Recensioni
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Possono "le regole" scandire la
vita?
"Se diventero'
l'eroe della mia vita o se quel posto sara' preso da qualcun
altro, lo mostreranno le pagine che seguono."
In queste parole del D.Copperfield di C.Dickens, si puo' riassumere tutto
il film, anche se potrebbe sembrare riduttivo
in prima battuta, ma è da questa frase che J.Irving si è fatto ispirare per
il romanzo da cui è tratto il film, presentato in
anteprima alla mostra del cinema di Venezia 1999.
E' una storia di relazioni umane, di scoperte esistenziali, del risveglio
dell'amore, di dure constatazioni quali la violenza sessuale, la crudelta',
la solitudine.
La prima parte del film ruota intorno al rapporto fra Homer e il dr.Larch,
fra i quali si instaura una sorta di legame padre-figlio, che finira' per spingere il ragazzo a fuggire dal chiuso mondo dell'orfanotrofio, pur continuando il rapporto in maniera
epistolare ed introspettiva. Cominciano cosi' le scoperte di tutto cio' che
lo circonda a partire dalla natura fino ai sentimenti,
ai rapporti interpersonali. E qui la domanda cruciale: "Servono le regole
ad aiutare i nostri comportamenti e quindi la nostra vita? Chi detta tali
regole? Da quale assunto si procede per stabilirle? E infrangerle, senza
ledere gli altrui diritti, potrebbe
essere migliorativo?" E sara' questo infrangere, i rapporti umani, l'antitesi
fra passato e presente a far prendere decisioni tali
da cambiare il corso dell'esistenza del protagonista e non solo...
L'intreccio dei rapporti fra i personaggi pecca in alcuni punti, pero', di
retorica e pateticita', che finiscono per inficiare il
film, mentre è ben delineato il concetto di lealta' e tradimento e
convincente nello stravolgimento dei valori.
Eccezionale Michael Caine nel ruolo del dr.Larch, interpretato con serieta'
e grande ironia; fin troppo ingenuo Tobey
Maguire, nella parte del protagonista. Mara
Taloni
Vita e avventure di Homer Wells
A differenza delle due precedenti opere di Irving ecco un romanzo che sembra nato per diventare film. Nel modo più accattivante possibile per un certo tipo di pubblico. Si segue infatti la vita di un uomo a partire dalla sua nascita, da bambino abbandonato, fino alla maturità di adulto. Con le scoperte obbligate, i ripensamenti e le disillusioni: un'educazione sentimentale ma non solo quindi, un'iniziazione globale alla vita, il modo migliore per coinvolgere uno spettatore. E il film (come pure il romanzo: la sceneggiatura è opera dello stesso Irving) procede nel racconto con spirito in buona parte dickensiano. Soprattutto nella prima parte, quella ambientata nell'orfanotrofio, la più tradizionale (e già vista, se vogliamo), ma anche la più riuscita e commovente. Immancabili i bambini un po' buffi un po' teneri, il desiderio di una famiglia e la sofferenza per il rifiuto, il medico-padre e le infermiere-madri (tutti molto buoni e simpatici). Immancabile anche il solito bambino malato
senza speranza che fa tenerezza (e qui siamo più dalle parti di Jane Eyre). Un quadro comunque godibile, specie per alcune trovate come la particolare buonanotte con cui il medico saluta ogni sera i suoi bambini. Arriva poi la separazione, la partenza del protagonista che sembra scoprire tutta la vita in un campo di mele, nella casa del sidro. Tutto gli passa davanti un po' per caso, dall'amicizia all' amore. E al tema dominante dell'aborto si aggiunge, un po' forzatamente, quello
dell'incesto e dell'abuso sessuale. Ecco allora la morale che il film tiene ad affermare: le regole non possono venirci imposte dall'esterno, e meno che mai da persone estranee alla situazione; è sempre necessario rendersi utili in qualche modo; le nostre regole e certezze vengono facilmente messe in discussione dalle vicissitudini della vita, "a volte bisogna violare le regole per rimettere le cose a posto". E così il giovane Homer rivede la sua decisa opposizione all'aborto ed arriva alla consapevolezza di dover prendere decisioni in prima persona per diventare il protagonista della propria vita. E questo non lo porta ad altro che a riconoscere come suo il destino che il medico-padre aveva individuato fin dall'inizio per lui. Il problema è che ogni aspetto viene trattato con una certa superficialità, non si approfondisce né il tema del tradimento dell'amicizia né la storia d'amore stessa, né i temi più forti. La stessa personalità del protagonista sembra realmente quella di un tipico personaggio di Dickens: un buono generico, un ingenuo, semplificato e privo di sfaccettature (un Copperfield, un Twist). Il risultato è che anche le emozioni dello spettatore rimangono piuttosto in superficie. I bei paesaggi, la fotografia e la regia di qualità certamente sono apprezzabili, ma rimane un po' poco per un film che fonda
programmaticamente la sua forza sui sentimenti e la psicologia dei personaggi. Tobey Maguire ha il merito di rappresentare bene il ragazzo comune, ma la sua espressione da bonaccione risulta la stessa per quasi tutto il film; la bellissima Charlize Theron deve ancora dimostrare talento da attrice ma sembra avere buone possibilità di affermarsi come star. La vera indiscutibile prova di bravura è quella offerta da Michael Caine.
Si può uscire dalla visione con un sorriso se si era in cerca di buoni sentimenti, ma difficilmente si potrà dire qualcosa di più di "carino, grazioso".
Oboo |