L'OMBRA DEL VAMPIRO
(Shadow of the Vampire)

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REGIA:    
E. Elias MERHIGE

PRODUZIONE:  GB/U.S.A.   -   2000   -   Horror

DURATA:  93'

INTERPRETI:
John Malkovich, Willem Dafoe,
Udo Kier, Cary Elwes, Catherine McCormack

SCENEGGIATURA:
Steven Katz

FOTOGRAFIA:
Lou Bogue

SCENOGRAFIA: 
Assheton Gorton

MONTAGGIO: 
Chris Wyatt

COSTUMI: 
Caroline De Vivaise

MUSICHE: 
Dan Jones

Trama

Europa, primi anni venti: un regista che sembra una rockstar (sesso, droga e charleston?) stipula un non metaforico patto col diavolo per soddisfare la propria ossessione e concludere un film che sembra traballare. Quel film sarà un capolavoro, questo, che lo racconta con le sembianze di un "making of" metafisico, traballa e basta.

Recensioni

 

 

 

E' coraggioso e riuscito il tentativo di misurarsi con una delle icone piu' caratterizzate e riconoscibili, quella del Nosferatu di Max Schreck, propiziato dalla folle interpretazione di Dafoe, da una messa in scena curatissima e da un apparato iconografico suggestivo e coerente. Gli inserti in bianco e nero che rappresentano il "girato", il loro sovrapporsi alla realta' del racconto, cosi' come l'insistenza sulle ombre, caratteristiche del Nosferatu originale, insieme alla descrizione del clima di decadenza della Berlino del primo dopoguerra, rendono sopportabile parte del film. Ma la noia incombe. Molto è incomprensibile per lo spettatore medio, dal quale e' stupido pretendere la conoscenza dello status di pietra miliare dell'opera di Murnau, con la quale il regista tedesco ha superato le codificate convenzioni espressioniste e realiste grazie a quelle tecniche che nel film sono accennate, suggerite ma mai esplicate e storicizzate. A chi non conosca la faccenda il regista tedesco è presentato come la macchietta dell'artista dannato disposto a qualunque cosa per la sua arte, rappresentato con maniera, attraverso un bozzetto che fa venire il sospetto di un intento parodico, ma fiacco e indeciso. Per lo spettatore appena piu' smaliziato la storia risulta risibile alla seconda apparizione di Dafoe/Max/Nosferatu e alla presentazione del patto col regista-teppista: una delle metafore piu' abusate viene servita tiepida e poco invitante. All' assaggio risulta senza sale: il troppo detto, il troppo esposto, in un argomento come questo, e' un handicap micidiale. Dopo qualche boccone siamo allo stucchevole che presto provoca irritazione: eccoci alla passione divorante per l'arte che costera' un alto prezzo da pagare, stai a vedere che l'ossessione scopica porterà alla morte, non ci è risparmiato il suggerimento che il vampiro piu' pericoloso e' il regista. In una compiaciuta aria bohemienne (la descrizione dell'allegra compagnia è innaffiata con abbonanti quantità degli psicotropi disponibili sulla piazza dell'epoca) si procede senza credibile pathos ad un finale presuntuoso e melodrammatico, realtà', finzione e fantasia si mescolano in prevedibili proporzioni, senza che nessuno si confonda o stupisca, ogni suspense latita. Solo qualche spunto grottesco strappa un sorriso e riscuote momentaneamente da un torpore ottenuto senza oppio, morfina o laudano. E dalla sensazione di essersi fatti abbindolare dal trailer.

Angelo Taglietti


Il film nel film svanisce

Tutti gli amanti del cinema sanno che "Nosferatu il vampiro" di Murnau, è probabilmente uno dei film più belli e importanti dell'intera storia del cinema; un capolavoro che visto oggi, a quasi ottant'anni dalla sua uscita, mantiene inalterato il suo fascino e la sua oscura magia. Partendo da questi importanti presupposti, girare un'opera che racconta la lavorazione di questo film non è sicuramente un'impresa agevole, e come prevedibile ci troviamo dinanzi ad un ibrido, ad una ricostruzione che non rappresenta la realtà, ma che, allo stesso tempo, non riesce ad appassionarci con i suoi innesti leggendari sui vari personaggi che lavorarono al film. Di conseguenza ci ritroviamo di fronte ad un Murnau (John Malkovich) schizzato, irascibile e drogato, che insegue senza scrupoli la verità della rappresentazione, il segreto del mondo che si svela soltanto davanti un'immagine reale e realistica in tutte le sue componenti, ma che alla fine risulta opaco e mal tratteggiato, e non si riesce mai a capire quale sia veramente l'essenza del personaggio e del suo pensiero. La figura di Nosferatu al pari di quella del regista, ci appare inquietante e affascinante soltanto nelle prima parte del film, quanto rimaniamo sorpresi ed estasiati dalla bravura di Willem Dafoe, in una parte che ha visto nel film originale lo straordinario Max Schreck: ma anche questa sensazione svanisce nel corso del tempo, visto che la figura del vampiro rimane sospesa e mal definita in tutta l'opera. Il fatto che il personaggio che interpreti Nosferatu, sia in realtà lui stesso, è un espediente che emerge troppo presto nel corso degli eventi, e il colpo di scena finale, arriverà scontato come la luna di notte. In sostanza questo film rimane vago ed incerto sul suo reale scopo, e non lascia spazio allo spettatore per riflettere su quello che il cinema debba veramente rappresentare, sulla sua esigenza di aderire al ristretto circolo delle arti, acquisendo un linguaggio proprio ed autonomo. Se si escludono delle belle ed emozionanti sequenze, rimane solo "l'ombra" di quello che doveva essere un saggio sul cinema che fu. Probabilmente Murnau non si sarà rivoltato nella sua tomba, ma qualche brivido l'avrà sicuramente percorso.

Matteo Catoni

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