PRINCIPI E PRINCIPESSE
(Princes et Princesses)

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REGIA:    
Michel OCELOT

PRODUZIONE:  Francia   -   1999   -   Animazione

DURATA:  70'

VOCI: 
Anna Marchesini, Pino Insegno, Elio Pandolfi

SCENEGGIATURA:
Michel Ochelot

ANIMAZIONE:
Lionel Kerjean, Gilles Burgard, Pascal Lemaire, Georges Sifianos, Bénédicte Galup, Inni Karine Melbye, Michel Ocelot, Hugues Bourdoncles

SCENOGRAFIA: 
Michel Ocelot, Richard Mithouard, Inni Karine Melbye, Bénédicte Galup, Lionel Kerjean

MONTAGGIO: 
Anita Vilfrid, Michèle Peju, Dominique Lefever

MUSICHE: Christian Maire

Trama

Sei fiabe, ispirate alla tradizione popolare.

Recensioni

 

 

 

Non solo Pokémon

Davanti a "Principi e principesse" si è tentati di riciclare le solite osservazioni che si tirano fuori ad ogni film d'animazione non Disney (o anche Disney, vedi l'ultimo "Dinosauri"): i bambini non lo amano perché lo trovano troppo complicato o troppo poco divertente, gli adulti si divertiranno di più. Ma forse, una volta tanto, sono proprio i bambini (quelli non ancora completamente anestetizzati dalle tre ore giornaliere di cartoni giapponesi, tecnicamente pregevoli ma irrimediabilmente stereotipati) a cogliere il messaggio più importante del film di Ocelot: la pura fruizione dell'immagine, il gusto per la forma, stilizzata e opulenta allo stesso tempo. Il lungometraggio è realizzato con la tecnica delle ombre cinesi: figure nere raffinatamente evocative delle diverse tradizioni pittoriche, esaltate dagli sfondi luminosi e screziati, impreziosite da dettagli miracolosi per efficacia ed economia di mezzi (i diamanti della prima storia e il mantello della signora giapponese, ad esempio). Abbandonarsi al piacere del testo visivo, sospendere non solo l'incredulità ma anche ogni naturalismo e antropomorfismo superfluo, godere la luce e il colore: in una parola, essere ancora bambini, di fronte ad una lanterna magica. L'estrema sobrietà del tratto non è una snobistica ricerca di "novità" intellettuali prêt-à-porter, ma un meccanismo straniante che ci aiuta a recuperare la poesia del già noto. Si può insomma leggere il film di Ocelot come un viaggio nel tempo, un ritorno agli albori non solo della propria vita, ma anche di quella del cinema. Il film prende infatti le mosse da una sala deserta, in cui due disegnatori si abbandonano ad un gioco da bambini ("e se io fossi…?") e, aiutati da un'enciclopedia elettronica, sotto l'egida di un regista/spettatore, realizzano scene e costumi e recitano le loro sceneggiature. Dal metacinema al cinema: sei storie (divise in due terne, separate da un intervallo) ambientate in diversi tempi e paesi (l'Europa medievale, l'antico Egitto, il Giappone ottocentesco, un ignoto regno futuro), incentrate, più che sull'argomento indicato dal titolo del film (valido solo per alcune delle storie), su due opposizioni: quella tra uomo e donna e, ancora più importante, quella tra forza e intelligenza. I primi due racconti esaltano l'importanza rispettivamente della cortesia e della generosità: il compenso della prima è l'amore, quello della seconda, la ricchezza. La terza vicenda è una riflessione sull'emarginazione del genio da parte della mediocrità, la quarta, un "on the road" che sorride con garbo degli stereotipi legati al sesso e all'età. Seguono una parafrasi postmoderna di "Turandot", sulla solitudine cui è condannato chi regna, e un delizioso divertimento che inscena una buffa e quasi eversiva "guerra dei sessi", tra Ovidio e "Orlando". Le variazioni sul tema "lui incontra lei" sono minime, ma l'interesse è tenuto vivo proprio dal rispetto, puntiglioso e un po' ironico, delle regole del genere fiabesco, oltre che dalle maliziose "violazioni" agli schemi tradizionali. Certo, alcune storie sono meno riuscite di altre, ma nel complesso il risultato è notevole, tanto che, alla fine, il difetto maggiore è la brevità. Per una volta, le voci italiane sono all'altezza: Pino Insegno e Elio Pandolfi assecondano con efficace disinvoltura le indicazioni di Anna Marchesini, direttrice del doppiaggio che, memore dei suoi esordi, riesce a differenziare i numerosi personaggi femminili attraverso sfumature minime della voce.

Stefano Selleri

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