone più immediato è l'eroismo da Oscar di "braveheart" col quale è impossibile non scorgere preoccupanti affinità ma che, alla fin fine, risultava un polpettone meno pretenzioso, più onesto e, perché no, coinvolgente. E ho detto tutto.
Gianluca Pelleschi |