Recensioni
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Gli amici di Aldo
Eccoci di nuovo a parlare del "fenomeno comico" delle ultime stagioni, dei tre "uomini d'oro" del cinema italiano, che forse si sono stancati di essere solo una macchina da incassi (un ruolo tutt'altro che disprezzabile, beninteso). Al terzo lungometraggio, dopo un esordio divertente quanto ancorato alla loro formazione teatrale e televisiva e lo scivolone di un'opera seconda ruffiana e pretenziosa, i nostri, sicuri di poter contare sull'appoggio quasi incondizionato del pubblico, appaiono desiderosi di girare un vero film, lontano, se non dagli schemi, almeno dai personaggi per loro abituali. Come "Tre uomini e una gamba" e "Così è la vita", "Chiedimi se sono felice" è un road movie (in treno) in cui lo spostamento da Milano verso il sud è in realtà un ritorno alla dimensione più autentica della vita. Dei film precedenti restano gran parte del cast tecnico ed artistico, l'importante ruolo giocato dalle musiche (scritte in questo caso prevalentemente da
Bersani) e ovviamente la magica alchimia del gruppo, che questa volta deve affrontare una doppia incognita, costituita dalla commedia adulta, spruzzata di dramma, e dal meccanismo del teatro nel teatro. La vita imita l'arte e viceversa: Aldo è alle prese con la petulante fidanzata (la buffa e spigliata Silvana
Fallisi, signora Baglio nella vita), la quale sogna di interpretare Rossana, amata da Cristiano e
Cyrano, rispettivamente Giovanni e Giacomo, divisi dalla graziosa hostess Marina (la solita, irresistibile
Massironi, ex moglie di Poretti): la soluzione di un intreccio simile non potrà che avvenire in un luogo consono, in cui potrà avverarsi la profezia del prologo (citazione apparentemente pedissequa di "Viale del tramonto" e "American Beauty"). Le battute, finalmente, fanno parte del racconto, le gag visive (l'insegna luminosa) funzionano come quelle verbali, non c'è un gesto superfluo, un istrionismo gratuito, una frase poco felice, le battute sono memorabili (vedere per credere la sequenza della cena a sei), i paradossi (ad esempio le "testate" di Aldo) dotati di una leggerezza miracolosa. C'è nell'aria un "grande freddo", l'atmosfera è tranquilla e malinconica, gli scenari (il capannone abbandonato, il paesino siciliano) lirici ma non stucchevoli, gli esterni addirittura irreali (le vie di Milano deserte, i treni italiani in orario): l'insieme risulta un po' troppo inamidato, ma per fortuna non manca l'ironia (Aldo, voce narrante, ad un tratto si meraviglia di non avere sbagliato neppure un congiuntivo). Il film mette in mostra l'argenteria anche nella scelta delle inquadrature e nel montaggio: abbondano movimenti di macchina complessi e ammalianti, carrelli, riprese dall'alto, zoom, panoramiche, mentre le luci ritagliano lo spazio in maniera inaspettatamente raffinata e scorrono sullo schermo immagini quasi espressionistiche (la pallina sul piano inclinato). Rispetto a "Così è la vita", lo script sceglie un numero di argomenti più limitato ma li approfondisce con maggiore finezza: la forma dovrebbe essere un esempio per tanti "autori" nostrani che si lamentano di non avere una distribuzione internazionale. Ed è un peccato che le mille piccole storie dei personaggi siano solo abbozzate, molti passaggi poco credibili (la riconciliazione improvvisa), spunti potenzialmente ricchissimi (le scappatelle di Aldo) buttati via. Forse si voleva evitare una durata "eccessiva" (l'italiano medio, si sa, non resiste più di due ore al cinema, a meno che il film non abbia vinto dieci o quindici Oscar): se è così, non si potevano tagliare le comparsate di routine, come quelle di Battiston (sì, è quello di "Pane e tulipani") e del solito Catania (ormai condannato al ruolo di poliziotto)? Tra i rimpianti, un (ulteriore) motivo di felicità: la particina affidata a Paola
Cortellesi, Mapi e Daria "Regan" Bignardi per la Gialappa's.
Stefano Selleri
La classe non è acqua
E' fuori discussione che il fenomeno comico degli ultimi anni siano Aldo, Giovanni e Giacomo. Il loro successo si manifesta ovunque, e la loro presenza trasforma qualsiasi cosa in un successo: vedi i loro spettacoli teatrali, vedi le loro sporadiche apparizioni in tv e soprattutto i loro film, che quest'anno giungono al loro terzo capitolo. Di certo, nelle prime due opere, si rideva, e di gusto, ma si aveva sempre l'impressione che mancasse qualcosa nella visione d'insieme della produzione, qualcosa che rendesse quella serie di battute un film. Non nego che i precedenti lavori fossero già di per sé superiori alla media delle italiche produzione del genere, ma era lecito sperare che questo trio potesse maturare, e produrre dei film con uno spessore maggiore, e che risultassero apprezzabili anche per elementi diversi da quello della comicità. Onestamente questa maturazione c'è stata, e "Chiedimi se sono felice" risulta, con tutti i limiti del caso, un film riuscito in tutte le sue componenti. Si ride di gusto in molte sequenze, il livello medio della recitazione è buono, e alcune trovate della regia risultano particolarmente indicate (la biglia-sentimenti che precipita è veramente carina), e si percepisce in tutta la durata della proiezione, l'attenzione e la cura artigianale con le quali è stato realizzato il film, che non cade mai in facili banalità, non è mai volgare, e soprattutto non è schiavo di quella superficialità che affligge, oramai cronicamente, le commedie italiane
(Salemme docet). Aldo, Giovanni e Giacomo si confermano, per l'ennesima volta, come una delle realtà più brillanti del nostro cinema, mettendo in mostra le loro doti, che consistono in una comicità elementare, fatto di molta fisicità, di battute rapide ed essenziali, ma soprattutto basata sui loro volti, che da soli potrebbero reggere in piedi uno spettacolo di due ore. Se a questo aggiungiamo che il film è un film in tutte le sue componenti, e che la storia non è un semplice raccordo tra una battuta e l'altra, ci si rende conto che più di questo da un'opera del genere è difficile chiedere. Forse si ride un po' di meno, ma in cambio si vede un film. Scusate se è poco.
Matteo Catoni
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