THOMAS IN LOVE
(Thomas est amoureux)

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REGIA:    
Pierre Paul RENDERS

PRODUZIONE:  Bel/Fra   -   2000   -   Commedia

DURATA:  97'

INTERPRETI:
Benoit Verhaert, Magali Pinglaut, Aylin Yay, 
Micheline Hardy, Alexandre Von Sivers

SCENEGGIATURA:
Philippe Blasband

FOTOGRAFIA:
Virginie Saint-Martin

SCENOGRAFIA: Pierre Gerbaux

MONTAGGIO: Ewin Ryckaert

COSTUMI: Anne Fournier

MUSICHE: Igor Sterpin

Trama

Thomas e' agorafobico. Non esce di casa da otto anni. L'unico legame con l'esterno e' il suo computer collegato con una videocamera.

Recensioni

 

 

 

Realtà' virtuale, noia reale

In Thomas in love il nostro guardare coincide con quello del protagonista, vittima di una fobia che gli impedisce di uscire all'aperto: il film che vediamo riporta le immagini della sua finestra sul mondo, il video di un computer. Egli interpella i suoi interlocutori solo per via telematica e, se da un lato sembra dominare perfettamente le situazioni che gli si propongono, dall'altro subisce, orwellianamente, le ingerenze di un sovraordinante sistema terapeutico, intransigente ed ottuso. Thomas da' l'impressione di aver trovato una sua alienata dimensione, a suo modo appagante, fino a quando non incontra un'espressione di emotivita' autentica: il pianto genuino della prostituta apre il suo cuore, lo costringe a fare i conti con una sentimentalita' inibita che rivendica attenzione, con la necessita' di relazioni non piu' mediate dalla tecnologia. Il suo mondo artificiale comincia a mostrare delle crepe, il bisogno di un contatto umano, effettivo e tangibile, per quanto imperfetto, per quanto doloroso, diventa difficile da ignorare.
Facile metafora di una condizione, quella del computerdipendente, di disamore per la realta', la malattia di Thomas e' probabilmente la suprema scusa per nascondersi, per sottrarsi a un mondo esterno che non si ha la forza di affrontare: la distanza telematica sfonda le barriere della reticenza, consente di rompere gli indugi, non pone problemi di approccio, tutto avvenendo in maniera veloce, senza preliminari, avendo sempre, in ultima analisi, la possibilita' di disconnettersi, abbandonare il referente di turno, trovarsene un altro all'istante.
L'idea (non nuovissima) e' carina e il film ha qualche spunto felice, ma sono istanti che si perdono in un mare di noia, di situazioni sfruttate ad nauseam, con un intento drammatico di esito infausto. Il regista mescola registri visivi differenti (non mancano parti di animazione digitale anche divertenti) ma si affida a una visione futuristica casareccia (gli interni sono ovviamente coloratissimi, alle pareti ci sono opere di videoarte, il design e' banalmente rivisitante, il sesso cyber si fa con delle scontatissime tute munite di sensori), cerca in tutti i modi di variare le soluzioni ma non solleva l'operina dall'alveo della fatua curiosita', schematica e un po' semplicistica, afflitta dal morbo della monotonia quando non del tedio puro. A volte bisognerebbe avere il coraggio di scegliere la strada del corto.

Luca Pacilio


Quando il cinema diventa on-line

E' carina e virtuosistica l'idea della soggettiva on-line, attraverso lunghi piani sequenza digitali dello schermo del computer, di un personaggio agorafobico, in grado di comunicare con il mondo esterno, quello vero, solo indirettamente, attraverso la protezione e il filtro di un video.
Ricorda altri esperimenti, tipo il divertente e più riuscito "Hallo Denise", in cui i protagonisti comunicavano solo per telefono senza incontrarsi mai. 
La riflessione sull'evoluzione dei tempi risulta ironica, con trovate geniali e non troppo lontane dalla realtà. Mette un po' a disagio constatare l'incapacità di comunicare con una presenza che non sia soltanto un'immagine, ma una persona, con la sua fisicità, gli odori, le secrezioni. Il film risulta quindi interessante a livello sociale, ma dimostra anche la potenza di un'idea e il cammino tecnologico che il cinema sta facendo, con una produzione fino a qualche anno fa impensabile. Dopo un po', comunque, la staticità dell'azione si fa sentire.

Luca Baroncini

Commenti

 

 

Thomas ha 32 anni, da 8 non esce di casa: è agorafobico, grave, teme gli spazi grandi e ogni contatto umano, tanto che non solo non lascia mai il suo appartamento, ma non permette a nessuno di entrarvi. E' attraverso il suo computer che comunica con la madre, lo psicologo, l'agenzia d'assicurazione - la cui denominazione, Globale, è tutto un programma - che gestisce la sua vita da quando si è rinchiuso in casa, e infine il sito del sesso, dove Clara, la patner da lui stesso assemblata (voce sensuale alla Marilyn Monroe, corpo generoso e scattante alla Lara Croft), lo aspetta per offrirgli sempre nuove situazioni introduttive agli incontri sessuali, che consuma munito di tuta cybersex. Neppure il sesso infatti riesce a tirarlo fuori di casa o a far sì che qualcuno vi acceda, per quanto l'orgasmo on line alla fine l'annoi. 
L'apertura del film, che ci proietta immediatamente in una navigazione cybersex, nello specifico un rapporto in assenza di gravità, è un inizio forte, una bella mossa strategica per accattivare lo spettatore, che in più si avvale di una buona animazione digitale; curiose poi le modalità di svolgimento dell'amplesso, attraverso una voce fuori campo che segnala il raggiungimento delle varie tappe, regalando un piacevole senso del ridicolo che fa sorridere.
Segue una caduta di ritmo narrativo, in cui però si dipanano gli elementi fondamentali della fabula e lo spettatore ne è così messo a conoscenza.
Si noti che per tutto il film il volto del protagonista non è mai visibile, il suo sguardo infatti coincide con il nostro, in una soggettiva totale e in un lunghissimo piano sequenza su di un piano fisso, che se non altro è particolare.
Si entra così nella narrazione. Attraverso lo psicologo e l'assicurazione, Thomas entra in contatto mediatico con delle donne. Alcune hanno aderito come lui (benché forzatamente, poiché iscritto dallo psicologo) al club degli incontri, altre sono prostitute di una casa di appuntamenti on line. Diffidente di entrambi i siti, di cui teme invasioni nel suo mondo protetto, Thomas resta tuttavia alquanto turbato quando incontra donne che mostrano una certa sensibilità, quella sensibilità che lui ha sotterrato da anni. Prima è rapito, anche se non subito, da una ragazza del club, Melodie, che gli parla con sincerità e dolcezza, poi resta del tutto impietrito dalle lacrime di una delle prostitute, Eva. Sarà costei a provocare un cambiamento nell'essere di Thomas, a risvegliare la sua umanità. 
I passaggi dal punto di vista narrativo sono un po' troppo repentini, quasi da cortometraggio, il che lascia lo spettatore a tratti incredulo, vista la lentezza con cui il testo si sviluppa. La stasi, infatti, la caduta di tono è il rischio di quest'opera. Vengono in soccorso le incursioni nel cybersex e la scenografia colorata, vagamente futuristica, che ricorda le ambientazioni dei videoclip - non in senso spregiativo s'intende, forse solo si potevano cercare stimoli cinematografici di maggiore incisività.
Ad un primo livello d'analisi quest'opera appare una condanna, un monito, o solo paura per un'esistenza totalmente mediatica, tuttavia il film spinge anche ad una riflessione inversa, per quanto probabilmente non nelle intenzioni dell'autore: la comunicazione mediatica è poi così terribile? Senza di essa come sarebbe la vita di chi non può, o anche non vuole, uscire di casa? La riflessione va nei due sensi. 
Un film con pochissimi elementi d'intreccio, giocato sui dialoghi, sul dire e non dire - e qui lo spettatore è chiamato in causa. Ci sono pochissime azioni, di cui solo due sono poi rilevanti (la causa del cambiamento ed il cambiamento stesso), tutto si concentra in parole e immagini, è l'invasione dello sguardo, il dominio dell'icona, mentre la realtà e le azioni restano fuori. Renders suggerisce soltanto, lascia agire il fuori campo; ciò che mostra è l'artificiosità - tema di fondo e light-motive che si esplicita in una proliferazione di elementi concreti - artificiosità del cybersex, di computer e web cam, di tatuaggi che decorano e mascherano i volti: identità che non si rivelano, filtrate come sono dal trucco estetico e dalla tecnologia, approcci tutelati, premesse di incontri calcolati che acquistano umanità solo, eventualmente, in un secondo momento.
Non è solo un film sulla tecnologia, ma anche sull'interiorità, sulle paure e sui desideri, sulla voglia di comunicare, piuttosto anche attraverso un monitor (è questo forse il risvolto positivo dell'informatica?) se nella realtà è così difficile. E a provocare Thomas non è un banale desiderio di sesso - che accessibile a comando grazie alla tuta cybersex, finisce comunque per annoiare - ma di un contatto umano più profondo, magari anche doloroso, come le lacrime di Eva, ma vero, e non vero solo perché non-mediatico.
La cosa interessante di Thomas in love è che apre un dibattito su argomenti sempre più attuali per un numero molto esteso di persone e suggerisce riflessioni diverse: sul web, sui rapporti umani, sul cinema.

Daniela Camisassi


Luca
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8

Luca
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7
       
 

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