Recensioni
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Il Centro dell'immondo
Potrei dire che THE CENTER OF THE WORLD è cominciato alle 17 ed è finito alle 18.30, intervallo compreso, e chiudere qui la questione. Ma la sede richiede un approfondimento che, dico la verità, non ho punto voglia di fare. Forse perché quando si precipita, culo a terra, negli ultimi sedimenti di umano ritegno, non esistono ulteriori margini di approfondimento. Anche volendo fingere che le cose stiano diversamente,
arrabattare due parole da mettere in croce per una recensione comporterebbe il rischio di far credere che questa baggianata, travestita da riflessione sui nostri controversi tempi, sia davvero un film e non il nulla che di fatto è. Fingerò spudoratamente, comunque, e cercherò di sbrigare la questione in maniera rapida e indolore. Cos'è il centro del mondo? Il computer connesso, sembrerebbe all'inizio (e lo si dice anche, se Morfeo non m'inganna); la figa, si afferma più avanti. Acuto, non c'e' che dire; originale, complimenti; imprevedibile davvero, soprattutto oggigiorno, signora mia, ché riflessioni del genere non le fa nessuno. Richard, giovane virgulto baciato in fronte dalla dea della new economy, vuole quagliare; Florence, batterista in erba, puttanella a tempo perso, non ci sta, le condizioni del patto parlavano chiaro ("la patatina è mia, è mia e perciò, no no no non ci sto") anche se alla fine ovviamente la fanciulla la dà con serena rassegnazione. Lui viene e dice "Ti amo", cose, queste, che da spettatore vanno accettate - nel senso che si deve agire di scure, possibilmente sulle vergogne del (mal)dicente - . Già che si trova connesso, il ragazzo straricco ma dal cuore di tenero porcellino in calore, naviga anche nelle terga della prezzolata beneamata (web visitato con furiosa velocità, peraltro) cosa che fa con relativa soddisfazione prevaricatrice. Il tutto per tornare più solo che mai al computer primigenio, tra schermi accesi che cullano il sonno del nostro sempre più milionario e infelice bamboccio. Incredibile a dirsi, ben quattro menti si sono applicate per creare lo sconvolgente soggetto (tra queste quella di Paul Auster) che nessuno sceneggiatore avrebbe mai potuto salvare dall'ignobile fine. Wayne Wang, che cerca di buttare un po' di fumo negli occhi, facendo largo uso di telecamere a mano, digitale, sgranature, lui inutile Wenders dei poveri, dopo l'infelicissima prova di CHINESE BOX (un capodopera a confronto), si conferma il regista di un solo film (SMOKE), e prepara la prossima trappola. THE CENTER fallisce anche come film pruriginoso o paraporno (i voyeur sono avvertiti) lasciando i guardoni a bocca asciutta: nulla si vede a parte un lecca lecca in escursione ginecologica, mossa marpiona e improvvisa rovinata da una motivata per quanto fastidiosa luce rossa. Il film (?) riesce nell'impresa, proibitiva sulla carta, di battere HELL'S KITCHEN di Cinciripini nella classifica di peggior titolo dell'annata.
Luca Pacilio
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