CHOCOLAT
(Chocolat)

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REGIA:    
Lasse HALLSTROM

PRODUZIONE:  GB/U.S.A.   -   2000   -   Commedia

DURATA:  121'3

INTERPRETI:
Juliette Binoche, Judi Dench, Johnny Depp,
Lena Olin, Alfred Molina, Carrie Ann Moss,
Leslie Caron, John Wood, Peter Stormare

SCENEGGIATURA: Robert Nelson Jacobs

FOTOGRAFIA: Roger Pratt

SCENOGRAFIA: David Gropman

MONTAGGIO: Andrew Mondshein

COSTUMI: Renee Ehrlich Kalfus

MUSICHE: Rachel Portman

Trama

Francia 1959. Come in una fiaba arrivano portate da un gelido vento invernale Vianne e la sua bambina Anouk, abbigliate come due Cappuccetti Rossi. La giovane donna rileverà una pasticceria situata proprio di fronte alla chiesa del paese, trasformandola in una chocolaterie, causando non pochi turbamenti e polemiche nel tranquillo paese, di cui il vocabolo "tranquillitè"era l'emblema...

Recensioni

 

 

 

"Non sapete apprezzare la choccolata....continuate cosi'..a farvi del male..."

Nel paesino francese tutto certezze e ruoli personali ben definiti, comportamenti ripetuti fino al parossismo, regole dettate dal sindaco, nonchè medievalmente signorotto del luogo (mi viene da pensare alle regole che "regolavano" la casa del sidro, dello stesso autore ed il loro comune infrangersi..), Vianne aprendo la sua "Chocolaterie Maya", viene a turbare tutti i precisi meccanismi regnanti in quel luogo, a dir poco statico, quasi presepiale, incuriosendo notevolmente gli animi, ponendo loro dei sani dubbi sul loro modus vivendi e cogitandi, pieno di limitazioni e tabu'. La cioccolata sara' il viatico attraverso il quale a poco a poco, quasi fosse un Caronte, fara' finalmente loro attraversare lo Stige ma verso la vita, dando loro la possibilita' di assaporare per la prima volta o comunque in maniera diversa e piu' vitale e partecipativa e soprattutto con fisicita', i piaceri dell'esistenza intesi nella loro interezza, umanizzzarsi, aprirsi agli altri e capire che la vita va vissuta profondamente in tutti i suoi aspetti, pur sempre considerando i giusti limiti ed il rispeto per gli altri. Si potrebbe ipotizzare un rimando al "Pranzo di Babette" e a "Come l'acqua per il cioccolato", ma quseto film è fresco, vitale, pur peccando in alcuni punti di retorica e mielosita', ma l'idea del cibo, o meglio della cioccolata, (non dimentichiamo che sollecita la produzione di serotonina, ormone dell'umore..) possa essere una panacea, un toccasana, quasi un'ebbrezza meravigliosa per vivere meglio è certo intrigante, tutto questo viene fuori in maniera prorompente dal film, facendo venire voglia, perlomeno alla sottoscritta, di ricorrere subito ad assaporarne il pastoso e gradevolissimo gusto. Attori ben orchestrati, bravissime Judi Dunch e Lena Olin e un gradevole ritorno di Leslie Caron. Da ascoltare con piacere anche la colonna sonora.

Mara Taloni


Nausea Reazionaria

E' una favola, lo lascia intendere la voce fuori campo ed in verità ammetto che Hallstrom è fedelissimo al significato profondo sotteso dalla produzione folklorica: accettazione e metabolizzazione a fini didattici e pedagogici dello status quo. 
Liquidiamo in fretta la questione puramente filmica in quanto di assoluta inettitudine affidandosi il suddetto regista (?) al più scialbo apparato retorico a sua disposizione (dolly enfatici, riprese aeree stucchevoli, fotografia leccatissima), facendo il gioco di un cast in preda alla propria bonaria gigioneria, a partire da Peter Stormare bamboccioso quanto mai, musichette consolatorie tra cui viene impunemente infilato il Satie di "Six Gnossienes", insomma tutto la gamma di piacionerie che fosse possibile raggrumare.
Qualcuno si starà tormentando sulla sedia, a questo punto: è lecito pensare di trovarsi di fronte al solito prodotto hollywoodiano e che chi scrive sia null'altro che uno spocchioso incapace di valutare l'opera nel suo contesto. Lascerò questo dubbio.
L'orripilanza non deriva tanto dalla confezione in sé, di lusso parrebbe per quanto carente sotto ogni punto di vista tranne la magnifica Binoche, quanto dal messaggio veicolato. 
Mi spiace sprecare Debord per questa porcheriola ma il concetto di appropriazione ed inglobamento dell'innovazione a vantaggio della dominante reazionaria si attaglia perfettamente a queste migliaia di metri di pellicola impressionata: la poetica dei drop out, della ribellione come modo di vita, l'elogio della libertà sono divenuti stereotipici; ritornano le figura della madre non sposata, del vagabondo con giacca di pelle, le collanine di perline. Una messa in scena in chiave di lezioso diminutivo che non può che sfociare, coerentemente con gli assunti più rigidamente conservatori, nella lode della medietà pacifica, il riassorbimento della stravaganza a favore dei saldi valori dei padri. Famiglia, amore, estate: cessa il vento -sorvoliamo sulla sua simbologia diabolica- e la natura diventa bonaria, i nemici capiscono di aver sbagliato, un sorriso guarisce tutto. 
Che bello!
Finalmente abbiamo capito che non si può ottenere tutto dalla vita, che bisogna rispettare gli altri, che otterremo la felicità fermandoci, aspettando. Ma d'altro canto era una favola, non aveva pretese realistiche, è lecito che rifrigga il polpettone della domenica e ce lo proponga come caviale Beluga.
Ed è pure buono.
Inqualificabile.

Luigi Garella


Grazie per la Cioccolata!

Ci sono tutti gli elementi della favola nel nuovo film di Lasse Hallstrom: il "c'era una volta" con cui la storia incomincia, l'eroina dal passato misterioso sola contro tutti, l'orco cattivo che poi tanto cattivo non e', il bene e il male facilmente riconoscibili e addirittura l'amore a suggellare il tutto. Pensare con razionalita' a tutto cio' pone piu' di un dubbio sulla sua efficacia, ma il film si dimostra in questo senso molto piu' coraggioso di tante sperimentazioni avanguardistiche o esplicite e pruriginose provocazioni. Nella prima parte, infatti, riesce nel difficile intento di trasportare altrove, in Francia nel 1959 (ma potrebbe essere "nonsisadove" e "nonsisaquando"), in un piccolo paese dove l'arrivo di Juliette Binoche scuote la comunita' dal torpore di una grigia "tranquillite'". Di grande fascino visivo, ma anche narrativo, la costruzione del negozio, la minuziosa preparazione delle delizie al cioccolato e i primi momenti di complicita' con i morigerati e timorosi abitanti del paese. Il potere taumaturgico del cioccolato in tutte le sue varianti regala vitalita' ed energia trasmettendo speranze ed illusioni anche negli spettatori, e la grazia della messa in scena (tipica di Lasse Hallstrom), permette di creare una sorta di sospensione di incredulita' che riconduce alle origini della magia del cinema. Buona parte del merito di questa alchimia va agli interpreti, davvero efficaci, a partire da Juliette Binoche, perfetta nel tratteggiare una positivita' non gratuita dove ogni cosa ha il giusto peso, fino ad arrivare alla veterana Judy Dench, capace in poche sequenze di dare anima al suo personaggio.
La seconda parte del film, pero', non mantiene le premesse e l'entrata in scena di Johnny Depp in versione rock-star gitana risulta troppo sfacciatamente "piaciona" anche per una favola. Se uniamo a questo l'eccessiva semplificazione della tolleranza nei confronti delle minoranze e il prevedibile evolversi degli eventi, il film arriva prima della sua conclusione a riportarci alla realta', lasciando l'altrove in cui ci aveva condotti come un miraggio lontano. Resta il piacere di riscoprire la favola raccontata al cinema, ma anche il retrogusto di un cioccolato troppo dolce per non risultare stucchevole.

Luca Baroncini

Commenti

 

 

In un piccolo paesino francese chiamato Lansquenet, in un passato non molto remoto, gli abitanti si accontentano di condurre una vita morigerata, casta, riservata e timorosa delle leggi della Chiesa. Naturalmente tutti conoscono gli affari degli altri, come del resto accade in tutti i piccoli paesi, ma ognuno finge di ignorarli e si accontenta di sussurrare o di spettegolare, all'insegna della tranquillité.
Il conte De Reynaud, sindaco moralista e zelante [un grande Alfred Molina], ogni domenica prepara il sermone che il malcapitato giovane sacerdote dovrà pomposamente recitare alla messa solenne, alla quale tutti i cittadini sono tenuti a partecipare, pena l'esclusione dalla quieta società. 
La vita scorre lenta, sonnacchiosa e monotona, finché, in una fredda giornata invernale, quando un inquieto e fortissimo vento soffia da Nord, due figurine incappucciate di rosso (quasi a suggerirci che la vicenda è in bilico tra realtà e fiaba) bussano infreddolite alla porta di un'anziana vedova, che, all'apparenza burbera e scontrosa, si rivelerà invece una delle prime sostenitrici delle nuove arrivate. Vianne Rocher [una straordinaria Juliette Binoche] e sua figlia Anouk chiedono solamente di poter affittare il negozio vuoto e dimesso dell'anziana signora per avviare una pasticceria, o meglio una…"cioccolateria".
La vicenda si svolge in periodo di Quaresima e di certo non è gradita la presenza di una donna non sposata con figlia illegittima che osi sfidare le leggi della Chiesa aprendo una pasticceria proprio nel periodo di digiuno, violando in tal modo la pubblica morale, difesa a spada tratta dal nostro simpatico e cordiale sindaco. Egli tenterà in ogni modo di screditarla, spargendo cattive voci sul suo conto, redigendo sermoni contro "Satana travestito da innocenti tentazioni", per dissuadere i primi, timidi frequentatori della cioccolateria, che apre i battenti in piena Quaresima sfoggiando vetrine allegre, colorate e soprattutto…appetitose.
Ma il Conte De Reynaud, abbandonato già da tempo dalla moglie, anche se egli la fa credere eternamente in viaggio a Venezia, non riuscirà nell'intento, trascinato suo malgrado nel vortice di allegria e spensieratezza con le quali Vianne finirà per contagiare tutti gli abitanti di Lansquenet.
Un giorno i barconi dei nomadi approdano lungo le rive del fiume e Vianne, incurante dei manifesti sul "boicottaggio dell'immoralità", affissi ovunque in paese per allontanare gli zingari, familiarizza con loro offrendo cioccolata e allegria, trovando anche l'amore del loro fascinoso capo (Johnny Depp, che anche nelle vesti di nomade fa la sua figura). A questo punto, la sfida di Vianne al sindaco sfiora la tragedia: un devoto cittadino del conte crederà di compiacerlo appiccando il fuoco all'accampamento in piena festa, organizzata proprio da Vianne in onore dell'anziana vedova (alla quale partecipano anche molti compaesani). Fortunatamente tutti rimarranno illesi e pure il sindaco, ormai sempre più imbarazzato e confuso, consumato dal rimorso per l'accaduto, una volta cacciato il colpevole dal paese, finirà per "redimersi" e si convertirà alle gioie del palato.
Agli occhi dello spettatore, coinvolto come raramente capita da una trama scorrevole, avvincente, che diverte e nello stesso tempo commuove, l'happy end è quasi un miracolo, poiché il vento da Nord sul più bello ricomincia a soffiare imperiosamente, quasi ricordando a Vianne che il suo compito non è finito. Vianne, come spiegherà la voce narrante della piccola Anouk, è figlia di una donna di origine Maya, anch'essa nomade e sempre errante di villaggio in villaggio per tramandare un'antica tradizione sotto forma di cioccolata, il cibo degli dèi. Il compito viene trasmesso silenziosamente di generazione in generazione, pertanto s'intuisce che anche alla piccola Anouk potrebbe toccare la stessa sorte. Ma Vianne capisce che Anouk è stanca di girovagare e si ferma a Lansquenet, questa volta accettata e incoraggiata perfino dal conte!
Alla fine del film si avverte una sottile leggerezza, portata dall'omelia pasquale finalmente improvvisata dal giovane prete, stanco della cupa solennità del suo "redattore": è come se ognuno si liberasse dei propri fantasmi, di pesanti catene che tenevano legati ad un passato o ad una quotidianità.
Il conte De Reynaud si libera della sua cupa tristezza trangugiando cioccolata nella vetrina di Vianne, che inizialmente voleva distruggere; i compaesani possono vivere in libertà e spensieratezza, abolendo le troppe e restrittive regole che li soffocavano; la piccola Anouk trova finalmente fissa dimora dopo una serie interminabile di peregrinazioni, liberandosi del suo immaginario canguro zoppicante di nome Pantoufle, lo spettro del suo essere senza radici; Vianne stessa viene alleggerita dal peso di una missione interminabile e spezza le catene del passato per vivere finalmente una sua vita: simbolico il lancio delle ceneri della madre all'inquieto "vento del Nord, che finirà per stancarsi" e svanirà nel nulla, lasciando il paese in festa.

Annalisa Ghigo


Mara
Taloni
7

Daniele
Bellucci
6

Luigi
Garella
0

Matteo
Catoni
5
Oboo
 
7
Luca
Baroncini
7
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Bernabei
Daniela
Camisassi
6
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Ciaruffoli
6
     
 

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