CAST AWAY
(Cast away)

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REGIA:    
Robert ZEMECKIS

PRODUZIONE:  U.S.A.   -   2000   -   Avventura

DURATA:  143'

INTERPRETI:
Tom Hanks, 
Helen Hunt, Nick Searcy, Lari White,
Paul Sanchez, Nan Martin

SCENEGGIATURA: William Broyles Jr.

FOTOGRAFIA: Don Burgess

SCENOGRAFIA: Rick Carter

MONTAGGIO: Arthur Schmidt

COSTUMI: Joanna Johnston

MUSICHE: Alan Silvestri

Trama

Chuck Noland, ingegnere presso la Federal Express, ha la vita scandita dall'orologio, e durante un viaggio di lavoro riesce a sopravvivere a un terribile incidente aereo. Solo, su un'isola deserta, si ritrova a cominciare da zero per procurarsi acqua, cibo e un rifugio. Ma la lotta piu' dura sara' quella per affrontare la solitudine e la disperazione. Dopo quattro anni...

Recensioni

 

 

 

"e il naufragar m'e' DURO in questo mare"

Uno dei sogni piu' trendy del momento e' un isolotto sperduto nell'oceano in cui vivere lontano da ogni comfort, con il fine di riscoprire il vero valore delle cose che ritmi frenetici e stress hanno finito per annebbiare. Il film di Robert Zemeckis ha la furbizia per rendere credibile questo miraggio, ma sfugge a qualsiasi compiacimento e rappresenta il sogno a misura d'uomo. Cosi', non e' molto facile la vita per Tom Hanks, sopravvissuto miracolosamente a un disastro aereo e novello Robinson Crusoe su un'isola deserta di incomparabile bellezza ma priva di tutto cio' che puo' garantire la sopravvivenza a un cittadino diviso tra lavoro, affetti e orologio.
Trasformando un aneddoto da bar in film, Robert Zemeckis conferma le sue doti di grande narratore, capace di procedere unendo al piacere del racconto la sua spettacolarizzazione, e permette al pubblico di appassionarsi subito al destino del protagonista. Molto sostenuto il ritmo, nonostante la mancanza di eventi epocali, ma la sceneggiatura ha il pregio di rendere forti, interessanti e credibili, le decisioni del protagonista e la sua evoluzione interiore oltre che fisica. Buona parte del merito va a Tom Hanks, che impersona con grande sensibilità interpretativa, e virtuosistica aderenza fisica, le difficolta' dell'uomo comune davanti a una situazione straordinaria ed inaspettata. Poche le concessioni al "carino" e coraggiosa la scelta di concentrare gran parte del film su Tom Hanks, solo e sperduto sull'isola, tra l'altro con pochissime sottolineature musicali. Molto efficaci alcune trovate, come quella di creare un compagno di avventura di nome Wilson da un pallone, o come il pacco che apre e chiude il film, vero motore della storia, un po' come la piuma di "Forrest Gump". Un film quindi interessante, per i dubbi che pone e per il modo in cui lo fa, che solo una furba ma assai ingannevole azione di marketing associa alla tendenza "modaiola" di abbandonare le comodità per tuffarsi nell'avventura e riscoprire se stessi. Questa e' una delle conseguenze a cui il film giunge, ma non un "manifesto" che spiega il film o a cui il film vuole arrivare. L'avventura che scorre sullo schermo, infatti, resta soprattutto una bella storia, raccontata con gusto da chi ha il piacere e gli strumenti per farlo.

Luca Baroncini


Dispersi al cinema

Ciò che viene in mente apprestandosi a vedere questo film, è il modo in cui dovremmo giudicarlo, sia in base alle nostre convinzioni cinematografiche, ma soprattutto in base alle aspettative che Cast Away genera in noi. Mettendoci dalla parte (non casualmente, sia ben chiaro) di chi non s'aspetta nulla da una produzione del genere si rimane inizialmente in stato catatonico, visto l'inizio tra i più lenti e prevedibili della storia del cinema. C'è la soggettiva di un pacco che viaggia dall'America alla Russia, e appena giunto a destinazione viene recapitato al giovane e baldo Tom Hanks, manager in carriera e sostenitore del migliore (-peggiore) spirito americano. Non dimentichiamo che già nelle prime inquadrature della capitale sovietica, assistiamo allo smantellamento di una lapide celebrativa di Stalin, giusto per far capire che è un film americano e di non farci strane illusioni per il futuro. E di queste ce ne facciamo ben poche, visto che l'opera procede tra pranzi natalizi a base di tacchino, e frasi d'amore strappalacrime (-capelli). Ma finalmente, per noi e per il film, l'aereo precipita, e ritroviamo il grassottello Hanks su questa benedetta isola deserta, che d'ora in poi non sarà più così, dato che sembra sia stata semi-distrutta dalla troupe del film: ma questa è un'altra storia. Ammettiamo che questa parte del film può anche funzionare. La sequenza del disastro aereo è veramente ben fatta, e sembra di stare a duemila piedi d'altezza a prendere acqua e vento; bella allo stesso modo l'arrivo sull'isola, e tutto il tirocinio che il nostro eroe dovrà sopportare. E' indubbio che in queste scene, che alternano toni da commedia a eventi drammatici, la parte del leone la faccia appunto il su citato Hanks. Sarà pure un attore di maniera, un attore che non sa dare quella sferzata di genialità ai suoi personaggi, ma è pur vero che sa emozionare, sa come prendere il pubblico e sa in definitiva ciò che a questi piace. Ed in definitiva è un po' questo lo spirito che anima tutto il film, che si mette al riparo da facili critiche, in quanto evita soluzioni narrative troppo scontate, ma che allo stesso tempo non può che apparire furbo in alcuni passaggi e compiacente nel suo banale tentativo di essere diverso nella sua sconcertante normalità.
La fuga dall'isola, e il disperato tentativo di tornare a casa seguono lo stile che il film si è dato in tutto il suo corso, e il finale non propriamente lieto, è prevedibile. Ci troviamo di fronte al classico film che farà impazzire i normali fruitori di questi prodotti, visto il buon ritmo narrativo della storia, la spettacolarità delle immagini e la bravura di Hanks, e non mi stupirei se qualcuno usasse l'aggettivo "stupendo" per descriverlo; ma vedendolo con l'occhio di chi chiede qualcosa in più al cinema moderno, di chi vorrebbe scelte coraggiose e non furbe da parte della regia, di chi chiede almeno un po' d'innovazione in questo genere di film, il risultato di questa visione appare mediocre. Cast Away è un fuoco d'artificio che ti scoppia così vicino agli occhi che il fumo non ti fa vedere per un po' di minuti, ma finita l'apparenza non rimane che il vuoto, privo anche della benché minima ed elementare morale sulla bellezza della vita che l'opera vorrebbe trasmettere.

Matteo Catoni

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