QUILLS - LA PENNA DELLO SCANDALO
(Quills)

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REGIA:    
Philip KAUFMAN

PRODUZIONE:   U.S.A.   -   2000   -   Dramm.

DURATA:  123'

INTERPRETI:
Geoffrey Rush, Kate Winslet,
Joaquin Phoenix, Michael Caine, Billie Whitelaw,
Patrick Malahide, Jane Menelaus, Stephen Moyer

SCENEGGIATURA: Doug Wright

FOTOGRAFIA: Rogier Stoffers

SCENOGRAFIA: Martin Childs

MONTAGGIO: Peter Boyle

COSTUMI: Jaqueline West

MUSICHE: Stephen Warbeck

Trama

Il racconto degli ultimi mesi di vita del marchese De Sade (Geoffrey Rush), rinchiuso nel sanatorio per malattie mentali di Charenton, per l'oscenità delle suo opere.

Recensioni

 

 

 

L'unico scandalo è il film

Marzo 2001. Ancora una volta proviamo un senso di noia e insoddisfazione nei confronti di un film che solo all'apparenza è tale. Le premesse per fare qualcosa di buono c'erano tutte, il regista e gli attori coinvolti per l'occasione sembravano sinonimo di qualità, e aspettarsi almeno un discreto risultato era lecito. Se poi si considera che la storia del marchese De Sade è interessante e stimolante, per gli eterni temi che racchiude, quali la libertà d'espressione, il potere della censura e della moralità, risulta quasi impossibile svuotare il tutto della benché minima riflessione che non scada costantemente nel deja vu. Eppure, con straordinaria maestria, il regista Philip Kaufman riesce ad assemblare un film orribile e grottesco, in cui si uccidono tutti gli spunti narrativi interessanti, e in cui i pur bravi attori vengono ridotti a dei farseschi stereotipi. Il marchese De Sade ossessionato dai suoi versi, che scrive con il suo sangue, e dovrebbe creare in noi terrore e stupore e che in realtà ci fa soltanto sorridere, la serva Madeleine che affascinata dagli scritti proibiti del marchese ne facilita la segreta pubblicazione e che naturalmente è innamorata del bel prete di turno che è anch'esso invaghito di lei, ma non fa niente perché Dio lo guarda. Lei muore vergine uccisa dal gigante pazzo e cattivo che sta in tutti i manicomi, e lui sconvolto per il dolore violenta il suo cadavere e impazzisce per il misfatto commesso: il marchese una volta appresa la notizia e dopo che gli viene amputata la lingua, decide di scrivere il suo ultimo capolavoro con i suoi escrementi ricoprendo i muri della sua cella con il verbo maledetto. Queste sono soltanto una minima parte delle cretinate allucinanti che siamo costretti a subire in questo film, in cui si dimentica con una facilità impressionante che per scandalizzare o per far riflettere lo spettatore, non basta un manicomio di pazzi, dei personaggi granitici e la voce di un marchese che legge i suoi versi pieni di parole poco ortodosse, ma che servirebbe qualche buona idea di fondo. Naturalmente entusiasmanti recensioni della critica americana e tre nomination agli Oscar. Citando un grande regista: " Va bene così. Continuiamo a farci del male". Da evitare.

Matteo Catoni


Il Marchese non graffia

Provate a fare un esperimento: andate a vedere "Quills" di Philip Kaufman e raccontate poi il film a qualcuno. Vi troverete in una strana situazione dove gli eventi che narrate avranno molto piu' fascino ed interesse degli stessi eventi che avete visto rappresentati su grande schermo. Il periodo finale della vita del discusso De Sade, infatti, e' descritto in modo calligrafico e dietro alla grande cura scenografica e al dettaglio dei costumi, ben poco dello spirito trasgressivo e della sensualita' tentatrice del celebre marchese vengono comunicati allo spettatore. Di fatti ne accadono tanti, ma la progressione e' piatta, senza spessore, e dicono molto di piu' le parole di alcuni dialoghi che non le immagini. Gran parte di questo effetto e' dovuto alla costruzione delle scene, dove tutto suona falso, a partire dalle solite comparse sovraeccitate fino ad arrivare alla caratterizzazione di routine dei matti del manicomio, piu' fisica che psicologica, secondo uno stile di chiaro stampo hollywoodiano. Ma anche gli interpreti non sono a proprio agio. Geoffrey Rush e' molto convinto nell'immedesimazione con il protagonista, ma quella che ne viene fuori e' un una sorta di macchietta in cui la trasgressione si riduce a una serie di sproloqui volgari e la tentazione, la seduzione, la sensualita', il gusto del peccato rispetto alla presunta morigeratezza dei costumi, restano un miraggio lontano. Anche Kate Winslet, nonostante le "phisique du role", pare un po' sperduta e meno convincente del solito. Forse il maggior difetto del film, pero', e' nel costante urlo con cui tutto viene raccontato, puntando piu' sull'effetto di certe situazioni, nelle intenzioni shockante, che sulle motivazioni dei personaggi. Resta quindi poco spazio per la sottigliezza e "bene" e "male" rimangono parole spesso citate nel corso della pellicola, ma con un effetto piu' alfabetico che disturbante.

Luca Baroncini

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