Recensioni
|
L'Inghilterra di Oscar Wilde
Innanzi
tutto, la prima cosa da dire su questo film, è che non si tratta della
solita commedia all’inglese; non perché manchi dell’humour ricercato,
tipico di questo genere d’opera, ma perché la parte da padrone la fa
l’intrigo che di divertente non ha nulla. Quello che sembra il solito
film, con belle donne in costume, e romantici cavalieri che si scambiano
non sempre lecite effusioni amorose, e in realtà un lavoro che analizza,
senza andare molto in fondo per la verità, dei temi quali l’onore, la
fedeltà, l’orgoglio, argomenti che mal si addicono ad un film del
genere. Il tono di quest’opera è per larghi tratti troppo appesantito
da riflessioni superficiali degli argomenti su citati, a discapito di un
ritmo e di una leggerezza che opere di questo genere devono avere. In ogni
caso “Un marito ideale” ha sicuramente i suoi lati positivi. A
cominciare dagli attori, molto preparati e sicuramente a loro agio nei
ruoli, e che hanno in Rupert Everett la loro punta di diamante;
semplicemente perfetto nella parte del donnaiolo che alla fine cede alle
lusinghe dell’amore. Nonostante ciò, si ha l’impressione che il
regista a volte abbia caricato la loro recitazione di una leziosità
eccessiva, facendo scadere le loro performance in cliché francamente
evitabili. La realizzazione tecnica rientra, senza troppi clamori, nella
media, con una regia onesta e priva d’inutili virtuosismi, e con una
fotografia ed un montaggio di maniera, ma sicuramente accettabilissimi. In
definitiva un’opera discreta, anche se partendo da un testo d’Oscar
Wilde, qualcosa di più, era lecito aspettarsi.
Matteo
Catoni
Eleganza e
humour in stile Oscar Wilde
La commedia di Wilde viene portata sugli
schermi per la seconda volta (dopo quella corretta e tradizionale del 1947)
con questa principale novità: la centralità del personaggio del raffinato
perdigiorno dal cinismo tipicamente wildiano.Rupert Everett, perfetta incarnazione
di questo Lord inglese, ruba completamente la scena al vero marito ideale Northam,
grazie sia al suo carisma, che ad un ruolo sicuramente più brillante.
Suoi sono
tutti i numerosi momenti di comicità, vero pregio della pellicola, dai duetti
con il padre a quelli col maggiordomo, ma quasi tutte le sue frasi sono fulminanti
perle di autoironica amoralità. Illuminato da questa figura il film si snoda con
un buon equilibrio, leggero e ben congegnato, classico ma non privo di uno spirito moderno.
Tra veri momenti da commedia degli equivoci ed un paio di fugaci scivoloni nel
sentimentalismo la storia getta sul tappeto anche qualche argomento su cui riflettere:
è giusto che una persona perda tutto per un unico errore fatto in passato?
E' più facile amare un ideale o una persona con i suoi difetti? La totale sincerità
in un rapporto di coppia è un'utopia? Le risposte arrivano fin troppo
puntuali, ma è bello
assaporare l'atmosfera dell'alta società dell'epoca, dipinta dalle belle scenografie ed i
bellissimi costumi, oltre che da una regia sempre piacevole. Molto onore va anche al cast,
decisamente bravo. La Moore si cala in modo convincente nei panni della perfida intrigante,
la Blanchett si difende bene in quelli della (insipida) moglie dalle troppe pretese.
Tutto il contorno non sfigura ma è certo Everett ad accentrare su di sé l'attenzione,
e nel passaggio (ormai avvenuto con successo) da affascinante tenebroso a simpatico uomo
di spirito la sua carriera tocca un ruolo da simpatico fascinoso. E forse a molti sarà
venuta voglia di imitarlo e parlare di cose serie un solo giorno al mese...da mezzogiorno
alle quindici.
Una sola domanda: era proprio necessario che lo scapolo impenitente capitolasse davanti al viso troppo paffuto della Driver?
Oboo |