THE MAN WHO CRIED
(The Man who cried)

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REGIA:    
Sally POTTER

PRODUZIONE:  Gran Bretagna   -   2000   -   Dramm.

DURATA:  97'

INTERPRETI:
Johnny Depp, Cate Blanchett, John Turturro, 
Christina Ricci, Harry Dean Stanton, Claudia Lander-Duke

SCENEGGIATURA:
Sally Potter

FOTOGRAFIA:
Sacha Vierny

SCENOGRAFIA: Carlos Conti

MONTAGGIO: Herve Schneid

COSTUMI: Lindy Hemming

MUSICHE: Osvaldo Golijon

Trama

La storia di una ragazzina ebrea (Fegele) dai primi anni in Russia, con il padre cantore, fino a Hollywood, passando attraverso una timida adolescenza in Inghilterra e una passionale giovinezza a Parigi, dove incontra uno zingaro domatore di cavalli di cui si innamora.

Recensioni

 

 

 

Un polpettone che non convince

Sally Potter si cimenta con il melò, nell'avventurosa storia di una ragazza ebrea che dalla Russia arriva ad Hollywood. Un melò che non commuove, e fa di tutto per farlo, ha però qualche cosa che non funziona. Un po' la scelta degli interpreti (a parte Turturro e la Blanchett), con un Johnny Depp che ha "le physique du role" ma un personaggio scontatissimo e una statica Christina Ricci, che avrebbe un personaggio più sfumato ma non ha "le physique du role". Anche la sceneggiatura, però, non brilla per originalità e alcuni dialoghi, come l'addio tra Depp e la Ricci, sfiorano il ridicolo. Ma è soprattutto il tono della narrazione che non convince, con emozioni imposte e non suggerite che lasciano emotivamente freddi e distaccati.
Restano alcune immagini molto belle e curate e un frugolino, nel prologo in Russia, che con la sola presenza illumina lo schermo. Tutto sommato, un po' poco!

Luca Baroncini


La leggenda della corista sull'oceano

Siamo forse davanti al definitivo "de profundis" di una grande autrice. Chi aveva rimproverato ad "Orlando" di essere freddo e accademico e non aveva sopportato l'ossessiva presenza della musica e della danza in "Lezioni di tango" potrebbe non sopravvivere alla visione di questo film. La storia della giovane Suzie, ebrea polacca nella Parigi degli anni Trenta stipata di nazisti, zingari e ballerine, è inverosimile e stereotipata come un fotoromanzo, ma, fin qui, niente di male: siamo in un genere (il melodramma in costume) che vive, come l'opera lirica, sulle convenzioni e le scene madri. Ma in questo caso non c'è un solo momento di passione, di profondità, di follia, di sana ebbrezza cinematografica. Le suggestive scenografie, una colonna sonora con le arie di Purcell, Verdi e Bizet, la fotografia adamantina di Sacha Vierny non bastano a far dimenticare la scarsa consistenza dei personaggi, nient'altro che figurine e caricature, nel bene come nel male, i dialoghi che sembrano scritti da un comitato tanto sono impersonali, gli attori preda del ridicolo senza possibilità di redenzione (tra i più esilaranti, Johnny Depp in versione gitana, semimuto e in trance, e Turturro macchiettistico cantante italiano dall'accento esilarante), i momenti di puro narcisismo (come l'apparizione, nella bettola, del compagno della Potter, il torvo ballerino Pablo Veròn). Patetico inoltre il tentativo di rifare "Titanic": se il budget è ristretto, meglio lasciar perdere ogni tentativo di emulare il signor Cameron. Peccato per le attrici: Ricci ha l'aria di non sapere dove si trova, mentre Blanchett, sotto il trucco volgare e al di là della mimica da fumetto, sa incantare con un solo sguardo, anche se non salva il polpettone, che rimane uno dei film più inutili di Venezia 57, anzi, di sempre.

Stefano Selleri

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