IL GUSTO DEGLI ALTRI
(Le Gout des Autres)

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REGIA:    
Agnes JAOUI 

PRODUZIONE:  Francia   -   2000   -   Commedia

DURATA:  112'

INTERPRETI:
Anne Alvaro, Jean-Pierre Bacri, Alain Chabat,
Agnes Jaoui, Gerard Lanvin, Christiane Millet, 
Wladimir Yordanoff, Brigitte Catillon

SCENEGGIATURA: A. Jaoui - Jean-Pierre Bacri

FOTOGRAFIA: Laurent Dailland

SCENOGRAFIA: Francois Emmanuelli

MONTAGGIO: Hervé De Luze

COSTUMI: Jackie Stephens-Budin

MUSICHE: Jean Charles Jarrell

Trama

L'industriale Castella si innamora di Clara, la sua insegnante di inglese dopo averla vista recitare a teatro un testo di Racine. La sua guardia del corpo comincia una relazione con la cameriera di un bar, amica dell'attrice. Le loro storie si intrecciano a quelle di Dechamps, l'autista di Castella, della moglie e della sorella dell'industriale.

Recensioni

 

 

 

Il problema è l'Altro

Agnes Jaoui e Jean Pierre Bacri sono gli autori di alcune sceneggiature di grande successo: da quella della commedia amara "Aria di famiglia" di Klapisch (anche a teatro), a quelle dello speculare Smoking/No Smoking (superbo adattamento di "Intimate Exchanges" di Ayckbourne) e del divertissment On Connait la Chanson (Parole Parole Parole), entrambi per la regia di Resnais. In queste opere avevano messo bene in luce le caratteristiche della loro scrittura: sapida, attenta alle sfumature e con un occhio particolare al modo di determinarsi dei rapporti personali, al gioco dei legami, sentimentali e non, degli equivoci, delle menzogne, delle illusioni e disillusioni. L'analisi stavolta si sposta sul contrasto d'ambienti, classi, culture differenti e sul grado di fascinazione che l'altro (nel doppio senso di altra persona e di tutto cio' che e' alieno rispetto al proprio mondo quotidiano) riesce ad esercitare. L'industriale (un magnifico Bacri), annichilito dalla leziosita' della moglie, scopre d'un tratto, attraverso la rappresentazione teatrale di una piece di Racine, non solo di essere innamorato dell'attrice, che poco aveva notato, in precedenza, nelle vesti di insegnante di inglese, ma anche una vocazione all'arte che lo travolge come un terremoto. L'attrice, sofisticata e colta, da parte sua si nega inizialmente l'infatuazione per l'industriale, proprio perche' distante da se', per ceto e cultura, e solo alla fine riesce a confessarsela. La cameriera (la stessa Jaoui), disinvolta e libertina, subisce il fascino dell'Altro, incarnato nella guardia del corpo Moreno, uomo possessivo e maschilista, e solo attraverso un supremo sforzo di ragione soffoca il sentimento che prova per lui, allontanandolo definitivamente. L'Altro attira e disorienta, da' piacere e dolore, puo' lasciare, dietro il gusto dolce della novita', l'amarezza di un rimpianto.
La scrittura e' matura, non risparmia qualche compiacimento ma ha l'indubbio merito di non scendere mai nel facile bozzettismo, al contrario approfondendo a dovere i caratteri e dipingendo un quadro leggero si', ma mai superficiale, delizioso certo, senza essere melenso. Il grande favore col quale il pubblico francese segue le storie minime scritte dalla coppia non fa che confermare la loro indubbia capacita' di evocare sentimenti e situazioni che entrano nel profondo, in un ambito nel quale diventa facile l'immedesimazione: storie semplici ma non facili, indubbiamente precise, non di rado brillanti. Dall'altro lato la piana regia del film, totalmente sottomessa alla solida sceneggiatura, costituisce espletazione appena corretta, priva di guizzi o invenzioni. Ma lo spaccato rimane azzeccato, la descrizione degli ambienti pregnante, divenendone affidabile fotografia.

LuCa P@cilio


Una commedia pacata (troppo!)

Agnes Jaoui scrive, interpreta e dirige una commedia che affronta in modo non banale la difficolta' di comunicazione tra persone appartenenti ad ambienti sociali diversi. Ed e' interessante vedere i personaggi sfiorarsi, incontrarsi ed arrivare ad un confronto. Spesso l'inconciliabilita' tra persone socialmente distanti viene data per scontata e il film sottolinea in modo originale e molto naturale l'assoluta soggettivita' del gusto, frutto di una sensibilita' personale non sempre derivante dal contesto sociale che, per scelta, caso o pigrizia, si finisce per frequentare. Quindi nessuna tesi da applicare, nessuna conclusione a cui giungere, ma il semplice percorso di alcuni personaggi. Personaggi che, grazie ad una sceneggiatura accurata e all'interpretazione degli attori, diventano presto complici dello spettatore che puo' ritrovare atteggiamenti e dinamiche con cui ha avuto modo di incontrarsi o scontrarsi nella quotidianita'. L'abilita' di scrittura, pero', non e' supportata da una regia incisiva, in grado di dare spazio e immagini alla compiaciuta efficacia dei dialoghi. Cosi', dopo un po', il destino dei personaggi perde di interesse, il loro continuo e pacato confrontarsi ammoscia l'immedesimazione e la ponderata misura con cui tutto accade evitando guizzi o clamori, diventa troppo forzata per essere davvero leggera ed icastica.

Luca Baroncini

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Saper osservare

Chi sono, o meglio, che cosa sono gli altri? A giudicare da questo film, sono (o meglio: ognuno li considera) nemici ben più che potenziali. A chi sostiene che l'essere umano è per sua natura sociale, Agnès Jaoui replica che forse occorre mettersi d'accordo sulla natura di questa società: i suoi personaggi non s'incontrano, si scontrano - e duramente - per poi cingersi d'assedio. 
Il contratto sociale prevede evidentemente, tra le clausole, quella che tutela il diritto, o meglio sancisce l'obbligo, d'impedire a viva forza la felicità propria ed altrui: i gruppi, ermeticamente chiusi e reciprocamente diffidenti, impediscono, attraverso la pressione esercitata dalle convenienze e dal ridicolo che ricopre chi osi violarle, che gli individui appartenenti ad ambienti differenti possano stabilire un contatto reale, non viziato da stereotipi o preconcetti. I sensi degli esseri umani risultano attutiti dalle norme che regolano la "convivenza civile" (tanto che diventa quasi naturale dimenticarsi di una donna con cui si è andati a letto), mentre la Babele di lingue (francese/inglese, stile alto/stile basso, versi/prosa) impedisce la comunicazione, anziché favorirla come dovrebbe.
Eppure, esiste una soluzione alternativa a questa sorta di suicidio istituzionalizzato a scopo difensivo: osservare, studiare, comprendere il gusto degli altri, e sforzarsi di accettarlo, se non di condividerlo pienamente. È la via scelta dall'(anti)eroe della storia, l'industriale di provincia: attraverso la cultura (il teatro, lo studio della lingua inglese, la passione per l'arte moderna) si avvicina impercettibilmente alla sua professoressa/primadonna: lei lo rifiuta e lo umilia nel suo amor proprio, ma alla fine non potrà fare a meno di lui, anche se solo in qualità di muto spettatore. 
La regista, autrice con J. - P. Bacri dell'inappuntabile sceneggiatura, opta per un registro piano, ma questo è tutt'altro che un difetto o un'imperfezione: un simile studio di caratteri richiede una messinscena non soffocante, libera e totalmente consacrata agli attori, teatrale nel senso pieno del termine. Ed alcuni tocchi (l'industriale che, al vernissage, è l'unico ad osservare con attenzione le tele esposte) sono memorabili.
La più pessimistica delle visioni è qui temperata da uno humour squisito, capace di insinuarsi nelle pieghe del testo, ed illuminata da un miracoloso rispetto - per la materia trattata - che non si tramuta mai in compiacenza (o compiacimento). Forse è quest'ultimo, più ancora che l'interpretazione magica o la regia "invisibile", l'elemento che distingue "Il gusto degli altri" dalle innumerevoli commedie cosiddette corali che impestano gli schermi: non si imbottisce la pellicola di parti principali, secondarie e comprimarie tanto per evitare la fatica di inventare una trama (ottenendo il ragguardevole risultato di confezionare una parata di stereotipi e bozzetti), ma si sceglie un piccolo gruppo di personaggi e ci si concentra sullo studio delle loro interazioni. Il risultato potrà essere banale nelle azioni, ma difficilmente lo sarà nella definizione dei caratteri: osservando con comprensione, senza stucchevoli indulgenze, e collocandosi ad una distanza conveniente a stemperare gli eccessi con l'ironia, si possono evitare manicheismi e tediosità. In questo è sicuramente importante l'influenza del teatro, e la coppia Bacri - Jaoui può a ragione considerarsi continuatrice di una tradizione che, per restare nell'ambito dell'arte transalpina, vanta nomi come Molière (citato direttamente al momento della recita de "Il malato immaginario") e Marivaux. La qualità prima della quantità: troveremo il tempo di pensarci, tra un ultimo bacio e l'altro?

Stefano Selleri


Luca
Pacilio
7

Daniele
Bellucci
7

Luca
Baroncini
6

Stefano
Trinchero
7
Luigi
Garella
Simone
Ciaruffoli
7
Gianluca
Pelleschi
7
Stefano
Selleri
8
Alberto
Zambenedetti
     
 

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