INTIMACY - NELL'INTIMITA'
(Intimité)

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REGIA:    
Patrice CHEREAU

PRODUZIONE:   Francia   -   2000   -   Drammatico

DURATA:  120'

INTERPRETI:
Mark Rylance, Kerry Fox, Timothy Spall, Marianne Faithfull, Philippe Calvario, Alastair Galbraith

SCENEGGIATURA:
Patrice Chereau - Anee-Louise Trividic
(dai racconti di Hanif Kureishi)

FOTOGRAFIA: Eric Gautier

SCENOGRAFIA: Hayden Griffin

MONTAGGIO: Francois Gedigier

COSTUMI: Caroline De Vivaise

MUSICHE: Eric Neveux

Trama

Ogni mercoledi' un uomo e una donna che si conoscono appena fanno sesso insieme, senza domandare nulla l'uno dell'altra. Il rapporto va avanti fino a quando l'uomo, separato con due bambini, non decide di seguire la sua amante. A questo punto il silenzioso equilibrio che li univa viene meno e i sentimenti entrano in gioco con tutta la loro prepotenza.

Recensioni

 

 

 

Il linguaggio del corpo

Il sesso al cinema è da sempre un motivo di interesse per il pubblico. Spesso l'esibizione di centimetri di pelle ha una funzione puramente coreografica e si ipotizza soddisfi la voglia di proibito dello spettatore, oppure viene utilizzato come specchietto per le allodole, per attirare l'attenzione laddove altrimenti non cadrebbe. Ci sono anche casi, pero', in cui la nudita' diventa un'urgenza e forse il solo modo per comunicare una propria visione delle cose. E sono i casi in cui si crea un confronto tacito, dove le immagini e i dialoghi sono in grado di raccontare quello che spesso la vita reale tende a dare per scontato, quando scontato non lo e' affatto, seguendo il motto "si dice ma non si fa". Oppure "si dice e si fa", per liberarsi da vecchi e oppressivi tabu', ma quasi mai si fa vedere. Questo pudore che permea l'intimita' del sesso non si ha con altri momenti molto intimi, come la morte ad esempio, che spesso viene scandita e dettagliata fino all'inverosimile. 
Il film di Patrice Chereau ha il pregio, non indifferente, di dare alla sessualita' il suo spazio naturale, mostrando quello che chi fa l'amore, o semplicemente sesso, molto naturalmente vive e vede. E non sembra esserci nessuna provocazione in questo, ma un'accettazione della normalita' che il piu' delle volte il cinema, riflesso della cultura, tende a nascondere. In "Intimacy", un uomo e una donna comunicano attraverso il loro corpo, e nel momento in cui le parole sostituiscono la loro fisicita' non riescono a mantenere lo stesso magico equilibrio. Il film comincia in modo molto forte, rendendo la presenza dello spettatore quasi un di piu' che viola l'intimita' di due persone, ma il regista riesce a trasmettere con molta concretezza l'incontro di due corpi e di due anime. Quando il mistero che avvolge i protagonisti pian piano si dissolve, e cominciano a chiarirsi le motivazioni e le diverse aspettative dei personaggi, il film perde pero' un po' di interesse, anche a causa di dialoghi molto piu' letterari e allusivi delle immagini. Anche i personaggi secondari non sono cosi' stimolanti da giustificare un ripetuto soffermarsi sulle loro azioni, che rischia infatti di distogliere dall'intensita' del rapporto tra i due protagonisti. Certo, e' un tentativo di rappresentazione della normalita' che circonda i personaggi, ma il cinema ha il potere di rendere enorme e universale anche il piu' minuscolo dettaglio, mentre gia' la scelta di un ambiente un po' "off", con un protagonista piu' "borderline" che comune, rischia di caricare la normalita' di sfumature particolari e depistanti.
Su tutto, pesa l'aria greve con cui i personaggi affrontano il loro destino, ma questa e' forse una questione di diversa sensibilita' personale e non inficia la forza del film. Forse incide pero' sulla sua efficacia a livello emozionale, lasciando un po' freddi: dentro ai personaggi, ma lontano, da qualche parte nel buio della sala.

Luca Baroncini

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Intimo Jay

Titoli di testa: 
And I know you are hurting
And I can't be there for you
And I know you are hurting
And I can't be there no more

(A NIGHT IN - Tindersticks)

Bussano alla porta di Jay e l'uomo lascia entrare Claire nel tanfo della sua anima in abbandono. Cerca un cantuccio nel disordine di una casa che lo rappresenta, immagina che non ci sia spazio fuori di sè come all'interno. Scopa Claire a terra, segue la forte risoluzione, lascia appassire un mazzetto di parole che vorrebbe bellissime. Jay pensa che nessun uscio possa dischiudersi in lui, che ad aprirsi sia solo lo sfiatatoio della voluttà, ma vorrebbe altri suoni oltre i gemiti del sesso, altri gesti oltre l'avvinghiarsi; vorrebbe la porta principale spalancata, divelta. Jay vegeta in attesa della morte: stato di impotenza coatta, negazione dell'io più riposto, una sorda cortina di inadeguatezza lo circonda. Voci passate risuonano nel chiuso ermetico della sua mente consunta dai pensieri, arrugginita da lacrime che non vogliono più scorrere. Su tutto la consapevolezza di anni che si volatilizzano e lasciano dietro di sè il niente, uno scialo che non riesce a controllare, una perdita incommensurabile che non riesce ad arginare. Confusione dentro e fuori, un corpo di donna a curare gli spasmi ciclici. Terribile anche solo pensare, non reagire ma lasciarsi andare al carnale risucchio. Contrasti solo potenziali ma già effettivi nella testa, già combattuti e persi, ripresi e finiti in fittizi armistizi uguali a quelli reali, gli attuali inutili per tutti. Di fronte a tali catastrofi tutto ciò di cui Jay sente il bisogno è questo: un buio solido che lo ricopra, una voce che gli parli, delle orecchie che lo ascoltino, idee che si incontrino, si incrocino, si ignorino o si piacciano, si amino o si detestino; mani che si agitino nell'aria, gesti e significati che si affermino naturalmente: il peso dei pensieri è intollerabile e Jay cerca una valvola che espella le purulenti tossine che ostruiscono il passaggio a una dose di sana speranza. Speranza sana, non droga alla quale è facile assuefarsi. Un'iniezione di fiducia, indolore e senza controindicazioni, che non provochi dipendenza ma che consenta di vivere in serenità almeno cinque minuti consecutivi. E allora catturare uno sguardo, lasciarlo libero subito dopo, guardare dove si posa, sperando che torni solo per farsi accarezzare. Nutrirlo di silenzi, curarlo con un sospiro, eccitarlo con una posa, dissetarlo con qualche lacrima. Imbottirsi di pensieri a spirale, serpenti che si mordono la coda, pozzi senza fondo, strade senza uscita lo porta a una saturazione che non può che trovare la via dell'alcova, di mani interrogative, peni esclamativi, virgole e punti fermi messi a casaccio nelle fila di un discorso muto di cui non riesce mai a fare la nocca.

TITOLI DI CODA
And there is no shame
And there is no hell
Like an old hell

(THE MOTEL - David Bowie)

Luca Pacilio


Luca
Baroncini

Stefano
Selleri

Luca
Pacilio

Daniele
Bellucci
7
Luigi
Garella
Simone
Ciaruffoli
7
Stefano
Trinchero
8
Alberto
Zambenedetti
       
 

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