CAVALCANDO COL DIAVOLO
(Ride with the Devil)

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REGIA:    
Ang LEE

PRODUZIONE:  U.S.A.   -   1999   -   Drammatico

DURATA:  134'

INTERPRETI:
Tobey McGuire, Skeet Ulrich,
Jeffrey Wright, Jonathan Rhys-Myers, Jewel,
Tom Wilkinson, Simon Baker-Denny, John Ales

SCENEGGIATURA: James Schamus

FOTOGRAFIA: Frederick Elmes

SCENOGRAFIA: Mark Friedberg

MONTAGGIO: Tim Squyres

COSTUMI: Marit Allen

MUSICHE: Mychael Danna

Trama

1861. Confine tra Kansas e Missouri. Guerra di secessione. Amici d'infanzia, Jake e Jack Bull si uniscono a un gruppo di ribelli favorevoli alla causa sudista.

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Cavalcando col diavolo

In attesa di Crouchin Tiger, Hidden Dragon l'acclamato film cannense, esce in Italia il precedente "Ride with the Devil", nuova fatica "fuori sede" del taiwanese Ang Lee. Strano personaggio questo regista che, debuttando con il brillante Il Banchetto di nozze e il sapido Mangiare Bere Uomo Donna (a tutt'oggi il migliore della sua filmografia), cambia completamente registro con l'accademia fallimentare di Ragione e Sentimento (famoso il commento di Cronenberg; "Che film ridicolo. E' tutto verde e c'e' sempre il sole") per ritrovare la bussola nel solido Tempesta di ghiaccio. Con "Ride with the Devil" Lee affronta uno dei punti nodali della storia americana, la guerra di secessione, vista, almeno in apparenza, dalla prospettiva sudista. Il dramma, in realta', usa la visuale secessionista per operarne una critica dall'interno, non dimenticando mai di sottolineare come quella fosse la parte sbagliata della barricata (e il titolo e' ulteriore sottolineatura del concetto).
L'intreccio si fonda sul dubbio che anima il protagonista: abbracciata, infatti, la causa secessionista piu' per vendetta che per reale voto alla causa, Jake prendera' lentamente coscienza del carattere personale della sua battaglia e del meccanismo ben piu' grande e impegnativo nel quale l'aveva collocata. Speculare alla sua presa di coscienza quella di Holt, il "nigger" affrancato dall'amicizia col suo padrone ma non per questo meno discriminato. Intorno a questo nucleo una serie di figure, tutte ben raccontate, che contribuiscono alla composizione di un quadro corposo e ben definito. Lee non forza la mano, viaggia sul filo della noia senza incapparvi, non cade nel sentimentalismo, conduce con mano ferma la storia, sostenuta da una sceneggiatura senza guizzi ne' cadute, gira scene di battaglia con efficace semplicita' e senza virtuosismi.
Il film e' professionale, non risparmia qualche crudezza e al Toby McGuire, un buon protagonista (anche se il suo volto spaesato lo condanna sempre allo stesso ruolo), ci fa preferire Jonathan Rhys-Meyer, splendido angelo maledetto.

LuC@ Pacilio

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Luca
Pacilio
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