CONTENDERS - SERIE 7
(Serie 7: The Contenders)

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REGIA:    
Daniel MINAHAN

PRODUZIONE:   U.S.A.   -   2001   -   Drammatico

DURATA:  88'

INTERPRETI:
Merritt Wever, Angelina Phillips, Richard Venture, Marylouise Burke, Donna Hanover, Brooke Smith, Glenn Fitzgerald, Michael Kaycheck

SCENEGGIATURA: Daniel Minahan

FOTOGRAFIA: Randy Drummond

SCENOGRAFIA: Gideon Ponte - Ann McKinnon

MONTAGGIO: Malcolm Jamieson

COSTUMI: Christine Beiselin

MUSICHE: Girl against Boys

Trama

The Contenders (giunto alla settima edizione) è il nome del più famoso reality-show americano. Questa volta la vicenda si svolge in un paese del Connecticut che vede protagonisti 6 attori di se stessi, sorteggiati e catapultati, arma in pugno, nel teatro della carneficina, un teatro dell'assurdo dove la fine sarà determinata dall'unico sopravvissuto. Ognuno dei sei partecipanti, infatti, per vincere dovrà eliminare i restanti cinque. Il movente è la sopravvivenza; la prova del fatto compiuto, invece, sarà recapitata da una telecamera sempre al seguito.

Recensioni

 

 

 

Questo film doveva essere presentato lo scorso anno al 57° Festival del Cinema di Venezia in prima internazionale nella sezione 'Sogni e visioni' ma, all'ultimo, la Usa Films non molto accademicamente per la verità, lo ha ritirato facendo slittare la presentazione sino al Gennaio del Sundance di Robert Redford. 
Ma lasciamo da parte il battage e occupiamoci dei valori di (de)merito del primo lungometraggio di Daniel Minahan.
Il regista è uno che di televisione se ne intende, ha lavorato allungo nelle tv britanniche e statunitensi prima di scrivere Contenders e, dobbiamo dirlo, l'idea di questo film è antecedente a reality-show tipo Survivor, programma spesso chiamato a termine di paragone anche dallo stesso regista. Ma la domanda sorge spontanea. Giudicando e paragonando in retrospettiva i due "reality"-show, quale differenza sostanziale intercorre tra loro? Qual è il confine tra lo show televisivo e lo show cinematografico? Non è azzardato affermare che la linea di demarcazione che divide i due prodotti è labile quanto il film in questione. 
I protagonisti di Survivor non recitano quanto e come gli attori di Contenders? E' lo stesso Minahan, tra l'altro, a dichiarare in una intervista che i contendenti del programma americano sembrano seguire un copione più dei suoi attori. E poi, si intravede forse una differenza linguistica tra i due prodotti? Non ci troviamo di fronte a pura grammatica televisiva in entrambe i casi (interviste, voci fuori campo, grafica, creazione d'effetti drammatici, primi piani, zoom, steadycam…)? La scelta dei personaggi stereotipati, standardizzati all'inverosimile, cloni della fabbrica delle convenzioni non soggiace sia al format televisivo sia al film del giovane cineasta? Minahan oltre a non assillarsi alla ricerca di un minimo di personalizzazione, non si preoccupa nemmeno di contestualizzare il suo film-show, di collocarlo in uno spazio e in un tempo che siano esterni alla diegesi "televisiva". Anzi, ci intrappola in un'unica soggettiva telespettatoriale, privandoci di quel fuoricampo occupato da un mondo, da una società, da un rapporto che, forse, nuocerebbe all'intero sistema di rappresentazione univoca. Insomma, il nostro si sceglie la via meno impervia, teoricamente più vicino a Thomas in Love che ai già stracitati EDtv , Il Cameraman & l'Assassino o The Thruman Show. 
Minahan sfrutta metri e metri di pellicola -non senza talento- per (ri)tracciare quel tragitto satirico e parodistico già percorso dalla televisione. Non fa altro che (ri)fare della tv con una macchina da presa e con i costi che derivano dall'uso della stessa. Il suo, più che un film, sembra una puntata intera di un reality-show, né più né meno. Superficiale, retorico, imbarazzante, demagogico ed inutile. Per operare una parodia della realtà, non basta accentuare la stessa, non basta incattivirla, estremizzarla. Così si fa solo una parodia di se stessi, o ancor peggio, delle intenzioni. Chi crede di terrorizzare Minahan quando si preoccupa solo di contemplare, rispetto al "vero" reality show, la patetica e ridicola eliminazione fisica dei concorrenti? Non annuncia nulla di nuovo. Legittimando e legalizzando l'omicidio veicolato dal quadro televisivo, non fa altro che riproporre quello cui da decenni siamo abituati ad assistere di fronte ad un altro tipo di quadro, il ring. Quanto dovremo aspettare che l'annientamento fisico da sport divenga gioco televisivo?
Quindi, un film inutile, per nulla innovativo e per nulla cattivo. Chiudiamo con l'unica idea illuminante e parodia veramente azzeccata: una dichiarazione rilasciata -forse in preda al delirio d'onnipotenza- dal regista. "I personaggi del mio film hanno una motivazione e un minimo di principi etici, mentre le persone reali del programma Survivor sono tremende, spinte solo dai soldi e dalla voglia di notorietà, potrebbero veramente uccidere per arrivare al finale".

Simone Ciaruffoli

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Simone
Ciaruffoli

Daniele
Bellucci
7

Andrea
Carpentieri
7

Matteo
Catoni
Stefano
Selleri
7
Alberto
Zambenedetti
7
           
 

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