THE CELL - LA CELLULA
(The Cell)

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REGIA:    
TARSEM

PRODUZIONE:  U.S.A   -   2000   -   Thriller

DURATA:  97'

INTERPRETI:
Jennifer Lopez, Vincent D'Onofrio,
Vince Vaughn, Marianne Jean-Baptiste, Jake Weber, Dylan Baker 

SCENEGGIATURA: Mark Protosevich

FOTOGRAFIA: Paul Laufer

SCENOGRAFIA: Tom Foden

MONTAGGIO: Paul Rubell - Robert Duffy

COSTUMI: April Napier - Eiko Ishioka

MUSICHE: Howard Shore

Trama

In seguito alla cattura di un terribile serial killer (Vincent D'Onofrio), la psicologa Catherine Deane (Jennifer Lopez), dovrà entrare nella sua mente per scoprire dove ha nascosto la sua ultima vittima.

Recensioni

 

 

 

Visioni Indiane su Hollywood

The Cell è un film che va necessariamente giudicato a partire dal regista, un certo Tarsem, che ha girato negli ultimi anni alcuni dei più innovativi spot pubblicitari mai visti: chi non ricorda lo spot della Nike in cui Ronaldo e compagnia affrontavano una squadra composta da diavoli? A partire da questi presupposti, e considerando il fatto che questi tipi di registi spesso mal si adattano al cinema, si assiste a questo lavoro coscienti dei limiti che si potranno riscontrare, ma anche fiduciosi delle doti che questo giovane indiano ha messo in mostra in più di un'occasione. La trama del film è scopiazzata qua e là da precedenti film, ma all'inizio non ci si fa troppo caso, data la potenza visiva delle scene oniriche e gli efferati crimini che commette il serial killer; ma con l'andare del tempo la musica cambia. Il film procede tra un incubo ed un altro, e la trama diventa prevedibile fino alla noia. A difesa di tutto questo rimangono alcune sequenze degne di nota, sia per la bravura degli attori, tutti sopra la sufficienza, sia per la sfarzosità della scenografie e dei costumi veramente splendidi (opera di Eiko Ishioka), ma soprattutto per la maestria di Tarsem. Quest'ultimo gioca con le riprese come se fossero una naturale estensione della sua mente, come se le sue visioni fossero personaggi che si muovono all'interno di uno spazio filmabile, senza seguire schemi o regole di sorta, ma soltanto fluttuando da un'inquadratura ad un'altra senza senso apparente. Si ha l'impressione che questo film con una sceneggiatura un po' più solida, ma soprattutto originale, si sarebbe trasformato in un'opera di tutt'altra levatura. Purtroppo sia per i limiti sopra elencati, che per l'inesperienza del regista, che affiora evidente nelle scene ambientate nella realtà, questa produzione non emerge da una sostanziale superficialità riscontrabile in molti film del genere. Rimane l'amaro in bocca per la bellezza d'alcune inquadrature di rara intensità emotiva, ma soprattutto per quello che il film poteva essere, ma che purtroppo non è stato. Provaci ancora Tarsem.

Matteo Catoni


Quando la mente diventa un teatro

Chi non ha mai sognato di entrare nella mente di qualcuno, o magari nella propria, per chiarire sogni e fantasie e razionalizzare ciò che è nascosto, intricato e apparentemente senza significato?
Ci riesce il regista indiano Tarsem, famoso per spot e video-clip, che ha scelto una storia adatta al suo talento visivo. L'idea di poter entrare nell'inconscio di una persona, in questo caso un serial killer, gli permette una libertà totale di espressione, in quanto i confini della propria creatività sono solamente soggettivi (o di budget!). La fantasia e l'estro del regista, riescono a creare, ben coadiuvati da scenografi e costumisti, un mondo interiore onirico, teatrale e pieno di fascino, con rimandi artistici e culturali che faranno impazzire lo spettatore in cerca di citazioni. Anche la psicologia del serial killer, nonostante alcuni luoghi comuni del genere (violenze infantili, situazione familiare disastrata), risulta più curata e sfaccettata del solito. La sceneggiatura ha un percorso standard, con il solito, efficace, countdown per salvare la vittima predestinata, e due personaggi, la psicologa e il serial killer, che crescono psicologicamente insieme all'evolversi degli eventi. Ma la linearità del percorso narrativo e la grande fascinazione visiva, non inficiano la tensione e il ritmo, che restano comunque sostenuti. Un po' sbrigativo il finale, che non sviscera a fondo il punto di arrivo della protagonista (una brava Jennifer Lopez). Sarebbe stato interessante!

Luca Baroncini


La matrix di tutti i thriller

-Andate e moltiplicatevi- disse Demme ai thriller a venire. E così fu. Siamo andati avanti tra collezionisti e peccati capitali, bassi e alti d'una progenie matri(x)lineare (e tra un po' verremo a quella "x") che della mater ha ora gli occhi, ora la bocca, ora solo il sorriso (ghigno?) ma che comunque non tradisce mai la sua discendenza. Giù Giù fino a "the cell". L'ultimo ma non ultimo dei serial-(killer)-movies ispirati a "the silence of lambs" (o a "manhunter", dirà qualcuno…), ci propina il solito serial killer, le sue (in)solite necroperversioni, il solito poliziotto sine macula, la solita psico-qualcosa eroina per caso. E fin qui ci siamo. Se non fosse che il tutto è visivamente meglio cucinato del solito da un regista indiano che sa il fatto suo, o che ci convince di saperlo, ma scritto peggio del solito da sceneggiatori che si sono stancamente e banalmente adagiati su una-idea-una "originale" (come no…); l'idea in questione, più che un'idea, è un prendere atto: -nel frattempo c'è stato "matrix"- devono essersi detti, quel sopravvalutato "matrix" che volenti o nolenti ha settato i nuovi standard dell'estetica/poetica cinematografica "giovane", coi suoi mondi paralleli immaginari ma non troppo, i suoi ometti volanti, il suo impatto visivo ora rallentato ora accelerato "ad hoc". Perché dunque non contaminare il classico thriller anni '90 coi fratelli Wachowski? E già che ci siamo perché non condire il tutto con un'eco di "hellraiser" e dei suoi supplizianti? -davvero impossibile, in molti momenti, non pensare a Clive Barker-. Il risultato è questo ibridato fanta-thriller che non manca di momenti suggestivi (per gli occhi e solo per quelli), ridicoli (per le orecchie -i dialoghi-), "forti" (per gli stomaci appena più deboli della norma). Un'ultima nota sugli attori: Jennifer Lopez si bea del proprio anonimato recitativo (da sommare a quello estetico e a quello canterino) mentre Vincent D'Onofrio ha sporadici momenti di lucidità nei quali si ricorda del soldatopalladilardo che fu.
Certo, tutto sommato il film si lascia guardare…ma "chi s'accontenta gode così così", cantava il pessimo Ligabue.

Gianluca Pelleschi

Commenti

 

 

Purtroppo questo film sembra vivere soprattutto grazie alla bellezza delle ambientazioni e dei costumi rappresentati in un ipotetico viaggio all'interno della mente del maniaco omicida in questione. E' chiaro che il regista punti tutto su questi scenari e questi costumi, ma non a ben ragione. Infatti la creazione di questi viene attribuita ad un certo "Eiko Ishioka", che in realtà non ha dovuto faticare molto a fotocopiare scenografie e costumi che troviamo sul libro intitolato "DarkWerks" dell'illustratore americano Gerald Brom .... Così il nostro Eiko,oltre ad aver copiato costumi, personaggi e ambientazioni del bravo Brom, non é stato capace neanche di entrare nello spirito del film, ricreando (per modo di dire) degli ambienti onirici, che risultano essere colorati e sfarzosi, più che angoscianti e allucinanti,o propri della mente di un maniaco omicida... Tale scelta visiva fa trapelare gia da subito l'intenzione del regista di "salvare" il cattivo, introducendo lo spettatore alla magia grottesca, più che all'incubo, rovinando così un potenziale colpo di scena nel film. Il fatto stesso che tutte le creature presenti nella dimensione onirica fossero in vita e non sofferenti lo dimostra.....Persino il cavallo viene fatto a fettine e continua, a modo suo, a vivere indisturbato. Le stesse tute usate nel film per effettuare i transfert tra le menti dei protagonisti, non erano originali: infatti non sono altro che una scopiazzatura dell'armatura del Dracula di Coppola!!!! Le trovate invece sono assai scontate: vedi il "girabudelli" (prevedibilissimo), la miriade di scale (M.C.Escher oppure H.R.Giger), l'inversione di gravità (troppi per essere citati), e,"regina di tutto ciò che non vorremmo udire in un film",la solita voce distorta dell'assassino, poco incisiva e risentita fino alla nausea!!!!
Il resto sono le solite "chicche" che abbiamo visto in molti video musicali,compresi i primi di Marylin Manson...

Carlo Bocchio


Il confronto con "Il silenzio degli innocenti", sollecitato dalla frase di lancio di "The Cell", fornisce più di uno spunto di riflessione. In entrambi i film abbiamo un serial killer che rapisce donne per avere quello che desidera (un vestito di pelle umana nel film di Demme, delle bambole erotiche in quello di Tarsem) e un’esperta (poliziotta o psicologa che sia) che deve fermarlo prima che sia troppo tardi per la ragazza che ha in ostaggio. Ma se Clarice Starling riesce a risalire all’identità del maniaco "pensando come lui" (cioè comprendendo che lui doveva necessariamente conoscere la prima vittima, perché "le cose che desideriamo sono quelle che vediamo tutti i giorni"), la dottoressa Deane prende alla lettera il suggerimento, del resto alla base delle sue terapie, e si fa letteralmente largo, grazie a sofisticatissimi aggeggi, nel mare di visioni più o meno apocalittiche che costituisce il cervello del killer. Si ha la sensazione che "The Cell" sia un "Silenzio degli innocenti" per il pubblico un po’ pigro dei nostri tempi, che non sopporta le insinuazioni, i suggerimenti, le suggestioni, ma pretende invece spiegazioni minuziose e pedanti: ecco, ad esempio, che la battaglia finale tra eroina e malvagio, risolta da Demme con un duello nel buio e nel silenzio, in cui il rumore di un grilletto contiene il respiro di una vita intera, si sfalda in un apoteosi di effetti speciali e musiche da spot (appunto) che esaltano un terrificante battesimo officiato da Nostra Signora Jennifer Lopez. Per non parlare del baratro esistente tra la prigione del film di Demme, un pozzo nero e spoglio come la disperazione delle vittime del mostro, e quella filmata da Tarsem, un acquario ipertecnologico adatto alla pubblicità di una minerale: che sia questo la differenza tra cinema e décor?

Stefano Selleri


Ritratto del serial killer da giovane

Venghino, signore e signori, al baraccone del parossismo della passione vouyeristica! 
Era solo questione di tempo, i mezzi (tecnologici) erano pronti, ed eccoci a voi con lo show degli show, la nuova frontiera delle immagini in movimento! E badi bene, signora mia, non parlo di vedere i sogni (roba vecchia), di leggere il pensiero, di guardare il mondo da dentro la zucca di un attore famoso, o di far vivere qualcuno in un mondo finto: trucchi da avanspettacolo. No, intendo proprio entrare nella mente e cazzeggiare con l'ego, il superego e l'inconscio del derelitto di turno. Giocare, interagire, farci dei discorsi. E per questo esperimento non abbiamo scelto uno qualunque, eh no! Un serial killer, signori e signore, e di quelli tosti.
Tanto lo sappiamo che i film sui serial killer efferatissimi per questo vi piacciono, morbosetti che non siete altro: perche' vorreste capire, vorreste spiare da dove arrivano quella rabbia, quel coraggio, quella follia, e sapere cosa provano quando fanno quelle cosacce con le ragazze...
La sceneggiatura? Beh, adesso non ci chieda troppo. Con quello che abbiamo dovuto sganciare per la sederona (soldi spesi bene, cmq, e' in forma assai) e per gli effetti speciali, sulla sceneggiatura abbiamo dovuto risparmiare (un quote su tutti, da fucilazione: "tutti noi abbiamo un lato oscuro"). E alla fine, una spiegazione per quelli che non capiscono le figure abbiamo dovuto mettercela: 'sto mostro e' stato piccino anche lui, e ha tanto sofferto, e' davvero un peccato cancellargli il cervello.
Come dice, lei con gli occhiali, le piacicchia lo stesso, lo show? Si immagini cosa poteva essere in un tendone un po' meno sfigato! Mi raccomando, consigli ai suoi amici di vederlo in un impianto il piu' tecnologico possibile.
Cosa? Quello che c'e' nella testa di un serial killer le sembra tanto quello che c'e nella capoccia di un regista di videoclip? Sara' colpa sua che ha visto troppa MTV. 
E comunque due ore le ha passate, no?

Angelo Taglietti


Matteo
Catoni

Luca
Baroncini

Giada
Bernabei
6

Stefano
Selleri
2
Gianluca
Pelleschi
5
Angelo
Taglietti
Daniele
Bellucci
Simone
Ciaruffoli
Manuel
Billi
6
     
 

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